SUPERBONUS 110 E APPALTO RISTRUTTURAZIONE IMPRESA EDILE
SUPERBONUS 110 % SIGNIFICA CONTRATTI DI APPALTO CON IMPRESE
ANALIZZIAMO TALE CONTRATTO CHE STA ALLA BASE DI TUTTO
CONTRATTO APPALTO
Il contratto d’ appalto ed il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa.
IMPRESA EDILE LAVORI NON FATTI CORRETTAMENTE BOLOGNA – ABBANDONO IMPRESA. APPALTO BOLOGNA
CONTRATTO DI APPALTO DI LAVORI PRIVATI
Clausola penale per il ritardo
La clausola penale per il ritardo è una clausola contrattuale che prevede il pagamento di una somma di denaro da parte dell’Appaltatore al Committente in caso di ritardo nella consegna dei lavori.
La clausola penale deve essere contenuta nel contratto di appalto e deve indicare l’importo della penale e il numero di giorni di ritardo per i quali la penale è prevista.
La clausola penale ha lo scopo di incentivare l’Appaltatore a rispettare i termini di consegna dei lavori.
Clausola di risoluzione del contratto
La clausola di risoluzione del contratto è una clausola contrattuale che prevede la risoluzione del contratto in caso di inadempimento di una delle parti.
La clausola di risoluzione deve essere contenuta nel contratto di appalto e deve indicare le condizioni in cui la risoluzione del contratto può essere richiesta.
La clausola di risoluzione ha lo scopo di tutelare il Committente in caso di inadempimento dell’Appaltatore.
Quando un committente affida ad un’impresa edile dei lavori, le parti devono stipulare un contratto che preveda, tra le altre cose, i termini di consegna dei lavori. Se l’impresa edile non rispetta questi termini, il committente ha diritto a tutelarsi e a far valere i propri diritti.
Innanzitutto, il committente deve verificare se nel contratto è presente una clausola penale per il ritardo. Se la clausola è presente, il committente ha diritto ad ottenere dall’impresa edile il pagamento di una somma di denaro, pari al valore della penale, per ogni giorno di ritardo.
In mancanza di una clausola penale, il committente può comunque richiedere all’impresa edile il risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo. I danni possono essere di natura patrimoniale, come ad esempio la perdita di un’occasione di guadagno, o di natura non patrimoniale, come ad esempio il disagio causato dall’impossibilità di utilizzare l’immobile.
Per far valere i propri diritti, il committente deve innanzitutto inviare all’impresa edile una lettera di diffida, invitandola a rispettare i termini di consegna. Se l’impresa edile non adempie alla diffida, il committente può adire l’autorità giudiziaria.
In sede giudiziaria, il committente dovrà dimostrare che l’impresa edile è stata inadempiente ai termini di consegna e che il ritardo ha causato dei danni. Per dimostrare l’inadempimento dell’impresa edile, il committente può produrre documenti, come ad esempio il contratto di appalto, le fatture e i certificati di pagamento. Per dimostrare i danni subiti, il committente può produrre documenti, come ad esempio le prove delle spese sostenute per trovare un’altra impresa edile che possa completare i lavori o le prove del disagio causato dall’impossibilità di utilizzare l’immobile.
In caso di sentenza favorevole, il committente ha diritto ad ottenere dall’impresa edile il pagamento del risarcimento dei danni, nonché delle spese legali sostenute.
Ecco alcuni consigli per tutelarsi in caso di ritardo da parte di un’impresa edile:
- Stipulare un contratto scritto che preveda i termini di consegna dei lavori e una clausola penale per il ritardo.
- Inviare all’impresa edile una lettera di diffida, invitandola a rispettare i termini di consegna.
- Documentare l’inadempimento dell’impresa edile e i danni subiti.
- Adire l’autorità giudiziaria, se necessario.
È importante ricordare che la legge tutela i diritti dei consumatori, anche in caso di contratti di appalto.
