EREDE RISOLVI ADESSO SUCCESSIONE LITE EREDITARIA BOLOGNA PADOVA RAVENNA VICENZA SEI PREOCCUPATO DI COME STANNO0 ANDANDO LE COSE PER LA TUA EREDITA’ E HAI PAURA CHE NON TI VENGA RICNOSCIUTA LA TUA QUOTA? BOLOGNA ,VICENZA,RAVENNA, IMOLA ,FORLI, CESENA, PADOVA,  ROVIGO EREDE RISOLVI ADESSO SUCCESSIONE LITE EREDITARIA BOLOGNA PADOVA RAVENNA VICENZA AVVOCATO SERGIO ARMAROLI 051 6447838
AZIONE RIVALSA  VERSO ASSICURATO ASSICURAZIONE – COSA FARE ? COME DIFENDERSI?

AZIONE RIVALSA  VERSO ASSICURATO ASSICURAZIONE – COSA FARE ? COME DIFENDERSI?

AZIONE RIVALSA  VERSO ASSICURATO ASSICURAZIONE – COSA FARE ? COME DIFENDERSI?

INCIDENTE MORTALE ,FERITI AUTOSTRADA AVVOCATO DANNI

AZIONE RIVALSA  VERSO ASSICURATO ASSICURAZIONE – COSA FARE ? COME DIFENDERSI?

La L. n. 990 del 1969, art. 18, è indubbiamente il capostipite di quanto è stato scisso, nel Codice delle assicurazioni, appunto nell’art. 140, e art. 141: al comma 1, si ricorda, prevedeva a favore del danneggiato “azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore” entro il massimale (così progredendo nella tutela della vittima rispetto al codice civile, che avrebbe necessariamente interposto il rapporto processuale con il danneggiante per l’estraneità del danneggiato dal contratto assicurativo), e al secondo, tra l’altro, regolava il “diritto di rivalsa verso l’assicurato” dell’assicuratore.

7.3 Il divario insorto tra l’impostazione generalista, per così dire, della sintetica norma originaria, e quella specificante/differenziante adottata dal legislatore del 2005 tramite la coppia di azioni risarcitorie degli artt. 140 e 141, ha spinto taluni fra gli interpreti a potenziare in massima misura l’apporto del novum, il che ha però condotto ad una intensa discussione sul significato della norma più evidentemente “aggiunta” al sistema precedente, cioè l’art. 141.

Un’ampia dottrina ha inteso svincolare, tramite l’art. 141, il diritto risarcitorio verso l’assicuratore del danneggiato nella species di trasportato da ogni aspetto di responsabilità dell’assicurato vettore, ravvisando in effetti nel sistema una vera e propria no fault rule in cui il “caso fortuito” posto come limite all’incipit del comma 1, è stato confinato agli eventi naturali imprevedibili (rimanendo nella terminologia anglosassone, i c.d. Acts of God).

L’impulso precipuo per una simile lettura parrebbe consistere nel “trattenere” un’occasione di incremento del grado di tutela della vittima che si potrebbe inserire in un complessivo orientamento sistemico, e quindi nell’identificare direttamente in tale incremento la ratio della norma e nel qualificare atrofia degli effetti discendenti dalla ratio stessa il mantenimento di un limite di allocazione del rischio, id est di un freno dell’evoluzione oggettivizzante della responsabilità dell’impresa di assicurazione.

Si adduce, allora, per sorreggere la lettura in tal senso più innovativa dell’art. 141, che l’inclusione delle condotte umane nel caso fortuito costituirebbe di questo un’interpretazione estensiva, la quale peraltro verrebbe a imporre al trasportato gli stessi oneri probatori che lo graverebbero se avesse agito ex art. 140, ovvero la dimostrazione della responsabilità civile nella causazione dell’incidente del soggetto assicurato con la compagnia convenuta. Inoltre, una lettura del caso fortuito non “sartoriale” a questa fattispecie non sarebbe coerente con la radicale diversità delle norme del codice civile che fanno espresso riferimento al caso fortuito (gli artt. 2051 e 2052 c.c.) e condurrebbe ad una sorta di duplicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1.

La dottrina “innovativa” attinge pure dall’art. 141, comma 3, laddove è previsto che l’assicuratore “del responsabile civile” può intervenire nel giudizio ex art. 141, ed estromettere l’assicuratore del vettore, “riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”.

Questo dimostrerebbe una contrapposizione tra il ruolo del vettore, e quindi della sua compagnia, e il ruolo del responsabile del sinistro, e a sua volta della sua compagnia; e al tempo stesso viene inteso come possibilità – ma non obbligo – di estromettere l’assicuratore del vettore se responsabile è l’assicurato dell’altra impresa intervenuta (che appunto – recita la norma – “può estromettere”), così da confermare che l’assicuratore del vettore ha sempre, a parte il caso fortuito delineato ad hoc, obbligo risarcitorio verso il trasportato danneggiato.

Un’altra lettura, invece, fa perno proprio sul caso fortuito indicato dall’incipit del comma 1, adducendo che in tale concetto giuridico è sempre stata inclusa la condotta umana, come più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità. Sostenendo, quindi, che anche nell’art. 141 il vettore deve avere una qualche responsabilità affinché il suo assicuratore sia obbligato al risarcimento, questa dottrina lamenta proprio che l’opposta interpretazione viene a gravare l’assicuratore del vettore di una responsabilità oggettiva – non conferita tra l’altro al suo assicurato – e che tale oggettività non verrebbe meno neppure attribuendogli una funzione di sostituto processuale dell’assicuratore del responsabile, poichè il regresso è comunque un’azione ordinaria, ex art. 1299 c.c., e quindi applicabile anche a prescindere dall’art. 141, comma 4.

Dal punto di vista letterale, in sintesi, il nucleo delle rispettive letture è identificabile per quella innovativa nell’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, e per quella contenitiva nell’inciso “salva l’ipotesi di sinistro cagionato dal caso fortuito”: entrambe dunque rinvengono il proprio “asso” testuale nell’ambito dell’art. 141, comma 1.

7.4 La giurisprudenza nomofilattica, per quanto concerne gli arresti massimati (non emergendone peraltro di rilievo tra i non massimati), come già si è anticipato ha vagliato soltanto alcuni aspetti non “centrali” – pur se talora non privi di significanza – dell’art. 141.

Si parte da Cass. sez. 3, ord. 12 dicembre 2008 n. 29276, che considera la disposizione in ordine a un regolamento di competenza per escludere che il terzo trasportato legittimato ad azione diretta ex art. 141, verso l’assicuratore del vettore “rivesta la qualifica di consumatore” e possa quindi avvalersi del relativo foro ex art. 33, lett. u), cod. ass., “in quanto estraneo al regolamento negoziale assicurativo e conseguentemente non qualificabile come “beneficiario” della polizza” (così nella massima).

Il quesito che concludeva il ricorso chiedeva se, appunto, il trasportato è da considerare consumatore (essendo beneficiario della polizza) nel caso in cui agisce ex art. 141, nei confronti dell’assicuratore del vettore, e “ciò a prescindere dalle responsabilità del sinistro”. L’arresto non approfondisce quest’ultimo profilo, e fonda l’esclusione della qualità di consumatore sul fatto che il trasportato riceve la sua legittimazione ad agire contro l’assicuratore direttamente dalla legge e non dal contratto. Rileva in motivazione che l’azione ex art. 141, presenta come costitutiva “una fattispecie complessa”, derivante “anzitutto dall’avere il trasportato a qualsiasi titolo (art. 122, comma 2, del D.Lgs.) subito un danno per un illecito da circolazione in occasione del trasporto sul veicolo e, quindi, dall’essersi verificato tale illecito. In riferimento a tale illecito è la legge che all’art. 122, comma 2, del D.Lgs. prevede che l’assicurazione obbligatoria debba comprendere anche la copertura di tale danno e tale copertura sussiste quale che sia il titolo di responsabilità nel rapporto fra trasportato e proprietario o conducente del veicolo”. Peraltro l’art. 122, comma 2, cod. ass. (“L’assicurazione comprende la responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto”) – evidenzia ancora questa pronuncia – se non sussistesse l’art. 141, non abiliterebbe il trasportato “ad esercitare la garanzia assicurativa, che potrebbe essere attivata soltanto dall’assicurato, come di norma nel caso di assicurazione per la responsabilità civile”. Il trasportato, dunque, non è in senso pieno il beneficiario del contratto, bensì “fin quando la vicenda si apprezza soltanto sul piano del regolamento contrattuale assicurativo, è beneficiario nel senso in cui un terzo può esserlo quando il contratto si stipula “a vantaggio del terzo”, nel senso che, senza che il terzo entri nel contratto, la prestazione dedotta nel contratto debba essere eseguita appunto a suo beneficio. Rispetto al contratto il terzo in questione rimane del tutto estraneo al regolamento” per cui non può fruire della normativa posta a vantaggio del consumatore, a differenza della fattispecie del contratto assicurativo stipulato a favore del terzo, che è determinato/determinabile dal contratto e da questo acquisisce i suoi diritti. Al contrario, nella fattispecie di cui si tratta “è solo la legge a prevedere che il terzo trasportato possa esercitare l’azione risarcitoria contro l’assicuratore”. A questo punto, la motivazione sembra estendere più in generale il suo esame del contenuto del diritto del trasportato osservando che “il diritto che egli esercita ha come elemento della fattispecie costitutiva il fatto dannoso, il danno subito e l’esistenza del contratto assicurativo”, ma subito riconduce e riduce tale enunciazione alla impossibilità di qualificazione come contraente-consumatore del trasportato (così si presenta il passo nella sua forma integrale: “Il diritto che egli esercita ha come elemento della fattispecie costitutiva il fatto dannoso, il danno subito e l’esistenza del contratto assicurativo relativamente, ma alla deduzione di tale esistenza egli è legittimato dalla legge e non dal contratto. Per tale ragione egli non può pretendere di rivestire i panni del contraente-consumatore”).

Non si evince, pertanto, da questo primo intervento un inequivoco apporto interpretativo (a parte che, visto il thema decidendum, sarebbe stato soltanto un obiter dictum) in ordine all’aspetto della responsabilità del vettore e alla sua incidenza nel giudizio avviato dal trasportato ai sensi dell’art. 141.

Cinque anni dopo, Cass. sez. 3, 30 agosto 2013 n. 19963 ritorna ad occuparsi del trasportato, affermando che, alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea 1 dicembre 2011, Churchill Insurance/Wilkinson, dovendosi applicare il principio solidaristico vulneratus ante omnia reficiendus, il proprietario che sia anche trasportato ha diritto, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno alla persona causato dalla circolazione non illegale del mezzo, essendo irrilevante ogni vicenda normativa nazionale e nullo ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all’identità del conducente (c.c. clausola di guida esclusiva). Pure in questo intervento il thema decidendum non è pertinente a quello ora in esame, in quanto riguarda il contenuto del contratto assicurativo e non l’interpretazione dell’art. 141. Si osserva comunque fin d’ora che la sentenza Churchill concerne propriamente proprio la clausola attinente alla guida del veicolo, senza indicare nella normativa Eurounitaria una fonte d’obbligo del diritto interno a garantire il trasportato mediante la c.d. no fault rule.

Sopravviene poi Cass. sez. 3, 30 luglio 2015 n. 16181, massimata nel senso che “il terzo trasportato, che si avvalga, ai sensi del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 141, dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro, deve provare di avere subito un danno a seguito di quest’ultimo ma non anche le concrete modalità dell’incidente allo scopo di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti, trattandosi di accertamento irrilevante ai fini di cui all’art. 141 cit.”. Se è in qualche misura suggestiva la massima, tuttavia l’effettivo contenuto motivazionale non risulta risolutorio della questione che si sta considerando.

In una causa in cui la persona trasportata era anche la proprietaria della vettura, il giudice d’appello aveva rigettato la domanda ex art. 141, proposta da quest’ultima, sul rilievo che non vi era stata una collisione diretta tra i veicoli coinvolti e che quindi non poteva essere applicata la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2; di qui il ricorso della proprietaria trasportata.

Sull’art. 141, la motivazione della sentenza così si esprime: “Il nuovo Codice delle Assicurazioni ha introdotto una novità rilevante prevedendo l’azione diretta del terzo trasportato, danneggiato a seguito del sinistro stradale, nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo. Lo scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell’impresa assicuratrice, risparmiandogli l’onere di dimostrare l’effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”. Questo in effetti è il nucleo, subito svelato, della pronuncia: chi agisce ex art. 141, non ha onere probatorio sulla “effettiva distribuzione della responsabilità”. Viene dato atto, poi, che la norma “è stata oggetto di numerose critiche da parte della dottrina ed è stata oggetto di censure di legittimità costituzionale” disattese dal giudice delle leggi (si richiama l’ordinanza 23 dicembre 2008 n. 440 della Consulta) il quale ha evidenziato la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 141 nel senso che si limiti “a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente anche nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”. Si rievocano poi i già sopra riportati rilievi di Cass. sez. 3, ord. 12 dicembre 2008 n. 29276 (per cui l’azione in esame ha una fattispecie costitutiva complessa, visto l’art. 122, comma 2, cod. ass., e il trasportato comunque non potrebbe agire in base al contratto assicurativo o alla suddetta norma, lo strumento di tutela essendogli conferito proprio dall’art. 141) e altresì viene citata Cass. sez. 3, 30 agosto 2013 n. 19963 relativa alla (nulla) clausola di guida esclusiva. Di qui si ritorna rapidamente al nucleo della questione, affermando che “alla luce dei principi” espressi dalle pronunce citate “ha errato il giudice di appello nel rigettare la domanda sul rilievo che l’attrice non aveva fornito la prova delle modalità con cui si era svolto l’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti ed eventualmente di applicare… la presunzione di corresponsabilità di cui all’art. 2054 c. c., comma 2. Tale accertamento è al di fuori della previsione dell’art. 141 Codice delle Assicurazioni in quanto la responsabilità della compagnia assicuratrice del vettore prescinde dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. In questo modo il Legislatore ha voluto introdurre una disposizione che sembra volta ad impedire la spendita di risorse processuali per l’effettuazione di tale tipo di accertamento (rinviando le questioni relative al regresso al rapporto tra le imprese assicurative coinvolte ai sensi degli artt. 141, quarto comma e 150 del Codice delle assicurazioni)”. Chi aveva agito ex art. 141, nel caso in esame, aveva “provato di aver riportato danni a seguito del sinistro, non essendo contestato dalla società assicuratrice l’incidente”: il ricorso viene pertanto accolto, esprimendo il principio di diritto per cui “in applicazione dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni, il terzo trasportato per essere risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro deve fornire la prova di aver subito un danno a seguito del sinistro, ma non delle modalità dell’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti”.

E’ evidente che questo arresto interpreta, alla fine del suo percorso motivazionale, l’inciso dell’art. 141, di cui soprattutto si avvale l’interpretazione più innovativa dell’articolo stesso, però non in relazione alla sostanza del diritto, bensì allo strumento processuale che concretizza il diritto risarcitorio, in punto di onere di prova: l’attore non è tenuto a dimostrare altro che l’esistenza del sinistro e il danno subito a seguito del sinistro, ma non deve provare le “modalità dell’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti”. Ciò appunto sul piano processuale è compatibile con entrambe le letture dell’art. 141: è ictu oculi compatibile con la teoria “innovativa” che esclude alcun rilievo alla responsabilità del vettore assoggettando all’obbligo di risarcimento il suo assicuratore anche se questa non sussiste; ma è parimenti compatibile con l’opposta interpretazione, poichè questa grava l’assicuratore, tramite la prova del caso fortuito, della dimostrazione proprio della modalità del sinistro e della discendente collocazione della responsabilità, se – ovviamente – l’assicuratore intende resistere su tale profilo.

Da ultimo, raggruppa in qualche misura gli esiti di tutti questi precedenti nella sua elaborazione motivazionale Cass. sez. 3, ord. 5 luglio 2017 n. 16477, che affronta la questione del sinistro in cui uno dei veicoli coinvolti non sia assicurato, e così è massimata: “In tema di risarcimento del danno da incidente stradale, ed alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 141, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se quest’ultimo sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato”.

La questione, in effetti, non era particolarmente discutibile. La tutela dei danneggiati nel caso di coinvolgimento nel sinistro di veicoli non assicurati o addirittura rimasti ignoti già nella disciplina anteriore al Codice delle assicurazioni era stata prevista mediante il Fondo di garanzia per le vittime della strada (L. n. 990 del 1969, artt. 19 e 20). Il legislatore del 2005 non ha certo soppresso questa tutela, bensì l’ha dettagliatamente disciplinata (art. 283 e ss. cod.ass.). Difficile quindi era già prima di questa pronuncia sostenere che la posizione del trasportato venisse deteriorata dal coinvolgimento nello scontro di un veicolo ignoto o non assicurato, essendo tanto ragionevole quanto sufficiente attribuire all’impresa designata dal FGVS il ruolo che avrebbe dovuto rivestire l’impresa di assicurazione mancante. Ciò nonostante, l’assicuratore del vettore, nel caso di cui la suddetta ordinanza ha dovuto occuparsi, aveva tentato di fondare proprio su questo un suo argomento di inapplicabilità dell’art. 141, con successo presso il giudice di secondo grado. Di qui il ricorso, accolto

MALASANITA'

MALASANITA’

Cassazione Civile sez. III Sentenza 13/02/2019, n. 4147 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente – Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere – Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere – Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere – Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere – ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 22662/2016 proposto da: ZURICH INSURANCE PUBLIC LIMITED COMPANY, in persona del procuratore speciale Dott. M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE PRENCIPE giusta procura speciale in calce al ricorso; – ricorrente – contro R.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 92 PALAZZO TETTAMANTI, presso lo studio dell’avvocato PIETRO MARTIRE, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso, unitamente all’avvocato RUGGIERO MENNUNI giusta procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore; D.C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 92, presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso; C.J. in proprio e nella sua qualità di esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore L.J. elettivamente domiciliata in ROMA VIA NIZZA 24 presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso e L.D., LO.FI., L.A.R., L.R.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NIZZA 92, presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso, unitamente all’avvocato PAOLO LIONETTI giusta procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore; – controricorrenti – e contro D.B.O.D., C.O., I.P., I.G., IO.GR., I.S., I.F., ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, MO.VI.; – intimati – Nonchè da: ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Dirigente del Servizio Affari Legali Dott. N.E.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ASOLONE, 8, presso lo studio dell’avvocato MILENA LIUZZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI ANTONIELLI D’OULX giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale; – ricorrente incidentale – contro I.P., G.M., I.G., IO.GR., I.S., I.F. tutti eredi ed aventi causa di IO.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato MICHELE GUZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO SAVASTA giusta procura speciale in calce al controricorso; – controricorrenti all’incidentale – Nonchè da: I.P., G.M., I.G., IO.GR., I.S., I.F. tutti eredi ed aventi causa di IO.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato MICHELE GUZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO SAVASTA giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale; – ricorrenti incidentali – contro R.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 92 PALAZZO TETTAMANTI, presso lo studio dell’avvocato PIETRO MARTIRE, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso notificato il 7/11/2016, unitamente all’avvocato RUGGIERO MENNUNI giusta procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore; C.J. in proprio e nella sua qualità di esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore L.J. elettivamente domiciliata in ROMA VIA NIZZA 24 presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso e L.D., LO.FI., L.A.R., L.R.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NIZZA 92, presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso, unitamente all’avvocato PAOLO LIONETTI giusta procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore; D.C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 92, presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI PAOLA, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso; – controricorrenti all’incidentale – e contro ZURICH INSURANCE PUBLIC LIMITED COMPANY, MO.VI., D.B.O.D., ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, C.O., D.B.C.; – intimati – Nonchè da:

trasportato danno fisico grave

trasportato danno fisico grave

C.O. in proprio e quale esercente la potestà sui minori I.M. e I.P. eredi ed aventi causa di IO.GI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 92 presso lo studio dell’avvocato COSIMO DAMIANO MASTROROSA, che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, unitamente all’avvocato RANIERI RODA giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale; – ricorrente incidentale – contro I.P., G.M., I.G., IO.GR., I.S., I.F. tutti eredi ed aventi causa di IO.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato MICHELE GUZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO SAVASTA giusta procura speciale in calce al controricorso; – controricorrenti all’incidentale – avverso la sentenza n. 1454/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/08/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi 1 e 2 del ricorso principale Zurich; rigetto del ricorso incidentale Italiana Assicurazioni; accoglimento dell’incidentale eredi I.; rigetto dell’incidentale C.; udito l’Avvocato GIUSEPPE CILIBERTI; udito l’Avvocato PAOLO LIONETTI; udito l’Avvocato PIETRO MARTIRE; udito l’Avvocato MENNUNI RUGGERO; udito l’Avvocato RANIERI RODA e MASTROROSA COSIMO; udito l’Avvocato LIUZZI MILENA; udito l’Avvocato MAURIZIO SAVASTA.

