SIMULAZIONE VENDITA IMMOBILIARE :DONAZIONE CORTE APPELLO BOLOGNA
Secondo la Suprema Corte (si veda sez. 2^, ordinanza n. 15510 del 13/06/2018, da cui è tratta la massima che segue), «.L’erede legittimario che agisca per l’accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal “de cuius”, siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma, assume, rispetto ai contraenti, la qualità di terzo – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a “causa petendi” accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell’effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l’accoglimento della domanda. Massime precedenti Vedi: N. 8215 del 2013 Rv. 625756 – 01, N. 24134 del 2009 Rv. 610015 – 01.».
I vincoli paesaggistici, inseriti nelle previsioni del piano regolatore
generale, una volta approvati e pubblicati nelle forme previste Cass. civ. n. 24055/2008
hanno valore di prescrizione di ordine generale a contenuto normativo con efficacia “erga omnes”, come tale assistita da una presunzione legale di conoscenza assoluta da parte dei destinatari, sicché i vincoli in tal modo imposti, a differenza di quelli inseriti con specifici provvedimenti amministrativi a carattere particolare, non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sull’immobile, secondo l’art. 1489 c.c., e non sono, conseguentemente, invocabili dal compratore come fonte di responsabilità del venditore, che non li abbia eventualmente dichiarati nel contratto.
L’evizione totale o parziale si verifica solo quando l’acquirente sia privato in tutto o in parte del bene alienato
ovvero il diritto trasferito perda Cass. civ. n. 24055/2008
le sue caratteristiche qualitative o quantitative, mentre se la privazione riguardi esclusivamente limitazioni inerenti il godimento del bene o imposizioni di oneri che lascino integra l’acquisizione patrimoniale trova applicazione l’art. 1489 cod. civ riguardante i vizi della cosa venduta. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che la mancanza della facoltà d’uso della corte condominiale comune, come area destinata a posto macchina scoperto per i condomini, prevista espressamente nel trasferimento immobiliare, non potesse integrare l’azione di garanzia per evizione parziale).
In ipotesi di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa,
non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione Cass. civ. n. 4786/2007
l’art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima, sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel contratto o, comunque, non sia conosciuta dal compratore al tempo dell’acquisto, ed altresì persista il potere repressivo della P.A. (adozione di sanzione pecuniaria o di ordine di demolizione), tanto da determinare deprezzamento o minore commerciabilità dell’immobile. In mancanza di tali condizioni, non è possibile riconoscere all’acquirente la facoltà di chiedere la riduzione del prezzo. Il venditore non è tenuto a prestare la garanzia per gli oneri e i diritti di godimento Cass. civ. n. 11867/2000
dei terzi che gravano la cosa venduta, quando detti oneri e diritti, siano stati menzionati nel contratto o comunque conosciuti dall’acquirente.
Se nel contratto definitivo di compravendita
Cass. civ. n. 14226/1999
il venditore abbia espressamente garantito la destinazione edificatoria del suolo compravenduto,
specificando l’indice di edificabilità, il compratore, appresa l’esistenza di un vincolo urbanistico di inedificabilità che riduca la cubatura realizzabile sull’area (nella specie, parte dell’area era risultata attraversata da una strada del Piano particolareggiato), può avvalersi, essendo anche il vincolo non agevolmente riconoscibile per effetto delle asserzioni del venditore, della garanzia prevista dall’art. 1489 c.c., in materia di cosa gravata da oneri non apparenti; non ricorre, infatti, l’ipotesi del vizio redibitorio, che attiene alla materialità del bene compravenduto ed al suo modo di essere nella realtà materiale, bensì l’ipotesi di onere a favore di terzo gravante sulla res vendita, che consiste in un vincolo giuridico incidente sul godimento del proprietario e sul suo diritto.
Nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di
godimento di terzi la Cass. civ. n. 2856/1995
responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1489 c.c.,
è esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate la loro esercizio, perché il compratore, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio di autoresponsabilità. Pertanto, in tema di vendita di terreno gravato da servitù di elettrodotto, è incensurabile la decisione di merito secondo la quale la clausola con cui l’immobile viene trasferito franco e libero da pesi, così come in loco è di stile in quanto confermativa della responsabilità del venditore in relazione a quegli oneri non apparenti rilevabili solo con particolari indagini, mentre non può riferirsi a quanto risulti ictu oculi e sia a tutti visibile come la servitù di elettrodotto, sicché non è idonea a fondare alcun fondamento del compratore circa l’estensione della garanzia oltre i limiti previsti dalla legge.
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La violazione, da parte del promissario alienante di un immobile, dell’obbligazione assunta col contratto preliminare
di provvedere a rendere Cass. civ. n. 1781/1994
l’immobile stesso conforme alle prescrizioni di legge, ivi comprese quelle concernenti le condizioni per il rilascio del certificato di abitabilità, legittima il promissario acquirente, in applicazione analogica del disposto dell’art. 1489 c.c., a richiedere la risoluzione del detto contratto, senza che vi osti l’astratta possibilità, per quest’ultimo, di accertare presso la competente amministrazione il difetto delle prescritte autorizzazioni amministrative alla realizzazione dell’opera, in quanto essa non integra gli estremi dell’apparenza del difetto medesimo ovvero della sua concreta conoscenza o conoscibilità con l’ordinaria diligenza.
L’espressa dichiarazione del venditore che il bene
compravenduto è libero da oneri Cass. civ. n. 976/2006
o diritti reali o personali di godimento esonera l’acquirente dall’onere di qualsiasi indagine, operando a suo favore il principio dell’affidamento nell’altrui dichiarazione, con l’effetto che se la dichiarazione è contraria al vero, il venditore è responsabile nei confronti della controparte tanto se i pesi sul bene erano dalla stessa facilmente conoscibili, quanto, a maggior ragione, se essi non erano apparenti.
In tema di vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento Cass. civ. n. 21384/2005
di terzi (art. 1489 c.c.) l’apparenza degli oneri e dei diritti è equiparata,
ai fini dell’esclusione della responsabilità del venditore, alla conoscenza effettiva, a condizione che essa risponda a requisiti di precisione, univocità e chiarezza che possono porre l’acquirente in grado di tener conto della reale situazione dell’immobile. A tal fine per apparenza si intende la facile riconoscibilità, pertanto con riferimento a diritto personale di garanzia, è sufficiente a rendere apparente il diritto ogni indizio che lo renda facilmente conoscibile da un uomo di media diligenza. (Nella specie, relativa a vendita forzata di immobile locato, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la tutela dall’aggiudicatario in quanto l’esistenza della locazione era da questi conoscibile mediante consultazione sia della relazione di stima, sia della perizia tecnica redatta da un geometra nel corso della procedura esecutiva).