L’interruzione dei lavori da parte di un’impresa edile può essere dovuta a diverse cause, tra cui:
- Indisponibilità di materiali o attrezzature: l’impresa può non riuscire a ottenere i materiali o le attrezzature necessarie per completare i lavori. Questo può essere dovuto a ritardi nella produzione, a problemi di approvvigionamento o a guasti alle attrezzature.( problematica spesso riscontrata con i lavori 110%)
- Incidenti o infortuni: incidenti o infortuni sul lavoro possono portare all’interruzione dei lavori fino al completamento delle indagini e dell’eventuale riparazione dei danni.
- Problemi legali: problemi legali, come controversie tra le parti coinvolte nel progetto o problemi di autorizzazione, possono portare all’interruzione dei lavori fino alla risoluzione del problema.
In caso di interruzione dei lavori, l’impresa edile è tenuta a informare il committente della causa dell’interruzione e del periodo di tempo previsto per la ripresa dei lavori. L’impresa può anche essere tenuta a pagare una penale al committente per il ritardo nella consegna dell’opera.
Se l’interruzione dei lavori è dovuta a cause imputabili all’impresa, il committente può richiedere il risarcimento dei danni subiti. I danni possono includere i costi per la sostituzione di materiali o attrezzature, i costi per la rimozione di materiali o attrezzature già installati, i costi per la perdita di produttività o i costi per il disagio causato dal ritardo nella consegna dell’opera.
Esistono diversi modi in cui un’impresa edile può non eseguire correttamente i lavori. Alcuni esempi comuni includono:
- Uso di materiali o attrezzature di scarsa qualità: l’uso di materiali o attrezzature di scarsa qualità può portare a lavori di scarsa qualità e a problemi a lungo termine.
- Esecuzione di lavori non conformi al progetto: l’esecuzione di lavori non conformi al progetto può portare a problemi di sicurezza o funzionalità.
- Esecuzione di lavori non conformi al progetto
- Omissioni o ritardi nei lavori: le omissioni o i ritardi nei lavori possono portare a disagi per il committente e a costi aggiuntivi.
Omissione o ritardo nei lavori
Il ritardo dei lavori da parte di un’impresa edile può essere dovuto a una serie di cause, tra cui:
- Problemi di approvvigionamento: l’impresa può non riuscire a ottenere i materiali o le attrezzature necessarie per completare i lavori. Questo può essere dovuto a ritardi nella produzione, a problemi di approvvigionamento o a guasti alle attrezzature.
- Condizioni meteorologiche avverse: le condizioni meteorologiche avverse, come pioggia, neve o vento, possono rendere pericoloso o impossibile lavorare sul cantiere.
- Incidenti o infortuni: incidenti o infortuni sul lavoro possono portare all’interruzione dei lavori fino al completamento delle indagini e dell’eventuale riparazione dei danni.
- Problemi legali: problemi legali, come controversie tra le parti coinvolte nel progetto o problemi di autorizzazione, possono portare all’interruzione dei lavori fino alla risoluzione del problema.
ritardo nei lavori
In caso di ritardo nei lavori, l’impresa edile è tenuta a informare il committente della causa del ritardo e del periodo di tempo previsto per la ripresa dei lavori. L’impresa può anche essere tenuta a pagare una penale al committente per il ritardo nella consegna dell’opera.
Se il ritardo nei lavori è dovuto a cause imputabili all’impresa, il committente può richiedere il risarcimento dei danni subiti. I danni possono includere i costi per la sostituzione di materiali o attrezzature, i costi per la rimozione di materiali o attrezzature già installati, i costi per la perdita di produttività o i costi per il disagio causato dal ritardo nella consegna dell’opera.
Ecco alcuni consigli per tutelarsi in caso di ritardo dei lavori da parte di un’impresa edile:
- Stipulare un contratto scritto: il contratto deve indicare chiaramente le date di inizio e fine dei lavori, nonché le eventuali penali previste in caso di ritardo.
