TREVISO INCIDENTE MORTALE TRIBUNALE AVVOCATO ESPERTO DANNI
AVVOCATO SERGIO ARMAROLI CHIAMA SUBITO 051 6447838
O SCRIVIMI RACCONTANDO IL TUO CASO avvsergioarmaroli@gmail.com
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
ex art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ.
Con atto di citazione regolarmente notificato, gli odierni attori convenivano in giudizio L.B. e U.A. S.p.A., già L.A. S.p.A. (in seguito, per brevità, anche solo “U.”), al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza della morte di I.M..
Gli attori esponevano che in data 11 gennaio 2014, in prossimità di V. (T.), I.M. percorreva una strada a piedi tenendo a mano il proprio velocipede quando veniva investito dal veicolo di proprietà e guidato da L.B., assicurato con U. (all’epoca, L.A. S.p.A.).
A seguito dell’urto, il M. riportava lesioni gravissime che ne causavano il decesso, poche ore dopo, presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale di Castelfranco Veneto (TV).
La Suprema Corte ha chiarito, peraltro, che costituisce indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, non altrimenti specificato, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che componenti del medesimo pregiudizio complessivo, che va ristorato integralmente e unitariamente (cfr. Cass. 17 dicembre 2015, n. 25351).
La Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito iure proprio dai familiari della vittima primaria dell’illecito deve essere ridotto in misura corrispondente alla parte di danno cagionato da quest’ultimo a se stesso. Ciò non in quanto l’art. 1227, comma primo, cod. civ. si applichi direttamente, bensì in quanto la lesione del diritto alla vita, colposamente cagionata da chi la vita la perde, non integra un illecito della vittima nei confronti dei propri congiunti, atteso che la rottura del rapporto parentale ad opera di una delle sue parti non può considerarsi fonte di danno nei confronti dell’altra per mancanza del requisito dell’ingiustizia del danno (Cass. 12 aprile 2017, n. 9349).
3.2 Per quanto concerne l’onere della prova del danno da perdita del rapporto parentale patito dagli attori, l’evoluzione giurisprudenziale in materia ha portato a richiedere la sussistenza di un duplice presupposto: il primo, di diritto, consistente nell’esistenza di un vincolo riconosciuto dall’ordinamento giuridico fra la vittima e l’attore, e il secondo, di fatto, richiedendosi la sussistenza di un vincolo affettivo fra gli stessi.
Con riguardo alla posizione della nonna S.S., la Suprema Corte ha di recente affermato che “non è condivisibile limitare la “società naturale” della famiglia cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione all’ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli, e non può ritenersi che le disposizioni civilistiche che specificamente concernono i nonni non siano tali “da poter fondare un rapporto diretto, giuridicamente rilevante, fra nonni e nipoti” ma piuttosto individuino un “rapporto mediato dai genitori-figli o di supplenza dei figli”, evidenziandosi, a tale riguardo, che il nostro ordinamento non solo include i discendenti in linea retta fra i parenti e riconosce tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela (…), ma prevede nei confronti dei discendenti e viceversa una serie di diritti, doveri e facoltà (…) da cui risulta l’innegabile rilevanza anche giuridica, oltre che affettiva e morale, di tale rapporto” (cfr. Cass. 20 ottobre 2016, n. 21239).
Secondo l’orientamento maggioritario, al quale si ritiene di aderire, dalla citata giurisprudenza e, in particolare, dall’uso da parte della Suprema Corte dell’espressione “stretto vincolo di parentela”, con riferimento al rapporto fra nonni e nipoti, si deve concludere che, come per i genitori, la sussistenza del presupposto di fatto possa essere dedotta in via presuntiva ex art. 2729 cod. civ., salvo il convenuto fornisca prova che nonno e nipote non si frequentavano o non versavano comunque in buoni rapporti.
Nel caso di specie, dall’istruttoria è emerso che la nonna di I.M., pur non vivendo insieme alla vittima, si recava di frequente presso la sua abitazione per incontrare i parenti e consumare i pasti insieme (cfr. verbale di udienza del 14 marzo 2017), il che è sufficiente per ritenere provato, ex art. 2729 cod. civ., il presupposto fattuale del legame affettivo in concreto.