Il vincolo di (temporanea) inalienabilità di immobile di edilizia convenzionata è di carattere apparente, in quanto connaturato al bene, sicché in caso di vendita Cass. civ. n. 13496/2005
esso è conoscibile dall’acquirente anche se non dichiarato dal venditore, non trovando in tal caso applicazione l’art. 1489 c.c.,
che ha riguardo alla diversa ipotesi di cosa venduta gravata da oneri reali o personali non apparenti, e non è invocabile quando ad essere taciuto è un vincolo derivante da norma imperativa. (Nell’enunziare il suindicato principio la S.C. ha ritenuto infondata la doglianza del ricorrente, che lamentava l’erroneità del rigetto da parte dei giudici di merito della domanda di risoluzione del contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto la proprietà superficiaria di appartamento realizzato in regime di edilizia convenzionata, e recante clausola con la quale la promittente venditrice garantiva la libertà dell’immobile da vincoli ed oneri pregiudizievoli).
Secondo orientamento della suprema corte
Cass. civ. n. 19812/2004
a garanzia, prevista dall’art. 1489 c.c., per gli oneri reali o personali gravanti sulla cosa venduta, è in via analogica applicabile anche al contratto preliminare di compravendita.
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La presunzione assoluta di conoscenza del vincolo di inedificabilità gravante su un immobile ha efficacia erga omnes quando esso sia stato imposto dalla legge o da un atto avente portata normativa, quale il piano regolatore, nel quale il vincolo sia stato inserito. Quando invece il vincolo risulti imposto in forza di uno specifico provvedimento amministrativo, stante il carattere particolare, e non generale e normativo, dell’atto impositivo, può presumersene la conoscenza solo da parte del proprietario del bene, che, quale soggetto interessato, può venirne a conoscenza con l’ordinaria diligenza, ma non anche da parte del compratore, il quale quindi può far valere nei confronti del venditore l’obbligo di garanzia derivante dall’art. 1489 c.c.
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Secondo la Suprema Corte, dunque, affinché operi l’esenzione dai vincoli probatori previsti dall’art. 1417 c.c., occorre che la parte che agisce per far dichiarare la simulazione di atti dispositivi compiuti dalde cuius, proponga la domanda sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima e faccia quindi assurgere tale lesione acausa petendi della domanda.
Nella fattispecie ciò non è avvenuto, in quanto la parte ha espressamente indicato di agire per la declaratoria della simulazione assoluta o relativa, nella qualità di erede legittimo e al fine dichiarato di ricostruire l’asse ereditario da sottoporre poi a divisione, con finale attribuzione della quota di 1/2 del patrimonio così ricostruito.
In tale contesto, il primo giudice ha correttamente escluso che, in relazione alle domande principali di accertamento della simulazione assoluta o relativa delle alienazioni immobiliari, l’appellante potesse fruire del regime agevolato della prova, connesso alla qualità di legittimario e dunque di terzo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
1^ SEZIONE CIVILE
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Giovanni Benassi – Presidente
dott. Carla Fazzini – Consigliere
dott. Andrea Lama – Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 345/2012 promossa da:
YY rappresentato e difeso dall’Avv. Gian Franco Fontaine, elettivamente domiciliato in via Rubbiani, 2 Bologna
APPELLANTE
contro
XX quale erede di A(omissis) A(omissis) rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Faldella, elettivamente domiciliata in via D’Azeglio, 31 Bologna
JJ quale erede di A(omissis) A(omissis) rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Faldella, elettivamente domiciliata in via D’Azeglio, 31 Bologna
IMMOBILIARE ‘ALFA’ S.R.L. rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Orsini, elettivamente domiciliata in via Panzacchi, 25 Bologna
IMMOBILIARE ‘BETA’ S.R.L. rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Orsini, elettivamente domiciliata in via Panzacchi, 25 Bologna
IMMOBILIARE ‘GAMMA’ S.R.L. rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Orsini, elettivamente domiciliata in via Panzacchi, 25 Bologna
JJ in proprio rappresentata e difesa dall’Avv. Silvia Salvati elettivamente domiciliata in via Guerrazzi, 28 Bologna
XX in proprio rappresentata e difesa dall’Avv. Silvia Salvati elettivamente domiciliata in via Guerrazzi, 28 Bologna
APPELLATO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
- YY conveniva in giudizio A(omissis) A(omissis), JJ e XX nonché le Società Immobiliare ‘Alfa’srl, Immobiliare ‘Beta’srl e Immobiliare ‘Gamma’ srl, proponendo le seguenti domande:
– accertamento della simulazione assoluta o relativa (in quanto dissimulanti una donazione) degli atti di compravendita immobiliare, intercorsi tra F(omissis) C(omissis), de cuius, e A(omissis) A(omissis), moglie del de cuius, da un lato, e le società immobiliari convenute, dall’altro, e accertamento che tali beni non erano mai usciti dal patrimonio del de cuius(l’azione di simulazione relativa era finalizzata alla dichiarazione di nullità per difetto di forma degli atti simulati);
– scioglimento della comunione ereditaria tra l’attore e la madre A(omissis) A(omissis) con la quota di ½ ciascuno;
(tali azioni venivano espressamente proposte da YY nella dichiarata qualità di erede legittimo del de cuius F(omissis) C(omissis));
– in via subordinata, previo accertamento della natura di donazione indiretta in favore di JJ e XX, figlie dell’attore, degli atti di alienazione immobiliare di cui si tratta, azione di riduzione di tali donazioni, al fine della reintegrazione della quota del legittimario, pari a un terzo dell’asse ereditario.
– azione di rendimento dei conti, in relazione alla gestione di tali immobili e azione di condanna delle parti convenute alla corresponsione dei frutti relativi a tali beni immobili.
- Le conclusioni di merito della società convenute sono state le seguenti:
“..voglia il Tribunale Ill.mo adito, contrariis reiectis e previa ogni più opportuna statuizione e con ogni conseguente Deliberazione
– accertare preliminarmente che l’attore è erede puro e semplice del padre F(omissis) C(omissis) e comunque è decaduto dal beneficio di inventario, donde la soggezione alle limitazioni probatorie contro le società convenute
– respingere la domanda principale svolta dall’attore contro le società e accertare, anche in via riconvenzionale, che le vendite impugnate ex adverso sono vere e reali, che le società convenute sono legittime proprietarie (anche in via subordinata e se del caso per effetto di usucapione) di quanto acquistato con le vendite impugnate dall’attore; che, in ogni caso, non vi sono donazioni, né dirette, né indirette; conseguentemente respingere ogni domanda attorea, perché inammissibile, prescritta, infondata in fatto e in diritto;
– respingere comunque tutte le domande attoree contro i convenuti perché infondate in fatto e diritto;
– condannare l’attore, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., a risarcire i danni provocati alle convenute, in particolare alle società Imm.re ‘Beta’ S.r.l. e Imm. ‘Alfa’ S.r.l.“.