FATTI DI CAUSA

  1. A seguito di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) a (OMISSIS), in cui si erano scontrate una Ford Fiesta – guidata da D.B.C. e di proprietà di D.B.O.D., assicurato con Piemontese S.p.A., poi Italiana Assicurazioni S.p.A. – e un veicolo Rover – guidato da IO.GI., di proprietà di I.P., assicurato con Zurich Assicurazioni S.p.A. (poi divenuta Zurich Insurance Public Limited Company), e sul quale erano trasportati L.C., R.E. e D.C.D. – e in cui decedevano IO.GI. e L.C. e riportavano lesioni R.E. e D.C.D., veniva instaurata una pluralità di cause.

In particolare, Piemontese S.p.A. conveniva davanti al Tribunale di Torino ai sensi dell’art. 140 cod.ass. quelli che riteneva i presumibili danneggiati, mettendo a loro disposizione il suo massimale assicurativo di Euro 800.000 e chiedendo che fossero accertate le percentuali di responsabilità dei due conducenti e fosse liquidato il danno a tutti i danneggiati entro il massimale; in questa causa si costituivano i congiunti di IO.GI., cioè la coniuge C.O. in proprio e quale legale rappresentante dei figli minorenni I.M. e I.P., il padre I.P., la madre G.M., le sorelle I.G., Io.Gr., I.S. e I.F., che proponevano domanda di risarcimento nei confronti della compagnia, di D.B.C. e D.B.O.D.

I trasportati sulla Rover sopravvissuti R.E. e D.C.D. e gli eredi del trasportato deceduto L.C., cioè la moglie C.J., la figlia L.J., e gli ulteriori congiunti Domenico L., L. Angela, Rita L., L.R.V. e Lo.Mu.Fi. agivano davanti al Tribunale di Trani ex art. 141 cod.ass. nei confronti di Zurich Assicurazioni S.p.A. e di I.P.. Avendo il Tribunale di Trani dichiarato la sua incompetenza a favore di quello di Torino, le relative cause venivano poi riassunte davanti a quest’ultimo e in seguito riunite a quella avviata da Piemontese S.p.A.

Con sentenza n. 1454/2016 il Tribunale di Torino dichiarava la responsabilità nella causazione del sinistro di D.B.C. per l’80% e di IO.GI. per il 20%, conseguentemente condannando ai risarcimenti.

Avendo proposto appello principale Zurich Insurance Public Limited Company e appelli incidentali Italiana Assicurazioni S.p.A., R., D., i congiunti di L.C. e i congiunti di IO.GI., la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 29 aprile – 16 agosto 2016, accertava la responsabilità al 100% della causazione del sinistro in capo al conducente della Ford Fiesta e condannava negli importi che determinava i D.B. e Italiana Assicurazioni S.p.A. a risarcire tutti i danneggiati, nonchè Zurich Insurance Public Limited Company a risarcire i trasportati sopravvissuti e i congiunti del trasportato deceduto.

  1. Ha presentato ricorso Zurich Insurance Public Limited Company sulla base di tre motivi.

2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 342 c.p.c., e omesso accertamento di giudicato interno attinente alla inapplicabilità dell’art. 141 cod. ass. a carico dell’assicuratore del vettore.

Fin dal primo atto difensivo del primo grado la compagnia ora ricorrente avrebbe eccepito che l’incapienza del massimale assicurativo della Ford Fiesta e la sua messa a disposizione da Italiana Assicurazioni senza riserve con l’azione ai sensi dell’art. 140, comma 4, cod. ass. comporterebbero l’inapplicabilità dell’art. 141 cod.ass., per cui verrebbe meno l’onere della compagnia assicuratrice del vettore a risarcire i trasportati a prescindere dall’accertamento della responsabilità. Il Tribunale avrebbe aderito a tale impostazione nella sua sentenza, respingendo la tesi che l’attuale ricorrente avesse l’onere di risarcire i trasportati sulla Rover nonostante la pendenza di giudizio avviato ex art. 140; per questo avrebbe ripartito il massimario di Italiana Assicurazioni fra tutti i danneggiati e limitato la condanna della attuale ricorrente alla quota di responsabilità (20%) del conducente del veicolo da essa assicurato. Tale decisione non sarebbe stata censurata negli appelli incidentali dei trasportati, che avrebbero reclamato maggiori somme dall’attuale ricorrente ma non contestato che la messa a disposizione da parte di Italiana Assicurazioni del massimale a favore di tutti i danneggiati avrebbe fatto venir meno gli oneri previsti dall’art. 141 per la compagnia assicuratrice del vettore I., e perciò avrebbe condotto a una condanna limitata alla percentuale della responsabilità di IO.GI.. Gli appelli incidentali proposti dai congiunti di L.C., dal R. e dal D. avrebbero rimarcato in “esordio di trattazione” di aver agito ai sensi dell’art. 141 cod.ass., e art. 2054 c.c., ma poi lamentato soltanto che la condanna di Italiana Assicurazioni ad accantonare per l’attuale ricorrente la somma di Euro 125.191,15 perchè quest’ultima lo cumulasse con il dovuto per la responsabilità al 20% di IO.GI. avrebbe violato il D.P.R. n. 254 del 2006, art. 13, norma non pertinente. Decidendo l’accantonamento il Tribunale avrebbe confermato l’inapplicabilità dell’art. 141 cod. ass.

2.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 140 e 141 cod. ass.

La corte territoriale, pur avendo accolto l’appello dell’attuale ricorrente in ordine alla mancanza di responsabilità di IO.GI., applicando l’art. 141 cod. ass. l’avrebbe condannata a risarcire i danni ai trasportati entro il massimale minimo di legge dell’epoca del sinistro (Euro 774.685,35), ripartito tale massimale tra i trasportati col coefficiente di divisione 73,8688827%, e avrebbe altresì condannato Italiana Assicurazioni a risarcire i danneggiati per il suo massimale (Euro 800.000) ammettendo al concorso i congiunti di IO.GI. e – per la quota insoddisfatta dall’attuale ricorrente – i trasportati, ripartendo il massimale attribuendo ai trasportati la quota di 87,32714% del danno subito e ai congiunti di IO.GI. la quota di 51,5028094% del danno subito: così avrebbe violato gli artt. 141 e 140 cod. ass, e l’obbligo di riparto del massimale incapiente in ugual misura tra i danneggiati. L’art. 141, non stabilirebbe peraltro un onere dell’assicuratore del vettore a risarcire i trasportati pure nel caso in cui il suo assicurato non è responsabile, bensì soltanto lo delegherebbe a risarcire per conto dell’assicuratore del responsabile civile, nei cui confronti potrebbe rivalersi dopo il pagamento. Inoltre i trasportati insoddisfatti dal massimale minimo potrebbero agire per il residuo risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile (e quindi anche nei confronti dell’assicuratore del vettore se il vettore è responsabile o corresponsabile civile) qualora il massimale sia superiore al minimo di legge. Non sussisterebbe alcuna responsabilità oggettiva, e infatti l’art. 141, non è applicabile in ipotesi di caso fortuito. Nell’art. 141, si rinverrebbe, invece, una delegazione di pagamento: e infatti l’assicuratore del responsabile civile potrebbe non solo intervenire nel giudizio, ma altresì, previo riconoscimento della responsabilità del suo assicurato, far estromettere l’assicuratore del vettore; e l’intervento con tale riconoscimento della responsabilità del suo assicurato libererebbe da ogni onere l’assicuratore del vettore. La Corte d’appello avrebbe pretermesso l’inciso, presente nell’art. 141, comma 1, “fermo restando quanto previsto dall’art. 140”. Se vi è un massimale incapiente, tutti i danneggiati avrebbero diritto a parità nel riparto (con riduzione proporzionale ai sensi dell’art. 140, comma 1); la corte territoriale avrebbe violato la disciplina normativa, quindi, attribuendo oltre l’87% ai trasportati e solo il 52% ai congiunti di IO.GI.. Comunque la subordinazione dell’art. 141, all’art. 140, comporterebbe che, in caso di rischio di incapienza del massimale, il risarcimento di tutti i danneggiati dovrebbe essere effettuato in un unico processo (l’art. 144 cod. ass. prevederebbe litisconsorzio necessario), per cui, qualora sia incapiente il massimale dell’assicuratore del responsabile civile, vi sia una pluralità di danneggiati e sia messo a disposizione il massimale ai sensi dell’art. 140, comma 4, l’art. 141, sarebbe inapplicabile perchè i trasportati dovrebbero essere risarciti nel giudizio di risarcimento di tutti i danneggiati, ex art. 140, comma 4; e in tale giudizio la condanna dell’assicuratore del vettore non potrebbe essere pronunciata in forza dell’art. 141, ma solo se il vettore fosse responsabile o corresponsabile, ex art. 140. Quindi la corte territoriale avrebbe violato l’art. 141, che avrebbe dovuto ritenere inapplicabile avendo Italiana Assicurazioni messo a disposizione il massimale ai sensi dell’art. 140, comma 4, per cui l’oggetto del giudizio sarebbe stato solo l’accertamento della quota di responsabilità di IO.GI.. Una volta esclusa ogni responsabilità di quest’ultimo, l’attuale ricorrente sarebbe stata assolta da ogni responsabilità risarcitoria.

2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 141 cod. ass. per avere il giudice d’appello condannato l’attuale ricorrente a versare il massimale minimo di legge (Euro 774.685,35) e altresì condannato Italiana Assicurazioni a corrispondere ai danneggiati tutto il suo massimale (Euro 800.000) anzichè solo l’eccedenza tra esso e il minimo di legge posto dall’art. 141 a carico dell’assicuratore del vettore: il che impedirebbe all’attuale ricorrente di agire utilmente in rivalsa nei confronti di Italiana Assicurazioni ex art. 141, comma 4, poiché questa dovrebbe pagare tutto il massimale ai danneggiati, così esaurendo ogni sua obbligazione nei confronti di Zurich Insurance: da ciò insorgerebbe l’interesse di quest’ultima ad impugnare. L’accoglimento del motivo presupporrebbe ritenere applicabile nel caso di specie l’art. 141, e non l’art. 140, come invece sosterrebbe il precedente motivo, che, se accolto, assorbirebbe questo.

Il giudice d’appello, a pagina 22 della sentenza, affermerebbe che, anche se è stata effettuata la riunione delle cause, ogni causa resta autonoma, per cui le domande dei soggetti trasportati proposte nei confronti di Zurich Insurance ex art. 141 non sarebbero assorbite dalla messa a disposizione del massimale di Italiana Assicurazioni ai sensi dell’art. 140, comma 4; e dall’art. 141, comma 1, risulterebbe che, se il massimale minimo è insufficiente a risarcire i trasportati, questi possono chiedere il risarcimento del danno residuo all’assicuratore del responsabile civile se il massimale di quest’ultimo supera il minimo di legge, come sarebbe in questo caso, per cui i trasportati concorrono sul massimale di Italiana Assicurazioni con i congiunti di IO.GI. per il residuo risarcimento. In tal modo il giudice d’appello sarebbe incorso in errore: Italiana Assicurazioni avrebbe dovuto risarcire solo per l’eccedenza del suo massimale (Euro 800.000) rispetto al minimo di legge per cui sarebbe stata condannata l’attuale ricorrente. La corte territoriale avrebbe errato anche in ordine alla rivalsa tra le due compagnie assicuratrici, definendola un aspetto interno qui non rilevante.

  1. Si è difesa con controricorso Italiana Assicurazioni S.p.A., che ha presentato pure ricorso incidentale basato su un unico motivo denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.

Il giudice d’appello avrebbe respinto la domanda di condanna per mala gestio di Italiana Assicurazioni, affermando che essa non poteva “diversamente agire”. Nonostante ciò avrebbe rigettato le sue doglianze mosse alla sentenza di primo grado, laddove Italiana Assicurazioni venne condannata a rifondere le spese del giudizio ai congiunti di IO.GI. per il principio di soccombenza, ritenendo irrilevante che fosse stata Italiana Assicurazioni ad avviare la causa: pertanto avrebbe confermato la condanna alle spese del primo grado e condannato l’attuale ricorrente pure a rifondere le spese del secondo. Invece il concetto di soccombenza avrebbe dovuto essere rapportato alla domanda, proposta da Italiana Assicurazioni, che in ambedue i gradi sarebbe stata accolta: i danneggiati pertanto sarebbero i soccombenti, che “con il loro comportamento preprocessuale” (consistente nel mancato raggiungimento di un accordo) avrebbero resa necessaria l’azione. Si chiede dunque l’eliminazione della condanna alle spese, essendo state violate le norme invocate in rubrica.

  1. Si sono difesi con controricorso G.M., I.P., I.G., Io.Gr., I.S. e I.F., anch’essi presentando ricorso incidentale affidato a un unico motivo: violazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 c.p.c., nonchè violazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 141 cod. ass., artt. 2054 e 2055 c.c.

La corte territoriale, “pur confermando l’individualità” dei giudizi riuniti, avrebbe ripartito il quantum da risarcire tra i massimali delle due compagnie assicuratrici: e così, pur partendo da premesse corrette, avrebbe ripartito le somme in modo illegittimo. Infatti, avrebbe accolto la domanda proposta dai trasportati ex art. 141 cod. ass. riconoscendo loro complessivamente l’importo di Euro 1.083.000, importo già determinato dal primo giudice, e derivato dalla sommatoria dei singoli danni da risarcire ai singoli trasportati. Tale importo corrisponde al 73,8688827% del massimale di legge garantito dall’assicuratore del vettore, Zurich Insurance. Correttamente la corte avrebbe affermato che la rivalsa tra le due compagnie è questione interna ai loro rapporti e che le domande dei trasportati nei confronti dell’assicuratore del vettore ex art. 141 cod.ass. non sono assorbite dalla messa a disposizione del massimale da parte di Italiana Assicurazioni ex art. 140 cod.ass. Peraltro, constatato che il massimale dell’assicuratore del vettore non era stato sufficiente a risarcire i danni patiti dai trasportati, la corte avrebbe erroneamente applicato l’art. 141, u.c., affermando la concorrenza dei trasportati per il loro residuo risarcitorio con gli eredi di IO.GI. nella ripartizione del massimale di Italiana Assicurazioni. Da ciò sarebbe derivata un’ulteriore riduzione del risarcimento degli eredi di IO.GI. poiché le sentenze di primo e di secondo grado avrebbero loro riconosciuto un danno ulteriore al massimale – Euro 1.200.000 rispetto a un massimale di Euro 800.000 -; ma sarebbe stato alla fine riconosciuta soltanto una percentuale complessiva del 51,5028094% per concorso (per il residuo 30% del loro risarcimento – Euro 308.132,32 – non coperto dal massimale dell’assicuratore del vettore) dei trasportati, pur non avendo mai nessuno dei trasportati chiesto di concorrere con il massimale di Italiana Assicurazioni. I trasportati nel giudizio avviato da Italiana Assicurazioni dinanzi al Tribunale di Torino avrebbero chiesto la propria estromissione; e nei giudizi pugliesi, poi riassunti a Torino, avrebbero chiesto solo la condanna dell’assicuratore del vettore ex art. 141 cod. ass. e, in subordine, ex artt. 2054 e 2055 c.c., nel caso di accertamento di corresponsabilità per ottenere il risarcimento oltre il massimale di legge (il massimale contrattuale sarebbe stato Euro 1.500.000); non avrebbero mai invocato l’art. 141, u.c., o esplicato tale facoltà, sostenendo soltanto che, in caso di corresponsabilità, avrebbero avuto diritto a ricevere da Zurich Insurance il risarcimento dell’intero danno. Pertanto, avendo il giudice d’appello escluso la corresponsabilità di conducenti dei veicoli, i terzi trasportati avrebbero potuto ottenere solo il massimale di legge e non invece accedere pure al massimale di Italiana Assicurazioni, che non sarebbe stata parte nel loro giudizio. E comunque avrebbero potuto pretendere il risarcimento solo nella somma eccedente il massimale di legge, cioè circa Euro 25.000, e non per Euro 308.313,32. La corte territoriale avrebbe quindi creato tale estensione con una interpretazione ultra petita, trasformando la facoltà concessa dall’art. 141, u.c., in una domanda, “mai esperita da alcuno”. Ne consegue che, estendendo il risarcimento al massimale di Italiana Assicurazioni, il giudice d’appello avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., rendendo nulla la sentenza nella parte in cui concede ai soggetti trasportati di concorrere nel massimale di Italiana Assicurazioni.

  1. Si è difesa, in proprio e quale legale rappresentante dei figli minorenni I.M. e I.P., C.O., che pure ha presentato ricorso incidentale, articolato in tre motivi.

5.1 Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., che sarebbe stata commessa nella sentenza di primo grado laddove avrebbe esteso “le richieste risarcitorie del massimale della Piemontese a tutti i danneggiati seppure non avessero proposto espressamente domanda”. Si denuncia altresì omesso esame del giudice d’appello di tale eccezione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il primo motivo dell’appello incidentale dell’attuale ricorrente avrebbe assorbito “tutti gli altri profili di doglianza”, sia dell’appellante principale sia degli altri “convenuti”. La riunione delle cause ne avrebbe lasciato inalterato il petitum: la domanda di accertamento della responsabilità ai sensi dell’art. 2054 c.c., insieme a quella ai sensi dell’art. 141 cod. ass., avrebbe “il solo effetto di poter superare il massimale di legge in danno della Zurich”. Ciò sarebbe stato riconosciuto anche dal primo giudice, che però avrebbe poi cumulato le differenti domande e i diversi massimali; invece la responsabilità di IO.GI. e di Zurich Insurance andrebbe ricondotta “sia nell’alveo di quella contrattuale che di quella extracontrattuale, nonchè nell’alveo della speciale normativa” di cui all’art. 141; e il massimale di Italiana Assicurazioni sarebbe soltanto a favore degli eredi di IO.GI., che sarebbero stati gli unici a proporre la relativa domanda. Il Tribunale non avrebbe neanche tenuto conto dell’aspetto processuale, e cioè che la causa promossa dall’allora Piemontese, governata dal rito del lavoro, sarebbe già stata all’epoca della riunione in fase di chiusura dell’istruttoria – e in essa non si sarebbero costituiti nè i D.B. nè Zurich Insurance mentre negli altri giudizi promossi dai terzi trasportati si sarebbe raggiunta soltanto la fase di concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c.. Comunque si sarebbe verificata una commistione delle domande, con violazione dell’art. 112 c.p.c., nel senso di ultrapetizione. Solo nelle precisate conclusioni – e quindi inammissibilmente – i trasportati avrebbero chiesto il risarcimento pure nei confronti di Piemontese, onde vi sarebbe stato un illegittimo cumulo del massimale e una conseguente illegittima riduzione del risarcimento ai ricorrenti, e il giudice d’appello non si sarebbe pronunciato sul punto.

