DIRITTO IMMOBILIARE

SUPERBONUS BOLOGNA – ATTENTO

 

 

https://www.studiolegale-bologna.it/proprieta-avvocato-bologna-esperto-limitazioni-legali-della-proprieta-rapporti-di-vicinato-distanze-legali/

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Il Superbonus 110%, pur avendo offerto vantaggi significativi per la riqualificazione energetica e sismica degli edifici, ha anche aperto la porta a vari reati e abusi. Tra i reati più comuni configurabili con l’uso del Superbonus 110% ci sono:

  1. Frode fiscale: Questa è una delle violazioni più diffuse, dove i beneficiari dichiarano spese gonfiate o inesistenti per ottenere maggiori detrazioni fiscali rispetto a quanto effettivamente speso. Ad esempio, le imprese potrebbero gonfiare il costo dei lavori o presentare documenti falsi per ottenere il bonus.
  2. Truffa ai danni dello Stato: Questo reato si configura quando vengono presentate domande per il Superbonus con informazioni false o fuorvianti, come l’indicazione di interventi non eseguiti o eseguiti solo parzialmente, con l’obiettivo di ottenere indebiti benefici fiscali.
  3. False dichiarazioni: Spesso, per accedere al Superbonus, è necessario presentare documentazioni tecniche e dichiarazioni di conformità. Fornire false dichiarazioni in queste documentazioni, come ad esempio certificazioni energetiche non veritiere, costituisce un reato.
  4. Riciclaggio: In alcuni casi, il Superbonus è stato utilizzato per il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, attraverso la creazione di false imprese o la sovrafatturazione dei lavori.
  5. Associazione per delinquere: Nei casi più gravi, quando le frodi sono organizzate da più individui in modo sistematico e continuativo, si può configurare il reato di associazione per delinquere.
  6. Abuso d’ufficio: Funzionari pubblici potrebbero incorrere in questo reato se, approfittando della loro posizione, favoriscono indebitamente determinate aziende o persone nell’assegnazione dei lavori o nell’approvazione delle pratiche relative al Superbonus.

Questi reati hanno portato a numerose indagini da parte della Guardia di Finanza e altre autorità competenti, con conseguenti sequestri di beni e procedimenti penali nei confronti degli autori di tali frodi​

Se un’impresa incaricata di eseguire i lavori previsti dal Superbonus 110% non li porta a termine, o addirittura non inizia i lavori, possono sorgere diverse problematiche legali per i committenti. Ecco alcuni scenari e soluzioni possibili:

  1. Inadempimento Contrattuale: Se l’impresa non rispetta i termini contrattuali, ad esempio ritardando l’inizio o la fine dei lavori, il committente può agire per inadempimento. Questo può comportare la richiesta di risoluzione del contratto e, in alcuni casi, il risarcimento dei danni subiti.
  2. Risoluzione del Contratto: Secondo l’articolo 1218 del Codice Civile, il committente può chiedere la risoluzione del contratto se l’inadempimento dell’impresa è significativo. Questo è applicabile se l’impresa non riesce a completare i lavori entro il tempo stabilito, rendendo la prestazione contrattuale eccessivamente onerosa o impossibile da realizzare.
  3. Eccessiva Onerosità Sopravvenuta: A volte, l’impresa potrebbe sostenere che l’aumento imprevisto dei costi dei materiali o altre difficoltà tecniche hanno reso i lavori eccessivamente onerosi. In questo caso, secondo l’articolo 1467 del Codice Civile, l’impresa può richiedere una revisione delle condizioni contrattuali, oppure la risoluzione del contratto.
  4. Interventi Legali e Reclami: In caso di ritardi o mancata esecuzione dei lavori, il committente può rivolgersi a un legale per avviare un’azione contro l’impresa. Se l’impresa non rispetta i termini concordati, può essere necessario far valere i propri diritti in tribunale o cercare una soluzione bonaria attraverso una trattativa extragiudiziale.
  5. Problemi con le Detrazioni Fiscali: Se i lavori non vengono completati entro i termini stabiliti, il committente potrebbe perdere il diritto alle detrazioni fiscali previste dal Superbonus 110%. È quindi cruciale intervenire tempestivamente per evitare questo rischio.

In ogni caso, è importante esaminare attentamente il contratto stipulato con l’impresa e valutare le azioni legali più appropriate con l’assistenza di un avvocato specializzato in diritto civile o contrattuale​(