“Voglia Il Tribunale Ill.mo adito, contrariis reiectis, e previa ogni più opportuna statuizione in merito all’accertamento che il sig. YY è erede puro e semplice e/o comunque decaduto dal beneficio di inventario, con ogni conseguente deliberazione,
– RESPINGERE la domanda principale svolta dall’attore e pertanto ACCERTARE, anche in via riconvenzionale, che le vendite impugnate ex adverso sono vere e reali e che, quindi, non vi sono donazioni, né dirette, né indirette; conseguentemente RESPINGERE ogni domanda attorea, perché inammissibile, prescritta, infondata in fatto e in diritto;
– comunque DICHIARARE la domanda di riduzione nulla, inammissibile, e comunque infondata;
– CONDANNARE, anche in via riconvenzionale, l’attore ed imputare alla propria quota tutte le donazioni dirette o indirette ricevute in vita dal de cuius, e quindi anche di conseguenza RESPINGERE la domanda attorea;
– RESPINGERE comunque tutte le domande attoree contro le convenute JJ e XX, occorrendo anche per carenza di legittimazione passiva.“.
- Le conclusioni di merito diJJ e XX come eredi di A(omissis)A(omissis), deceduta nelle more del giudizio di primo grado, sono state le seguenti:
“Piaccia al Tribunale Ill.mo, reiectiis contrariis, previe le più opportune declaratorie in via principale respingere la domanda dell’attore ed in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla madre delle convenute ed ora da queste ultime, dichiarare che le vendite impugnate ex adverso sono reali ed effettive.
In via subordinata, salvo gravame, dichiarare, in via riconvenzionale, l’attore tenuto a prestare la collazione per imputazione, nell’ambito del giudizio divisionale di tutte le donazioni dirette ed indirette ricevute dal padre, nonché di tutti i suoi debiti pagati dal padre, donazioni e debiti che verranno provati in corso di causa e da valutarsi all’epoca dell’aperta successione e conseguentemente assegnare tutto il relictum alla madre condividente e per essa alle convenute eredi universali.
In ogni ipotesi respingere qualsiasi domanda spiegata dall’attore contro la madre ed ora le convenute.“.
- Il Tribunale:
– rigettava tutte le domande spiegate dalla parte attrice, sia in via principale sia in via subordinata;
– rigettava la domanda di risarcimento del danno, svolta dalle società Immobiliare ‘Alfa’ srl, Immobiliare ‘Beta’ srl, Immobiliare ‘Gamma’ srl ;
– rigettava ogni altra domanda istruttoria delle parti;
– condannava YY al rimborso delle spese di lite in favore delle parti convenute;
– ordinava la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale.
- Il Tribunale dava atto della vicenda fattuale oggetto di causa.
Il de cuius, F(omissis) C(omissis), decedeva in data 16 maggio 1995, senza redigere testamento, lasciando quali suoi eredi la moglie A(omissis) A(omissis) e il figlio YY.
Nel corso dell’anno 1995 la A(omissis) A(omissis) provvedeva ad accettare l’eredità con beneficio di inventario, erigendo l’inventario.
Nel 2003 anche YY accettava l’eredità con beneficio di inventario, avvalendosi dell’inventario redatto dalla madre.
Nelle more del presente giudizio, in data 23 giugno 2008 decedeva anche A(omissis) A(omissis), e si costituivano quali eredi testamentarie le nipoti JJ e XX, anch’esse già convenute (YY risultava essere semplicemente erede necessario, del tutto pretermesso dal testamento pubblico della madre A(omissis) A(omissis)).
- Il Tribunale dava conto delle ragioni della propria decisione.
7.1 Erano infondate e dovevano essere rigettate le domande, volte all’accertamento della simulazione assoluta o relativa delle alienazioni immobiliari fatte dal 1987 al 1992 dal de cuiuse dalla moglie A(omissis) A(omissis), in regime di comunione legale dei beni, in favore delle società immobiliari convenute, costituite nel 1987 con intestazione al de cuius e alla moglie dell’usufrutto vitalizio con reciproco accrescimento delle quote sociali e con attribuzione della nuda proprietà di tali quote alle figlie di parte attrice, JJ e XX al 50% per ciascuna.
Il Tribunale rilevava che l’attore non poteva giovarsi del regime probatorio agevolato di cui all’art. 1417 c.c., essendo erede legittimo del padre, deceduto senza testamento.
7.2 Quanto alla simulazione assoluta, l’attore non forniva alcuna prova della inesistenza dei negozi che assumeva simulati, potendo gli interrogatori formali dedotti fornire la prova di un’eventuale donazione dissimulata.
Al contrario, il quadro, delineato dalla stessa parte attrice, dava dimostrazione della volontà delle parti degli effetti dell’alienazione, avendo il de cuius costituito le società immobiliari con la consorte e le nipoti, e avendo poi alienato a tali nuovi soggetti giuridici nel corso del tempo beni immobili, affinché fossero gestiti.
7.3 Quanto alla dedotta simulazione relativa, l’attore non aveva fornito prova scritta dell’accordo simulatorio (controdichiarazione).
Di conseguenza, gli immobili oggetto delle alienazioni de quibus non erano mai entrati a far parte del patrimonio ereditario né si doveva procedere a scioglimento della comunione su tali beni, mai venutasi a creare.
7.4 Quanto all’azione di riduzione delle donazioni asseritamente dissimulate.
Tale azione era priva della necessaria condizione di proponibilità prevista dall’art. 564 c.c. L’attore, infatti, aveva accettato tacitamente l’eredità paterna subito dopo il decesso del padre, come dimostrato dalla istruzione documentale e orale (testi N(omissis) P(omissis) e M(omissis) A(omissis)). L’attore imprenditore negli anni Ottanta, falliva in proprio e tramite sei società: veniva altresì arrestato per reati fallimentari (le procedure fallimentari venivano chiuse tra il 1987 e il 2002).
Il de cuius, dopo la dichiarazione di fallimento del figlio e delle società a lui riconducibili, aveva destinato al figlio un patrimonio mobiliare in titoli, pari a un miliardo e mezzo delle vecchie lire, versato in una gestione patrimoniale accesa presso la Banca Popolare di Milano, recante il n. 48005 collegata al c/c n. 8916, intestata al de cuius, alla moglie e al geometra N(omissis) P(omissis), uomo di fiducia.
