sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto delle truffe aggravate ai danni dello Stato costituito dalla somma di Euro 2.622.508,00

CREDITI PROFITTO SUPERBONUS SEQUESTRO

DIRITTO IMMOBILIARE

DIRITTO IMMOBILIARE

già dal 1996 le Sezioni Unite delloa  Corte hanno affermato su un piano generale che “in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato” (Cass., Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, Chabni Samir, Rv 205707) Volendo, quindi, schematizzare: il prodotto è il risultato dell’azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l’attività delittuosa, che con quest’ultima abbia un legame diretto e immediato; si tratta del frutto diretto ed immediato dell’attività criminosa, ossia del risultato ottenuto direttamente con l’attività illecita. Il profitto comporta invece un accrescimento del patrimonio dell’autore del reato ottenuto attraverso la acquisizione la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all’intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa (vantaggio economico di diretta derivazione del reato, vedi Sez.U, Sentenza n. 31617 del 26/06/2015, Lucci Rv. 264436 – 01: “Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito.”). Prezzo, infine, è il compenso dato o promesso per indurre istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato. Da quanto si è detto, è del tutto evidente che si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso. 1.3 Quanto infine all’ultimo motivo di ricorso, non vi è alcun confronto con la motivazione contenuta nell’ultimo capoverso di pag. 10 dell’ordinanza impugnata; si deve inoltre ribadire che “in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu oculi” (Sez.2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896).

appalto ocntratto

 

  1. consegue il contributo e di produce per lo Stato un danno), il riconoscimento del credito di imposta in favore del fornitore – nell’ipotesi in cui è esercitata l’opzione del cd. sconto in fattura- e la successiva sua -eventualecessione in favore di un istituto di credito o finanziario, dietro corrispettivo,
  1. costituiscono fasi che si pongono in evidente rapporto di strumentalità con l’utilizzo dei crediti di imposta in compensazione (unico momento in cui si realizza un danno per lo Stato); pertanto, la condotta asseritamente decettiva in danno di (Omissis) (e la successiva ragione del corrispettivo per la cessione a tale ente del credito di imposta) risultava,
  1. necessariamente, assorbita in quella -più ampia- posta in essere in danno dello Stato, in quanto mezzo (ovvero premessa) normale -nell’ipotesi in cui venga esercitata dal beneficiario l’opzione del cd. sconto in fattura e dal fornitore quello della cessione a terzi di cui all’art. 121 comma 1 lett. a) del Decreto Rilancio- per la riscossione del contributo in questione; il fatto che affinché il reato possa dirsi consumato è necessaria la cessione del credito, trovava conferma nel dato normativo dell’art. 121 del decreto,

all’esito del combinato disposto dei commi 1 e 4. I difensori osservano che nel qualificare come prodotto del reato di cui all’art. 316-ter c.p. il credito di imposta, si finirebbe con il sovrapporre le nozioni di prodotto e profitto del reato, attesa l’identità di contenuto patrimoniale tra il credito di imposta conseguito dal fornitore dal cessionario e il beneficio aggiunto di tipo patrimoniale ovvero il vantaggio economico (rectius: il profitto del reato di indebita percezione ovvero l’agevolazione conseguita) da questi percepita mediante la compensazione. Pertanto, non potendosi identificare nel credito di imposta né il prodotto, né il profitto del reato del delitto di cui all’art. 316-ter c.p.,essendosi la fattispecie in esame consumata solo per il minor importo pari ad Euro 238.293,85; non risultando sequestrabile il profitto della truffa in danno di (Omissis), sia perché titolo di reato che dal giudice per le indagini preliminari non era stato posto a fondamento della cautela reale genetica che per difetto della condizione di procedibilità, il sequestro preventivo del profitto di reato di indebita percezione avrebbe dovuto essere ridotto sino alla concorrenza della somma di Euro 238.293,85. 1.2 I difensori eccepiscono la violazione di legge processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 321 commi 1, 2 e 2-bis, 324 comma 7 e 309 comma 9, 178 comma 1 lett. c) e 180 c.p.p., per avere il Tribunale del riesame, nel confermare la misura reale adottata dal giudice per le indagini preliminari, riqualificato il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria in termini di sequestro preventivo cd. impeditivo; il Tribunale aveva confermato il provvedimento impugnato per ragioni (quelle previste dall’art. 321 comma 1 c.p.p.) del tutto differenti, quanto ai titoli di reato di cui agli artt. 316-ter e 648- ter comma 1 c.p.p. da quelle per le quali era stato richiesto dal pubblico ministero (quelle previste dall’art. 321 comma 2-bis c.p. e 322-ter e 648-quater c.p.), adottando un provvedimento del tutto diverso da quello chiesto dal Pubblico Ministero e applicato dal giudice per le indagini preliminari, con evidente pregiudizio del diritto al contraddittorio degli interessati. 1.3