- Verificare la solidità finanziaria dell’impresa: è importante verificare che l’impresa abbia la capacità economica di completare i lavori.
- Sostenere i lavori: è importante monitorare i lavori e verificare che vengano eseguiti secondo le specifiche concordate.
Se si verifica un ritardo nei lavori, è importante agire tempestivamente. Il committente può:
- Inviare una lettera di contestazione all’impresa edile: la lettera di contestazione deve essere chiara e concisa e deve indicare i motivi della contestazione.
- Sospendere i pagamenti all’impresa edile: la sospensione dei pagamenti può essere un’efficace misura di pressione per convincere l’impresa edile a risolvere il problema.
- Adire le vie legali: se la contestazione non è risolta in via bonaria, il committente può adire le vie legali per ottenere il risarcimento dei danni.
- Danni ai beni del committente: i danni ai beni del committente possono essere causati da errori, negligenza o negligenza dell’impresa edile.
Se un committente rileva che un’impresa edile non sta eseguendo correttamente i lavori, è importante che agisca tempestivamente. Il committente può:
- Inviare una lettera di contestazione all’impresa edile: la lettera di contestazione deve essere chiara e concisa e deve indicare i motivi della contestazione.
- Sospendere i pagamenti all’impresa edile: la sospensione dei pagamenti può essere un’efficace misura di pressione per convincere l’impresa edile a risolvere il problema.
- Adire le vie legali: se la contestazione non è risolta in via bonaria, il committente può adire le vie legali per ottenere il risarcimento dei danni.
È importante ricordare che il committente ha il diritto di ricevere lavori eseguiti a regola d’arte e conformemente al progetto.
NORMA
(1)L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione [2082] dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio(2), il compimento di un’opera o di un servizio(3) verso un corrispettivo in danaro.
Cass. civ. n. 12546/2003
Ai fini della differenziazione tra il contratto di appalto e di somministrazione — rilevante rispetto all’azione volta al riconoscimento della responsabilità solidale ex art. 3, legge .n. 1369 del 1960, essendo le conseguenze previste da detto articolo circoscritte solo all’appalto — il criterio distintivo da adottare si fonda sul principio secondo cui, nel caso di prestazione continuativa di servizi anziché di cose, si ha contratto di appalto; invece, si ha somministrazione nel caso in cui le cose da somministrare in via continuativa debbano essere prodotte dal somministrante; inoltre, quando l’attività di fare è strumentale rispetto all’erogazione, si resta nell’ambito della somministrazione, se, invece, è prevalente il lavoro prestato, si ha appalto.
Cass. civ. n. 7307/2001
Il contratto d’appalto ed il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa in cui l’obbligato è preposto e nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore secondo il modulo organizzativo della piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c.
Cass. civ. n. 5609/2001
La distinzione tra appalto d’opera e appalto di servizi riguarda l’oggetto del contratto che può consistere sia in opere che in servizi, intendendosi per opera qualsiasi modificazione dello stato materiale di cose preesistenti e per servizio qualsiasi utilità che può essere creata da un altro soggetto, diversa dalle opere. La qualificazione del contratto come appalto d’opera o come appalto di servizi costituisce accertamento di fatto riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
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La tutela possessoria dell’appaltatore contro lo spoglio commesso dal committente che sia receduto dal contratto non è configurabile nell’ipotesi di appalto di servizi, in cui l’interesse dell’appaltatore non ha come termine di riferimento una res (restando gli impianti ed il locale occorrenti per la prestazione del servizio nella piena disponibilità del committente), ma solo l’oggetto contrattuale costituito dalle reciproche prestazioni e, quindi, un facere non concretantesi in un’entità reale suscettibile di detenzione qualificata e, come tale, soggetta alla tutela possessoria.
Dispositivo dell’art. 1656 Codice Civile
L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente
Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo(1) né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice.
GIURISPRUDENZA :
Il contratto d’ appalto ed il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa.