I denari erano di proprietà del de cuius, affermato imprenditore edile, e non già della moglie, casalinga, e del geometra N(omissis) P(omissis), mero fiduciario. Mensilmente, il padre versava al figlio una somma variabile, mai inferiore ai due milioni di lire, traendola da questa gestione titoli, come dichiarato dal teste geometra N(omissis) P(omissis), incaricato dei pagamenti.
Alla morte del padre, in data 16 maggio 1995, erano ancora aperte le procedure fallimentari riconducibili a YY.
Due giorni dopo il decesso del de cuius (omissis) C(omissis), in data 18 maggio 1995 A(omissis) A(omissis) provvedeva al trasferimento dei titoli dalla originaria gestione n. 48005 alla gestione n. 48031, intestata alla medesima A(omissis) A(omissis) e al geometra N(omissis) P(omissis). Tali titoli non venivano denunciati come appartenenti al patrimonio relitto del de cuius e non venivano menzionati nell’inventario eretto dalla A(omissis) A(omissis) nel 1995. Da tale fondo il YY continuava a percepire mensilmente una cospicua somma di denaro, anche dopo il decesso del padre.
Nel 1999 con le procedure fallimentari ancora aperte, le somme residue, pari a un miliardo e duecento milioni di lire, venivano poi trasferite su di un deposito acceso a nome della società “Epsilon“, costituita tra la convivente dell’attore, M(omissis) P(omissis) B(omissis) alla quale veniva intestata la nuda proprietà al 99% del capitale sociale, A(omissis) A(omissis) cui veniva intestato l’usufrutto pari al 99% e il geometra N(omissis) P(omissis), titolare del residuo un per cento di proprietà piena — e che era altresì amministratore unico della società —.
L’attore aveva dedotto di aver sempre ritenuto che le somme ricevute, dapprima dal padre e poi dalla madre, venissero erogate a titolo di mantenimento, ignorando che le somme provenissero da una gestione patrimoniale costituita dal padre.
Secondo il Tribunale tale ricostruzione non era credibile.
Il de cuius era un imprenditore affermato, mentre la madre era casalinga e priva di risorse.
Le erogazioni non avevano natura alimentare.
La gestione patrimoniale era stata costituita dal de cuius al fine di sottrarre le somme ai creditori del figlio fallito. Stessa finalità aveva il trasferimento delle somme in altra gestione intestata alla madre e al geom. N(omissis) P(omissis), avvenuto immediatamente dopo la morte del padre.
Stessa finalità aveva anche la creazione della società “Epsilon“, sul cui deposito era confluito il denaro di cui si tratta, poi utilizzato per l’acquisto dell’immobile sito in via ‘Melarancia’, ove l’attore risiedeva con la compagna M(omissis) P(omissis) B(omissis), titolare della nuda proprietà del 99% delle quote sociali di quella società.
Ciò integrava un’accettazione tacita da parte dell’attore dell’eredità paterna, ai sensi dell’art. 476 c.c. fin da subito dopo il decesso del padre, in quanto l’attore disponeva di ingenti somme di denaro di proprietà del padre defunto.
Pertanto, nessuna rilevanza aveva l’accettazione di eredità, avvenuta con beneficio di inventario ben otto anni dopo, atteso che l’attore aveva già tacitamente accettato la eredità paterna e utilizzato tutti i denari di provenienza paterna.
7.5 Anche le domande spiegate in via subordinata erano, pertanto, infondate.
7.6 Infine, anche le domande di rendimento del conto erano conseguentemente infondate, in mancanza di un titolo costituente il presupposto dell’obbligo di rendiconto.
7.7 Ne conseguiva il rigetto delle domande, proposte in via subordinata dalle convenute JJ e XX.
7.8 Infondata era anche la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., derivante dalla trascrizione della domanda su tutti i beni immobili oggetto di causa.
- Proponeva appello YY.
8.1 Come primo motivo di impugnazione l’appellante censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto l’infondatezza delle domande, a causa della mancata accettazione con beneficio di inventario, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 564 c.c.
Riteneva l’appellante che, per proporre la domanda di simulazione assoluta ovvero relativa degli atti di alienazione immobiliare, non occorresse alcuna accettazione con beneficio di inventario.
Deduceva che, in prima battuta, egli intendeva far riacquisire al patrimonio ereditario i beni uscitine mediante atti assolutamente simulati o relativamente simulati, configuranti in quest’ultimo caso donazioni dissimulate, nulle per difetto di forma.
Precisava l’appellante:
“L’azione proposta in via principale dall’ing. YY non era preordinata all’azione di riduzione, che egli aveva dedotto in via subordinata, in ipotesi che gli atti compiuti fossero riconducibili a un complesso sistema di valide donazioni indirette: allora sarebbe dovuta scattare l’azione di riduzione.
Quindi, le azioni, proposte in via principale per simulazione assoluta e/o relativa, erano autonome e non erano strumentali all’azione di riduzione e quindi il beneficio di inventario o la preclusione del beneficio di inventario discendente dall’accettazione tacita erano tutti concetti … estranei al nostro caso e non applicabili.“.
L’appellante ribadiva le istanze di prova già proposte.
8.2 Come secondo motivo di appello l’appellante censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto una fattispecie di accettazione tacita dell’eredità del de cuius F(omissis) C(omissis) in capo all’appellante YY.
Infatti, parte appellante aveva dedotto, nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, che YY si era avvalso, ex art. 510 c.c., dell’accettazione beneficiata, fatta dalla madre coerede A(omissis) A(omissis) in data 3 agosto 1995. Secondo l’appellante, era irrilevante, ai sensi della citata norma, l’eventuale decadenza dal beneficio di inventario del YY, che aveva, comunque, a sua volta, accettato con beneficio di inventario in data 27 novembre 2003.
8.3 Come terzo motivo l’appellante deduceva l’erroneità della sentenza, laddove essa aveva ravvisato una fattispecie di accettazione tacita nella percezione da parte di YY del mantenimento mensile da parte del padre e, dopo la morte di costui, da parte della madre.
Il fatto che le somme (di cui alla gestione patrimoniale, da cui venivano prelevate tali somme, intestata al padre, alla madre e al geom. N(omissis) P(omissis)) non fossero state indicate nella denuncia di successione, né in sede di inventario, significava che si trattava di somme appartenenti alla madre e non al padre: al più, si trattava di denaro paterno di cui la madre si era impossessata dopo la morte del padre.