5.2 Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 342 c.p.c., nonchè omesso accertamento di giudicato interno in ordine all’applicabilità al caso in esame dell’art. 141 cod.ass., artt. 2054 e 2055 c.c., a carico dell’assicuratore del vettore.

Ciò viene presentato come motivo del ricorso principale di Zurich Insurance, per poi affermare che, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, Italiana Assicurazioni avrebbe dovuto pagare il suo massimale di Euro 800.000 e Zurich Insurance il 20% del risarcimento dei danni “complessivamente quantificati”; ma la corte territoriale, esclusa la corresponsabilità di IO.GI., avrebbe condannato Zurich Insurance a pagare soltanto ai trasportati il massimale minimo di legge, così interpretando l’art. 141, in modo diverso dal primo giudice che avrebbe invece condannato Zurich Insurance anche ai sensi degli artt. 2054 e 2055 c.c., senza che fosse stato poi presentato gravame sul punto, venendo così violato il giudicato interno. Il che avrebbe portato a una ulteriore riduzione del risarcimento agli eredi di IO.GI., e quindi pure ad un error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

5.3 Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2014.

La corte territoriale avrebbe omesso di liquidare le spese del secondo grado al difensore antistatario (dichiaratosi tale nelle “seconde memorie conclusionali”) degli attuali ricorrenti, non tenendo in conto che gli eredi di IO.GI., “in corso di causa”, si sarebbero divisi. Dapprima sarebbero stati tutti difesi dall’avvocato Savaste (anch’egli antistatario), successivamente C.O. e i suoi figli minorenni dall’avvocato Mastrorosa. Il giudice d’appello non avrebbe distinto le competenze del precedente difensore da quelle di quest’ultimo, che avrebbe difeso la C. e i suoi figli nell’udienza di discussione e avrebbe redatto le due memorie conclusionali.

Comunque i compensi non sarebbero stati liquidati in rispetto del decreto ministeriale invocato in rubrica: viene prospettato un calcolo diverso per giungere ad un totale di Euro 8813,50 per le attività dell’avvocato Mastrorosa, lamentando quindi una riduzione inferiore al minimo, e affermando che il minimo e il massimo dettati dal decreto ministeriale non sono vincolanti ma che non è legittima “una mera decisione arbitraria” non sorretta da motivazione.

  1. I congiunti di L.C. hanno presentato un controricorso avverso il ricorso principale e un altro controricorso avverso il ricorso incidentale dei congiunti di IO.GI. Il D. ha presentato controricorso avverso il ricorso principale e un altro controricorso avverso il ricorso incidentale dei congiunti di IO.GI.. Il R. si è difeso con controricorso dal ricorso incidentale dei congiunti di IO.GI.. Infine i genitori e le sorelle di IO.GI. si sono difesi con controricorso avverso i ricorsi incidentali di Italiana Assicurazioni e di C.O.. Italiana Assicurazioni, infine, ha depositato anche memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. In primis deve essere esaminato il ricorso principale.

7.1 I primi due motivi, a ben guardare, pur espandendosi – ed entro certi limiti talora confondendosi – in una variegata pluralità di argomenti, meritano vaglio congiunto perchè vertono, nel loro effettivo nucleo, sulla interpretazione dell’art. 141 cod.ass. in riferimento alla fattispecie di totale assenza di responsabilità verso il trasportato da parte del vettore.

Nel caso in esame, come si è sintetizzato, si è svolta una complessa vicenda processuale, in cui, in particolare, i trasportati superstiti del sinistro e i congiunti del trasportato che vi è deceduto hanno agito nei confronti della compagnia assicuratrice del vettore – l’attuale ricorrente principale – ai sensi, appunto, dell’art. 141, pur avendoli l’assicuratore dell’altro veicolo convenuti quali litisconsorti necessari nella causa da esso stesso avviata ex art. 140, ove non hanno proposto domande. Riunite tutte le cause e compiuti i due gradi di merito, si è conformata, in punto di fatto, una situazione di accertamento di responsabilità del sinistro esclusiva in capo al conduttore dell’altro veicolo, e quindi – mentre in primo grado gli era stata attribuita una corresponsabilità del 20% – di assenza di responsabilità del conduttore del veicolo in cui si trovavano di trasportati, e quindi di assenza di responsabilità del relativo proprietario, assicurato con la ricorrente. Nella sostanza, pertanto, questa adduce che non avrebbe dovuto essere pronunciata nei suoi confronti alcuna condanna, e ciò anche perché, nella concreta situazione, non avrebbe neppure la possibilità di recuperare con azione di rivalsa quel che verrebbe a corrispondere dalla compagnia assicuratrice del responsabile del sinistro, la quale deve qui corrispondere tutto il suo massimale ai danneggiati.

Si è dinanzi ad un caso peculiare, derivato dalla scelta (non illegittima, peraltro: la legge non impone ai trasportati convenuti in un giudizio ex art. 140 cod. ass. di rinunciare allo strumento specifico loro concesso dall’art. 141 cod. ass.: esservi parti per litisconsorzio necessario non significa esservi obbligati a proporre domande) dei trasportati, pur convenuti in una causa ex art. 140, promossa dalla compagnia assicuratrice dell’altro veicolo, di agire verso l’assicuratore del loro vettore per ottenerne il risarcimento dei danni che sarebbero derivati dallo stesso sinistro. E un tale caso rende ineludibile affrontare proprio il centro dell’art. 141, che ha suscitato vivaci attenzioni dottrinali ma, finora, a livello nomofilattico, non è stato considerato ex professo, essendosi formata una giurisprudenza attinente soltanto ad alcuni profili specifici, come si verrà in seguito a illustrare.

7.2 L’art. 141 prevede, invero, quella che al suo comma 3, definisce “azione diretta…nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo”. Si tratta, evidentemente, di una fattispecie differente da quella prevista dall’art. 140: quest’ultima riguarda la posizione della “impresa di assicurazione” di chi viene definito genericamente “responsabile” del sinistro rispetto a una pluralità di danneggiati, pure questi intesi in senso generico, regolando la norma i diritti di questi ultimi verso la compagnia e, al quarto comma,come questa possa conseguire un effetto liberatorio verso di loro. E’ ovvio che pure nell’art. 140 sia configurata un’azione qualificabile generale – e azione diretta, come già avveniva nella normativa precedente: L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 – esercitabile dal danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione; essendo questa, nella prospettazione di parte attrice, l’assicuratrice del responsabile civile, sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del preteso responsabile (art. 144, comma 3, cod. ass.), la prescrizione è la stessa che confina pure l’azione verso il danneggiante (art. 144, comma 4) e sussiste litisconsorzio necessario rispetto a tutti i danneggiati (art. 140, comma 4).

Anche quella dell’art. 141, si ripete, è un’azione diretta, ma naturalmente non coincide con l’azione diretta del danneggiato lato sensu di cui al combinato disposto degli artt. 140 e 144. Per comprendere la sua specificità occorre, logicamente, individuare quale è in essa il fondamento della pretesa attorea: in altri termini, se il terzo trasportato ha diritto al risarcimento del danno “dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge” solo (salve imprevedibili situazioni eccezionali) per la sua qualità di trasportato oppure se fatto costitutivo del suo diritto risarcitorio è pure la responsabilità del sinistro – totale o parziale – del vettore assicurato.

Così dell’art. 141, recita il comma 1: “Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto dall’art. 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo”. Indicata poi la proposizione diretta dell’azione da parte del trasportato nei confronti dell’assicuratore del veicolo trasportante al secondo comma, e imposti i termini di cui all’art. 145 nel primo periodo del terzo comma, in quest’ultimo altresì si enuncia: “L’impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”. E infine, stabilisce il comma 4: “L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’art. 150”.

La L. n. 990 del 1969, art. 18, è indubbiamente il capostipite di quanto è stato scisso, nel Codice delle assicurazioni, appunto nell’art. 140, e art. 141: al comma 1, si ricorda, prevedeva a favore del danneggiato “azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore” entro il massimale (così progredendo nella tutela della vittima rispetto al codice civile, che avrebbe necessariamente interposto il rapporto processuale con il danneggiante per l’estraneità del danneggiato dal contratto assicurativo), e al secondo, tra l’altro, regolava il “diritto di rivalsa verso l’assicurato” dell’assicuratore.

7.3 Il divario insorto tra l’impostazione generalista, per così dire, della sintetica norma originaria, e quella specificante/differenziante adottata dal legislatore del 2005 tramite la coppia di azioni risarcitorie degli artt. 140 e 141, ha spinto taluni fra gli interpreti a potenziare in massima misura l’apporto del novum, il che ha però condotto ad una intensa discussione sul significato della norma più evidentemente “aggiunta” al sistema precedente, cioè l’art. 141.

Un’ampia dottrina ha inteso svincolare, tramite l’art. 141, il diritto risarcitorio verso l’assicuratore del danneggiato nella species di trasportato da ogni aspetto di responsabilità dell’assicurato vettore, ravvisando in effetti nel sistema una vera e propria no fault rule in cui il “caso fortuito” posto come limite all’incipit del comma 1, è stato confinato agli eventi naturali imprevedibili (rimanendo nella terminologia anglosassone, i c.d. Acts of God).

L’impulso precipuo per una simile lettura parrebbe consistere nel “trattenere” un’occasione di incremento del grado di tutela della vittima che si potrebbe inserire in un complessivo orientamento sistemico, e quindi nell’identificare direttamente in tale incremento la ratio della norma e nel qualificare atrofia degli effetti discendenti dalla ratio stessa il mantenimento di un limite di allocazione del rischio, id est di un freno dell’evoluzione oggettivizzante della responsabilità dell’impresa di assicurazione.

Si adduce, allora, per sorreggere la lettura in tal senso più innovativa dell’art. 141, che l’inclusione delle condotte umane nel caso fortuito costituirebbe di questo un’interpretazione estensiva, la quale peraltro verrebbe a imporre al trasportato gli stessi oneri probatori che lo graverebbero se avesse agito ex art. 140, ovvero la dimostrazione della responsabilità civile nella causazione dell’incidente del soggetto assicurato con la compagnia convenuta. Inoltre, una lettura del caso fortuito non “sartoriale” a questa fattispecie non sarebbe coerente con la radicale diversità delle norme del codice civile che fanno espresso riferimento al caso fortuito (gli artt. 2051 e 2052 c.c.) e condurrebbe ad una sorta di duplicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1.

La dottrina “innovativa” attinge pure dall’art. 141, comma 3, laddove è previsto che l’assicuratore “del responsabile civile” può intervenire nel giudizio ex art. 141, ed estromettere l’assicuratore del vettore, “riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”.

Questo dimostrerebbe una contrapposizione tra il ruolo del vettore, e quindi della sua compagnia, e il ruolo del responsabile del sinistro, e a sua volta della sua compagnia; e al tempo stesso viene inteso come possibilità – ma non obbligo – di estromettere l’assicuratore del vettore se responsabile è l’assicurato dell’altra impresa intervenuta (che appunto – recita la norma – “può estromettere”), così da confermare che l’assicuratore del vettore ha sempre, a parte il caso fortuito delineato ad hoc, obbligo risarcitorio verso il trasportato danneggiato.

Un’altra lettura, invece, fa perno proprio sul caso fortuito indicato dall’incipit del comma 1, adducendo che in tale concetto giuridico è sempre stata inclusa la condotta umana, come più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità. Sostenendo, quindi, che anche nell’art. 141 il vettore deve avere una qualche responsabilità affinché il suo assicuratore sia obbligato al risarcimento, questa dottrina lamenta proprio che l’opposta interpretazione viene a gravare l’assicuratore del vettore di una responsabilità oggettiva – non conferita tra l’altro al suo assicurato – e che tale oggettività non verrebbe meno neppure attribuendogli una funzione di sostituto processuale dell’assicuratore del responsabile, poichè il regresso è comunque un’azione ordinaria, ex art. 1299 c.c., e quindi applicabile anche a prescindere dall’art. 141, comma 4.

Dal punto di vista letterale, in sintesi, il nucleo delle rispettive letture è identificabile per quella innovativa nell’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, e per quella contenitiva nell’inciso “salva l’ipotesi di sinistro cagionato dal caso fortuito”: entrambe dunque rinvengono il proprio “asso” testuale nell’ambito dell’art. 141, comma 1.

7.4 La giurisprudenza nomofilattica, per quanto concerne gli arresti massimati (non emergendone peraltro di rilievo tra i non massimati), come già si è anticipato ha vagliato soltanto alcuni aspetti non “centrali” – pur se talora non privi di significanza – dell’art. 141.

Si parte da Cass. sez. 3, ord. 12 dicembre 2008 n. 29276, che considera la disposizione in ordine a un regolamento di competenza per escludere che il terzo trasportato legittimato ad azione diretta ex art. 141, verso l’assicuratore del vettore “rivesta la qualifica di consumatore” e possa quindi avvalersi del relativo foro ex art. 33, lett. u), cod. ass., “in quanto estraneo al regolamento negoziale assicurativo e conseguentemente non qualificabile come “beneficiario” della polizza” (così nella massima).

Il quesito che concludeva il ricorso chiedeva se, appunto, il trasportato è da considerare consumatore (essendo beneficiario della polizza) nel caso in cui agisce ex art. 141, nei confronti dell’assicuratore del vettore, e “ciò a prescindere dalle responsabilità del sinistro”. L’arresto non approfondisce quest’ultimo profilo, e fonda l’esclusione della qualità di consumatore sul fatto che il trasportato riceve la sua legittimazione ad agire contro l’assicuratore direttamente dalla legge e non dal contratto. Rileva in motivazione che l’azione ex art. 141, presenta come costitutiva “una fattispecie complessa”, derivante “anzitutto dall’avere il trasportato a qualsiasi titolo (art. 122, comma 2, del D.Lgs.) subito un danno per un illecito da circolazione in occasione del trasporto sul veicolo e, quindi, dall’essersi verificato tale illecito. In riferimento a tale illecito è la legge che all’art. 122, comma 2, del D.Lgs. prevede che l’assicurazione obbligatoria debba comprendere anche la copertura di tale danno e tale copertura sussiste quale che sia il titolo di responsabilità nel rapporto fra trasportato e proprietario o conducente del veicolo”. Peraltro l’art. 122, comma 2, cod. ass. (“L’assicurazione comprende la responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto”) – evidenzia ancora questa pronuncia – se non sussistesse l’art. 141, non abiliterebbe il trasportato “ad esercitare la garanzia assicurativa, che potrebbe essere attivata soltanto dall’assicurato, come di norma nel caso di assicurazione per la responsabilità civile”. Il trasportato, dunque, non è in senso pieno il beneficiario del contratto, bensì “fin quando la vicenda si apprezza soltanto sul piano del regolamento contrattuale assicurativo, è beneficiario nel senso in cui un terzo può esserlo quando il contratto si stipula “a vantaggio del terzo”, nel senso che, senza che il terzo entri nel contratto, la prestazione dedotta nel contratto debba essere eseguita appunto a suo beneficio. Rispetto al contratto il terzo in questione rimane del tutto estraneo al regolamento” per cui non può fruire della normativa posta a vantaggio del consumatore, a differenza della fattispecie del contratto assicurativo stipulato a favore del terzo, che è determinato/determinabile dal contratto e da questo acquisisce i suoi diritti. Al contrario, nella fattispecie di cui si tratta “è solo la legge a prevedere che il terzo trasportato possa esercitare l’azione risarcitoria contro l’assicuratore”. A questo punto, la motivazione sembra estendere più in generale il suo esame del contenuto del diritto del trasportato osservando che “il diritto che egli esercita ha come elemento della fattispecie costitutiva il fatto dannoso, il danno subito e l’esistenza del contratto assicurativo”, ma subito riconduce e riduce tale enunciazione alla impossibilità di qualificazione come contraente-consumatore del trasportato (così si presenta il passo nella sua forma integrale: “Il diritto che egli esercita ha come elemento della fattispecie costitutiva il fatto dannoso, il danno subito e l’esistenza del contratto assicurativo relativamente, ma alla deduzione di tale esistenza egli è legittimato dalla legge e non dal contratto. Per tale ragione egli non può pretendere di rivestire i panni del contraente-consumatore”).

Non si evince, pertanto, da questo primo intervento un inequivoco apporto interpretativo (a parte che, visto il thema decidendum, sarebbe stato soltanto un obiter dictum) in ordine all’aspetto della responsabilità del vettore e alla sua incidenza nel giudizio avviato dal trasportato ai sensi dell’art. 141.

Cinque anni dopo, Cass. sez. 3, 30 agosto 2013 n. 19963 ritorna ad occuparsi del trasportato, affermando che, alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea 1 dicembre 2011, Churchill Insurance/Wilkinson, dovendosi applicare il principio solidaristico vulneratus ante omnia reficiendus, il proprietario che sia anche trasportato ha diritto, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno alla persona causato dalla circolazione non illegale del mezzo, essendo irrilevante ogni vicenda normativa nazionale e nullo ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all’identità del conducente (c.c. clausola di guida esclusiva). Pure in questo intervento il thema decidendum non è pertinente a quello ora in esame, in quanto riguarda il contenuto del contratto assicurativo e non l’interpretazione dell’art. 141. Si osserva comunque fin d’ora che la sentenza Churchill concerne propriamente proprio la clausola attinente alla guida del veicolo, senza indicare nella normativa Eurounitaria una fonte d’obbligo del diritto interno a garantire il trasportato mediante la c.d. no fault rule.

Sopravviene poi Cass. sez. 3, 30 luglio 2015 n. 16181, massimata nel senso che “il terzo trasportato, che si avvalga, ai sensi del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 141, dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro, deve provare di avere subito un danno a seguito di quest’ultimo ma non anche le concrete modalità dell’incidente allo scopo di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti, trattandosi di accertamento irrilevante ai fini di cui all’art. 141 cit.”. Se è in qualche misura suggestiva la massima, tuttavia l’effettivo contenuto motivazionale non risulta risolutorio della questione che si sta considerando.

In una causa in cui la persona trasportata era anche la proprietaria della vettura, il giudice d’appello aveva rigettato la domanda ex art. 141, proposta da quest’ultima, sul rilievo che non vi era stata una collisione diretta tra i veicoli coinvolti e che quindi non poteva essere applicata la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2; di qui il ricorso della proprietaria trasportata.