Cass. civ. n. 12519/2010
Il contratto d’ appalto ed il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa.
Per la determinazione dell’oggetto del contratto di appalto non è necessario che l’opera sia specificata in tutti i suoi particolari, ma è sufficiente che ne siano fissati gli elementi fondamentali, ben potendo le parti contraenti rinviare a successivi accordi la determinazione di punti non fondamentali. Ne consegue che le eventuali deficienze ed inesattezze riguardanti taluni elementi costruttivi non costituiscono causa di nullità del contratto quando non siano rilevanti ai fini della realizzazione dell’opera e consentano un’agevole individuazione della stessa, nella sua consistenza qualitativa e quantitativa, mediante il ricorso ai criteri generali della buona tecnica costruttiva e alle cosiddette regole d’arte, le quali devono adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l’opera è destinata.
Cass. civ. n. 4364/2008
In tema di interpretazione del contratto, la pattuizione con la quale una parte consegni all’altra un progetto artigianale ed approssimativo, sulla base del quale realizzare, a mezzo di propri tecnici, di personale specializzato ed in autonomia, un prodotto in serie destinato alla commercializzazione (nella specie, sedie), dev’essere qualificata come appalto e non come vendita su campione, non potendo un tale progetto fungere da campione ovvero da esemplare (appartenente al genere oggetto della vendita) idoneo a servire da modello per il controllo della conformità della cosa consegnata a quella pattuita, né come appalto «a regia» tenuto conto della piena autonomia dell’appaltatore nell’esecuzione della prestazione.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4364 del 20 febbraio 2008)
Cass. civ. n. 17927/2003
Il principio in forza del quale, ai sensi degli artt. 138, secondo comma, e 141 c.p.c., la notificazione deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del domiciliatario, anche quando questi rifiuti di ricevere l’atto, allegando, ad esempio, la rinuncia o la revoca dell’incarico conferitogli dal notificando, qualora tali eventi non siano stati comunicati, ovvero siano stati comunicati senza porre il notificante in grado di eseguire la notificazione altrove, trova applicazione pure con riguardo all’appello ovvero al ricorso per cassazione. Ciò comporta, nel caso di rifiuto del domiciliatario della parte di cui sia intervenuta dichiarazione di fallimento, di ricevere la notificazione della sentenza di appello, senza aver reso noto l’evento interruttivo, e senza rendere all’ufficiale giudiziario alcuna formale dichiarazione al riguardo, che la notifica è validamente eseguita.
Cass. civ. n. 7606/1999
Il contratto d’appalto e il contratto d’opera hanno in comune l’obbligazione, verso il committente, di compiere, a fronte di corrispettivo, un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione di rischio da parte di chili esegue, mentre la differenza tra i due negozi è costituita dalla circostanza che nel primo l’esecuzione avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto; nel secondo con il prevalente lavoro di questi, pur se adiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa, desumibile dall’art. 2083 c.c.
Cass. civ. n. 21517/2019
Nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo e non a misura, il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile che non può subire modifiche, se non giustificate da variazioni in corso d’opera; sicché, nel caso di parziale inadempimento dell’appaltatore, ove sia necessario determinare il suo compenso per i lavori già eseguiti, il dato di riferimento è sempre il prezzo concordato a corpo, con la conseguenza che da questo va detratto il costo dei lavori non eseguiti e non, invece, calcolato il costo di quelli realizzati. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO L’AQUILA, 11/09/2014).
Cass. civ. n. 10173/2018
L’illiceità del contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia sussiste solo qualora l’appalto sia eseguito in carenza di concessione, e non anche nel caso in cui la concessione sia rilasciata dopo la data di stipula ma, comunque, prima della realizzazione dell’opera, non essendo conforme alla “mens legis” la sanzione di nullità comminata ad un contratto il cui adempimento, in ossequio al precetto normativo, sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, e potendosi tale contratto considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell’atto amministrativo mancante al momento della stipulazione. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO POTENZA, 18/12/2013).