L’incasso delle somme, prima fornite dal padre e poi dalla madre, non aveva il significato di una volontà di accettazione dell’eredità paterna e dunque non era configurabile un’accettazione tacita di tale eredità.
Secondo l’appellante, il Tribunale aveva erroneamente “..dato rilevanza a irrilevanti episodi successivi all’accettazione materna con beneficio di inventario … presentata il 3 agosto 1995..”, mentre “..F(omissis) C(omissis) era deceduto il 16 maggio 1995, bisognava identificare in questi 78 giorni fatti di accettazione tacita compiuti da YY..”.
8.4 Come quarto motivo di appello, l’appellante deduceva di aver agito come legittimario e dunque come terzo, non soggetto, pertanto, ai limiti probatori di cui all’art. 1417 c.c.
8.5 Come quinto motivo di appello, l’appellante chiedeva la cancellazione delle righe a pagina 5 e 6 della sentenza, in cui si affermava che il YY era colpevole di reati di truffa e violenza carnale, fatti mai commessi e oggetto di deduzioni contestate.
- Così concludeva parte appellante:
1) Dichiarare la simulazione assoluta degli apparenti contratti di vendita di cui in narrativa o in ipotesi dichiarare la nullità delle donazioni dissimulate dai predetti apparenti contratti di vendita, per l’effetto dichiarare che i seguenti beni immobili fanno parte dell’asse ereditario relitto attribuibile a F(omissis) C(omissis) (…)
2) Procedere quindi allo scioglimento della relativa comunione ereditaria venutasi a determinare tra YY e la convenuta A(omissis) A(omissis) nella quota di legge di ½ ciascuno con ogni consequenziale determinazione e provvedimento;
3) in ipotesi, previo accertamento della natura di donazione indiretta degli atti di disposizione dei beni immobili di cui sopra, previa conseguente determinazione della quota di 1/3 dell’asse ereditario riservata all’attore quale legittimario, procedere a tutte le operazioni di riduzione previste dalla legge al fine di reintegrare l’attore stesso nella quota ereditaria a lui spettante e procedere quindi alla divisione dell’eventuale comunione venutasi a creare.
4) in tutti i casi, condannare i convenuti, ciascuno per quanto di ragione, a rendere il conto dell’amministrazione dei beni immobili sopra indicati a far data dal 17 maggio 1995, condannare inoltre i convenuti, ciascuno per quanto di ragione, a corrispondere all’attore la quota allo stesso spettante quale erede e/o quale legittimario dei frutti di tali beni, a far data dall’aperta successione, o in ipotesi dal dì della domanda, il tutto nella misura che sarà accertata, oltre agli interessi;
Accertare e dichiarare la validità della procedura di eredità beneficiata invocata dall’attore e quindi ammettere le richieste istruttorie dedotte dall’attore al fine di permettere la ricostruzione della massa ereditaria nei confronti delle parti e di terzi;
Revocare ogni provvedimenti istruttorio emesso in corso di causa, Accogliere le conclusioni istruttorie di parte attrice di cui alla memoria 16.09.2005, ammettere c.t.u., escludere ogni avversa richiesta istruttoria.
- Le appellate Società Immobiliari si costituivano e concludevano nel merito come segue, previo deposito della sentenza tra le stesse parti, relativa alla successione materna (A(omissis) A(omissis)), pronunciata dal Tribunale di Bologna il 20-06-2016 n 1625/2016.
“A) In via preliminare e/o pregiudiziale – dichiarare l’inammissibilità e/ l’improcedibilità dell’appello per le motivazioni di cui in narrativa e per qualsiasi altra motivazione di ragione o di legge
– respingere l’appello perché infondato in fatto e in diritto, confermando la sentenza di primo grado quanto al rigetto delle domande di YY
– in via di appello incidentale, riformare la sentenza impugnata sul capo relativo al risarcimento del danno subito dalle Società appellate per effetto della illegittima trascrizione della citazione.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi.“.
- JJ e XX si costituivano, rassegnando le seguenti conclusioni:
“Dichiararsi l’inammissibilità o improcedibilità dell’appello. Rigettarsi l’appello nel merito. Con vittoria di spese.“.
- JJ e XX si costituivano, anche quali eredi universali della signora A(omissis) A(omissis), vedovaF(omissis)C(omissis), loro ava materna, e così concludevano, previo deposito della sentenza sopra citata n. 1625/2016 del Tribunale di Bologna pubblicata il 20 giugno 2016 avente ad oggetto la eredità di A(omissis) A(omissis):
In via principale dichiarare inammissibile e comunque respingere l’appello spiegato con l’atto notificato il 17 febbraio 2012.
Vinte le spese.
In via di estremo subordine nell’ipotesi accoglimento di una delle domande spiegate dall’appellante, salvo gravame, dichiarare, in via riconvenzionale, l’appellante tenuto a prestare la collazione per imputazione, nell’ambito del giudizio divisionale, di tutte le donazioni dirette ed indirette ricevute dal padre, nonché di tutti i suoi debiti pagati dal padre, donazioni e debiti che verranno provati in corso di causa e da valutarsi all’epoca dell’aperta successione e conseguentemente assegnare tutto il relictum alla madre condividente e per essa alle appellate eredi universali.“.
- Deve, preliminarmente, rigettarsi l’eccezione di inammissibilità dell’appello, in quanto asseritamente difforme dalle prescrizioni di cui all’art. 342 c.p.c. Infatti, l’appello evidenzia adeguatamente sia le parti della sentenza, di cui si chiede la riforma, sia le motivazioni, in base alle quali l’appellante ritiene dovuta tale riforma.
L’art. 342 c.p.c. prevede che l’atto di appello debba contenere, “..a pena di inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata..”.
Ebbene, l’appello proposto evidenzia, con adeguata specificità e chiarezza, come già detto, sia le parti del provvedimento oggetto di gravame sia le ragioni per cui la parte appellante ritiene l’erroneità del provvedimento gravato: di ciò si è dato atto nella parte dedicata alla esposizione sintetica del contenuto dell’atto di appello. Pertanto, in considerazione della specifica articolazione dei motivi di gravame (sopra riferiti) nonché della puntuale indicazione delle statuizioni appellate e delle circostanze, da cui derivano le denunciate violazioni di legge nonché la loro rilevanza ai fini della decisione, deve ritenersi che l’appello — contrariamente a quanto dedotto da parte appellata — sia ammissibile, in quanto rispettoso delle indicazioni previste dall’art. 342 nn. 1 e 2 c.p.c.
- L’appello e infondato e deve essere rigettato.