Sull’art. 141, la motivazione della sentenza così si esprime: “Il nuovo Codice delle Assicurazioni ha introdotto una novità rilevante prevedendo l’azione diretta del terzo trasportato, danneggiato a seguito del sinistro stradale, nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo. Lo scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell’impresa assicuratrice, risparmiandogli l’onere di dimostrare l’effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”. Questo in effetti è il nucleo, subito svelato, della pronuncia: chi agisce ex art. 141, non ha onere probatorio sulla “effettiva distribuzione della responsabilità”. Viene dato atto, poi, che la norma “è stata oggetto di numerose critiche da parte della dottrina ed è stata oggetto di censure di legittimità costituzionale” disattese dal giudice delle leggi (si richiama l’ordinanza 23 dicembre 2008 n. 440 della Consulta) il quale ha evidenziato la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 141 nel senso che si limiti “a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente anche nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”. Si rievocano poi i già sopra riportati rilievi di Cass. sez. 3, ord. 12 dicembre 2008 n. 29276 (per cui l’azione in esame ha una fattispecie costitutiva complessa, visto l’art. 122, comma 2, cod. ass., e il trasportato comunque non potrebbe agire in base al contratto assicurativo o alla suddetta norma, lo strumento di tutela essendogli conferito proprio dall’art. 141) e altresì viene citata Cass. sez. 3, 30 agosto 2013 n. 19963 relativa alla (nulla) clausola di guida esclusiva. Di qui si ritorna rapidamente al nucleo della questione, affermando che “alla luce dei principi” espressi dalle pronunce citate “ha errato il giudice di appello nel rigettare la domanda sul rilievo che l’attrice non aveva fornito la prova delle modalità con cui si era svolto l’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti ed eventualmente di applicare… la presunzione di corresponsabilità di cui all’art. 2054 c. c., comma 2. Tale accertamento è al di fuori della previsione dell’art. 141 Codice delle Assicurazioni in quanto la responsabilità della compagnia assicuratrice del vettore prescinde dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. In questo modo il Legislatore ha voluto introdurre una disposizione che sembra volta ad impedire la spendita di risorse processuali per l’effettuazione di tale tipo di accertamento (rinviando le questioni relative al regresso al rapporto tra le imprese assicurative coinvolte ai sensi degli artt. 141, quarto comma e 150 del Codice delle assicurazioni)”. Chi aveva agito ex art. 141, nel caso in esame, aveva “provato di aver riportato danni a seguito del sinistro, non essendo contestato dalla società assicuratrice l’incidente”: il ricorso viene pertanto accolto, esprimendo il principio di diritto per cui “in applicazione dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni, il terzo trasportato per essere risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro deve fornire la prova di aver subito un danno a seguito del sinistro, ma non delle modalità dell’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti”.

E’ evidente che questo arresto interpreta, alla fine del suo percorso motivazionale, l’inciso dell’art. 141, di cui soprattutto si avvale l’interpretazione più innovativa dell’articolo stesso, però non in relazione alla sostanza del diritto, bensì allo strumento processuale che concretizza il diritto risarcitorio, in punto di onere di prova: l’attore non è tenuto a dimostrare altro che l’esistenza del sinistro e il danno subito a seguito del sinistro, ma non deve provare le “modalità dell’incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti”. Ciò appunto sul piano processuale è compatibile con entrambe le letture dell’art. 141: è ictu oculi compatibile con la teoria “innovativa” che esclude alcun rilievo alla responsabilità del vettore assoggettando all’obbligo di risarcimento il suo assicuratore anche se questa non sussiste; ma è parimenti compatibile con l’opposta interpretazione, poichè questa grava l’assicuratore, tramite la prova del caso fortuito, della dimostrazione proprio della modalità del sinistro e della discendente collocazione della responsabilità, se – ovviamente – l’assicuratore intende resistere su tale profilo.

Da ultimo, raggruppa in qualche misura gli esiti di tutti questi precedenti nella sua elaborazione motivazionale Cass. sez. 3, ord. 5 luglio 2017 n. 16477, che affronta la questione del sinistro in cui uno dei veicoli coinvolti non sia assicurato, e così è massimata: “In tema di risarcimento del danno da incidente stradale, ed alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 141, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se quest’ultimo sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato”.

La questione, in effetti, non era particolarmente discutibile. La tutela dei danneggiati nel caso di coinvolgimento nel sinistro di veicoli non assicurati o addirittura rimasti ignoti già nella disciplina anteriore al Codice delle assicurazioni era stata prevista mediante il Fondo di garanzia per le vittime della strada (L. n. 990 del 1969, artt. 19 e 20). Il legislatore del 2005 non ha certo soppresso questa tutela, bensì l’ha dettagliatamente disciplinata (art. 283 e ss. cod.ass.). Difficile quindi era già prima di questa pronuncia sostenere che la posizione del trasportato venisse deteriorata dal coinvolgimento nello scontro di un veicolo ignoto o non assicurato, essendo tanto ragionevole quanto sufficiente attribuire all’impresa designata dal FGVS il ruolo che avrebbe dovuto rivestire l’impresa di assicurazione mancante. Ciò nonostante, l’assicuratore del vettore, nel caso di cui la suddetta ordinanza ha dovuto occuparsi, aveva tentato di fondare proprio su questo un suo argomento di inapplicabilità dell’art. 141, con successo presso il giudice di secondo grado. Di qui il ricorso, accolto.

La motivazione della ordinanza è particolarmente ricca e ben argomentata. Così afferma: “Sulla base sia del dato testuale che delle finalità della norma, che sono quelle di tutelare il terzo trasportato, in caso di scontro, per fargli avere nel modo più semplice e veloce possibile il risarcimento al quale ha diritto, individuando il soggetto sul quale allocare il rischio assicurativo in quello per lui più facilmente individuabile, deve ritenersi che l’art. 141 cod.ass. si applichi a prescindere dall’esistenza di due veicoli entrambi dotati di regolare assicurazione privata… Come già rilevato da questa Corte nell’esaminare una diversa questione relativa all’art. 141 cod.ass., il nuovo Codice delle Assicurazioni ha introdotto con esso una novità rilevante prevedendo l’azione diretta del terzo trasportato, danneggiato a seguito del sinistro stradale, nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo. Lo scopo della norma è quello di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell’impresa assicuratrice, risparmiandogli l’onere di dimostrare l’effettiva distribuzione della responsabilità ai conducenti di veicoli coinvolti nel sinistro (Cass. n. 16181 del 2015). La disciplina del risarcimento danni in favore del terzo trasportato coinvolto in un incidente stradale è stata rafforzata, rispetto al passato, anche dall’art. 122 cod.ass…. che chiarisce che l’assicurazione obbligatoria comprende la responsabilità per i danni alla persona causati trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto… E’ da dire inoltre che il regime di indennizzo diretto, introducendo un’azione aggiuntiva, non preclude in alcun modo la possibilità al trasportato-danneggiato di evocare in giudizio esclusivamente il responsabile, ovvero il titolare e il conducente del veicolo antagonista e la compagnia di assicurazioni di questo, aprendo un ordinario giudizio volto al risarcimento del danno previo accertamento delle responsabilità”.

In seguito, la motivazione – dato atto di numerose critiche dottrinali all’art. 141, “anche in conseguenza di un testo che non brilla per chiarezza” – ricorda l’intervento della Corte Costituzionale (avvenuto con due ordinanze, le nn. 208 e 440 del 2008) e quello della Corte di Lussemburgo sulla clausola di guida esclusiva e giunge ad affermare: “In definitiva, la vittima trasportata ha sempre e comunque diritto al risarcimento integrale del danno, quale che ne sia la veste e la qualità, con l’unica eccezione del trasportato consapevole della circolazione illegale del veicolo… e salvo, come è previsto dalla norma in esame, il caso fortuito. L’art. 141 attribuisce al terzo trasportato… la facoltà di esercitare una azione diretta nei confronti della assicurazione del vettore sulla base della semplice allegazione e dimostrazione del fatto storico (ovvero dello scontro e del trasporto…), prescindendo dall’accertamento della responsabilità del vettore e del conducente del veicolo antagonista, salvo il caso fortuito. Il terzo trasportato, considerato soggetto debole, è legittimato quindi… ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo su cui viaggia, sulla base del principio vulneratus ante omnia reficiendus, e della semplice allegazione e dimostrazione del fatto storico del trasporto e del danno verificatosi a suo carico durante il trasporto, e non anche della responsabilità dei protagonisti. E’ una possibilità che si aggiunge, e che non fa venir meno la possibilità di far valere i suoi diritti nei confronti dell’autore del fatto dannoso e del responsabile civile di esso, sottoposta alle ordinarie regole della r.c.a.. Rimane salva la possibilità dell’assicuratore del vettore di agire in rivalsa nei confronti dell’effettivo responsabile, in tutto o pro quota, sulla base della effettiva ripartizione delle responsabilità nel caso concreto”. E per la questione che era in esame si rileva che il trasportato può agire ex art. 141, in caso di scontro di veicoli anche se uno solo è assicurato, interpretazione che “si muove nel solco tracciato dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale ed anche dalle precedenti pronunce di questa Corte in materia, e privilegia una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che prescinde, per la legittimazione ad esercitare l’azione diretta, dalla ripartizione delle responsabilità ai conducenti dei veicoli, e, a monte, dalla stessa identificazione del secondo veicolo e del civilmente responsabile, per privilegiare, in ogni ipotesi di danno ad un trasportato su vettura per motivi che esulano dal fortuito, la possibilità in favore di questi di poter esercitare l’azione diretta contro la compagnia di assicurazione del vettore”. A questo punto l’arresto si spinge anche oltre, apportando un obiter dictum (pur formalmente presentato come sostegno dell’interpretazione conducente all’accoglimento del ricorso): censura di nuovo il testo letterale dell’art. 141 (“del quale si è già posta in rilievo la scarsa chiarezza e coerenza del dato testuale”), giungendo ad affermare che tale dato testuale “non è nè univoco nè affidabile”, ma poi dichiarando che “a ben guardare, la formula normativa presuppone soltanto la sussistenza di un sinistro, e di un danno subito dal terzo trasportato, che non sia dovuto al caso fortuito, ma non esige affatto… che lo stesso si sia verificato a seguito di uno scontro tra due o più automezzi”. E infine, si considera la questione della rivalsa: “Quanto al riferimento alla possibilità di agire in rivalsa, enunciata dall’art. 141, comma 4, che rimarrebbe preclusa qualora non esistesse una seconda compagnia di assicurazioni, va intesa nel senso che la rivalsa è normalmente esercitabile nei confronti della seconda compagnia di assicurazioni. Non si può però condizionare la legittimazione all’esercizio dell’azione principale alla possibilità concreta di agire in rivalsa. Ciò risponde ad una scelta del legislatore in tema di allocazione del rischio, che ha scelto di privilegiare, nei limiti del massimale minimo di legge, il diritto del trasportato ad ottenere prontamente il risarcimento, agendo nei confronti del soggetto a lui sicuramente noto (la compagnia di assicurazioni del veicolo sul quale è trasportato), senza dover nè attendere l’accertamento delle rispettive responsabilità, nè tantomeno dover procedere alle ricerche della compagnia assicuratrice del veicolo investitore”.

Questa pronuncia, la più recente tra quelle massimate, è stata intesa in dottrina come confermante l’interpretazione dell’art. 141 nella versione maggiormente “innovativa”. Certamente, negli argomenti finali essa manifesta un orientamento di svincolo dalla lettera della norma che viene definita, come si è appena visto, non solo non comprensibile, ma pure non affidabile: qualificazione, quest’ultima, che come posta a carico del legislatore può destare anche qualche perplessità. Peraltro, a ben guardare, in riferimento alla questione in questa sede oggetto di vaglio non emergono novità rispetto alla precedente Cass. sez. 3, 30 luglio 2015 n. 16181; anzi, come dimostrano gli stralci riportati, più volte si fa riferimento, come limite a quel che enuncia, al caso fortuito, senza però indicare in quale senso deve essere inteso. La questione della responsabilità del vettore, quindi, rimane in effetti aperta all’esito del percorso giurisprudenziale analiticamente fin qui illustrato.

Prima di affrontarla pienamente e direttamente, peraltro, per completezza è opportuno ancora ricordare specificamente il contenuto dei due interventi del giudice delle leggi.

L’ordinanza 13 giugno 2008 n. 205 della Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili questioni di legittimità costituzionale degli artt. 141, 143, 144, 148, 149 e 150, e D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9, comma 2, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 Cost., nella parte in cui, prevedendo l’azione diretta del trasportato verso la compagnia assicuratrice del veicolo, avrebbero escluso che il medesimo trasportato possa agire nei confronti del vero responsabile del danno, così come previsto dal sistema degli artt. 1917, 2043 e 2054 c.c.. Il rimettente non si era avvalso di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme impugnate, tale da considerarle come un rafforzamento della posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso.

L’ordinanza n. 440 del 23 dicembre 2008 della Corte costituzionale, fondandosi in sostanza sulla precedente n. 205, ha dichiarato l’inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale dell’art. 141 cod. ass. in riferimento agli artt. 3, 24 e 79 Cost., nonchè di una questione di legittimità dello stesso articolo e del D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, art. 9, (il regolamento della disciplina del risarcimento diretto dei danni da circolazione stradale disposto dall’art. 150 cod. ass.) in riferimento all’art. 79 Cost..

7.5.1 L’art. 141 è una norma complessa, ma ciò non significa che sia contraddittoria. In realtà, è alquanto agevole trasformarla in un dettato contraddittorio se si estrapola artificiosamente un inciso dal suo tessuto testuale, regolandone il residuo come subornato a tale inciso. La frantumazione,per così dire, del testo di una norma ai fini interpretativi comporta d’altronde la riduzione della valenza di tutti gli elementi che lo compongono tranne quello che viene considerato come la chiave della norma stessa, tramite un ragionamento che diventa quindi apodittico. Un’interpretazione corretta invece non può non tener conto anche della struttura della disposizione, seguendola in un percorso il più conservativo possibile.

L’interpretazione dell’art. 141, per quanto qui rileva finora è stata, con ogni evidenza, soprattutto dottrinale; e un’ottica dottrinale può tendere, talora, a svincolarsi in misura non minimale dalla lettera laddove si impegna ad evincere un’auspicata evoluzione sistemica.

Nel caso in esame, la conformazione del testo ha comunque “ingombrato” e intralciato, così che la grande maggioranza degli interpreti ha sempre rinvenuto nell’art. 141, una difficoltà letterale, percepita come tendente alla contraddittorietà. Ma proprio nonostante questo paradossalmente – si è subito formato un orientamento prevalente (e lo è tuttora) nel senso che l’art. 141, si è distaccato dal sistema previgente. E il distacco non sarebbe tanto nell’azione diretta, istituto già preesistente nella L. n. 990 del 1969, art. 18, quanto piuttosto nella oggettivizzazione della responsabilità della compagnia assicuratrice, riservata peraltro a carico della compagnia che assicura il vettore e a favore dei danneggiati della species dei trasportati. Anche se, nell’ambito di tale orientamento, vi è chi esclude che sia insorta una responsabilità oggettiva dato che permane il diritto di rivalsa, e identifica nella posizione dell’assicuratore del vettore una temporanea sostituzione dell’effettivo obbligato al solo fine di accelerare il risarcimento alla vittima (la ratio della riforma del 2005 essendo individuata nel favor victimae), è ben difficile negare che, qualora si ritenga che l’assicuratore del vettore debba risarcire il trasportato pure se il vettore non abbia avuto alcuna responsabilità nella causazione del sinistro, il centro della sua natura di responsabile si sposta dalla colpa alla oggettività, che la possibilità di rivalsa stempera solo in via eventuale. Non appare quindi sostenibile che, se si reputa irrilevante la responsabilità del vettore nell’ambito dell’azione ex art. 141, il suo assicuratore sia obbligato soltanto ad assolvere (come invece ha prospettato una dottrina) una mera “funzione liquidativa” assegnatagli dalla legge per agevolare la tutela del trasportato: quel che è meramente eventuale non può rientrare negli elementi costitutivi di una fattispecie.

La lettura maggioritaria è stata, per così dire, “abbagliata” dall’intento di agevolazione e accelerazione della tutela del trasportato, in tal modo distraendosi da quel che è sempre la sostanza di un intervento normativo: il bilanciamento degli interessi coinvolti. Il diritto è lo strumento per relazionare interessi. Per identificare fino a che punto la bilancia pende da una parte – ovviamente, la “parte debole” secondo la scelta del legislatore – occorre valutare l’effettivo dettato normativo senza peraltro “correggerlo” nel senso di nullificare ogni bilanciamento e rendere il sistema non un equilibrio, bensì la concretizzazione senza limiti di un “monointeresse”.

7.5.2 Seguendo invece, come già si anticipava, la struttura, ovvero il percorso in cui si snoda l’art. 141, ci si aggancia immediatamente al riferimento al caso fortuito. Il comma 1, ha un incipit chiaro: l’assicuratore del vettore risarcisce il trasportato tranne nell’ipotesi in cui il caso fortuito abbia cagionato il sinistro (“Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo…”). Il legislatore sceglie immediatamente, quindi, come criterio di bilanciamento tra gli interessi di trasportato ed assicuratore il caso fortuito. Di questo, peraltro, è consapevole chi opta per una interpretazione prescindente dalla responsabilità del vettore, perchè ne deduce che il “caso fortuito” non possa essere quello che viene considerato nelle altre fattispecie di responsabilità civile. Ma è ben difficile ritenere che il legislatore “smonti” in silenzio, per così dire, il tradizionale concetto giuridico – su cui la giurisprudenza di legittimità non ha avuto oscillazioni per decenni, creando la classica certa lex – per ridurlo e così portarlo a coincidere con l’omonimo concetto non giuridico.

Quest’ultimo, infatti, è notorio che identifica il caso fortuito in un evento di origine puramente naturale, che sfugge al controllo degli esseri umani; il caso fortuito nel linguaggio giuridico, al contrario, alle cause naturali (il “caso”, in questo senso, è causa) aggiunge pure le condotte umane – compresa quella del danneggiato – cui l’autonomia e la imprevedibilità conferiscano appunto il ruolo di causa “assorbente”, ovvero che elide il nesso causale con gli elementi antecedenti (ex plurimis, tra gli arresti massimati più recenti: Cass. sez. 3, ord. 1 febbraio 2018 n. 2477; Cass. sez. 3, ord. 31 ottobre 2017 n. 25837; Cass. sez. 3, 18 settembre 2015 n. 18317; Cass. sez. 3, 19 maggio 2011 n. 11016; Cass. sez. 3, 7 aprile 2010 n. 8229; Cass. sez. 3, 5 dicembre 2008 n. 28811; Cass. sez. 3, 30 ottobre 2008 n. 26051; Cass. sez. 3, 8 maggio 2008 n. 11227; Cass. sez. 3, 19 febbraio 2008 n. 4279). Per introdurre, dunque, un caso fortuito “ristretto” ad una sorta di nucleo naturale, id est emendato dalle condotte umane, nel momento stesso in cui viene posto nell’incipit della norma come limite alla responsabilità sarebbe stato logico esprimere immediatamente tale riduzione, ovvero in quell’incipit porre, per così dire, un – peculiare e innovativo – limite al limite. Vale a dire, se è il caso fortuito il limite della responsabilità – che scatta “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito” -, manifestare che detto limite va però inteso come caso fortuito sui generis. Il legislatore invece tace, per cui si deve ritenere che il caso fortuito non sia intaccato nella sua ordinaria ampiezza. D’altronde, non è strutturalmente logico ritenere che il concetto di caso fortuito sia “tradotto” e ridotto più avanti nel comma, con l’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”. La responsabilità dell’assicuratore è già stata circoscritta nella precedente parte del comma, come si è appena evidenziato: il terzo trasportato è risarcito dall’assicuratore del vettore “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”. L’inciso sull’accertamento della responsabilità comunque non si riferisce, a ben guardare, al contenuto di un concetto di diritto sostanziale come è il caso fortuito; si riferisce, invece, a un profilo processuale, l’accertamento della responsabilità dei conducenti coinvolti nel sinistro. L’elemento sostanziale lo precede, giuridicamente e logicamente: prima di tutto deve essere escluso il caso fortuito – ovvero deve ritenersi sia che il sinistro non sia derivato da un evento naturale imprevedibile sia che la condotta dell’altro conducente (o degli altri conducenti) o la condotta del trasportato non siano state la causa esclusiva del sinistro -, il che significa che la compagnia del vettore deve risarcire; dopo di che, in una situazione quindi di corresponsabilità (a parte l’ipotesi, di cui si dirà infra, di responsabilità del solo vettore), si procede “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, ovvero non rientra nel thema decidendum il grado di ripartizione. E non per nulla, infatti, questo inciso si riferisce ad una responsabilità non di uno, ma di più soggetti: la responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, id est una fattispecie di corresponsabilità. Se il legislatore avesse inteso oggettivizzare la responsabilità dell’assicuratore del vettore, sarebbe stato logico – e più che mai per l’incipit sul caso fortuito – che l’inciso in questione fosse stato: “a prescindere dall’accertamento della responsabilità del conducente”. E in tal modo si sarebbe potuto (pur con una certa tardività – ovvero disordine – testuale) far valere l’inciso pure sotto il profilo sostanziale, cioè come integratore di specificità del concetto del caso fortuito, nel senso di restringerlo proprio agli eventi naturali.