Cass. civ. n. 5935/2018
Ai fini della differenziazione tra vendita ed appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l’appalto, si affianchi quella di dare, tipica della vendita, deve aversi riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l’effettiva finalità del contratto (vendita).
Cass. civ. n. 27258/2017
Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un’opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera.
Cass. civ. n. 20301/2012
Si ha contratto di appalto, e non contratto di vendita, quando, secondo la volontà dei contraenti, la prestazione della materia è un semplice mezzo per la produzione dell’opera, il lavoro essendo prevalente rispetto alla materia, sicché è corretta la qualificazione come appalto del contratto avente ad oggetto la costruzione di un capannone di grandi dimensioni (ottomila metri cubi), trattandosi necessariamente di un’opera da realizzare “su misura” rispetto alle specifiche esigenze del committente, con prevalenza, quindi, dell’obbligazione di “facere” rispetto alla pattuita fornitura di elementi prefabbricati da parte dell’appaltatore.
Cass. civ. n. 5451/1999
La distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto (nella specie rilevante ai fini dell’applicazione, riguardo all’azione diretta a far valere la garanzia per difetti e difformità dell’opera, della prescrizione annuale ex art. 2226, secondo comma, c.c. o della prescrizione biennale ex art. 1667, terzo comma), si basa sul criterio della struttura e dimensione dell’impresa a cui sono commissionate le opere, nel senso che il contratto d’opera è quello che coinvolge la piccola impresa, e cioè quella svolgente la propria attività con la prevalenza del lavoro personale dell’imprenditore (e dei propri familiari) e in cui l’organizzazione non è tale da consentire il perseguimento delle iniziative di impresa facendo a meno dell’attività esecutiva dell’imprenditore artigiano. Né, in difetto di questo requisito, è sufficiente ad escludere la figura contrattuale dell’appalto la modesta entità delle opere.
Cass. civ. n. 9237/1997
Il contratto d’opera ha in comune con l’appalto l’obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi esegue, differenziandosene invece per il fatto che l’opera o il servizio vengono compiuti con lavoro prevalentemente proprio dell’obbligato, con l’eventuale aiuto dei propri familiari o di pochi collaboratori, e pertanto sotto un aspetto quantitativo piuttosto che qualitativo, restando cioè le due fattispecie diversificate in relazione non alla natura, all’oggetto o al contenuto della prestazione ma al profilo organizzatorio del soggetto che deve compierla. Ne deriva che ai fini della qualificazione giuridica di un contratto come appalto anziché come contratto d’opera non può essere valorizzata l’autonomia dell’imprenditore che ha assunto l’impegno o la previsione pattizia di uno specifico risultato che questi si sia obbligato a raggiungere o ancora la specificazione dettagliata del materiale da adoperare, del tipo di intervento o della mano d’opera, restando inoltre escluso che abbia di per sè carattere indicativo di un appalto l’esistenza di un impresa organizzata che si avvalga per la sua peculiarità di taluni dipendenti specializzati ben potendo anche nel contratto d’opera esservi un’impresa, sia pur di piccole dimensioni, che utilizza specialisti.
Cass. civ. n. 12727/1995
Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si era riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un’opera o di un servizio, fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera, essendo l’appalto caratterizzato dalla organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore.
Cass. civ. n. 2035/1994
Il contratto di appalto diretto alla costruzione di un’opera edilizia, senza la prescritta licenza, è nullo e privo di effetti, in quanto ha un oggetto illecito per violazione delle norme imperative di cui agli artt. 31 e 41, L. 17 agosto 1942, n. 1150 e 10 e 13, L. 6 agosto 1967, n. 765, talché l’appaltatore non può pretendere in forza del contratto nullo il pagamento del corrispettivo pattuito, senza che possa rilevare l’ignoranza del mancato rilascio della concessione edilizia, che non può ritenersi scusabile per la grave colpa del contraente, il quale con l’ordinaria diligenza avrebbe potuto avere conoscenza della reale situazione. Ne consegue che essendo dedotta in contratto un’opera contrastante con norme imperative, e penalmente punita con previsione di responsabilità a carico del committente e dell’assuntore dei lavori, è irrilevante l’accertamento della comune intenzione delle parti di fare a meno della concessione o autorizzazione.