 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI FROSINONE nella persona del giudice unico dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 899 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2023, discussa e trattenuta in decisione all’udienza del 18.10.2023, vertente TRA ### rappresentato e difeso dall’Avv. ### giusta procura allegata al ricorso ex art. 281 decies c.p.c.; ricorrente E C.B.M. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. ### resistente contumace ### appalto ### per il ricorrente, come da ricorso introduttivo ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. depositato il ### e notificato unitamente a decreto di fissazione d’udienza ### conveniva in giudizio la società C.B.M. s.r.l. chiedendo: a) di dichiarare risolto il contratto di appalto concluso con la resistente in data ###, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione dell’immobile unifamiliare sito in ### ### n. 25, sul quale aveva diritto di abitazione, da eseguirsi con gli incentivi fiscali previsti dall’art. 119 D.L. 34/2020, ovvero secondo il c.d. Superbonus 110%, per grave inadempimento dell’appaltatrice, consistente nel non avere iniziato i lavori appaltati e nel non averli portati a compimento entro il termine fissato del 30.11.2022; b) di condannare la convenuta, ex art. 2033 c.c., alla restituzione della somma di € 22.000,00 ricevuta quale primo acconto per i lavori, oltre ad € 126,07 pari agli interessi mensilmente pagati dal ricorrente all’### s.p.a., che aveva anticipato la somma, dietro cessione del credito di imposta legato ai lavori, secondo lo schema del ### c) di condannare la convenuta, altresì, al risarcimento dei danni provocati dal doloso e grave inadempimento contrattuale, mediante pagamento della somma di € 150.000,00 (pari al valore dei lavori appaltati e non eseguiti) o di quella diversa ritenuta di giustizia, considerato che il mancato rispetto dei termini stabiliti per la realizzazione dell’opera (tra cui quello del 30.9.2022 ex lege previsto per il completamento del 30% dei lavori) aveva avuto come conseguenza la perdita dell’agevolazione statale.  La resistente non si costituiva in giudizio e veniva pertanto dichiarata contumace.  La causa veniva istruita con prova per testi e all’esito rinviata per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c..  Le domande attoree sono fondate, nei limiti di seguito precisati.  La domanda di risoluzione del contratto di appalto va senz’altro accolta.  Vertendosi in materia di inadempimento contrattuale, quanto al riparto dell’onere probatorio valgono i principi espressi dalle ### della Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 13533 del 2001, secondo cui “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”.  Ebbene, nel caso di specie, il ricorrente ha prodotto il contratto di appalto concluso con la C.M.B. s.r.l. e dedotto l’inadempimento della suddetta appaltatrice all’obbligo di realizzare l’opera commissionata nei tempi previsti e concordati, per non avere dato nemmeno concreto inizio ai lavori nonostante il versamento del primo acconto pattuito.  Sarebbe stato onere della resistente dimostrare il contrario, ovvero addurre e provare eventuali circostanze giustificative della mancata esecuzione dei lavori, ciò che, restando contumace, non ha fatto.  Piuttosto il ricorrente, andando anche oltre l’assolvimento dell’onere probatorio che su di lui incombeva, tramite la deposizione del teste ### geometra progettista e direttore dei lavori delle opere di ristrutturazione per delega della società ###it s.r.l., ha fornito la prova positiva della condotta inadempiente della controparte (cfr. in particolare quanto dichiarato dal teste in risposta al capitolo 9: “è tutto vero, dopo molti tentativi di contatto riuscii ad avere un incontro con ### e con il padre, parimenti coinvolto nell’impresa ### nei pressi dell’abitazione di ### ### ci fu i primi di settembre, forse proprio il 1° settembre 2022 se non ricordo male. Chiesi spiegazioni sul mancato inizio dei lavori e mi risposero che i soldi ricevuti li avevano impegnati in altri cantieri e mi chiesero addirittura se potevo chiedere alla committenza un ulteriore acconto. Io ovviamente rifiutai. Da allora, nella sostanza, non è stato fatto alcun intervento, è stato solo montato qualche metro quadro di ponteggio”).  Si giustifica, dunque, la declaratoria di risoluzione del contratto, stante la gravità dell’inadempimento della resistente, concernente la principale ed essenziale obbligazione a suo carico.  In conseguenza, deve essere restituita dalla C.B.M. s.r.l. la somma versata di € 22.000,00 con gli interessi legali dalla domanda al saldo, come da richiesta, mentre non trova riscontro nella documentazione prodotta l’ulteriore importo di € 126,07 asseritamente corrisposta all’### s.p.a. a titolo di interessi.  Venendo ora alla domanda di risarcimento del danno, occorre evidenziare che, se è vero che la condotta della resistente ha cagionato la decadenza dall’agevolazione prevista dalla legge per i lavori appaltati, considerato il mancato rispetto della scadenza del 30.9.2022 per l’ultimazione del 30% dei lavori, è altresì vero che il ricorrente non perdeva ogni possibilità di presentare una nuova pratica edilizia usufruendo di correlativi benefici fiscali.  Difatti per gli interventi di efficientamento energetico sugli edifici unifamiliari la normativa fiscale prevede un ampio ventaglio di possibilità di agevolazione e la stessa disciplina del c.d. ### dava la possibilità di usufruire di una detrazione del 90% delle spese sostenute fino al 31.12.2023 per (eventuali nuovi) lavori avviati dall’1.1.2023, rispetto all’abitazione principale posseduta, per i contribuenti con un reddito di riferimento non superiore ad € 15.000,00 (cfr. D.L. 176/2022, c.d. decreto Aiuti-quater).  Ora, il ricorrente non ha fornito elementi, in particolare sulla propria situazione reddituale, che consentano di escludere la possibilità di accesso a siffatta ridotta agevolazione per un’eventuale nuova pratica di intervento (generica, in proposito, si appalesa la sola dichiarazione resa dal teste ### secondo cui “l’### ### non può più usufruire dei benefici del superbonus, essendo scaduti i termini previsti dalla legge”).  In rigoroso ossequio ai principi riguardanti l’onere della prova nei giudizi di risarcimento del danno, si ritiene dunque di dover liquidare il danno nella misura del 10% dell’importo dei lavori appaltati (€ 15.000,00), quale percentuale “minima” del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell’inadempienza.  La somma liquidata andrà maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi legali, sulla somma via via rivalutata anno per anno, dal verificarsi del danno (con la scadenza mancata del 30.9.2022) al saldo.  Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014, opportunamente ridotti stante la limitata attività processuale svolta.  P.Q.M Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) dichiara la risoluzione del contratto di appalto stipulato inter partes, per grave inadempimento della resistente; 2) condanna la resistente a restituire al ricorrente la somma di € 22.000,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 3) condanna, altresì, la resistente a risarcire i danni al ricorrente nella misura di € 15.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come specificato in parte motiva; 4) condanna, infine, la resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in € 286,00 per esborsi e in € 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 %, CPA e IVA come per legge.  Così deciso in ### il ###  Il Giudice Dott. ### n. 899/2023

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