7.5.3 n primo comma, d’altronde, tra la previsione della responsabilità dell’assicuratore del vettore salvo il caso fortuito e l’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” interpone “fermo restando quanto previsto dall’art. 140”; e, dopo l’inciso appena valutato, prosegue: “fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo”. Assemblando allora tutto ciò che costituisce la seconda parte del primo comma (“fermo restando quanto previsto all’art. 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultima è coperto per un massimale superiore a quello minimo”) senza isolarne il tratto relativo all’accertamento della responsabilità, si giunge logicamente a compattarla sull’introduttivo riferimento all’art. 140. Il significato, allora, si orienta nel senso che il trasportato può anche agire ex art. 140, come in effetti è stato riconosciuto, pure nell’intervento della Consulta. L’azione ai sensi dell’articolo suddetto è quella che viene esercitata (anche dalla compagnia, come si evince dal comma 4) proprio secondo la tradizionale impostazione di responsabilità civile. E allora la seconda parte dell’art. 141, comma 1, può ben essere intesa nel senso che l’azione ex art. 141 non impedisce quella ex art. 140, ma a differenza di quest’ultima non effettua un pieno accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti – limitandosi ad accertare l’assenza del – caso fortuito, ovvero l’an nel suo paradigma della responsabilità del vettore -, e comunque non preclude al trasportato di agire in forza dell’art. 140 per il residuo risarcimento se l’assicuratore del veicolo che non gli è stato vettore ha a disposizione “un massimale superiore a quello minimo”. Nel suo complesso, quindi, l’art. 141, comma 1, non è incompatibile con il concetto giuridico del caso fortuito così come tradizionalmente configurato.

7.5.4 Che anche nell’azione del trasportato ai sensi dell’art. 141, abbia un rilievo la responsabilità (in senso non oggettivo) trova conferma nel terzo comma della norma, che stabilisce: “L’impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”. Il comma è stato redatto, ictu oculi, in modo sbrigativo, poiché non è certo sostenibile che in un giudizio una parte abbia il potere di estrometterne un’altra. Nonostante il suo dettato grezzo rimane peraltro chiaro che l’estromissione viene indicata come conseguenza del riconoscimento della responsabilità del proprio assicurato da parte della impresa intervenuta. A differenza dell’art. 140, qui non vi è litisconsorzio necessario: e perciò l’assicuratore del responsabile “può” intervenire, non deve, come non deve essere chiamato. Ma una volta che sia intervenuto, l’estromissione non può che correlarsi alla sua responsabilità. Il che significa, nel caso in cui risulti – in forza di una dichiarazione di genere dispositivo/confessorio (formulabile certo nell’atto di intervento; ma in assenza di specificità decadenziale non vi è divieto che sia resa anche dopo) di un soggetto, terzo rispetto al rapporto sostanziale e processuale instauratosi tra trasportato e assicuratore del vettore, alla quale la legge attribuisce così un peculiare effetto – che il vettore non ha nessuna responsabilità nella causazione del sinistro, onde il suo assicuratore non ha nessun obbligo risarcitorio, per cui non ha senso che rimanga nel processo. Se il suo obbligo di risarcimento prescindesse totalmente dalla responsabilità del vettore, invece, non si vede perchè potrebbe essere estromesso una volta accertato quel che sarebbe irrilevante, ovvero che la responsabilità del sinistro non è minimamente riconducibile al suo assicurato.

E’ vero poi (ed è stato infatti valorizzato nelle interpretazioni dottrinali) che anche per l’estromissione nel testo figura il verbo “può” (“può estromettere”). Ma logicamente questo ha un significato diverso di quello precedente, perchè, mentre il primo (“può intervenire”) si riferisce ad una libera scelta (in assenza appunto di litisconsorzio necessario) di un soggetto che diventa parte del processo, cioè l’interveniente, il secondo, come già si osservava, deve essere “integrato” in quanto non è concepibile che una parte abbia la potestas di estrometterne un’altra dal giudizio (cfr. artt. 108 e 109 c.p.c., e art. 111 c.p.c., comma 3): quindi il legislatore è incorso in un lapsus calami, perchè il soggetto del “può estromettere” non può che essere il giudice. Ragionevolmente, il giudice “può estromettere” perchè la legge ha valutato inutile la permanenza dell’assicuratore del vettore come parte nel processo; vale a dire, la dichiarazione dell’altro assicuratore conferisce a questo punto al giudice il potere di dirimere subito la causa nei confronti dell’assicuratore del vettore – ovvero pronunciarsi nel senso della sua estromissione -; potere-dovere, peraltro, perchè la prova legale che qui la norma a ben guardare istituisce porta immediatamente alla soluzione della controversia giudiziale per quanto concerne il rapporto tra attore e convenuto, non consentendo una interpretazione costituzionalmente orientata che il giudice protragga tale rapporto già “maturato” in evidente contrasto con il principio della ragionevole durata. L’estromissione, a ben guardare, in ogni sua fattispecie costituisce il canone della ragionevole durata del processo in relazione alla posizione dell’estromesso.

7.5.5 Un’ulteriore conferma alla lettura non oggettivizzante della responsabilità dell’assicuratore del vettore si rinviene nell’art. 141, comma 4. In questo sovente si è ravvisato soltanto un generico diritto di rivalsa, non tenendo in conto lo specifico richiamo all’art. 150 dello stesso Codice come disciplinante la rivalsa stessa.

L’art. 150 cod.ass. afferma, al primo comma, sub a), la necessità di “criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione”. Benchè poi il D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, si sia limitato a rimandare per i trasportati all’art. 141 del Codice (mediante il suo art. 3, Ambito di applicazione, che al comma 1, recita: “La disciplina del risarcimento diretto si applica in tutte le ipotesi di danni al veicolo e di lesioni di lieve entità del conducente, anche quando nel sinistro siano coinvolti terzi trasportati”. e al comma 2: “Qualora i terzi trasportati subiscano lesioni, la relativa richiesta del risarcimento del danno resta soggetta alla specifica procedura prevista dall’art. 141 del codice”) – e tra l’altro con una norma formulata in modo che potrebbe destare il sospetto di un incostituzionale divieto per il trasportato di avvalersi dell’azione di cui all’art. 140 cod. ass. -, essendo tale fonte un regolamento prevale senza dubbio su di essa l’art. 150, comma 1, lett. a), cod. ass., che preserva quindi il suo alquanto chiaro significato: occorre determinare il “grado di responsabilità delle parti”, id est le parti, nella fattispecie di rivalsa di cui all’art. 141, comma 4, sono corresponsabili e deve esserne misurata la quota di responsabilità. Se così è, il presupposto dell’art. 141, comma 4, si connette in coerenza con l’incipit del comma 1: che non si sia verificata una causazione del sinistro del tutto esterna al vettore, ovvero che il vettore, assicurato dalla compagnia convenuta, abbia una percentuale di responsabilità del sinistro che fa scattare l’obbligo della compagnia a risarcire in toto, recuperando poi la percentuale non attribuibile al vettore a mezzo della rivalsa nei confronti delle assicurazioni dei corresponsabili.

Nel caso, poi, opposto all’esistenza del caso fortuito, ovvero in quello in cui ogni responsabilità del sinistro è addebitabile al vettore, non vi è presupposto per rivalsa nei confronti di alcuno, e la peculiarità dell’azione ai sensi dell’art. 141 si concentra sul profilo processuale/probatorio che si verrà ora a considerare. Nessuna rivalsa, invece, è ovviamente configurabile se l’assicuratore del vettore risulta non responsabile per sussistenza di caso fortuito.

7.5.6 La regolazione della responsabilità dell’assicuratore del vettore mediante il criterio del caso fortuito genera due effetti, uno sostanziale e l’altro processuale. L’effetto sostanziale è, come si è visto, che la responsabilità dell’assicuratore del vettore non sussiste se causa del sinistro non è la condotta dell’assicurato, cioè del vettore. L’effetto processuale è che, non emergendo che il legislatore abbia derogato all’ordinario paradigma dell’onere probatorio del caso fortuito, l’attore/trasportato non ha alcun onere di prova al riguardo, perchè sarebbe altrimenti gravato di una prova negativa – cioè di provare che non esiste il caso fortuito per dimostrare che esiste la responsabilità del convenuto -; è quindi il convenuto/assicuratore che ha l’onere probatorio della ricostruzione della vicenda sotto il profilo causale se intende eccepire che la sua origine eziologica sta nel caso fortuito.

Il che significa – e in ciò si concretizza un evidente favor verso il trasportato – che il trasportato non è avvinto al paradigma probatorio dell’art. 2043 c.c., e neppure a quello dell’art. 2054 c.c., comma 2, non essendo tenuto a dimostrare le modalità in cui si è verificato il sinistro (ut supra rilevato, ciò infatti è stato riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte: Cass. sez. 3, 30 luglio 2015 n. 16181 e, in motivazione, Cass. sez. 3, ord. 5 luglio 2017 n. 16477), dovendo soltanto provare la sua esistenza e il proprio conseguente danno. Sarà allora il convenuto, assicuratore del vettore, a dover dimostrare, per svincolarsi dall’obbligo ex adverso addotto come suo, che il caso fortuito è stata l’unica causa del sinistro.

In una siffatta struttura processuale generata dalla sua base sostanziale è a questo punto ancor più agevolmente logico ribadire che il successivo inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti” non va inteso (ed allo scopo ermeneuticamente isolato) come se fosse il nucleo dirimente dell’art. 141, bensì deve essere coordinato con la prima parte della norma, e dunque letto nel senso che, se l’assicuratore del vettore non adempie all’onere impostogli dalla regola del caso fortuito di provare la totale derivazione dell’evento dannoso da questo, il processo non deve ulteriormente essere speso sul profilo della responsabilità, in quanto l’assicuratore del vettore è comunque tenuto a risarcire completamente il trasportato, la presenza di una eventuale corresponsabilità incidendo poi ai fini di rivalsa secondo il combinato disposto dell’art. 141, comma 4, e art. 150, comma 1, lett. a) del Codice.

Infine, correttamente sintonico con la suddetta conformazione processuale è pure il già vagliato art. 141, comma 3: se per caso fortuito si deve intendere – coerentemente alla giurisprudenza consolidata sul concetto giuridico di caso fortuito – anche la condotta del conducente di un veicolo diverso da quello su cui l’attore è stato trasportato, qualora l’assicuratore dell’altro veicolo intervenga “riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”, e così la propria, la legge consente un accertamento peculiare del caso fortuito, accertamento che si concretizza nella dichiarazione dell’assicuratore (che non avrà valore, per la sua natura dispositiva, nei confronti del suo assicurato): e la conseguenza è, al pari che nell’ipotesi in cui l’assicuratore del vettore abbia dimostrato egli stesso il caso fortuito, l’assenza di obbligo di risarcimento dell’assicuratore del vettore, in più con il trasferimento ex lege della pretesa attorea verso l’assicuratore dell’altro conducente quale assicuratore del responsabile.

7.5.7 In ultima analisi, le tessere del mosaico si coordinano e non risultano contraddittorie seguendo il percorso interpretativo fin qui svolto; la contraddittorietà e l’ambiguità, in effetti, sorgono se si parte apoditticamente dal ritenere che l’unico inciso che vale – logicamente avulso allora da tutto il resto – sia “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti” nel primo comma, e ciò in base alla convinzione che solo con tale significato di oggettivizzazione della responsabilità assicurativa la norma tuteli realmente il danneggiato trasportato, e che non sia possibile perdere l’occasione di conquistare ermeneuticamente la responsabilità oggettiva nella riforma del 2005, da intendere il più possibile innovativa e anzi contrapposta rispetto al previgente sistema. L’interprete, tuttavia, deve cercare di comprendere le scelte del legislatore, e non di trovare le proprie nei testi normativi. Quel che nelle norme non sussiste non può essere introdotto con interpretazioni correttive e forzate, bensì semmai proposto considerando il diverso profilo del de jure condendo.

Nel Codice delle assicurazioni del 2005 il legislatore non ha ritenuto di far pendere la bilancia dell’allocazione del rischio dei sinistri stradali al punto di rendere oggettiva la responsabilità dell’assicuratore del vettore, limitandosi, sull’orma dell’art. 2054 c.c., comma 1, a renderla oggetto di una praesumptio juris tantum. Non è d’altronde imposto nè dai principi costituzionali né da quelli sovranazionali un sistema di automatismo assoluto del risarcimento, in qualunque modo lo si voglia definire (praesumptio juris et de jure, responsabilità oggettiva, no fault rute); né, infine, un testo normativo che sostituisce un testo previgente, in difetto appunto di obblighi provenienti da fonti di diritto superiori, deve apportare soltanto radicali innovazioni rispetto al precedente sistema.

7.5.8 In conclusione, deve essere affermato quale principio di diritto che l’art. 141 cod. ass., in conseguenza del riferimento al caso fortuito – nella giuridica accezione inclusiva di condotte umane – come limite all’obbligo risarcitorio dell’assicuratore del vettore verso il trasportato danneggiato nel sinistro, richiede che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro quale presupposto della condanna risarcitoria del suo assicuratore; una volta accertato l’an della responsabilità del vettore, non occorre accertare quale sia la misura di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, dovendo comunque l’assicuratore del vettore risarcire in toto il trasportato, salva eventuale rivalsa verso l’assicuratore di altro corresponsabile o di altri corresponsabili della causazione del sinistro.

La totale assenza di responsabilità del vettore deve essere inoltre dimostrata dal suo assicuratore provando che il caso fortuito è stata l’unica causa del sinistro, salvo che l’assicuratore di un altro dei veicoli coinvolti non intervenga e non lo esoneri dall’obbligo risarcitorio dichiarando la esclusiva responsabilità del proprio assicurato, in tal caso il giudice dovendo subito estromettere l’assicuratore del vettore, la domanda risarcitoria attorea rivolgendosi ex lege verso l’assicuratore intervenuto.

7.5.9 A questo punto, la censura esaminata risulta fondata: ha errato il giudice d’appello a condannare l’attuale ricorrente principale a risarcire i trasportati sopravvissuti e i congiunti/eredi del trasportato deceduto allorquando ha riformato la sentenza di primo grado escludendo anche il 20% di corresponsabilità del vettore e accertandone quindi l’assoluta assenza di responsabilità nella causazione del sinistro, in conformità con quanto era stato contestato in primo grado da Zurich Insurance e da essa devoluto poi come motivo d’appello. Da ciò consegue, assorbito evidentemente il terzo motivo del ricorso principale, l’accoglimento del ricorso principale, e, decidendo nel merito, il rigetto di ogni domanda proposta dai trasportati D.C.D. ed R.E. nonché dai congiunti/eredi del trasportato deceduto L.C. nei confronti dell’attuale ricorrente, così investendosi i capi secondo, quinto, sesto e ottavo della sentenza impugnata.

Considerata la evidente peculiarità della questione di diritto apportata dai motivi accolti del ricorso, si stima equo compensare le spese di lite tra la ricorrente e le controparti per tutti e tre i gradi di giudizio.

  1. Dei ricorsi incidentali è logicamente pregiudiziale esaminare in primis il primo motivo del ricorso proposto da G.M., I.P., I.G., Io.Gr., I.S. e I.F. congiuntamente – per il contenuto analogo, pur con alcune “deviazioni” di riferimento alla sentenza del Tribunale – all’unico motivo del ricorso proposto da C.O. in proprio e quale legale rappresentante dei suoi figli minorenni I.M. e I.P.

8.1 Entrambi i motivi in effetti riguardano in sostanza la fusione delle cause riunite effettuata nell’impugnata sentenza, adducendo che la compagnia assicuratrice Italiana non era mai stata parte nel giudizio avviato ai sensi dell’art. 141 cod. ass. dai trasportati, e che non era stata proposta domanda dei trasportati nei confronti di Italiana. Il giudice di merito, condannando Italiana a corrispondere parte del suo massimale anche a chi aveva proposto domande risarcitorie solo verso Zurich Insurance ex art. 141, e così diminuendo in proporzione il risarcimento tratto dal massimale di Italiana per gli attuali ricorrenti, aveva violato l’autonomia delle cause instaurate ex art. 140, o ex art. 141 cod. ass. e sarebbe caduto in ultrapetizione, la riunione delle cause avendo infatti lasciato inalterato il petitum.

Già il Tribunale di Torino, davanti al quale erano state assunte le cause introdotte a Trani, nella sua decisione aveva in pratica fuso le cause (come risulta dalla motivazione della sentenza d’appello, a pagina 12, esponente che secondo il primo giudice “la domanda avanzata dalla s.p.a. Italiana e il principio di solidarietà consentivano di procedere alla liquidazione proporzionale di tutti i danni e alle conseguenti condanne delle compagnie”) laddove aveva sommato i massimali delle due compagnie assicuratrici, pur prendendo solo il 20% del massimale minimo di legge quanto alla posizione di Zurich Insurance. In appello incidentale il trasportato D. aveva censurato (risulta ancora dalla motivazione della sentenza impugnata, a pagina 13) “nella ripartizione del danno, il concorso tra tutti i danneggiati” anzichè tra i trasportati; e così pure si erano espressi nei rispettivi appelli incidentali il R. e gli eredi di L.. Questi trasportati/eredi di trasportato peraltro si sarebbero avvantaggiati della fusione delle cause, che ha immediatamente esteso il loro risarcimento anche sul massimale di Italiana, pur avendo essi stessi nelle precisate conclusioni chiestgpla condanna a loro favore di Zurich Insurance e di I.P. soltanto, anche per le spese di lite. Nel loro appello incidentale, invece, gli eredi di IO.GI. avevano chiesto la condanna a proprio favore dei D.B. e di Italiana e “in via estremamente subordinata procedere alla liquidazione ripartendo tra tutte le parti i due massimali della spa Italiana e della Zurich sulla base della sussistenza di un concorso di colpa tra i veicoli”. Questa domanda subordinata, dunque, riguardava l’ipotesi di corresponsabilità, che il giudice d’appello ha escluso, per cui più non rileva. E a pagina 14 della motivazione il giudice d’appello dà atto che nell’appello incidentale gli eredi di IO.GI. lamentavano (chiedendo quindi di fruire loro dell’intero massimale di Italiana) l’errore che il Tribunale avrebbe commesso “nella parte in cui aveva consentito anche alle altre parti di usufruire del massimale messo a disposizione” dall’allora compagnia assicuratrice Piemontese (poi Italiana) “mentre solo essi appellanti avevano rivolto domanda” verso Piemontese. Effettuando la riunione delle cause il Tribunale, appunto errando, aveva invece consentito alle altre parti di usufruire delle domande dagli appellanti avanzate nei confronti di Piemontese ex art. 2055 c.c., non correttamente interpretando quest’ultima norma (e non a caso dalla pagina 12 della sentenza impugnata emerge che il primo giudice si era riferito al principio di solidarietà).