Cass. civ. n. 1856/1990
Il contratto di appalto, che si ha qualora una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera, non è incompatibile con il carattere artigianale dell’impresa e con il fatto che il lavoro venga svolto da personale in prevalenza appartenente al nucleo familiare dell’imprenditore.
Cass. civ. n. 4838/1988
La figura dell’appalto a forfait, pur presentando analogie con il lavoro subordinato a cottimo, se ne differenzia, perché in esso il corrispettivo, ancorché parametrato all’opera, è in funzione del conseguimento del risultato e non della quantità di prestazioni fornite in dato periodo di tempo, come nel lavoro a cottimo (che è un prestatore d’opera subordinato), e l’appaltatore gestisce con piena autonomia, e con assunzione del rischio, la propria impresa organizzata. Stabilire in concreto se in un rapporto obbligatorio sia configurabile un appalto (a forfait) o un contratto di lavoro subordinato con retribuzione a cottimo costituisce una valutazione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, che sfugge al sindacato di legittimità, se sorretto da corretta e idonea motivazione.
Cass. civ. n. 4911/1983
Il contratto d’appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem. (Nella specie, il S.C., enunciando surriportato principio, ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva desunto la prova della conclusione del contratto d’appalto e della predeterminazione pattizia della misura del corrispettivo dovuto all’appaltatore da quietanze di quest’ultimo per acconti ricevuti in corso d’opera nelle quali era precisato tale corrispettivo.
Cass. civ. n. 4339/1979
Il contratto di appalto presuppone che l’ imprenditore abbia un’organizzazione di mezzi e di persone destinati a realizzare a suo rischio un’opera complessa per conto del committente, il che si verifica sia nell’ipotesi in cui è rimessa all’appaltatore tutta l’attività occorrente per l’esecuzione dell’opera, ivi compreso il reperimento e l’apprestamento dei materiali, sia nell’ipotesi in cui è dovuta allo stesso la sola attività consistente nella messa in opera degli elementi costruttivi secondo i dettami della tecnica, in quanto la configurazione del contratto di appalto è esclusa soltanto se il committente fornisce anche gli strumenti e i mezzi meccanici che servono alla costruzione, o organizza direttamente il personale da impiegare, ovvero sottopone l’esecuzione dell’opera a suoi ordini continuativi e minuti. Non manca, invece, il requisito del rischio quando si pattuisce il corrispettivo commisurandolo all’impiego autonomo dei mezzi e del personale che concorrono a formare un’organizzazione imprenditoriale ai fini costruttivi. Infatti, il rischio va ravvisato nel fatto che, nonostante l’applicazione delle tariffe, possa aversi da parte dell’imprenditore un impiego della propria organizzazione – che non viene coperto dall’ammontare del corrispettivo che così risulta.
)
Cass. civ. n. 3754/1979
Il rischio o pericolo che l’appaltatore assume nel compimento dell’opera o del servizio, non è quello inteso in senso tecnico-giuridico, relativo, cioè, ai casi fortuiti, ma quello cosiddetto economico, che deriva dall’impossibilità di stabilire previamente ed esattamente i costi relativi, per cui l’appaltatore, che non ha il potere di interrompere i lavori per l’aumentata onerosità degli stessi, potrà anche perdere nell’affare se i costi si riveleranno superiori al corrispettivo pattuito, salve le modificazioni consentite in presenza di determinate circostanze e realizzabili col rimedio della revisione dei prezzi.