- Parte appellante, come si evince chiaramente dall’atto di citazione introduttiva del giudizio di primo grado, ha proposto, in via principale, domanda di scioglimento della comunione ereditaria con la madre A(omissis) A(omissis) in morte del padreF(omissis)C(omissis), previo accertamento della simulazione assoluta ovvero relativa degli atti di alienazione con cui il padre si era spogliato del patrimonio immobiliare. YY ha espressamente dichiarato di agire nella veste di erede legittimo del padre e ha altrettanto espressamente finalizzato la domanda di accertamento della simulazione degli atti dispositivi alla ricostruzione dell’asse ereditario mediante tutti i beni alienati e ha chiesto lo scioglimento della comunione così ricostruita, con attribuzione di una porzione pari a 1/2 dell’asse ereditario. In tal modo, l’appellante ha espressamente finalizzato la domanda principale alla tutela della propria posizione e qualità di erede legittimo, titolare della quota di un mezzo dell’asse ereditario.
- In via subordinata, come si evince chiaramente dall’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, l’appellante ha proposto un’azione di accertamento della natura di donazione indiretta in favore delle proprie figlie JJ e XX degli atti di alienazione immobiliare.
In tale sede, l’appellante ha dichiarato di agire nella veste di erede legittimario, a tutela e a reintegrazione della propria quota di legittimario, pari a un terzo dell’asse ereditario.
Secondo la Suprema Corte (si veda sez. 2^, ordinanza n. 15510 del 13/06/2018, da cui è tratta la massima che segue), «.L’erede legittimario che agisca per l’accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal “de cuius”, siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma, assume, rispetto ai contraenti, la qualità di terzo – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a “causa petendi” accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell’effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l’accoglimento della domanda. Massime precedenti Vedi: N. 8215 del 2013 Rv. 625756 – 01, N. 24134 del 2009 Rv. 610015 – 01.».
- Secondo la Suprema Corte, dunque, affinché operi l’esenzione dai vincoli probatori previsti dall’art. 1417 c.c., occorre che la parte che agisce per far dichiarare la simulazione di atti dispositivi compiuti dalde cuius, proponga la domanda sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima e faccia quindi assurgere tale lesione acausa petendi della domanda.
Nella fattispecie ciò non è avvenuto, in quanto la parte ha espressamente indicato di agire per la declaratoria della simulazione assoluta o relativa, nella qualità di erede legittimo e al fine dichiarato di ricostruire l’asse ereditario da sottoporre poi a divisione, con finale attribuzione della quota di 1/2 del patrimonio così ricostruito.
In tale contesto, il primo giudice ha correttamente escluso che, in relazione alle domande principali di accertamento della simulazione assoluta o relativa delle alienazioni immobiliari, l’appellante potesse fruire del regime agevolato della prova, connesso alla qualità di legittimario e dunque di terzo.
- Fatta tale precisazione, deve ribadirsi che l’azione di simulazione assoluta delle alienazioni immobiliari è infondata, previo rigetto dell’eccezione di giudicato interno sollevata da parte appellata (la statuizione sulla domanda di accertamento di simulazione assoluta è stata espressamente impugnata, come da punto n. 1 delle conclusioni di parte appellante).
18.1 Non vi è alcun elemento sintomatico di una volontà delle parti (di quegli atti di compravendita) di non procedere ad alcun trasferimento della titolarità dei beni. Anzi, il fatto che gli alienanti, cioè F(omissis) C(omissis) e A(omissis) A(omissis), avessero all’epoca l’usufrutto della titolarità delle quote di partecipazione sociale delle società aventi causa, costituisce indice sintomatico dell’effettività del trasferimento e della volontà di alienazione della titolarità di tali beni. In altre parole, il fatto che comunque rimanesse in capo agli alienanti la disponibilità giuridica dei beni alienati, sebbene in forma indiretta tramite l’usufrutto delle quote di capitale delle società aventi causa, costituisce indice sintomatico dell’effettività del trasferimento della titolarità formale della proprietà dei beni in capo alle società immobiliari.
In sostanza, le parti volevano effettivamente che si realizzasse proprio l’intestazione della proprietà a soggetti terzi, ferma restando la protrazione di una situazione giuridica di controllo da parte di F(omissis) C(omissis) e A(omissis) A(omissis), realizzata attraverso l’usufrutto delle quote di capitale delle società proprietarie dei beni: la predisposizione di un complicato meccanismo di costituzione di società immobiliari, cui intestare la proprietà dei beni immobili, lascia intendere che l’effetto giuridico fosse effettivamente voluto, bastando, diversamente, una mera intestazione fittizia a soggetto prestanome.
18.2 In ogni caso, la prova dedotta sul punto (prova orale per testi e per interrogatorio formale) era, al più, idonea a comprovare una simulazione relativa della compravendita e la dissimulazione della donazione, in quanto incentrata sul mancato pagamento del prezzo di compravendita, costituente elemento sintomatico classico di una dissimulazione di una donazione. Inoltre, nei casi di simulazione assoluta, “..la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c. ..”, ipotesi non ricorrenti nella fattispecie, in quanto nemmeno dedotte in giudizio (in tal senso si veda sez. 2^, Sentenza n. 10240 del 04/05/2007 di cui infra si riporta la massima per esteso).
La prova de qua, dunque, non doveva essere ammessa e il primo giudice correttamente non l’ha ammessa.
- Quanto all’azione di accertamento della simulazione relativa degli atti dispositivi di cui si tratta.
19.1 Anche in questo caso, si rivela infondata l’eccezione di giudicato interno sollevata da parte appellata (la statuizione sulla domanda di accertamento di simulazione relativa è stata espressamente impugnata come da punto n. 1 delle conclusioni di parte appellante).
19.2 L’appellante, come già evidenziato, ha agito nella dichiarata qualità di erede legittimo e ha espressamente finalizzato l’azione alla ricostruzione dell’asse ereditario, al fine di far valere la propria quota di un mezzo spettante a lui come erede legittimo.
19.3 Ne consegue in primo luogo, la prescrizione dell’azione.
Secondo la Suprema Corte (si veda Sez. 2, Sentenza n. 3932 del 29/02/2016, da cui è tratta la massima che segue), «.I beni oggetto di trasferimento a titolo oneroso (anche se a favore del coerede) sono soggetti a collazione ereditaria solo se sia accertata la natura simulata del relativo atto dispositivo in accoglimento di un’apposita domanda formulata in tal senso dal coerede che chiede la divisione. In tal caso il “dies a quo” del termine di prescrizione dell’azione di simulazione varia in rapporto all’oggetto della domanda: se questa è proposta dall’erede quale legittimario, facendo valere il proprio diritto alla riduzione della donazione (che si asserisce dissimulata) lesiva della quota di riserva, il termine di prescrizione decorre dal momento dell’apertura della successione; mentre se l’azione sia esperita al solo scopo di acquisire il bene oggetto di donazione alla massa ereditaria per determinare le quote dei condividenti e senza addurre alcuna lesione di legittima, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell’atto che si assume simulato, subentrando in tal caso l’erede, anche ai fini delle limitazioni probatorie ex art. 1417 c.c., nella medesima posizione del “de cuius”). Massime precedenti Vedi: N. 7134 del 2001 Rv. 546997 – 01, N. 4021 del 2007 Rv. 595399 – 01.».