  • I difensori eccepiscono la violazione di legge sostanziale e processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 316-ter e 648-ter 1 c.p., 321 commi 1, 2 e 2-bis c.p.p., 240, 322-ter c.p.p. e 648-quater c.p., per avere il Tribunale del riesame riqualificato il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria in termini di sequestro preventivo cd. impeditivo e mantenuto fermo il vincolo ablativo per equivalente sul denaro e sui beni presenti nel patrimonio dei ricorrenti: in relazione alla fattispecie di indebita percezione ed autoriciclaggio, il sequestro preventivo per equivalente può essere disposto solo qualora la misura ablativa sia adottata con finalità di confisca (ex artt. 322-ter e 648-quater c.p.),
  • non anche laddove sia disposta con funzione cd. “impeditiva”, nulla disponendo sul punto il comma 1 dell’art. 321 c.p., ovvero altra norma speciale. 1.4 I difensori eccepiscono la violazione di legge sostanziale e processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 648-ter 1 c.p., 321 e 125 c.p.p., 111 Cost., per avere il Tribunale del riesame ritenuto sussistente il fumus commissi delicti del delitto di riciclaggio, omettendo di pronunciarsi sulla dedotta assenza di carattere speculativo (ovvero economico, imprenditoriale e finanziario) nell’impiego del provento del reato presupposto per l’acquisto dei beni immobili; ricorda che erano state dichiarate inutilizzabili le risultanze dell’attività captativa, per cui non vi erano indici concreti atti a comprovare la destinabilità dei beni immobili e dei gioielli alla successiva rivendita; su tale circostanza, dedotta in sede di motivi nuovi, nulla aveva detto il Tribunale del riesame. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.II ricorso è infondato

Cassazione Penale, Sezione II, 13 giugno 2023 (dep. 12 settembre), n. 37138 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IMPERIALI Luciano – Presidente – Dott. VERGA Giovanna – Consigliere – Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere – Dott. TURTUR M. Marzia – Consigliere – Dott. CERSOSIMO Emanuele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: M.M., nato il (Omissis); MA.MA., nato il (Omissis); M.A., nato il (Omissis); M.S., nato il (Omissis); avverso l’ordinanza del 28/02/2023 del TRIBUNALE di MACERATA; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale LUIGI CUOMO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni dei difensori degli indagati,