Cass. civ. n. 1588/1979
Per la determinazione dell’oggetto del contratto di appalto non è necessario che l’opera sia specificata in tutti i suoi particolari, ma è sufficiente che ne siano fissati gli elementi fondamentali, ben potendo le parti contraenti rinviare a successivi accordi la determinazione di punti non fondamentali. Ne consegue che le eventuali deficienze ed inesattezze riguardanti taluni elementi costruttivi non costituiscono causa di nullità del contratto quando non siano rilevanti ai fini della realizzazione dell’opera e consentano un’agevole individuazione della stessa, nella sua consistenza qualitativa e quantitativa, mediante il ricorso ai criteri generali della buona tecnica costruttiva e alle cosiddette regole d’arte, le quali devono adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l’opera è destinata.
Cass. civ. n. 1125/1979
Il contratto di appalto, che non richiede per la stipulazione la forma scritta né ad substantiam, né ad probationem, può essere concluso con la sottoscrizione del solo elenco dei lavori da eseguirsi, con i relativi prezzi, non essendo necessario che sia sottoscritto anche il successivo documento che fissa il prezzo globale forfetario.
CHI FORNISCE I MATERIALI NELL’APPALTO? ART 1658 CC
La materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi.
LA CASSAZIONE:
Cass. civ. n. 468/2014
In tema di appalto, sussistendo, ai sensi dell’art. 1658 cod. civ., la presunzione che la materia necessaria a compiere l’opera venga fornita dall’appaltatore, incombe sul committente l’onere di provare di aver venduto i materiali all’appaltatore, anche ai fini dell’incidenza di tale circostanza sulla determinazione del corrispettivo dell’appalto.
Cass. civ. n. 470/2010
L’appaltatore risponde dei difetti dell’opera quando accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente, sebbene questi presentino vizi o difformità riconoscibili da un tecnico dell’arte o non siano adatti all’opera da eseguire ed i difetti denunziati dal committente derivino da quei vizi o da quella inidoneità.
(
Cass. civ. n. 252/1996
Nell’ipotesi in cui l’impresa produttrice di un materiale, che l’appaltatore si è obbligato con il committente ad utilizzare nell’esecuzione dell’appalto, si obblighi a sua volta con il committente stesso a garantire per difformità vizio difetti il risultato dell’opera realizzata con il materiale da lei prodotto, si crea tra i due contratti un rapporto di accessorietà e, nel caso che sorga controversia tra impresa produttrice e committente per il cattivo risultato dell’opera, l’onere probatorio sarà ripartito in modo che il committente, che agisce per l’adempimento di una obbligazione, dovrà provare i fatti costitutivi della stipulazione dei due contratti e dell’esistenza di difformità, vizi o difetti dell’opera, mentre chi ha garantito dovrà provare il fatto impeditivo della mancata utilizzazione del materiale da parte dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c.
Cass. civ. n. 4882/1981
Poiché a norma dell’art. 1658 c.c. la materia necessaria a compiere l’opera si presume fornita dall’appaltatore, incombe al committente, il quale deduca di avere fornito tale materia, di dare la relativa prova.
Cass. civ. n. 1823/1974
Nell’appalto mobiliare, quando la materia è fornita dall’appaltatore, la proprietà della res nova passa al committente solo con l’accettazione o con un comportamento equipollente.
variazioni alle modalità convenute dell’opera ART 1659 CC
L’appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera se il committente non le ha autorizzate.
L’autorizzazione si deve provare per iscritto.
Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l’appaltatore, se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione.
GIURISPRUDENZA CASSAZIONE
Cass. civ. n. 4911/1983
Il diritto dell’appaltatore al compenso supplementare ex art. 1661, primo comma, c.c., per variazioni al progetto ordinate dal committente, postula la dimostrazione della consistenza e del costo delle opere inizialmente pattuite, in quanto solo se a seguito delle variazioni risultino opere di costo maggiore trova fondamento la pretesa inerente a tale supplemento, sicché, ai fini della liquidazione di questo, non è sufficiente l’accertamento di una eccedenza del costo delle opere realmente compiute rispetto al prezzo pattuito globalmente, ma occorre, invece, che l’eccedenza sussista tra il costo delle opere inizialmente pattuite ed il costo di quelle realmente eseguite. L’onere di provare l’entità ed il costo sia delle opere eseguite a seguito delle variazioni, che delle opere progettate, incombe sull’appaltatore, con la conseguenza che, in mancanza di detta prova, il supplemento suindicato non può essere attribuito.