Nel caso di specie, l’ultima della alienazioni è avvenuta nel 1992, mentre l’odierna azione è stata proposta soltanto nel 2003, oltre quindi il decorso del termine decennale di prescrizione.
19.4 In ogni caso, sotto diverso profilo, l’azione è infondata nel merito.
Come già detto sopra, tale azione soggiace ai limiti probatori dell’art. 1417 c.c., proprio in quanto espressamente finalizzata non già all’azione di riduzione ma alla domanda di scioglimento della comunione ereditaria, previa ricostruzione dell’asse ereditario.
Tale precisazione è stata fatta anche in atto di appello (Precisava l’appellante: “L’azione proposta in via principale dall’ing. YY non era preordinata all’azione di riduzione, che egli aveva dedotto in via subordinata, in ipotesi che gli atti compiuti fossero riconducibili a un complesso sistema di valide donazioni indirette: allora sarebbe dovuta scattare l’azione di riduzione. Quindi, le azioni, proposte in via principale per simulazione assoluta e/o relativa, erano autonome e non erano strumentali all’azione di riduzione e quindi il beneficio di inventario o la preclusione del beneficio di inventario discendente dall’accettazione tacita erano tutti concetti … estranei al nostro caso e non applicabili..”). In tale contesto, la parte appellante avrebbe potuto provare la simulazione relativa solo con la controdichiarazione scritta, invece mancante, oppure mediante la prova testimoniale ma soltanto nei casi, non ricorrenti nella fattispecie, di perdita incolpevole del documento contrattuale scritto o di finalizzazione della testimonianza alla prova della illiceità del negozio (si veda sez. 2^, Sentenza n. 10240 del 04/05/2007, da cui è tratta la massima che segue: «.In tema di simulazione di un contratto di compravendita immobiliare, la prova per testi soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa. Nel primo caso, l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 cod. civ,. non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, menzionati dall’art. 2725 cod. civ., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 cod. civ.. Nel secondo caso, occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi – che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte – la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 citato, cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l’illiceità del negozio.»).
- Quanto all’azione di riduzione proposta contro le figlie JJ e XX, asseritamente destinatarie di una donazione indiretta avente ad oggetto i cespiti immobiliari di cui si tratta.
20.1 Difetta la condizione dell’azione, prevista dall’art. 564 c.c.
20.2 Parte appellante ha dedotto nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado, di essersi avvalso degli effetti espansivi, previsti dall’art. 510 c.c. per il caso di accettazione con beneficio di inventario fatta da uno dei coeredi (nel caso di specie, l’accettazione beneficiata fatta dalla madre il 3 agosto 2003): ciò a prescindere dall’accettazione beneficiata fatta in proprio dal YY n data 27 novembre 2003.
20.3 Parte appellata ha eccepito, nel presente giudizio, che non potrebbero prodursi gli effetti di cui all’art. 510 c.c. in favore di YY, in quanto la madre, omettendo di indicare nell’inventario i denari (pari a oltre un miliardo di lire) di cui alla gestione n. 48005 già intestata anche al de cuius, avrebbe determinato la decadenza dal beneficio di inventario ex art. 494 c.c.
20.4 Deve subito evidenziarsi che l’eventuale decadenza dal beneficio di inventario è irrilevante, ai fini che ci occupano, tenuto conto del chiaro disposto di cui all’art. 510 c.c., primo comma ultima parte (“..questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio di inventario e che ne è decaduto.”).
20.5 Deve, invece, evidenziarsi come YY avesse già accettato in modo puro e semplice, seppur tacitamente, prima che la madre coerede effettuasse l’accettazione con beneficio di inventario in data 3 agosto 1995, così precludendo l’effetto espansivo di cui all’art. 510 c.c.
20.6 In atti è provato come:
– YY abbia continuato a percepire, senza soluzione di continuità, anche dopo la morte del padre, il contributo che in vita il padre, traendolo dalla gestione patrimoniale n. 48005, accesa presso la Banca Popolare di Milano e intestata a F(omissis) C(omissis), alla moglie A(omissis) A(omissis) e al geom. N(omissis) P(omissis) da sempre uomo di fiducia di F(omissis) C(omissis), forniva mensilmente al figlio;
– tale contributo ammontasse mediamente a due milioni di lire al mese;
– successivamente alla morte del padre, esattamente due giorni dopo il decesso, le somme portate da tale gestione patrimoniale, superiori al miliardo di lire, siano transitate su di una nuova gestione patrimoniale col n. 48031, intestata alla madre A(omissis) A(omissis) e al geom. N(omissis) P(omissis);
– da tale gestione le somme continuassero appunto a essere erogate mensilmente in favore di YY senza soluzione di continuità e dunque anche nel periodo tra il decesso del padre (maggio 1995) e accettazione con beneficio di inventario fatta dalla madre in data 3 agosto 1995.
20.7 Tali risultanze si evincono principalmente dalla dichiarazione testimoniale resa dal geom. N(omissis) P(omissis), particolarmente attendibile, in quanto autore materiale delle operazioni di pagamento in favore di YY, e da M(omissis) A(omissis), ex moglie di YY. Come esattamente ritenuto dal primo giudice, la gestione patrimoniale, seppur intestata anche alla moglie A(omissis) A(omissis) e all’uomo di fiducia, non poteva che avere ad oggetto somme di proprietà di F(omissis) C(omissis), affermato imprenditore edile, dovendosi escludere che esse potessero appartenere alla moglie A(omissis) A(omissis), casalinga o al geom. N(omissis) P(omissis), mero uomo di fiducia di F(omissis) C(omissis).
Ancora, deve escludersi che YY potesse ignorare tale assetto giuridico-economico o potesse ritenere una diversa appartenenza delle somme che a lui pervenivano mensilmente dall’inizio degli anni Novanta, conoscendo ovviamente quali fossero le effettive disponibilità patrimoniali ed economiche dei propri genitori e soprattutto la provenienza delle medesime. Analogamente, una volta deceduto il padre, YY non poteva plausibilmente ritenere, contrariamente a quanto sostenuto in atto di appello, che le somme di cui si tratta potessero provenire dal patrimonio della madre e non già, come sempre avvenuto, dal patrimonio del padre, a nulla rilevando che la madre si fosse “impadronita” delle somme, facendole confluire in altra gestione patrimoniale e omettendo di indicarle nell’inventario e della denuncia di successione.