Poiché non emergono circostanze idonee a giustificare una personalizzazione, il danno risarcibile patito dalla nonna S.S. deve essere liquidato nella somma finale di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
CALCOLO DANNO PATRIMONIALE
Con riguardo alla posizione della nonna S.S., la Suprema Corte ha di recente affermato che “non è condivisibile limitare la “società naturale” della famiglia cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione all’ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli, e non può ritenersi che le disposizioni civilistiche che specificamente concernono i nonni non siano tali “da poter fondare un rapporto diretto, giuridicamente rilevante, fra nonni e nipoti” ma piuttosto individuino un “rapporto mediato dai genitori-figli o di supplenza dei figli”, evidenziandosi, a tale riguardo, che il nostro ordinamento non solo include i discendenti in linea retta fra i parenti e riconosce tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela (…), ma prevede nei confronti dei discendenti e viceversa una serie di diritti, doveri e facoltà (…) da cui risulta l’innegabile rilevanza anche giuridica, oltre che affettiva e morale, di tale rapporto” (cfr. Cass. 20 ottobre 2016, n. 21239).
Secondo l’orientamento maggioritario, al quale si ritiene di aderire, dalla citata giurisprudenza e, in particolare, dall’uso da parte della Suprema Corte dell’espressione “stretto vincolo di parentela”, con riferimento al rapporto fra nonni e nipoti, si deve concludere che, come per i genitori, la sussistenza del presupposto di fatto possa essere dedotta in via presuntiva ex art. 2729 cod. civ., salvo il convenuto fornisca prova che nonno e nipote non si frequentavano o non versavano comunque in buoni rapporti.
Nel caso di specie, dall’istruttoria è emerso che la nonna di I.M., pur non vivendo insieme alla vittima, si recava di frequente presso la sua abitazione per incontrare i parenti e consumare i pasti insieme (cfr. verbale di udienza del 14 marzo 2017), il che è sufficiente per ritenere provato, ex art. 2729 cod. civ., il presupposto fattuale del legame affettivo in concreto.
Poiché non emergono circostanze idonee a giustificare una personalizzazione, il danno risarcibile patito dalla nonna S.S. deve essere liquidato nella somma finale di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TREVISO
SEZIONE PRIMA CIVILE
in composizione monocratica, in persona del dott. Alberto Barbazza, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al R.G. n. 6259/2015 promosso da
M.I.,
M.S.,
M.I.A.,
M.S., legalmente rappresentata dalla madre M.I.A.,
M.D.,
M.B.,
S.S., per mezzo della procuratrice speciale M.S.,
tutti rappresentati e difesi dall’avv. Antonia Tollot, per mandato a margine dell’atto di citazione, ed elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa in Conegliano (TV);
– ATTORI –
contro
U.A. S.P.A., già L.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Spinoglio e Paolo Gracis, per mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta, ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi in Trieste;
B.L.,
– CONVENUTO CONTUMACE –
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
ex art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ.
Con atto di citazione regolarmente notificato, gli odierni attori convenivano in giudizio L.B. e U.A. S.p.A., già L.A. S.p.A. (in seguito, per brevità, anche solo “U.”), al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza della morte di I.M..
Gli attori esponevano che in data 11 gennaio 2014, in prossimità di V. (T.), I.M. percorreva una strada a piedi tenendo a mano il proprio velocipede quando veniva investito dal veicolo di proprietà e guidato da L.B., assicurato con U. (all’epoca, L.A. S.p.A.).
A seguito dell’urto, il M. riportava lesioni gravissime che ne causavano il decesso, poche ore dopo, presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale di Castelfranco Veneto (TV).
Essendo la responsabilità del sinistro interamente ascrivibile al convenuto B., gli attori domandavano il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del prossimo congiunto, da quantificare secondo giustizia tenendo conto del legame di parentela e dell’intenso rapporto affettivo che li legava allo stesso, e la moglie e la figlia del M. agivano per il ristoro dell’ulteriore danno patrimoniale subito per la perdita delle elargizioni economiche erogate dal defunto.