8.2 Questi motivi, le cui doglianze corrispondono al contenuto degli atti processuali (peraltro, non vi è carenza di autosufficienza per come i motivi sono conformati) mostrano una evidente fondatezza.

Invero, la corte territoriale, a pagina 22 della motivazione, dapprima riconosce che, “anche in ipotesi di riunione di cause, ciascun procedimento mantiene la sua autonomia”; ma subito dopo fonde le cause stesse, in effetti, a favore dei trasportati sopravvissuti e degli eredi del trasportato deceduto, sommando le pretese di questi – proposte ex art. 141 davanti al Tribunale di Trani – “per il residuo loro spettante” a quelle avanzate dinanzi al Tribunale di Torino dagli eredi di IO.GI. “nella ripartizione del massimale della spa Italiana”.

La giurisprudenza consolidata – e, in teoria, neppure contraddetta, come si è appena visto, dalla corte territoriale – di questa Suprema Corte insegna la preservazione dell’autonomia delle cause riunite (da ultimo Cass. sez. 5, ord. 13 luglio 2018 n. 18649; Cass. sez. 3, 3 agosto 2017 n. 19373), che siano connesse (Cass. sez. 1, 10 luglio 2014 n. 15860; Cass. sez. 1, 25 marzo 2011 n. 6951; Cass. sez. 3, 13 luglio 2006 n. 15954; e cfr. pure Cass. sez. 2, 26 novembre 2010 n. 24086 e Cass. sez. 3, 22 giugno 2007 n. 14575) o che siano identiche (da ultimo Cass. sez. 1, 15 gennaio 2015 n. 567). Il fatto che, poi, in riferimento alla causa instaurata ai sensi dell’art. 141 il giudice di prime cure aveva dichiarato il diritto dei trasportati a fruire, per l’eccedenza rispetto al massimale di Zurich Insurance, del massimale di Piemontese, ora Italiana, essendo questo superiore al minimo legale non significa che i confini delle cause potessero essere infranti e quindi potesse essere introdotta “a tempo reale” una domanda nuova, da parte dei trasportati, nella causa avviata ai sensi dell’art. 140, in considerazione del chiaro insegnamento nomofilattico appena richiamato. La corte territoriale, peraltro, sembra “inciampare” proprio su questo: sempre a pagina 22 della sua motivazione, dopo avere affermato che l’autonomia delle cause rimane pure se queste sono riunite, aggiunge che, “pertanto, le domande avanzate dai singoli trasportati nei confronti di Zurich ai sensi dell’art. 141 cda non possono ritenersi assorbite dalla messa a disposizione da parte di Italiana, ai sensi dell’art. 140 cda, dell’intero suo massimale”; dopodiché constata che “l’importo del massimale minimo di legge non è risultato sufficiente a coprire tutti i danni patiti dai terzi trasportati” (con evidente riferimento al massimale di Zurich Insurance) ed enuncia: “L’art. 141 cda, u.c., dispone che, in ipotesi di tal fatta, i terzi trasportati possono domandare il loro maggior danno, non coperto dalla somma ricevuta, nei confronti della compagnia di assicurazione del responsabile civile qualora il massimale di tale compagnia sia superiore a quello minimo di legge. Il massimale della Italiana è pari ad Euro 800.000,00, pertanto superiore a quello minimo di legge. Quindi i trasportati concorrono, per il residuo loro spettante, con gli eredi I., nella ripartizione del massimale della s.p.a. Italiana”.

Ora, a parte che la norma invocata non si trova nell’ultimo comma, bensì nella parte conclusiva dell’art. 141 cod. ass., comma 1, è evidente che una disposizione sostanziale (questo infatti è il testo: “fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno…”), come è appunto tale norma, non ha valore processuale nel senso di scardinare con una specifica eccezione la regola di autonomia delle cause innestando tra esse, se si sono riunite, una osmosi nel momento stesso in cui viene accertato che il massimale dell’assicuratore del vettore, non superante il limite di legge, non è bastante per risarcire. A ciò si aggiunga che il giudice d’appello ha pronunciato su domande mai proposte, avendogli i trasportati D. e R. e gli eredi del trasportato deceduto L. chiesto la condanna, tra le due compagnie, soltanto di Zurich Insurance. Non solo, in conclusione, la corte territoriale ha violato il principio dell’autonomia delle cause, ma pure ha violato l’art. 112 c.p.c.

L’accoglimento di questi due congiunti motivi comporta allora – assorbiti i residui motivi del ricorso proposto da C.O. – la cassazione, con rinvio alla stessa corte territoriale in diversa composizione, della sentenza impugnata laddove, appunto, ripartisce il massimale di Italiana anche nei confronti di chi non aveva proposto domanda nella causa ex art. 140 (pur essendovi stato chiamato come litisconsorte necessario) con le conseguenze di condanna. In particolare, viene pertanto cassato il terzo capo della sentenza – che condanna Italiana, invocando congiuntamente, ed erroneamente per quanto si è appena rilevato, sia l’art. 140, sia l’art. 141 cod. ass., a risarcire con il suo massimale gli eredi di IO.GI., i trasportati sopravvissuti e gli eredi del trasportato deceduto -, e il quarto capo – dove condanna Italiana ancora a risarcire tutti i suddetti nell’errata misura indicata nel capo precedente, logicamente includendosi la condanna solidale di D.B.C. e D.B.O.D. -; da ciò discende altresì la cassazione della pronuncia di condanna di Italiana alla rifusione delle spese processuali – settimo capo della sentenza -, visto il diverso valore del decisum che dovrà essere nuovamente determinato dal giudice di rinvio in conseguenza dell’accoglimento dei motivi de quibus.

La caduta, conseguente all’accoglimento dei due motivi esaminati tratti dagli altri ricorsi incidentali, anche del capo della sentenza impugnata relativo alla condanna alle spese processuali assorbe, infine, il ricorso incidentale di Italiana Assicurazioni.

Al giudice di rinvio viene rimessa pure la decisione relativa alle spese di lite del presente grado, sia per i ricorsi incidentali accolti sia per il ricorso incidentale assorbito.

P.Q.M. Accogliendo il primo e il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, decidendo nel merito rigetta ogni domanda proposta D.C.D., R.E. ed eredi di L.C., compensando le relative spese processuali di tutti i gradi. Accogliendo l’unico motivo del ricorso incidentale di G.M., I.P., I.G., Io.Gr., I.S. e I.F. nonchè il primo motivo – assorbiti gli altri motivi – del ricorso proposto da C.O. in proprio e quale legale rappresentante dei minori I.M. e I.P., e assorbito conseguentemente il ricorso incidentale di Italiana Assicurazioni S.p.A., cassa il terzo, il quarto e il settimo capo dell’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese del grado, alla Corte d’appello di Torino. Così deciso in Roma, il 23 novembre 2018. Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2019           avendo riguardo alle norme contenute nelle Direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli (in particolare la Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e la Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, 90/232/CEE), nonchè alle sentenze (in particolare la sentenza 30/06/2005, C-537/03, Candolin, e la sentenza 01/12/2011, C442/10, Churchill Insurance Company) con cui la Corte di Giustizia ne ha chiarito il significato. 3.3. La questione affrontata dalla sentenza Candolin aveva tratto spunto da una fattispecie in cui tre persone erano rimaste vittime di un incidente stradale dopo aver viaggiato come trasportati su un autoveicolo di proprietà di una di loro ma condotto da una quarta persona. Nell’occasione tanto il conducente quanto i tre trasportati erano in stato di ebbrezza. All’esito del sinistro uno dei trasportati era morto mentre gli altri due (tra i quali figurava il proprietario del veicolo) avevano riportato lesioni.       Dopo che il giudice nazionale di appello, in applicazione di una norma di diritto interno, aveva escluso l’obbligo dell’assicuratore di risarcire il danno sul rilievo che le vittime avrebbero dovuto rendersi conto dello stato di ebbrezza in cui versava il conducente, la Corte Suprema finlandese aveva rinviato alla Corte comunitaria, ponendo la questione pregiudiziale se le regole contenute nelle Direttive ostassero ad una normativa nazionale volta a limitare il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli in ragione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito e se la soluzione dovesse variare nell’ipotesi in cui il passeggero interessato fosse anche proprietario del veicolo.     Ulteriori info         Nel rispondere alla questione, la Corte di Giustizia ha evidenziato: che l’obiettivo delle disposizioni contenute nelle Direttive (in particolare di quelle contenute nell’art. 2, n. 1, della Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE e nell’art. 1 della Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, 90/232/CEE) “consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo di essere risarciti dei danni subiti”; che le norme interne dei singoli Stati “non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile”, ciò che si verificherebbe se una normativa nazionale “negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno”; che “è irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario dei veicolo il conducente del quale abbia causato l’incidente”, atteso che la finalità di tutela delle vittime impone “che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”.     Sulla base di queste considerazioni la Corte di Giustizia ha concluso che le disposizioni contenute nelle Direttive del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e 14 maggio 1990, 90/232/CEE, “ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli. Il fatto che il passeggero interessato sia proprietario del veicolo il conducente del quale ha causato l’incidente è irrilevante”. 3.4. La questione affrontata dalla sentenza Churchill Insurance Company aveva tratto spunto da due fattispecie in cui una persona, assicurata come unico conducente per la guida di un veicolo (cd. clausola di guida esclusiva), aveva permesso di guidare il veicolo medesimo ad un’altra persona, prendendovi posto come passeggero e riportando danni in seguito all’incidente stradale successivamente verificatosi, imputabile al conducente non assicurato. la Corte di Giustizia ha evidenziato: che l’unica distinzione ammessa dalla normativa dell’Unione in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli è quella tra conducente e passeggero, nel senso che, escluso il conducente, tutti gli altri passeggeri, anche quando siano proprietari del veicolo, devono avere una copertura assicurativa; che pertanto la persona che era assicurata per la guida del veicolo, ma che era anche passeggero di tale veicolo al momento dell’incidente, si trova in una situazione giuridica assimilabile a quella di qualsivoglia altro passeggero e va dunque posta sullo stesso piano dei terzi vittime dell’incidente; che il diritto dell’Unione osta alla possibilità che l’assicuratore della responsabilità civile per la guida di autoveicoli si avvalga di “disposizioni legali o di clausole contrattuali allo scopo di negare a detti terzi il risarcimento del danno conseguente ad un sinistro causato dal veicolo assicurato” (in tal senso anche Corte di Giustizia 28/03/1996, C-129/94, Ruiz Bernàldez, e Corte di Giustizia 17/03/2011, C-484/09, Carvalho Ferreira Santos); che tra tali clausole rientrano quelle che escludono la copertura assicurativa a causa dell’utilizzo o della guida del veicolo assicurato da parte di persone non autorizzate a guidarlo o non titolari di una patente di guida, oppure di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza del veicolo (in tal senso anche le citate sentenze Ruiz Berneldez e Carvalho Ferreira Santos); che l’unica eccezionale ipotesi in cui all’assicuratore è consentito opporre alla vittima che viaggiava sul veicolo la clausola che escluda la copertura assicurativa a causa della guida da parte di persona non autorizzata è quella in cui venga data la prova che la vittima stessa era a conoscenza del fatto che il veicolo aveva formato oggetto di furto (in tal senso anche la citata sentenza Ruiz Berneldez).   Sulla base di queste considerazioni la Corte di Giustizia ha concluso che le disposizioni contenute nelle Direttive del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e 14 maggio 1990, 90/232/CEE, devono essere interpretate nel senso che esse “ostano ad una normativa nazionale la quale produca l’effetto di escludere in modo automatico l’obbligo dell’assicuratore di risarcire la vittima di un incidente stradale, qualora tale incidente sia stato causato da un conducente non assicurato dalla polizza assicurativa e detta vittima, passeggero del veicolo al momento dell’incidente, fosse assicurata per la guida di tale veicolo e avesse dato a tale conducente il permesso di guidarlo”. 3.5. Alla luce delle richiamate decisioni della Corte di Giustizia, vanno affermati i seguenti principi: – nel sistema del diritto dell’Unione Europea, in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, ai fini del diritto ad ottenere il risarcimento dall’assicuratore, la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato-responsabile. Ne consegue che, allorchè esse qualità si concentrino sulla medesima persona, la prima prevale sulla seconda e deve pertanto riconoscersi all’assicurato il diritto ad essere risarcito dalla compagnia assicurativa, come se si tratti di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente; Ann.   SCOPRI DI PIÙ   – ai fini della copertura assicurativa è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo (il quale, al momento del sinistro si trovi a viaggiare sullo stesso come passeggero, dopo avere autorizzato un’altra persona a mettersi alla guida), la cui posizione giuridica va assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente; – il diritto alla copertura assicurativa dell’assicurato-proprietario del veicolo che abbia preso posto nel medesimo come passeggero, non può essere escluso in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno, salva, ovviamente, la necessità di tenere conto del suo eventuale concorrente comportamento colposo in funzione della diminuzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c.; – la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento sulla qualità di assicurato-responsabile rileva anche in relazione alla legittimazione passiva all’azione di regresso, eventualmente attribuita dalle disposizioni nazionali alla compagnia assicurativa, in funzione di consentirle di ottenere dall’assicurato il rimborso di quanto eventualmente pagato alla vittima a titolo di risarcimento. Ne consegue che nei confronti dell’assicurato-proprietario non può essere esercitata tale azione allorchè egli sia anche passeggero-vittima del sinistro, posto che altrimenti gli verrebbe tolto per effetto del regresso quanto da lui conseguito per effetto del risarcimento;         – l’esclusione della legittimazione passiva all’azione di regresso dell’assicurato-responsabile, che sia anche vittima del sinistro, vale anche nell’ipotesi in cui l’assicuratore intenda opporre la clausola di esclusione dalla copertura assicurativa fondata sul fatto che il veicolo era condotto da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, residuando tale legittimazione soltanto nell’ipotesi in cui la vittima stessa fosse a conoscenza del fatto che il veicolo era stato rubato. 3.6. Degli elencati principi avrebbe dovuto tenere conto la Corte di Appello di Venezia nella delibazione della domanda di rivalsa formulata dalla Sara Assicurazioni s.p.a. nei confronti degli eredi di E.M.A.. Infatti, per effetto della preminenza del diritto dell’Unione Europea (il cui fondamento va rinvenuto nell’art. 11 Cost.), le norme poste dalle fonti di tale ordinamento acquistano efficacia obbligatoria diretta nell’ordinamento interno e il giudice nazionale deve verificare d’ufficio la compatibilità delle regole del diritto interno con quelle del diritto comunitario, procedendo, in primo luogo, ad interpretare le prime in conformità alle seconde (eventualmente previa proposizione del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE) e, in secondo luogo, ove l’interpretazione conforme non sia possibile, alla diretta applicazione della norma Europea con contestuale disapplicazione della norma nazionale contrastante (tra le tante, Corte Cost. 19 aprile 1985, n. 113; Corte Cost. 8 aprile 1991, n. 168; Corte Cost. 12 maggio 2010, n. 227; in tema, da ultimo, Cass. 29/09/2017, n. 22834).         Cassazione civile, sez. III, 19/01/2018, (ud. 09/11/2017, dep.19/01/2018),  n. 1269 Fatto FATTI DI CAUSA Il (OMISSIS) i fratelli E.M.A. e E.M.H. viaggiavano insieme sull’automobile di proprietà del primo. H. era in stato di ebbrezza e non aveva la patente di guida. Pur consapevole di ciò, A. lo aveva autorizzato a guidare l’automezzo e si era seduto sul sedile posteriore. H. eseguì una manovra di sorpasso, invase l’opposta corsia e si scontrò con due veicoli che procedevano nel contrario senso di marcia. Nell’incidente A. rimase ucciso.       E.A.H., E.M.S., El.Me.Ha., E.M.D., e.m.h., E.M.B. (rispettivamente, madre e fratelli del proprietario e del conducente) agirono in giudizio risarcitorio in qualità di prossimi congiunti della vittima e convennero, dinanzi al Tribunale di Treviso: E.M.H., in qualità di conducente responsabile; la Sara Assicurazioni s.p.a., in qualità di società assicuratrice; B.S., E.M.R., E.M.M., E.M.N. (rispettivamente, moglie e figli del deceduto), in qualità di litisconsorti necessari. Questi ultimi furono anche chiamati in causa dalla Sara Assicurazioni s.p.a., la quale, costituitasi, esercitò nei loro confronti l’azione di rivalsa L. n. 990 del 1969, ex art. 18 (ora D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144): dedusse, al riguardo, che la polizza assicurativa escludeva la copertura per i sinistri causati da conducenti non abilitati alla guida o in stato di ebbrezza e che tale circostanza, se non era opponibile ai danneggiati che avevano agito direttamente nei suoi confronti, tuttavia le attribuiva il diritto di rivalersi verso l’assicurato (e quindi verso i suoi eredi) per l’importo che fosse stata eventualmente condannata a pagare. La moglie e i figli di E.M.A. si difesero dalla domanda di rivalsa deducendo di aver rinunciato all’eredità. Il Tribunale accolse sia la domanda principale risarcitoria sia la domanda connessa di rivalsa, ritenendo in particolare, quanto alla seconda, che la legge marocchina (regolatrice della successione per causa di morte in quanto legge nazionale del de cuius) non consentisse la rinuncia all’eredità e condannando i chiamati in causa a pagare alla società assicuratrice la somma da essa dovuta agli attori.     La Corte di Appello di Venezia ha parzialmente accolto sia l’impugnazione principale della società assicuratrice sulla statuizione relativa alla domanda risarcitoria (riconoscendo il concorso di colpa della vittima nella misura del 70 per cento con conseguente riduzione del risarcimento spettante ai congiunti) sia l’impugnazione incidentale degli eredi del deceduto sulla statuizione relativa alla domanda di rivalsa, escludendo da quest’ultima le somme pagate dall’assicuratore a titolo di interessi. La Corte di merito, pur riducendo l’ammontare dovuto alla compagnia assicurativa, ha tuttavia confermato la sussistenza del suo diritto di rivalsa, sui rilievi: che la tesi posta dagli appellanti incidentali a fondamento del primo motivo di gravame – secondo cui il riconoscimento del diritto dell’assicurazione di rivalersi nei loro confronti avrebbe contrastato con il principio di diritto comunitario che esclude l’elisione del diritto ad ottenere dall’assicuratore il risarcimento del danno conseguente ad un incidente stradale nell’ipotesi in cui le qualità di vittima e di assicurato si concentrino sulla medesima persona – non poteva essere condivisa, atteso che nel caso di specie i congiunti della vittima avevano conseguito il risarcimento loro spettante sebbene il trasportato (vittima) fosse anche proprietario del veicolo (assicurato); che, inoltre, neppure poteva condividersi il rilievo formulato con il secondo motivo di appello incidentale – secondo cui, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, la legge marocchina avrebbe consentito la rinuncia all’eredità – atteso che, pur ammettendo tale possibilità alla stregua della legge regolatrice della successione, nel caso di specie la rinuncia concretamente posta in essere (effettuata lite pendente dinanzi al cancelliere) non avrebbe avuto alcun effetto sulla qualità di erede, già acquisita mediante precedenti comportamenti concludenti, ed in particolare attraverso le richieste risarcitorie avanzate a tale titolo. Ann.       Propone ricorso per cassazione, sorretto da due motivi, B.S., in proprio e quale genitore legale rappresentante dei figli minori E.M.R., E.M.M. e E.M.N..               Risponde con controricorso la Sara Assicurazioni s.p.a.. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva. I ricorrenti hanno depositato memoria. Diritto RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Con il primo motivo (violazione della L. n. 990 del 1969, art. 18; degli artt. 1 e 2 Direttiva 84/5/CEE; dell’art. 1 Direttiva 90/232/CEE) i ricorrenti censurano la decisione impugnata per non aver tenuto conto delle regole contenute nelle richiamate Direttive (successivamente trasfuse e riordinate nella Direttiva 2009/103/CE), le quali, alla stregua dell’interpretazione datane dalla Corte di Giustizia con le sentenze 30/06/2005, C-537/03, Candolin, e 01/12/2011, C-442/10, Churchill Insurance Company Limited: a) escluderebbero la possibilità che alla persona trasportata su un veicolo e vittima di un incidente stradale sia negato il risarcimento del danno per il solo fatto di essere proprietaria del mezzo, anche nell’ipotesi in cui fosse consapevole che colui a cui ne aveva affidato la guida si trovava in stato di ebbrezza ed era privo di abilitazione; b) equiparerebbero, in tale ipotesi, la posizione del trasportato a quella dei prossimi congiunti, allorchè l’incidente abbia avuto esito mortale; c) vieterebbero all’assicuratore della r.c.a. l’azione di rivalsa nei confronti delle persone che hanno diritto al risarcimento, a nulla rilevando che esse cumulano, con la qualità di vittime o danneggiati, quelle di proprietari assicurati.