Avv. RICCARDO LEONARDI, VANDO SCHEGGIA e GIANCARLO GIULIANELLI, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Macerata, con ordinanza del 28 febbraio-8 marzo 2023, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di M.M., MA.MA., M.S. e M.A. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata. 1.1 Avverso l’ordinanza propongono ricorso per cassazione i difensori degli indagati, premettendo quanto segue: il giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro perché i ricorrenti erano stati ritenuti responsabili di aver costituito un sodalizio criminale che, per il tramite di società riconducibili alla famiglia M., operanti nel settore dell’edilizia, nonché di esperti professionisti, certificava, ricorrendo a documentazione falsa, lavori di ristrutturazione aventi ad oggetto il miglioramento energetico e l’adeguamento antisismico eccedenti il reale valore di quelli effettivamente eseguiti onde accedere ai benefici statali rientrati nell’agevolazione del superbonus. Il Pubblico Ministero aveva chiesto disporsi il sequestro preventivo con finalità impeditiva e in via diretta delle quote sociali della (Omissis) s.r.l. e della (Omissis) srl trattandosi di cose pertinenti ai delitti contestati e in particolare di cose con le quali erano stati commessi i delitti di truffa aggravata in danno dello Stato di riciclaggio e di autoriciclaggio; domandava poi disporsi il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto delle truffe aggravate ai danni dello Stato costituito dalla somma di Euro 2.622.508,00 e dell’immobile sito in (Omissis), in via diretta presso la (Omissis) s.r.l. e, in caso di incapienza, anche per equivalente, di beni e denaro presenti nel patrimonio degli indagati M.M., MA.MA., M.S. e degli altri sodali; con riguardo a M.S., ritenuta autrice solo di una delle truffe contestate, il sequestro per equivalente era domandato nei limiti del valore del profitto di quella truffa; chiedeva inoltre disporsi il sequestro preventivo con finalità di confisca obbligatoria del profitto dei delitti di autoriciclaggio perché acquistato con il denaro proveniente dalla truffe. Il giudice per le indagini preliminari accoglieva parzialmente la richiesta, previa riqualificazione giuridica del fatto di cui all’art. 640 comma 2 n. 1 c.p. in quello di indebita percezione di erogazioni pubbliche, ritenendo che il delitto di cui all’art. 316-ter c.p. si fosse consumato per la somma di Euro 2.622.508,00, avendo gli indagati ottenuto indebitamente, mediante il meccanismo dello sconto in fattura, un credito di imposta di pari importo suscettibile di valutazione economica e cessione a terzi; sul punto, osservava che ai fini della consumazione del reato in esame avrebbe dovuto prescindersi dalla compensazione del credito; erano quindi disposti il sequestro preventivo impeditivo in via diretta delle quote sociali della (Omissis) s.r.l. e della (Omissis) s.r.l., il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria della somma di Euro 2.622.508,00 pari al profitto del reato di cui all’art. 316-ter c.p. in via diretta a carico della (Omissis) s.r.l. (quale beneficiaria diretta del credito acquisito) e di denaro o beni equivalenti a tale somma dei quali gli indagati avessero la disponibilità, quanto a M.M., MA.MA., L.P., S.G.R., ai quali era contestata l’illecita percezione di somme relative a tutti i cantieri, nonché di denaro o beni equivalenti pari alla somma di Euro 371.258,86 a carico di M.S.; disponeva il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria del profitto dei reati di autoriciclaggio contestati a M.M., MA.MA. e, limitatamente al reato di cui al capo 10), M.S.. Il provvedimento era stato confermato dal Tribunale del riesame, che osservava, con particolare riguardo alla cessione del credito, che il credito di imposta altro non è che il diritto alla detrazione (cui corrisponde nell’importo) divenuto, per trasformazione, suscettibile di circolare mediante cessione nei termini indicati dalla legge. Ciò premesso, i difensori eccepiscono la violazione di legge ex art. 325 c.p.p., in relazione agli artt. 316- ter640 e 56 c.p., 321 comma 1,2 e 2-bis c.p.p. 240 e 322-ter c.p., per avere il Tribunale del riesame ritenuto il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche consumato e qualificato il piano criminoso ideato e posto in essere dai ricorrenti come la risultante di due coordinati, ma unitari meccanismi, erroneamente identificato il prodotto ed il profitto del reato confiscabili: in particolare, il fatto-reato ascritto agli indagati, per come riqualificato in termini di indebita percezione di erogazioni pubbliche, anziché di truffa in danno dello Stato, risultava consumato solo per la minor somma di Euro 238.293,85, pari