Con comparsa di costituzione e risposta, U. si costituiva negando la sussistenza di responsabilità alcuna in capo al conducente del veicolo, essendo la responsabilità del sinistro interamente attribuibile alla vittima, e opponendosi, in subordine, alla quantificazione del danno operata da parte attrice.
L.B. non si costituiva e all’udienza del 19 novembre 2015 veniva dichiarato contumace.
La causa veniva istruita mediante CTU dinamico ricostruttiva e assunzione dei testi M.G.M., M.P. e V.S..
All’udienza del 13 dicembre 2018, le parti precisavano le conclusioni come da foglio depositato telematicamente e il Giudice concedeva, su loro concorde istanza, i termini ex art. 190 cod. proc. civ. per il deposito di comparse conclusionali e repliche, trattenendo la causa in decisione.
- Preliminarmente, deve essere rilevato che è pacifica, in quanto incontestata, l’operatività della copertura assicurativa di U. in favore del convenuto L.B..
- In merito all’an debeatur, il CTU, con motivazione immune da vizi logici e incongruenze, redatta nel pieno contraddittorio con i consulenti tecnici di parte, concludeva nei seguenti termini: “si può sinteticamente affermare come la causa del sinistro vada ricercata nel comportamento del pedone M.I. il quale di ora notturna, senza segnalazione alcuna e senza servirsi della pista ciclopedonale presente a lato della strada (violazione art. 190del C.d.S.), si trovava a marciare all’interno e nei pressi del margine esterno della corsia di destra della provinciale nel momento in cui stava sopraggiungendo l’autocarro Mercedes condotto da O.R..
Quest’ultimo veicolo finiva per investire il pedone causandone il decesso.
Si ritiene che anche il comportamento del conducente dell’autocarro sia da individuare quale altra causa del sinistro dato che assai probabilmente si trovava a marciare a velocità superiore a quella consentitagli dai dispositivi di illuminazione in uso (fari anabbaglianti) quindi in violazione dell’art. 141 del C.d.S.
Per quanto riguarda infine la ripartizione delle responsabilità nella causazione del sinistro, dal punto di vista esclusivamente tecnico, si può accreditare il 60-65% a carico del pedone M. e il restante 35-40% a carico del conducente dell’autocarro O.”.
Alla luce delle considerazioni del CTU e del riscontrato concorso, fra danneggiante e danneggiato, nella causazione del danno-evento, la responsabilità del convenuto (e, di conseguenza, di U.) deve ritenersi accertata nella misura del 35%, essendo la stessa ascrivibile, per il restante 65%, alla mancata osservanza, da parte del M., di regole di prudenza avendo egli percorso, di notte e in assenza di adeguata segnalazione e illuminazione, una strada provinciale in luogo del percorso ciclopedonale a margine di tale strada.
- Le voci di danno allegate dagli attori devono essere in primo luogo divise nelle componenti del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale.
3.1 Per quanto riguarda la prima componente, gli attori agiscono per il ristoro del danno da perdita del rapporto parentale.
Com’è noto, il danno da perdita del rapporto parentale è una species del cosiddetto danno tanatologico, il quale comprende sia i pregiudizi non patrimoniali patiti dai prossimi congiunti del defunto, potendo, questi ultimi, far valere tale voce di danno iure proprio, sia il danno eventualmente sofferto dal morituro stesso nell’arco temporale fra il danno-evento e la morte, per il ristoro del quale si potrà eventualmente agire iure hereditario.
Il danno da perdita del rapporto parentale, a sua volta, può manifestarsi sia nella forma del danno morale, consistente nel dolore e nelle sofferenze subite da una persona come conseguenza della morte del prossimo congiunto, sia nella forma del danno biologico, qualora il prossimo congiunto soffra, come conseguenza del medesimo evento, un danno alla propria salute ed integrità psico-fisica medicalmente accertabile.
La Suprema Corte ha chiarito, peraltro, che costituisce indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, non altrimenti specificato, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che componenti del medesimo pregiudizio complessivo, che va ristorato integralmente e unitariamente (cfr. Cass. 17 dicembre 2015, n. 25351).
La Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito iure proprio dai familiari della vittima primaria dell’illecito deve essere ridotto in misura corrispondente alla parte di danno cagionato da quest’ultimo a se stesso. Ciò non in quanto l’art. 1227, comma primo, cod. civ. si applichi direttamente, bensì in quanto la lesione del diritto alla vita, colposamente cagionata da chi la vita la perde, non integra un illecito della vittima nei confronti dei propri congiunti, atteso che la rottura del rapporto parentale ad opera di una delle sue parti non può considerarsi fonte di danno nei confronti dell’altra per mancanza del requisito dell’ingiustizia del danno (Cass. 12 aprile 2017, n. 9349).
3.2 Per quanto concerne l’onere della prova del danno da perdita del rapporto parentale patito dagli attori, l’evoluzione giurisprudenziale in materia ha portato a richiedere la sussistenza di un duplice presupposto: il primo, di diritto, consistente nell’esistenza di un vincolo riconosciuto dall’ordinamento giuridico fra la vittima e l’attore, e il secondo, di fatto, richiedendosi la sussistenza di un vincolo affettivo fra gli stessi.
3.3 Il presupposto di diritto è certamente integrato con riferimento a tutti gli attori poiché è pacifico, in quanto fra le parti non contestato, nonché provato documentalmente (cfr. doc. 2 di parte attrice), che M.I., M.S., M.I.A., M.S., M.D., M.B. e S.S. siano, rispettivamente, padre, madre, moglie, figlia, fratelli e nonna del deceduto.
3.4 L’analisi della sussistenza del presupposto di fatto, così come la liquidazione del danno (subordinata all’esito positivo di tale verifica), deve essere svolta individualmente con riguardo a ciascuno degli attori.
3.4.1 Con riguardo ai genitori, I.M. e S.M., la sussistenza del vincolo affettivo va presunta ex art. 2729 cod. civ., potendo desumersi, dal fatto noto del rapporto di genitorialità e dalla convivenza degli stessi con il deceduto, il fatto ignoto del patimento di natura non patrimoniale sofferto dagli attori in conseguenza della morte del figlio.
Non si ravvisa tuttavia alcuna ragione per personalizzare il risarcimento dovuto, come richiesto dagli attori, in misura prossima al massimo previsto dalle Tabelle in uso presso il Tribunale di Milano.
La personalizzazione, infatti, deve essere giustificata da circostanze anomale, inusuali ed eccezionali (cfr. Cass. 17 dicembre 2014, n. 26590; Cass. 9 maggio 2011, n. 10107), e gli attori, nel caso di specie, non hanno allegato né provato alcuna fra queste circostanze, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera allegazione dell’età della vittima e del rapporto di convivenza della stessa con gli attori, le quali non possono giustificare, in re ipsa, una personalizzazione del danno, trattandosi di circostanze “normali”.
Va, infatti, puntualizzato che conseguenze “normali” non vuole affatto dire, come precisato da autorevole dottrina che si condivide, conseguenza “non gravi”: fra gravità e normalità delle conseguenze non vi può essere alcuna corrispondenza biunivoca, pertanto le circostanze che possono giustificare la “personalizzazione” del risarcimento sono solo quelle che si discostano, per intensità o frequenza, da quelle ordinariamente derivanti da un evento luttuoso.
Pertanto, tenendo presente che la responsabilità del sinistro deve essere ascritta per il 65% a I.M. (figlio, deceduto) e che quindi, per i motivi sopra evidenziati, il risarcimento va ridotto della misura corrispondente, il danno risarcibile subito da I.M. (padre, attore) e S.M. (madre) deve essere quantificato nella somma finale di Euro 58.086,00 per ciascun genitore, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
3.4.2 Parimenti, deve essere presunta, ex art. 2729 cod. civ., la sussistenza del legame affettivo con I.A.M. e S.M., rispettivamente, moglie e figlia del deceduto.
Tuttavia, anche con riguardo alle due attrici dagli atti di causa non emerge alcuna circostanza anomala, inusuale ed eccezionale suscettibile di giustificare una personalizzazione del danno da perdita del prossimo congiunto.