  2. Con il secondo motivo (violazione della L. n. 218 del 1995, art. 62; dell’art. 229 Code des obligations marocchino; dell’art. 476 c.c.), formulato subordinatamente al rigetto del primo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver riconosciuto alla società assicuratrice il diritto di rivalsa nei loro confronti previo accertamento della loro qualità di eredi dell’assicurato; ribadiscono, per un verso, che la legge marocchina non escluderebbe la possibilità di rinunciare all’eredità; affermano, per l’altro, che la formulazione di una richiesta di risarcimento, operata per il tramite dell’avvocato, sebbene effettuata con l’attribuzione della qualifica di “eredi”, non potrebbe equivalere ad una accettazione tacita dell’eredità, potendo questa conseguire soltanto ad una condotta personale dell’erede.

Ann.

  1. E’ fondato il primo motivo e dal suo accoglimento resta assorbito il secondo.

3.1. In proposito va preliminarmente rilevato che la questione posta dai ricorrenti con il primo motivo di ricorso riguarda il significato e la portata da attribuire alla norma che disciplina l’azione di rivalsa dell’assicuratore verso l’assicurato (già L. n. 990 del 1969, art. 18; oggi D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144) alla luce della necessità di interpretarla in senso conforme al diritto dell’Unione Europea. Venendo in considerazione una questione interpretativa, non assume rilievo la circostanza che la stessa sia stata posta soltanto in sede di appello, poichè non trova applicazione la preclusione prevista dall’art. 345 c.p.c. con riguardo alle domande e alle eccezioni. 3.2. Ciò posto, la questione interpretativa va risolta avendo riguardo alle norme contenute nelle Direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli (in particolare la Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e la Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, 90/232/CEE), nonchè alle sentenze (in particolare la sentenza 30/06/2005, C-537/03, Candolin, e la sentenza 01/12/2011, C442/10, Churchill Insurance Company) con cui la Corte di Giustizia ne ha chiarito il significato. 3.3. La questione affrontata dalla sentenza Candolin aveva tratto spunto da una fattispecie in cui tre persone erano rimaste vittime di un incidente stradale dopo aver viaggiato come trasportati su un autoveicolo di proprietà di una di loro ma condotto da una quarta persona. Nell’occasione tanto il conducente quanto i tre trasportati erano in stato di ebbrezza. All’esito del sinistro uno dei trasportati era morto mentre gli altri due (tra i quali figurava il proprietario del veicolo) avevano riportato lesioni.       Dopo che il giudice nazionale di appello, in applicazione di una norma di diritto interno, aveva escluso l’obbligo dell’assicuratore di risarcire il danno sul rilievo che le vittime avrebbero dovuto rendersi conto dello stato di ebbrezza in cui versava il conducente, la Corte Suprema finlandese aveva rinviato alla Corte comunitaria, ponendo la questione pregiudiziale se le regole contenute nelle Direttive ostassero ad una normativa nazionale volta a limitare il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli in ragione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito e se la soluzione dovesse variare nell’ipotesi in cui il passeggero interessato fosse anche proprietario del veicolo.     Ulteriori info         Nel rispondere alla questione, la Corte di Giustizia ha evidenziato: che l’obiettivo delle disposizioni contenute nelle Direttive (in particolare di quelle contenute nell’art. 2, n. 1, della Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE e nell’art. 1 della Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, 90/232/CEE) “consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo di essere risarciti dei danni subiti”; che le norme interne dei singoli Stati “non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile”, ciò che si verificherebbe se una normativa nazionale “negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno”; che “è irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario dei veicolo il conducente del quale abbia causato l’incidente”, atteso che la finalità di tutela delle vittime impone “che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”.     Sulla base di queste considerazioni la Corte di Giustizia ha concluso che le disposizioni contenute nelle Direttive del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e 14 maggio 1990, 90/232/CEE, “ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli. Il fatto che il passeggero interessato sia proprietario del veicolo il conducente del quale ha causato l’incidente è irrilevante”. 3.4. La questione affrontata dalla sentenza Churchill Insurance Company aveva tratto spunto da due fattispecie in cui una persona, assicurata come unico conducente per la guida di un veicolo (cd. clausola di guida esclusiva), aveva permesso di guidare il veicolo medesimo ad un’altra persona, prendendovi posto come passeggero e riportando danni in seguito all’incidente stradale successivamente verificatosi, imputabile al conducente non assicurato.     La società assicurativa, dopo aver riconosciuto il risarcimento spettante ai passeggeri, aveva preteso da loro di essere rimborsata dell’importo corrispondente, in applicazione della regola di diritto interno che attribuiva all’assicuratore, qualora fosse obbligato a versare un risarcimento per responsabilità di un conducente non assicurato, il diritto di agire in regresso nei confronti dello stesso conducente o di chiunque fosse assicurato in virtù del contratto di assicurazione, al fine di ottenere il rimborso della somma versata.   Dopo che il giudice di primo grado aveva deciso diversamente nelle due fattispecie, il giudice di appello inglese aveva rinviato alla Corte comunitaria, ponendo la questione pregiudiziale se il diritto dell’Unione ostasse ad una normativa nazionale avente l’effetto di escludere in modo automatico dal beneficio dell’assicurazione la vittima di un incidente stradale la quale, avendo preso posto come passeggero nel veicolo per la cui guida era assicurata, avesse dato il permesso di guidarlo ad un conducente non assicurato. Nel rispondere alla questione, la Corte di Giustizia ha evidenziato: che l’unica distinzione ammessa dalla normativa dell’Unione in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli è quella tra conducente e passeggero, nel senso che, escluso il conducente, tutti gli altri passeggeri, anche quando siano proprietari del veicolo, devono avere una copertura assicurativa; che pertanto la persona che era assicurata per la guida del veicolo, ma che era anche passeggero di tale veicolo al momento dell’incidente, si trova in una situazione giuridica assimilabile a quella di qualsivoglia altro passeggero e va dunque posta sullo stesso piano dei terzi vittime dell’incidente; che il diritto dell’Unione osta alla possibilità che l’assicuratore della responsabilità civile per la guida di autoveicoli si avvalga di “disposizioni legali o di clausole contrattuali allo scopo di negare a detti terzi il risarcimento del danno conseguente ad un sinistro causato dal veicolo assicurato” (in tal senso anche Corte di Giustizia 28/03/1996, C-129/94, Ruiz Bernàldez, e Corte di Giustizia 17/03/2011, C-484/09, Carvalho Ferreira Santos); che tra tali clausole rientrano quelle che escludono la copertura assicurativa a causa dell’utilizzo o della guida del veicolo assicurato da parte di persone non autorizzate a guidarlo o non titolari di una patente di guida, oppure di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza del veicolo (in tal senso anche le citate sentenze Ruiz Berneldez e Carvalho Ferreira Santos); che l’unica eccezionale ipotesi in cui all’assicuratore è consentito opporre alla vittima che viaggiava sul veicolo la clausola che escluda la copertura assicurativa a causa della guida da parte di persona non autorizzata è quella in cui venga data la prova che la vittima stessa era a conoscenza del fatto che il veicolo aveva formato oggetto di furto (in tal senso anche la citata sentenza Ruiz Berneldez).   Sulla base di queste considerazioni la Corte di Giustizia ha concluso che le disposizioni contenute nelle Direttive del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e 14 maggio 1990, 90/232/CEE, devono essere interpretate nel senso che esse “ostano ad una normativa nazionale la quale produca l’effetto di escludere in modo automatico l’obbligo dell’assicuratore di risarcire la vittima di un incidente stradale, qualora tale incidente sia stato causato da un conducente non assicurato dalla polizza assicurativa e detta vittima, passeggero del veicolo al momento dell’incidente, fosse assicurata per la guida di tale veicolo e avesse dato a tale conducente il permesso di guidarlo”. 3.5. Alla luce delle richiamate decisioni della Corte di Giustizia, vanno affermati i seguenti principi: – nel sistema del diritto dell’Unione Europea, in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, ai fini del diritto ad ottenere il risarcimento dall’assicuratore, la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato-responsabile. Ne consegue che, allorchè esse qualità si concentrino sulla medesima persona, la prima prevale sulla seconda e deve pertanto riconoscersi all’assicurato il diritto ad essere risarcito dalla compagnia assicurativa, come se si tratti di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente; Ann.   SCOPRI DI PIÙ   – ai fini della copertura assicurativa è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo (il quale, al momento del sinistro si trovi a viaggiare sullo stesso come passeggero, dopo avere autorizzato un’altra persona a mettersi alla guida), la cui posizione giuridica va assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente; – il diritto alla copertura assicurativa dell’assicurato-proprietario del veicolo che abbia preso posto nel medesimo come passeggero, non può essere escluso in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno, salva, ovviamente, la necessità di tenere conto del suo eventuale concorrente comportamento colposo in funzione della diminuzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c.; – la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento sulla qualità di assicurato-responsabile rileva anche in relazione alla legittimazione passiva all’azione di regresso, eventualmente attribuita dalle disposizioni nazionali alla compagnia assicurativa, in funzione di consentirle di ottenere dall’assicurato il rimborso di quanto eventualmente pagato alla vittima a titolo di risarcimento. Ne consegue che nei confronti dell’assicurato-proprietario non può essere esercitata tale azione allorchè egli sia anche passeggero-vittima del sinistro, posto che altrimenti gli verrebbe tolto per effetto del regresso quanto da lui conseguito per effetto del risarcimento;         – l’esclusione della legittimazione passiva all’azione di regresso dell’assicurato-responsabile, che sia anche vittima del sinistro, vale anche nell’ipotesi in cui l’assicuratore intenda opporre la clausola di esclusione dalla copertura assicurativa fondata sul fatto che il veicolo era condotto da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, residuando tale legittimazione soltanto nell’ipotesi in cui la vittima stessa fosse a conoscenza del fatto che il veicolo era stato rubato. 3.6. Degli elencati principi avrebbe dovuto tenere conto la Corte di Appello di Venezia nella delibazione della domanda di rivalsa formulata dalla Sara Assicurazioni s.p.a. nei confronti degli eredi di E.M.A.. Infatti, per effetto della preminenza del diritto dell’Unione Europea (il cui fondamento va rinvenuto nell’art. 11 Cost.), le norme poste dalle fonti di tale ordinamento acquistano efficacia obbligatoria diretta nell’ordinamento interno e il giudice nazionale deve verificare d’ufficio la compatibilità delle regole del diritto interno con quelle del diritto comunitario, procedendo, in primo luogo, ad interpretare le prime in conformità alle seconde (eventualmente previa proposizione del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE) e, in secondo luogo, ove l’interpretazione conforme non sia possibile, alla diretta applicazione della norma Europea con contestuale disapplicazione della norma nazionale contrastante (tra le tante, Corte Cost. 19 aprile 1985, n. 113; Corte Cost. 8 aprile 1991, n. 168; Corte Cost. 12 maggio 2010, n. 227; in tema, da ultimo, Cass. 29/09/2017, n. 22834).   In applicazione dei predetti principi, la Corte territoriale, precisamente, avuto riguardo alla duplice qualità del defunto E.M.A. quale proprietario-assicurato (e dunque responsabile in solido con il conducente ex art. 2054 c.c., comma 3) e quale vittima-avente diritto al risarcimento, avrebbe dovuto ritenere prevalente quest’ultima qualità sulla prima ed avrebbe dovuto conseguentemente riconoscere il diritto dei suoi eredi a non essere privati totalmente o parzialmente del risarcimento loro dovuto dalla compagnia assicurativa, non assumendo rilievo, in senso contrario, la circostanza che il loro dante causa fosse consapevole di avere affidato la guida del veicolo ad una persona che si trovava in stato di ebbrezza ed era priva di abilitazione. La Corte di merito, inoltre, preso atto della prevalenza, in capo al defunto E.M.A., della qualità di vittima su quella di assicurato, avrebbe dovuto interpretare il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 14 (già L. n. 990 del 1969, art. 18) in senso conforme al diritto dell’Unione Europea, negando la legittimazione passiva dei suoi eredi all’azione di rivalsa dell’assicuratore, sul rilievo che il riconoscimento alla compagnia assicurativa della possibilità di esperire contro di loro tale azione si sarebbe tradotto in un’automatica esclusione del loro diritto al risarcimento, atteso che per effetto della rivalsa avrebbero potuto perdere, in tutto o in parte, quanto eventualmente ottenuto con l’esercizio del predetto diritto. 3.7. La riferita interpretazione della norma che disciplina l’azione di rivalsa, deve aggiungersi, sarebbe stata necessaria anche in funzione del rispetto del principio “vulneratus ante omnia reficiendus”, già affermato da questa Corte, proprio alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in relazione all’esigenza di riconoscere il diritto del proprietario trasportato, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno alla persona causato dalla circolazione non illegale del mezzo, sul previo rilievo della nullità di ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all’identità del conducente (Cass. 30/08/2013, n. 19963). Ann.   Questo principio, infatti, risulterebbe indebitamente aggirato se si consentisse all’assicuratore di recuperare, attraverso l’azione di rivalsa, quanto precedentemente erogato alla vittima a titolo di risarcimento. 3.8. L’esattezza della predetta interpretazione, infine, trova conferma nel disposto del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 129 ai sensi del quale non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro, mentre a tali benefici, per quanto concerne il danno alla persona, ha diritto anche il proprietario-responsabile ex art. 2054 c.c., comma 3, il cui diritto al risarcimento, ove cumuli in sè la qualità di vittima dell’incidente perchè trasportato sul veicolo condotto da altri al momento dello stesso, non può dunque essere compromesso per effetto dell’esercizio, nei suoi confronti, dell’azione di rivalsa.

  1. In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve dunque essere cassata limitatamente alla statuizione di accoglimento della domanda di rivalsa formulata dalla Sara Assicurazioni s.p.a. nei confronti degli eredi di E.M.A..

La cassazione deve avvenire senza rinvio, in quanto si riferisce ad una domanda che non poteva essere proposta (art. 382 c..p.c., comma 3), mentre restano ferme le ulteriori statuizioni della sentenza impugnata.

  1. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, deve provvedersi sulle spese dei gradi di merito relative al rapporto processuale tra i ricorrenti e la Sara Assicurazioni s.p.a., le quali, unitamente a quelle del presente giudizio di legittimità, sono poste a carico della controricorrente in ragione della regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; in relazione al motivo accolto cassa senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di accoglimento della domanda di rivalsa proposta dalla Sara Assicurazioni s.p.a. nei confronti di B.S., E.M.R., E.M.M., E.M.N.. Condanna la controricorrente a rimborsare ai ricorrenti le spese dei tre gradi di giudizio, complessivamente liquidate in Euro 10.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi relativi al presente giudizio di legittimità, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione terza civile, il 9 novembre 2017. DeCassazione Civile sez. III Ordinanza 27/06/2018, n. 16922 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIVALDI Roberta – Presidente – Dott. SESTINI Danilo – Consigliere – Dott. CIGNA Mario – Consigliere – Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere – Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 28724/2016 R.G. proposto da: R.E., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Urso; – ricorrente – contro Amissima Assicurazioni S.p.A., (già Carige Assicurazioni S.p.A.), rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Caterina Farruggia e dall’Avv. Fabio Alberici, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Delle Fornaci, n. 38; – controricorrente – e contro UnipolSai Assicurazioni S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Romagnoli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Romeo Romei, n. 27; – controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 4059/2015, pubblicata il 23 ottobre 2015; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio 2018 dal Consigliere Emilio Iannello; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mistri Corrado, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o il rigetto del ricorso. RILEVATO IN FATTO

  1. A seguito di uno scontro, verificatosi il (OMISSIS), tra un’autovettura e un motoveicolo, il terzo trasportato su quest’ultimo subiva danni alla persona per il cui risarcimento chiedeva e otteneva, dal Tribunale di Cosenza, con sentenza passata in giudicato, la condanna del conducente e della compagnia assicuratrice dell’auto, Carige Assicurazioni S.p.A.

Quest’ultima, avendo il tribunale incidentalmente accertato il concorso di colpa del conducente del motoveicolo nella misura del 20%, agiva in via di regresso nei confronti della compagnia assicuratrice dello stesso, Aurora Assicurazioni S.p.A. – rimasta estranea al primo giudizio – a tal fine convenendola davanti al Tribunale di Milano. Aurora Assicurazioni S.p.A., costituendosi in giudizio, chiedeva e otteneva di chiamare in causa il proprio assicurato, proprietario del motociclo, R.E., agendo nei suoi confronti in via di rivalsa sul presupposto della non operatività dell’assicurazione per i danni subiti dal terzo trasportato, trattandosi di trasporto non consentito secondo le indicazioni della carta di circolazione del mezzo. Con sentenza del 14/10/2011 il tribunale accoglieva sia la domanda di regresso proposta da Carige nei confronti di Aurora, sia quella di rivalsa da quest’ultima proposta nei confronti del R..

  1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha rigettato il gravame da quest’ultimo interposto e, in accoglimento dell’appello incidentale di Carige S.p.A., lo ha anche condannato al pagamento in favore di questa della stessa somma di Euro 22.485, oltre accessori, già posta a carico dell’Aurora assicurazioni S.p.A. con l’avvertenza che “ad evitare duplicazioni di pagamento”, l’operatività della rivalsa proposta da quest’ultima nei confronti del R. “risentirà dell’avvenuta o meno soddisfazione da parte di quest’ultimo della pretesa debitoria della Carige”.