Mediante le suddette operazioni, consistenti in atti dispositivi del patrimonio di F(omissis) C(omissis) e dunque dell’asse ereditario, YY e la madre A(omissis) A(omissis), coeredi, diedero luogo ad una fattispecie di accettazione tacita dell’eredità, trattandosi ovviamente di atti dispositivi che non avrebbero avuto il diritto di fare se non nella qualità di eredi e dunque presupponenti necessariamente la volontà di accettare l’eredità (art. 476 c.c.).
20.8 La fattispecie di accettazione tacita facente capo ad A(omissis) A(omissis) non è stata dedotta in giudizio. La fattispecie di accettazione tacita di YY è stata, invece, ritualmente dedotta in giudizio. A causa e per effetto di tale accettazione tacita (che si è perfezionata, nel maggio 1995, immediatamente dopo il decesso del de cuius, all’atto della riscossione della prima erogazione di denari proveniente dalla provvista di cui era costituita la vecchia gestione patrimoniale, successivamente trasferita nella nuova gestione patrimoniale n. 48031), risultava preclusa l’accettazione con beneficio di inventario in capo a YY né egli poteva avvalersi degli effetti espansivi ex art. 510 c.c., ipoteticamente derivanti da quella fatta dalla madre in data 3 agosto 1995.
20.9 Su tale accettazione tacita si fonda la decisione, emessa dal primo giudice, di rigetto delle domande di YY.
Tale decisione è corretta e deve essere confermata nella presente sede.
- Ne consegue il rigetto della domanda di riduzione delle donazioni rappresentate asseritamente dalle alienazioni immobiliari, mancando la condizione dell’azione, costituita dall’accettazione con beneficio di inventario, avendo YY operato un’accettazione pura e semplice, seppur tacita, con le modalità sopra descritte.
- Per tutte le suesposte considerazioni, devono rigettarsi il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di appello.
- È infondato, infine, il quinto motivo di gravame.
Parte appellante ha chiesto la cancellazione dei passi della sentenza in cui si fa riferimento a procedimenti penali per truffa e violenza carnale. Il doc. n. 7 in fascicolo di JJ e XX comprova che YY subì tali procedimenti (lettera con cui il difensore prof. Sgubbi chiedeva il pagamento degli onorari per le difese e svolte e descriveva i procedimenti con indicazione, in relazione a ciascuno di essi, del titolo di reato per cui si era proceduto). In sentenza il primo giudice si è limitato a dare atto che tali procedimenti erano stati iniziati nei confronti del YY, senza affermare nulla in ordine all’esito dei medesimi.
- È infondato altresì l’appello incidentale promosso dalle società immobiliari appellate.
In via di appello incidentale, le società appellate hanno chiesto di riformare la sentenza impugnata sul capo relativo al risarcimento del danno subito per effetto della illegittima trascrizione della citazione. Hanno dedotto che la trascrizione sarebbe illegittimamente avvenuta sui beni immobili di cui si tratta, per l’intero, e non soltanto sulle quote, a suo tempo facenti capo al solo F(omissis) C(omissis). Inoltre, l’azione risarcitoria si fonderebbe sull’art. 96 secondo comma c.p.c., per aver YY agito senza la normale prudenza.
Quanto alla prima deduzione, la medesima è infondata.
L’azione di accertamento di simulazione degli atti di compravendita investiva necessariamente i contratti nella loro interezza e dunque l’oggetto dei medesimi, rappresentato dai beni immobili nella loro interezza. Dunque, la trascrizione non poteva che essere effettuata sull’intero bene immobile. Inoltre, a prescindere da ogni altro ordine di considerazioni, l’assunto, presupponente una distinzione di quote a suo tempo facenti capo autonomanente ai due alienanti (F(omissis) C(omissis) e A(omissis) A(omissis)), è del tutto infondato, in quanto i due coniugi alienanti erano in comunione legale dei beni e la comunione legale dei beni è una comunione senza quote.
Anche per questo ordine di considerazioni, quindi, non è stata illegittima la trascrizione sui beni immobili nella loro interezza.
Deve, infine, escludersi che YY abbia agito senza la normale prudenza, avuto riguardo alla estrema complessità in fatto e in diritto della controversia.
- Quanto alle spese legali.
- La soccombenza di YY nei confronti di JJ e XX, sia in proprio, sia nella qualità di eredi della madre A(omissis) A(omissis), implica la condanna al rimborso delle spese del grado, liquidate come da dispositivo, con riferimento agli importi medi dello scaglione individuato sulla base del valore indeterminabile della causa. Vi è soccombenza reciproca tra YY e le società immobiliari, con maggiore soccombenza di parte appellante principale. Ciò giustifica una compensazione delle spese nella misura della metà, con condanna di YY al rimborso della residua metà, liquidata come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
I – rigetta l’appello proposto da YY la sentenza n. 1428 del 2011 del Tribunale di Bologna;
II – rigetta l’appello incidentale proposto da IMMOBILIARE ‘ALFA’ SRL, IMMOBILIARE ‘BETA’ SRL e IMMOBILIARE ‘GAMMA’ SRL;
III – conferma integralmente la sentenza appellata;
IV – condanna YY alla refusione in favore di XX e JJ, quali eredi di A(omissis) A(omissis), delle spese di lite, che liquida in € 6615,00 per compenso, oltre al 15% di spese forfettarie ed oltre accessori di legge;
V – condanna YY alla refusione in favore di XX e JJ, in proprio, delle spese di lite, che liquida in € 6615,00 per compenso, oltre al 15% di spese forfettarie ed oltre accessori di legge;
VI – dichiara la compensazione delle spese tra YY, da un lato, e le società IMMOBILIARE ‘ALFA’ SRL, IMMOBILIARE ‘BETA’ SRL e IMMOBILIARE ‘GAMMA’ SRL, dall’altro, nella misura della metà e condanna YY al rimborso in favore di IMMOBILIARE ‘ALFA’ SRL, IMMOBILIARE ‘BETA’ SRL e IMMOBILIARE ‘GAMMA’ SRL della residua quota di tali spese, che liquida, per l’intero, in € 6.615,00 per compenso, oltre al 15% di spese forfettarie ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 28 maggio 2019
Il Presidente
dott. Giovanni Benassi
Il Consigliere estensore
dott. Andrea Lama
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