all’importo complessivo dei crediti di imposta portati in detrazione da (Omissis): la condotta tenuta dagli indagati avrebbe dovuto essere qualificata in termini unitari in quanto, atteso che la consumazione del reato si verifica nel momento in cui il fornitore e/o cessionario (nell’ipotesi in cui il beneficiario abbia rinunciato all’utilizzo diretto della detrazione a lui spettante per le spese relative agli interventi di cui al comma 2 dell’art. 121) procedono alla compensazione tra il credito di imposta maturato -per effetto della esercitata opzione da parte del beneficiario- con debiti fiscali di pari importo (essendo tale il momento in cui il soggetto “percepisce” ovvero “consegue il contributo e di produce per lo Stato un danno), il riconoscimento del credito di imposta in favore del fornitore – nell’ipotesi in cui è esercitata l’opzione del cd. sconto in fattura- e la successiva sua -eventualecessione in favore di un istituto di credito o finanziario, dietro corrispettivo, costituiscono fasi che si pongono in evidente rapporto di strumentalità con l’utilizzo dei crediti di imposta in compensazione (unico momento in cui si realizza un danno per lo Stato); pertanto, la condotta asseritamente decettiva in danno di (Omissis) (e la successiva ragione del corrispettivo per la cessione a tale ente del credito di imposta) risultava, necessariamente, assorbita in quella -più ampia- posta in essere in danno dello Stato, in quanto mezzo (ovvero premessa) normale -nell’ipotesi in cui venga esercitata dal beneficiario l’opzione del cd. sconto in fattura e dal fornitore quello della cessione a terzi di cui all’art. 121 comma 1 lett. a) del Decreto Rilancio- per la riscossione del contributo in questione; il fatto che affinché il reato possa dirsi consumato è necessaria la cessione del credito, trovava conferma nel dato normativo dell’art. 121 del decreto, all’esito del combinato disposto dei commi 1 e 4. I difensori osservano che nel qualificare come prodotto del reato di cui all’art. 316-ter c.p. il credito di imposta, si finirebbe con il sovrapporre le nozioni di prodotto e profitto del reato, attesa l’identità di contenuto patrimoniale tra il credito di imposta conseguito dal fornitore dal cessionario e il beneficio aggiunto di tipo patrimoniale ovvero il vantaggio economico (rectius: il profitto del reato di indebita percezione ovvero l’agevolazione conseguita) da questi percepita mediante la compensazione. Pertanto, non potendosi identificare nel credito di imposta né il prodotto, né il profitto del reato del delitto di cui all’art. 316-ter c.p.,essendosi la fattispecie in esame consumata solo per il minor importo pari ad Euro 238.293,85; non risultando sequestrabile il profitto della truffa in danno di (Omissis), sia perché titolo di reato che dal giudice per le indagini preliminari non era stato posto a fondamento della cautela reale genetica che per difetto della condizione di procedibilità, il sequestro preventivo del profitto di reato di indebita percezione avrebbe dovuto essere ridotto sino alla concorrenza della somma di Euro 238.293,85. 1.2 I difensori eccepiscono la violazione di legge processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 321 commi 1, 2 e 2-bis, 324 comma 7 e 309 comma 9, 178 comma 1 lett. c) e 180 c.p.p., per avere il Tribunale del riesame, nel confermare la misura reale adottata dal giudice per le indagini preliminari, riqualificato il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria in termini di sequestro preventivo cd. impeditivo; il Tribunale aveva confermato il provvedimento impugnato per ragioni (quelle previste dall’art. 321 comma 1 c.p.p.) del tutto differenti, quanto ai titoli di reato di cui agli artt. 316-ter e 648- ter comma 1 c.p.p. da quelle per le quali era stato richiesto dal pubblico ministero (quelle previste dall’art. 321 comma 2-bis c.p. e 322-ter e 648-quater c.p.), adottando un provvedimento del tutto diverso da quello chiesto dal Pubblico Ministero e applicato dal giudice per le indagini preliminari, con evidente pregiudizio del diritto al contraddittorio degli interessati. 1.3 I difensori eccepiscono la violazione di legge sostanziale e processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 316-ter e 648-ter 1 c.p., 321 commi 1, 2 e 2-bis c.p.p., 240, 322-ter c.p.p. e 648-quater c.p., per avere il Tribunale del riesame riqualificato il sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria in termini di sequestro preventivo cd. impeditivo e mantenuto fermo il vincolo ablativo per equivalente sul denaro e sui beni presenti nel patrimonio dei ricorrenti: in relazione alla fattispecie di indebita percezione ed autoriciclaggio, il sequestro preventivo per equivalente può essere disposto solo qualora la misura ablativa sia adottata con finalità di confisca (ex artt. 322-ter e 648-quater c.p.), non anche laddove sia disposta con funzione cd. “impeditiva”, nulla disponendo sul punto il comma 1 dell’art. 321 c.p., ovvero altra norma speciale. 