  2. Avverso tale decisione R.E. propone ricorso per cassazione articolando cinque motivi, cui resistono Amissima Assicurazioni S.p.A. (già Carige Assicurazioni S.p.A.) e UnipolSai Assicurazioni S.p.A. (già Aurora Assicurazioni S.p.A.) depositando controricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Con il primo motivo di ricorso R.E. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello accolto la domanda di regresso di Carige Assicurazioni e, conseguentemente, quella di rivalsa proposta da Aurora Assicurazioni, in difetto dei relativi presupposti.

Sostiene infatti che nei rapporti interni tra corresponsabili solidali l’azione di regresso è possibile solo nei confronti di chi sia effettivamente responsabile dell’evento (e quindi del conducente) e non fra soggetti che non siano responsabili ma chiamati a rispondere con il conducente, in via solidale, in forza di specifiche norme di legge.

  1. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello respinto il motivo di gravame con il quale si iterava l’eccezione di improponibilità della domanda di regresso avanzata da Carige S.p.A. nei confronti di Aurora S.p.A., con conseguente inammissibilità dell’azione di rivalsa da quest’ultima avanzata nei suoi confronti.

Sul solco dei precedenti di Cass. 07/07/1999, n. 7019 e Cass. 08/08/1987, n. 6797, sostiene che la solidarietà che, in forza della L. n. 990 del 1969, art. 18 vincola il responsabile assicurato e il suo assicuratore nei confronti del danneggiato, opera solo in favore di quest’ultimo, del quale rafforza la tutela e non anche nei rapporti tra l’assicurato responsabile e gli altri soggetti con il medesimo coobbligati, con la conseguenza che, qualora uno di tali coobbligati risarcisca il danneggiato estinguendo il credito risarcitorio, l’azione di regresso resta da lui proponibile nei confronti del coobbligato assicurato e non anche nei confronti del suo assicuratore.

  1. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1310 c.c., nella parte in cui rigetta l’eccezione di prescrizione da esso riproposta.

Lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’atto interruttivo rivolto all’assicuratore estende la propria efficacia, ai sensi della citata norma codicistica, anche nei confronti del proprietario del veicolo e del conducente responsabile (Cass. n. 10825 del 2007) e che anche nei confronti dei coobbligati in solido non convenuti in giudizio si applichi il principio per cui, quando l’atto interruttivo sia costituito da una citazione, la prescrizione non corre fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza (art. 2945 c.c.; Cass. n. 4244 del 1988). Sostiene che tale principio non è invocabile in relazione all’azione di regresso esercitata da uno dei coobbligati in solido nei confronti degli altri posto che nei rapporti interni tra gli stessi cessa di operare la regola della solidarietà, dettata solo con riferimento ai rapporti esterni tra creditore e pluralità dei debitori e posta a garanzia e nell’interesse del primo, mentre trova applicazione il principio della parziarietà dell’obbligazione.

  1. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia poi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 2952 c.c., comma 2, nonché della L. n. 990 del 1969, art. 18 per avere la Corte territoriale omesso completamente di considerare che, oltre all’azione di regresso, risultava prescritta pure l’azione di rivalsa avanzata da Aurora assicurazioni con l’atto di chiamata in causa.

Rileva che, con l’atto d’appello (pagg. 12, 13 e 14), egli aveva dedotto che: – in base alla giurisprudenza, il diritto di rivalsa dell’assicuratore r.c.a. nei confronti dell’assicurato è soggetto alla prescrizione breve nel termine di un anno dal verificarsi dell’evento pregiudizievole; – nella specie Carige, già con lettera del 13/11/2002, aveva avanzato la pretesa di regresso nei confronti di Aurora Assicurazioni; – quest’ultima non ha mai interrotto il suddetto termine prescrizionale. Ciò premesso lamenta che sul punto la Corte d’appello ha omesso ogni considerazione e che ciò comporta, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per “mancanza della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”.

  1. Con il quinto motivo propone identica censura sotto il profilo di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

  2. I primi due motivi di ricorso sono congiuntamente esaminabili discendendo la soluzione delle distinte questioni con essi poste dalle medesime considerazioni appresso esposte, che ne palesano l’infondatezza.

6.1. Con il secondo di essi il ricorrente richiama il principio affermato da Cass. n. 7019 del 1999 richiamata in ricorso secondo cui la “solidarietà che, in forza della L. 24 dicembre 1990, n. 990, art. 18 vincola il responsabile-assicurato ed il suo assicuratore nei confronti del danneggiato dipende esclusivamente dall’attribuzione ex lege allo stesso danneggiato, in deroga ai principi che regolano l’assicurazione per la responsabilità civile, dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore e si caratterizza come un’ipotesi di solidarietà atipica “ad interesse unisoggettivo”, stante la diversità dei titoli per cui sono tenuti verso il danneggiato il responsabile e l’assicuratore, il primo obbligato ex delicto, il secondo obbligato ex lege; ne discende che detta solidarietà, non essendo configurabile oltre i limiti della espressa previsione legislativa, deve ritenersi operante soltanto in favore del danneggiato, del quale rafforza la tutela, e non anche nei rapporti tra l’assicurato responsabile e gli altri soggetti con il medesimo coobbligati in quanto anch’essi responsabili del danno, con la conseguenza che, qualora uno di tali coobbligati risarcisca il danneggiato estinguendone il credito risarcitorio, l’azione di regresso resta da lui proponibile nei confronti del coobbligato assicurato e non anche nei confronti del suo assicuratore”. Reputa il Collegio che questo principio non possa essere condiviso, muovendo esso da una prospettiva non appagante sul piano del sistema e della stessa ratio della norma che riconosce al danneggiato da sinistro stradale azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile (o, in caso di più responsabili, dell’assicuratore di ciascuno di essi). In realtà, se si muove dal rilievo che (fatta salva la previsione del tutto peculiare di cui all’art. 141 cod. ass. che non modifica il fondamento del ragionamento qui appresso esposto e che peraltro non è nella specie applicabile, ratione temporis) il danneggiato da sinistro stradale cagionato da fatto colposo di più danneggianti può pretendere il risarcimento, ex art. 2055 c.c., per l’intero nei confronti di ciascuno di questi e dei loro assicuratori, non può dubitarsi che per ciò stesso si determina dal lato passivo una obbligazione solidale gravante a pieno titolo su ciascuno di questi soggetti (primo danneggiante, assicuratore del primo danneggiante, secondo danneggiante, assicuratore del secondo danneggiante, e così via): situazione che non vi è motivo di non ricondurre, quanto ai rapporti interni tra i vari coobbligati, alla disciplina in via generale per tali rapporti prevista dalle norme codicistiche e, segnatamente, per quel che in questa sede rileva, dall’art. 1299 c.c. Non v’è dunque ragione di richiamare i limiti, sul piano della legittimazione attiva, dell’azione diretta verso l’assicuratore della r.c.a. dettati dalla L. n. 990 del 1969, art. 18 (ora art. 144 cod. ass.), posto che il diritto che nella specie è fatto valere dall’assicuratore di un danneggiante nei confronti dell’assicuratore dell’altro danneggiante non è quello dei danneggiati, ma quello che, nei confronti degli altri condebitori solidali, spetta al debitore che ha pagato l’intero (art. 1299 c.c.). Tale diritto compete certamente anche all’assicuratore della responsabilità civile che ha pagato i danneggiati in luogo del suo assicurato, perchè l’assicuratore della responsabilità civile, rispetto alla prestazione risarcitoria, è nella posizione dell’obbligato in solido (Cass. 10/03/1994 n. 2313; 13/10/1986 n. 5996; 16/05/1994, n. 2996), giacché la solidarietà non è esclusa dal fatto che i debitori siano tenuti con modalità diverse (art. 1293 c.c.); diritto che ha come oggetto il rimborso della quota del debito che nei rapporti interni grava su ciascun condebitore (art. 1299 c.c., comma 1)(così in motivazione Cass. n. 1084 del 1998). Non può del resto trascurarsi che una diversa interpretazione finirebbe con il depotenziare il favor verso il danneggiato che l’attribuzione allo stesso di azione diretta nei confronti dell’assicuratore intende realizzare. Se si dovesse invero affermare che, in caso di più corresponsabili, l’assicuratore di uno di essi che paga l’intero non può agire per il regresso nei confronti dell’assicuratore dell’altro responsabile, si determinerebbe un ben intuibile motivo di remora per le compagnie assicuratrici a pagare spontaneamente l’intero in favore del danneggiato. 6.2. Ma alla stessa conclusione si può peraltro giungere per altra via. A norma dell’art. 1203 c.c., n. 3 “a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo” opera la surrogazione legale nei diritti del creditore soddisfatto. Tale previsione (cui non deroga l’art. 1916 c.c., che piuttosto rappresenta una ulteriore ipotesi speciale di surrogazione legale, ovvero più propriamente una forma peculiare di successione del credito: v. Cass. n. 14941 del 2012; Cass. n. 3356 del 2010) si attaglia anche alla posizione dell’assicuratore r.c.a.. Questi infatti pagando al danneggiato l’importo dovutogli a titolo di risarcimento del danno cagionato dal proprio assicurato, e avendone interesse a farlo, anzi essendone obbligato per legge, si pone pienamente nella condizione prevista dalla citata norma e può dunque surrogarsi nei diritti che aveva il danneggiato da lui soddisfatto, compreso quello di esercitare l’azione per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore dell’altro danneggiato, nei limiti tuttavia della percentuale di responsabilità a questo ascrivibile (eventualmente opponibili dall’assicuratore convenuto quale eccezione personale propria dei rapporti interni con l’assicuratore surrogato). 6.3. Le considerazioni che precedono valgono ovviamente, come detto, anche a superare gli argomenti critici che, con riferimento alla medesima statuizione, sono svolti con il primo motivo nella diversa prospettiva dell’azione di regresso interna a più corresponsabili del danno ex art. 2055 c.c., comma 2. Varrà al riguardo comunque rilevare anche di essi l’intrinseca debolezza, atteso che l’obbligazione solidale risarcitoria del proprietario del veicolo, tenuto ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 3, ha la stessa estensione di quella del conducente, e pertanto è conforme a diritto la sua condanna, nei confronti dei corresponsabili solidali del conducente, alla ripetizione della parte di debito del conducente stesso. E’ vero che i tre precedenti citati in ricorso (Cass. 12/10/1982, n. 856, Cass. 05/09/2005, n. 17763 e Cass. 08/10/2008, n. 24802) sembrano affermare il principio secondo cui, in tema di responsabilità civile extracontrattuale, sarebbe esclusa l’azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultano per definizione estranei alla produzione del danno. Tuttavia le sentenze citate si riferiscono ad ipotesi in cui era in discussione l’azione di regresso tra più soggetti (proprietario del veicolo e datore di lavoro) chiamati a rispondere del fatto di altro soggetto, responsabile del sinistro, e, valorizzando il tenore letterale dell’art. 2055 c.c., comma 2, secondo cui l’azione di regresso è data “nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa”, giungono alla conclusione che non può darsi azione di regresso tra più soggetti chiamati a rispondere del fatto del responsabile, proprio in quanto non sussiste una possibile graduazione di colpe tra costoro. Nel caso di specie, invece, come correttamente rimarcato dalla Corte d’appello, si discute del regresso esercitato dall’assicuratore di un corresponsabile nei confronti di assicuratore tenuto a rispondere del fatto di altro corresponsabile. Non sussiste, dunque, dubbio alcuno riguardo alla piena applicabilità, nella fattispecie, anche dell’art. 2055 c.c., comma 2 (v. Cass. 27/07/2011, n. 16417).

  1. Il terzo motivo è inammissibile per aspecificità, apprezzabile sia ab intrinseco per la scarsa perspicuità della relativa illustrazione che non consente di comprendere quale sia la statuizione censurata, sia ab extrinseco per la non pertinenza delle argomentazioni spese rispetto alla effettiva ratio decidendi sul punto adottata dalla Corte d’appello.

Sotto il primo profilo, non è dato invero comprendere con certezza – e già questo è motivo di inammissibilità – se la censura si riferisca:

  1. a) al credito di regresso azionato da Carige nei confronti di Aurora, oppure;

  2. b) al credito di regresso pure direttamente azionato da Carige nei confronti dell’odierno ricorrente.

In relazione a ciascuna di tali possibili alternative letture della censura può comunque ad abundantiam osservarsi che: – in primo grado l’eccezione di prescrizione del credito di regresso azionato da Carige nei confronti di Aurora fu rigettata sulla base del duplice rilievo per cui: a1) la prescrizione dell’azione di regresso di uno dei coobbligati decorre dall’avvenuto pagamento e non già dal giorno dell’evento dannoso; a2) nel caso di specie detto pagamento venne effettuato in data 31/7/2002 e da tale momento la prescrizione venne più volte interrotta, fino all’instaurazione del giudizio, senza che mai si perfezionasse il termine di cui all’art. 2947 c.c.; – la Corte d’appello dà atto dell’esistenza di un motivo di gravame (il terzo) che – si dice in sentenza – “investe il rigetto dell’eccezione di prescrizione”; se ne deve pertanto desumere che quella considerata nella sentenza d’appello è la prescrizione iteratamente eccepita nei confronti dell’azione di regresso proposta da Carige nei confronti di Aurora; tale motivo è quindi rigettato in sentenza sulla base delle seguenti considerazioni: a3) l’appellante non pone in discussione il momento di decorrenza iniziale del termine (coincidente col pagamento, non con l’evento lesivo); a4) essendo l’appellante a tutti gli effetti coobbligato solidale, l’atto interruttivo rivolto all’assicuratore estende la propria efficacia, ex art. 1310 c.c., anche nei confronti del proprietario del veicolo e del conducente responsabile; – ciò premesso è evidente l’aspecificità della censura in questa sede svolta in quanto diretta a colpire soltanto quest’ultima argomentazione (pt. a4) che, nell’economia della decisione impugnata, assume rilievo marginale e probabilmente anche eccentrico rispetto alla vera e più corretta ratio decidendi rappresentata dal rilievo di cui al precedente pt. a3, quello cioè secondo cui, rispetto alla diversa decorrenza del termine prescrizionale dell’azione di regresso (coincidente con l’effettivo pagamento da parte di Carige), quest’ultimo non poteva ancora considerarsi decorso; del tutto irrilevante si appalesa dunque ogni argomento svolto in ordine alla efficacia interruttiva delle iniziative di Carige contro Aurora anche nei confronti dell’odierno ricorrente, quale altro coobbligato, posto che l’unica eccezione di prescrizione che risulta tempestivamente opposta in primo grado e, di conseguenza, trattata poi in grado d’appello, riguardava come detto l’azione di regresso della prima compagnia assicuratrice nei confronti della seconda, non già il regresso successivamente esercitato (in estensione della domanda con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5) nei confronti del R.; sub b) ove poi il motivo di ricorso debba intendersi riferito all’azione di regresso esercitata da Carige nei confronti dello stesso, è agevole rilevare che si tratterebbe di questione inammissibilmente proposta per la prima volta in questa sede, non risultando essa trattata in grado d’appello, evidenziandosi anzi chiaramente nella sentenza impugnata che in relazione a tale domanda riproposta da Carige con appello incidentale “non si registra alcuna contestazione nel confutazione da parte dell’appellante”. Il ricorrente non ha dal canto suo in alcun modo precisato, come detto, se, quando e come tale questione sia stata dedotta a fondamento dell’appello. Giova al riguardo rammentare che, come da questa Corte ripetutamente avvertito, in tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica che implichi accertamenti di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (v, ex aliis Cass. 21/11/2017, n. 27568; 18/10/2013, n. 23675; 22/01/2013, n. 1435).

  1. Il quarto e il quinto motivo – congiuntamente esaminabili prospettando la medesima questione – sono inammissibili sotto diversi profili.

Va premesso che – al di là dell’ininfluente erroneo riferimento alla previsione di cui al n. 3, anzichè all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931) – con il quarto motivo il ricorrente intende denunciare error in procedendo per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per carenza assoluta di motivazione: vizio implicante la nullità della sentenza a suo dire ravvisabile in ragione della mancata considerazione del motivo di gravame con il quale si lamentava che il primo giudice non avesse dedicato “alcun accenno alla pur rilevata prescrizione estintiva” dell’azione di rivalsa proposta da Aurora Assicurazioni S.p.A. con l’atto di chiamata in causa. E’ evidente l’inammissibilità di una siffatta censura posto che, quand’anche una tale omissione fosse ravvisabile, essa non integrerebbe il vizio denunciato di motivazione omessa o apparente (che si configura soltanto nell’ipotesi in cui manchi del tutto una motivazione o quella espressa risulti intrinsecamente inidonea a far percepire le ragioni che stanno alla base della decisione: v. ex aliis Cass. 25/02/2014, n. 4448; Cass. 08/01/2009, n. 161, non anche quando la motivazione sia ben presente e intellegibile, come nella specie, ma risulti una qualche parziale omissione) bensì quello di omessa pronuncia, nella specie non dedotto.

  1. Ove poi si potesse interpretare la censura come volta a far valere un tale vizio la stessa sarebbe bensì in sè fondata, ma non potrebbe comunque condurre all’accoglimento del motivo.

All’esame del motivo d’appello erroneamente omesso dai giudici di merito può infatti procedere questa Corte, nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 384 c.p.c., ponendo essa, in relazione alla prospettazione datane in ricorso, questioni di mero diritto di carattere assorbente (v. Cass. n. 23740 del 2013; n. 5139 e 24914 del 2011; n. 8622 del 2012). L’eccezione di prescrizione dell’azione di prescrizione risulta infatti per la prima volta inammissibilmente dedotta in appello: lo stesso ricorrente, nel riportare testualmente la comparsa di costituzione in appello della Aurora Assicurazioni S.p.a. ne trascrive l’eccezione in tal senso preliminarmente opposta ex art. 345 c.p.c. senza nemmeno accennare ad una sua eventuale contestazione. Dalla trascrizione poi del motivo di appello si trae un solo generico inciso che sembra esprimere l’assunto che tale eccezione sarebbe stata in realtà sollevata in primo grado (“nella impugnata sentenza non si rinviene alcun accenno alla pur rilevata prescrizione estintiva”), inciso però palesemente insufficiente ad assolvere l’onere di specifica motivazione gravante sull’appellante, onere che – nel caso in cui si deduca omessa pronuncia su eccezione di prescrizione – comporta necessariamente anche l’indicazione dell’atto e della fase in cui la stessa è stata sollevata in primo grado.

  1. A fortiori inammissibile si appalesa il quinto motivo non potendosi certamente configurare vizio di motivazione (sub specie di omesso esame di fati decisivi) in relazione a questioni di mero diritto, processuale o sostanziale, qual è quella dedotta.

E’ noto infatti che il vizio di motivazione non può assumere, di per sè, ruolo di idoneo motivo di ricorso per cassazione, poichè, se il giudice del merito decide correttamente una questione di diritto sottoposta al suo esame e, tuttavia, non sostiene la determinazione con alcuna argomentazione ovvero la supporta con argomentazioni inadeguate, illogiche o contraddittorie, ha luogo, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la correzione della motivazione della sentenza impugnata da parte del giudice di legittimità (cfr. Cass. 16640/05, 11883/03).

  1. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna, in Euro 3.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2018. Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2018 positato in Cancelleria il 19 gennaio 2018

Agazzano

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Originally posted 2019-12-22 14:59:04.

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