Pertanto, il danno risarcibile subito da I.A.M. (moglie) e S.M. (figlia) deve essere quantificato nella somma finale di Euro 58.086,00 per ciascun familiare, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
3.4.3 Per quanto riguarda le posizioni dei fratelli D.M. e B.M., sussiste il presupposto fattuale per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale poiché dall’istruttoria testimoniale è emerso che gli stessi hanno vissuto per lunghi periodi di tempo con I.M. e tornavano con regolarità dalla Romania a trovare lui e gli altri familiari (cfr. verbale di udienza del 14 marzo 2017), fatto noto dal quale può essere presunta, ex art. 2729 cod. civ., la sussistenza di un legame affettivo con il fratello.
Poiché non emergono circostanze idonee a giustificare una personalizzazione, il danno risarcibile deve essere liquidato nella somma finale di Euro 8.407,00 per ciascun fratello, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
3.4.4 Con riguardo alla posizione della nonna S.S., la Suprema Corte ha di recente affermato che “non è condivisibile limitare la “società naturale” della famiglia cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione all’ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli, e non può ritenersi che le disposizioni civilistiche che specificamente concernono i nonni non siano tali “da poter fondare un rapporto diretto, giuridicamente rilevante, fra nonni e nipoti” ma piuttosto individuino un “rapporto mediato dai genitori-figli o di supplenza dei figli”, evidenziandosi, a tale riguardo, che il nostro ordinamento non solo include i discendenti in linea retta fra i parenti e riconosce tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela (…), ma prevede nei confronti dei discendenti e viceversa una serie di diritti, doveri e facoltà (…) da cui risulta l’innegabile rilevanza anche giuridica, oltre che affettiva e morale, di tale rapporto” (cfr. Cass. 20 ottobre 2016, n. 21239).
Secondo l’orientamento maggioritario, al quale si ritiene di aderire, dalla citata giurisprudenza e, in particolare, dall’uso da parte della Suprema Corte dell’espressione “stretto vincolo di parentela”, con riferimento al rapporto fra nonni e nipoti, si deve concludere che, come per i genitori, la sussistenza del presupposto di fatto possa essere dedotta in via presuntiva ex art. 2729 cod. civ., salvo il convenuto fornisca prova che nonno e nipote non si frequentavano o non versavano comunque in buoni rapporti.
Nel caso di specie, dall’istruttoria è emerso che la nonna di I.M., pur non vivendo insieme alla vittima, si recava di frequente presso la sua abitazione per incontrare i parenti e consumare i pasti insieme (cfr. verbale di udienza del 14 marzo 2017), il che è sufficiente per ritenere provato, ex art. 2729 cod. civ., il presupposto fattuale del legame affettivo in concreto.
Poiché non emergono circostanze idonee a giustificare una personalizzazione, il danno risarcibile patito dalla nonna S.S. deve essere liquidato nella somma finale di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo, calcolata in relazione al valore base di cui alle Tabelle di Milano aggiornate al 2018 moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto.
3.4.5 Gli importi così determinati non sono soggetti a rivalutazione poiché sono state utilizzate, nel caso di specie, le Tabelle di Milano aggiornate all’anno 2018.
- Il danno patrimoniale allegato deve essere ulteriormente distinto nel danno da perdita del contributo economico elargito dal defunto, nel danno da spese per oneri funerari e nel danno da spese per il recupero del velocipede coinvolto nell’incidente.
4.1 Le domande relative alle spese sostenute per gli oneri funerari e per il recupero del velocipede, di cui ai docc. 7 e 8 prodotti all’udienza del 19 novembre 2015, sono inammissibili in quanto tardive poiché tali spese risalgono, rispettivamente, al 14 gennaio 2014 e al 21 gennaio 2014, ossia a più di un anno prima della notificazione dell’atto di citazione e, quindi, le relative domande avrebbero dovuto essere proposte in atto di citazione, nel quale invece non si fa riferimento alcuno a tali voci di danno.
4.2 Per quanto riguarda il danno da perdita delle elargizioni economiche erogate dal defunto, per il cui ristoro agiscono le attrici I.A.M. e S.M., la giurisprudenza prevalente considera risarcibile il danno patito dai tutti coloro i quali, pur non vantando alcun diritto di credito nei confronti della vittima, godevano comunque di una stabile e periodica contribuzione da parte dello stesso, in adempimento di un dovere anche solo morale (cfr. Cass. 19 agosto 2003, n. 12124).