1.4 I difensori eccepiscono la violazione di legge sostanziale e processuale ex art. 325 c.p.p. in relazione agli artt. 648-ter 1 c.p., 321 e 125 c.p.p., 111 Cost., per avere il Tribunale del riesame ritenuto sussistente il fumus commissi delicti del delitto di riciclaggio, omettendo di pronunciarsi sulla dedotta assenza di carattere speculativo (ovvero economico, imprenditoriale e finanziario) nell’impiego del provento del reato presupposto per l’acquisto dei beni immobili; ricorda che erano state dichiarate inutilizzabili le risultanze dell’attività captativa, per cui non vi erano indici concreti atti a comprovare la destinabilità dei beni immobili e dei gioielli alla successiva rivendita; su tale circostanza, dedotta in sede di motivi nuovi, nulla aveva detto il Tribunale del riesame. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.II ricorso è infondato. 1.1 Quanto al primo motivo di ricorso, premesso che deve essere ribadito che “Il reato di cui all’art. 316-ter c.p. si consuma nel luogo in cui il soggetto pubblico erogante dispone l’accredito dei contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre provvidenze in favore di chi ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché con tale atto si verifica la dispersione del denaro pubblico, e non in quello in cui avviene la materiale apprensione degli incentivi” (Sez.6, n. 9060 del 30/11/2022, GSE S.p.a. dep. 02/03/2023, Rv. 284336), è evidente che con il riconoscimento del credito di imposta, immediatamente monetizzabile, il reato è già consumato in quanto l’ente erogatore non è più nella possibilità di recuperare quanto erogato ed il soggetto beneficiario ha già avuto l’accrescimento del proprio patrimonio; quanto al merito della questione, la stessa è stata correttamente inquadrata dal Tribunale nelle pagine da 8 a 10 dell’ordinanza impugnata. 1.2 Quanto al secondo e terzo motivo di ricorso, come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, l’ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato che all’illecita operazione contestata all’indagato si ricolleghi, sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente, quale profitto direttamente derivato dalla condotta di cui all’art. 316-ter c.p. e sottoposto a vincolo reale in via diretta e impeditiva, sia il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell’indagato e nelle società coinvolte. Il Tribunale ha infatti spiegato perché si possa procedere al sequestro sia del prodotto (consistente nel credito illecitamente creato) che del profitto (consistente nella cessione dello stesso) del reato a pag.10 dell’ordinanza impugnata; si deve poi osservare che la commercializzazione del credito ottenuto illecitamente può sicuramente essere oggetto di sequestro. A tale proposito, già dal 1996 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato su un piano generale che “in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato” (Cass., Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, Chabni Samir, Rv 205707) Volendo, quindi, schematizzare: il prodotto è il risultato dell’azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l’attività delittuosa, che con quest’ultima abbia un legame diretto e immediato; si tratta del frutto diretto ed immediato dell’attività criminosa, ossia del risultato ottenuto direttamente con l’attività illecita. Il profitto comporta invece un accrescimento del patrimonio dell’autore del reato ottenuto attraverso la acquisizione la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all’intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa (vantaggio economico di diretta derivazione del reato, vedi Sez.U, Sentenza n. 31617 del 26/06/2015, Lucci Rv. 264436 – 01: “Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito.”). Prezzo, infine, è il compenso dato o promesso per indurre istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato. Da quanto si è detto, è del tutto evidente che si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso. 1.3 Quanto infine all’ultimo motivo di ricorso, non vi è alcun confronto con la motivazione contenuta nell’ultimo capoverso di pag. 10 dell’ordinanza impugnata; si deve inoltre ribadire che “in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu oculi” (Sez.2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896). 2. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2023. Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2023

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