Nel contratto d’appalto qualora il committente richieda variazioni al progetto il cui ammontare ecceda il sesto del prezzo complessivo pattuito, l’appaltatore non è tenuto ad eseguirle, ma ove abbia accettato di compierle si realizza un’ipotesi di concordata modifica dei patti origirari, e l’appaltatore ha diritto soltanto al maggior compenso per gli ulteriori lavori eseguiti, e non al risarcimento di danni,
Cass. civ. n. 106/1980
Il regime probatorio delle variazioni dell’opera appaltata muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o del committente: nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione debba risultare da atto scritto ad substantiam; nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente.
Cass. civ. n. 1296/1977
La norma del secondo comma dell’art. 1659 c.c., per cui deve essere provata per iscritto l’autorizzazione del committente alle variazioni apportate dall’appaltatore al progetto dell’opera, riguarda le variazioni e modificazioni alle modalità di esecuzione dell’opera che l’appaltatore intenda apportare di propria iniziativa, non quelle da lui eseguite a richiesta del direttore dei lavori, a cui sia contrattualmente attribuito il potere di autorizzare variazioni al progetto iniziale dell’opera.
Cass. civ. n. 2431/1972
Mentre la dimostrazione che le variazioni e le modificazioni delle opere formanti oggetto del contratto di appalto furono ordinate dal committente può essere data dall’appaltatore con ogni mezzo di prova consentito dalla legge, in ordine alle variazioni o modificazioni apportate di sua iniziativa dall’appaltatore alle modalità di esecuzione delle opere l’art. 1659 c.c. richiede che l’appaltatore dia la prova scritta di tale autorizzazione del committente, poiché egli tende, in sostanza, a dimostrare le variazioni concordate. Tale prova per iscritto non è ad substantiam, ma soltanto ad probationem, sicché essa può essere fornita dall’appaltatore anche mediante la confessione del committente.
Cass. civ. n. 32989/2019
In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente poiché, nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam”, mentre, nel secondo, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. (Nella specie, sul presupposto che la disciplina contrattuale ricalcava quella del codice civile agli artt. 1659 e 1661 c.c., la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia nella corte d’appello che si era limitata a prendere atto della mancanza di autorizzazione scritta, mentre avrebbe dovuto verificare se le variazioni fossero state o meno autorizzate dalla committente e assumere al riguardo le prove ritualmente dedotte dall’appellante). (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO MILANO, 29/04/2015).
Cass. civ. n. 19099/2011
In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente; nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam”, nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente.
Cass. civ. n. 2723/1993
Nel contratto d’appalto, il committente ha diritto di ottenere l’opera realizzata con le modalità costruttive previste nel contratto e nel capitolato, in difetto di modifiche al progetto concordate tra le parti (salva la particolare disciplina per le variazioni necessarie), e, pertanto, può pretendere l’eliminazione delle varianti introdotte dall’appaltatore, anche se queste non importino una diminuzione di valore dell’opera o in ipotesi ne comportino aumento.
Cass. civ. n. 5935/1991
In tema di appalto, qualora le modifiche aggiuntive al progetto siano di tale natura ed importanza da potersi considerare oggetto di un nuovo contratto di appalto, separato ed indipendente dal primo, non trovano applicazione le limitazioni probatorie di cui all’art. 1659 c.c., e l’autorizzazione del committente può essere desunta ed accertata con qualsiasi mezzo di prova ed anche in via presuntiva.
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