Poiché dagli atti di causa e dall’istruttoria compiuta è emerso che I.M. fosse sposato con I.A.M., unione dalla quale nasceva la figlia S. nel 2011, e che la famiglia convivesse, deve essere dedotto, ex art. 2729 cod. civ., che le attrici beneficiassero del contributo economico del defunto e, per l’effetto, deve ritenersi accertato l’an debeatur.
La quantificazione di tale voce di danno patrimoniale consta di tre fasi.
In primo luogo, deve essere accertato il reddito netto annuo del defunto, tenendo conto anche dei presumibili incrementi futuri.
Dalla somma così ottenuta bisogna sottrarre la cosiddetta quota sibi, ossia la parte di reddito che il defunto avrebbe presumibilmente tenuto per sé, non devolvendola ai bisogni della famiglia.
Infine, la quota di reddito così accertata deve essere capitalizzata in base a un coefficiente pari alla differenza fra la durata media della vita di un individuo di sesso femminile meno l’abbattimento relativo allo scarto fra vita biologica e vita lavorativa e l’età della richiedente al momento del fatto, per la moglie, ed in base a un coefficiente di capitalizzazione pari al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno, per la figlia (cfr. Cass 14 luglio 2003, n. 11003; Cass. 19 febbraio 2007, n. 3758, Cass. 2 marzo 2004, n. 4186).
Come correttamente osservato da parte attrice, infatti, la Corte di Cassazione ha sancito l’inutilizzabilità dei coefficienti di cui al R.D. n. 1403 del 1922 in considerazione del notevole aumento della durata media della vita rispetto all’anno di emanazione del citato decreto, essendo necessario l’utilizzo di un diverso coefficiente che consenta di tenere conto di tali cambiamenti (cfr. Cass. 14 ottobre 2015, n. 20615).
4.2.1 Dalla documentazione prodotta, emerge che I.M. percepisse, al momento del decesso, un reddito netto pari a circa Euro 1.100,00 mensili; tale somma, tenuto conto dei presumibili incrementi futuri e della mansione svolta dal defunto (operaio metalmeccanico), alla luce di quanto stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicabile, deve essere equitativamente rideterminata nell’importo medio di Euro 1.325,00 mensili per tredici mensilità, ossia Euro 17.225,00 all’anno. Tale importo risulta determinato tenendo conto dei vari incrementi di livello retributivo per un lavoratore metalmeccanico previsti nel relativo CCNL.
4.2.2 Alla luce della situazione economica di I.M., e tenuto conto del fatto che dagli atti di causa risulta che la moglie fosse casalinga, pare equo fissare la quota sibi nella misura di 1/3 del reddito del M.; pertanto, dall’importo di Euro 17.225,00 deve essere sottratta la somma di Euro 5.741,67, ottenendo la somma di Euro 11.483,33, dei quali ½ sarebbe stato presumibilmente devoluto alla moglie e ½ alla figlia, fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica della stessa.
4.2.3.1 Per quanto riguarda la figlia S.M., la quale aveva l’età di 3 anni al momento del decesso del padre, deve essere presunto che la stessa avrebbe raggiunto l’indipendenza economica all’età di 30 anni, e quindi il danno da perdita delle elargizioni erogate dal defunto deve essere liquidato nella somma di Euro 5.741,67 x 27 anni = Euro 155.024,95, a sua volta moltiplicata per il coefficiente di responsabilità del convenuto danneggiante del 35%, ottenendo così l’importo finale di Euro 54.258,73, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo.
4.2.3.2 Per quanto riguarda la moglie I.A.M., l’operazione di liquidazione deve essere divisa in due parti.
In primo luogo, deve essere presunto che fino alla data in cui la figlia S. avrebbe raggiunto l’autosufficienza economica (ossia, dal 2014, per 27 anni), il marito avrebbe corrisposto alla moglie la metà dei 2/3 del suo reddito annuale medio, pari ad Euro 5.741,67. Pertanto, il danno da perdita delle elargizioni erogate dal defunto fino all’anno 2041 deve essere liquidato nella somma di Euro 5.741,67 x 27 anni = Euro 155.024,95, a sua volta moltiplicata per il coefficiente di responsabilità del convenuto danneggiante del 35%, ottenendo così l’importo di Euro 54.258,73, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo.
Successivamente all’età del raggiungimento dell’indipendenza economica da parte di S., deve essere presunto che il M. avrebbe destinato 1/2 del suo reddito netto alla moglie, e, pertanto, tenuto conto che la durata media della vita per un individuo di sesso femminile va oggi individuata in 84 anni e che, in considerazione dell’età della vittima primaria, deve essere sottratto il coefficiente di abbattimento relativo allo scarto fra vita biologica e vita lavorativa, equitativamente determinato nella misura del 10%, l’importo da liquidare deve essere calcolato sulla base della seguente formula:
– Euro 17.225,00 / 2 (pari alla quota di ½ del reddito annuale medio presuntivamente destinato alla moglie dopo la presumibile autosufficienza economica della figlia);
– x 34 anni (pari a 84 – 50, cioè pari alla differenza fra la durata media della vita di un individuo di sesso femminile e l’età dell’attrice nell’anno 2041 in cui la figlia raggiungerà la presumibile indipendenza economica);
– sottratto il coefficiente del 10% dell’importo così ottenuto (pari al suddetto coefficiente di abbattimento relativo allo scarto fra vita biologica e vita lavorativa);
– il tutto moltiplicato per il coefficiente di responsabilità del convenuto del 35%;
All’importo così ottenuto, pari ad Euro 92.239,87 deve essere sommato l’importo liquidato in relazione agli anni 2014-2041, pari ad Euro 54.258,73, ottenendo l’importo finale di Euro 146.498,60, oltre interessi moratori al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo.
- Le spese di CTU, nella misura già liquidata con decreto del 7 ottobre 2016, devono essere poste definitivamente a carico di parte attrice per la quota di 2/3 e di parte convenuta per la quota di 1/3, in considerazione degli esiti della perizia. Le spese di CTP sostenute da parte attrice per Euro 1.811,70 e documentate come da fattura di cui al doc. 11 degli attori, dovranno essere rimborsate dalla convenuta nella misura di 1/3.
- Le spese di lite devono essere interamente compensate in virtù della soccombenza parziale reciproca, tenuto conto, inoltre, della condotta complessiva delle parti e, in particolare, dell’offerta transattiva formulata da U. per importi simili a quelli di cui alla presente sentenza e rifiutata dagli attori.
P.Q.M.
Il Tribunale di Treviso, in composizione monocratica, in persona del dott. Alberto Barbazza, in parziale accoglimento delle domande proposte dagli attori, rigettata ogni altra domanda, eccezione o istanza, definitivamente pronunciando, accertata la responsabilità nei termini di cui in motivazione dei convenuti, così provvede:
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di I.M. del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 58.086,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di S.M. del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 58.086,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di I.A.M. del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 58.086,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di S.M., in persona della madre I.A.M., del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 58.086,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di D.M. del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di B.M. del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di S.S., in persona della procuratrice speciale S.M., del danno non patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 8.407,00, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di I.A.M. del danno patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 146.498,60, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di S.M., in persona della madre I.A.M., del danno patrimoniale subito, liquidato nella somma di Euro 54.258,73, oltre interessi moratori calcolati al tasso legale dal 11 gennaio 2014 al saldo;
– Pone le spese di CTU, nella misura già liquidata con decreto del 7 ottobre 2016, in via definitiva a carico di parte attrice per la quota di 2/3 e di parte convenuta per la quota di 1/3, in considerazione degli esiti della perizia;
– Condanna U.A. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare agli attori in solido fra loro la quota di 1/3 delle spese di CTP da essi sostenute pari ad Euro 603,90 con distrazione in favore del procuratore attoreo, che si è dichiarato antistatario, ex art. 93 cod. proc. civ.;
– Spese di lite compensate.
Conclusione
Così deciso in Treviso, il 16 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.