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SEPARAZIONE TRADIMENTO 2021 BOLOGNA : WHATSAPP

SE SI VALUTA LA REALTA’  E LA NORMALITA’MOLTI TRADIMENTI SI SCOPRONO E CORRONO IN VIA TELEMATICA

Famiglia – Coniugi – Separazione – Addebito – Messaggi inviati per via telematica 

I messaggi inviati per via telematica all’amante POSSON O4SSERE PROVA SUFFICENTE  PER ADDEBITO SEPARAZIONE?

 

SI costituiscono una prova sufficiente per addebitare la separazione ponendola legittimamente a carico del coniuge che abbia intrattenuto la relazione adulterina comprovata dai predetti messaggi.

 

 Sulla efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche rileva che per procedere al disconoscimento e per rendere il disconoscimento idoneo ad escludere la prova, occorre che esso sia chiaro, circostanziato ed esplicito per attestare che la riproduzione informatica non sia congrua alla verità fattuale.

 

In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. 2 settembre 2016, n. 17526; Cass. 17 febbraio 2015, n. 3122). In tal senso, non possono quindi ritenersi espressive del dedotto disconoscimento le deduzioni, richiamate dal ricorrente (pag. 9 del ricorso), secondo cui lo stesso «non aveva mai dato inizio ad alcuna relazione affettiva in costanza di matrimonio» o in cui si è assunto «l’infondatezza delle affermazioni della Mariani circa la supposta esistenza di una relazione extraconiugale del sig. Nativi».

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AFFIDO FIGLI AFFIDO CONDIVISO AVVOCATO DIVORZISTA BOLOGNA

D’altro canto, il rilievo per cui l’odierno istante, a fronte della produzione in giudizio delle evidenze telematiche, avrebbe smentito che quanto rappresentato nella documentazione corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta (sempre pag. 9 del ricorso) appare del tutto generico e carente di autosufficienza: infatti, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469). Analoghe considerazioni andrebbero svolte con riferimento al richiamo, operato dallo stesso ricorrente, alle deduzioni da lui svolte 4 Corte di Cassazione – copia non ufficiale nella memoria ex art. 190 c.p.c. (ove si sarebbe fatta menzione della possibile artificiosa realizzazione del messaggio: pagg. 9 s. del ricorso): ma sul punto è assorbente l’osservazione per cui il disconoscimento soggiace a precise preclusioni processuali (Cass. 19 gennaio 2018, n. 1250, che menziona, in proposito, quelle desumibili dagli artt. 167 e 183 c.p.c.), onde non può essere certamente svolto con gli scritti conclusionali.

 

 

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D’altro canto, il rilievo per cui l’odierno istante, a fronte della produzione in giudizio delle evidenze telematiche, avrebbe smentito che quanto rappresentato nella documentazione corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta (sempre pag. 9 del ricorso) appare del tutto generico e carente di autosufficienza: infatti, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c.,

 

. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. 2 settembre 2016, n. 17526; Cass. 17 febbraio 2015, n. 3122). In tal senso, non possono quindi ritenersi espressive del dedotto disconoscimento le deduzioni, richiamate dal ricorrente (pag. 9 del ricorso), secondo cui lo stesso «non aveva mai dato inizio ad alcuna relazione affettiva in costanza di matrimonio» o in cui si è assunto «l’infondatezza delle affermazioni della Mariani circa la supposta esistenza di una relazione extraconiugale del sig. Nativi». D’altro canto, il rilievo per cui l’odierno istante, a fronte della produzione in giudizio delle evidenze telematiche, avrebbe smentito che quanto rappresentato nella documentazione corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta (sempre pag. 9 del ricorso) appare del tutto generico e carente di autosufficienza: infatti, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469). Analoghe considerazioni andrebb

 

 

 

 

 

Da ultimo, la Corte di merito precisava che il prelievo di denaro da parte di Evelyn Mariani e l’abbandono della casa coniugale nel corso dell’anno 2014 non assumevano rilievo, ai fini del giudizio di addebito della separazione «atteso il loro logico collegamento con la condotta fedifraga del marito e il difetto di prova in ordine alla già avvenuta compromissione dell’unità matrimoniale all’epoca del tradimento, che i testi affermano ammesso 2 Corte di Cassazione – copia non ufficiale nel febbraio 2013 per i fatti di fine anno 2012». 2. — Simone Nativi ha impugnato la pronuncia d’appello con un ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resiste con controricorso Evelyn Mariani. Il ricorrente ha depositato memoria. 3. — Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. — Con il primo motivo il ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in punto di valutazione della prova rappresentata dalla corrispondenza telematica prodotta in giudizio e dalle prove orali dei testi indotti dalla controparte, in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c., oltre che la violazione dell’art. 2712 c.c.. Viene dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del gravame, il ricorrente aveva in più occasioni smentito di essere l’autore dei messaggi inoltrati per via telematica i quali attesterebbero l’esistenza della relazione extraconiugale. L’istante lamenta, inoltre, che la Corte territoriale, confermando l’operato del giudice di primo grado, abbia ritenuto che dalle comunicazioni telematiche fosse possibile risalire, attraverso un procedimento induttivo al fatto ignoto, costituito dalla relazione extraconiugale. Viene osservato, al riguardo, che l’esame degli indizi emersi nel corso del procedimento non avevano i connotati della gravità della precisione e della concordanza, tenuto conto anche del rapporto di parentela intercorrente tra i testi escussi ed Evelyn Mariani. Il ricorrente contesta, infine, il rilievo che potrebbe assumere, nel quadro dell’indagine circa la prova della detta relazione, il percorso di mediazione coniugale avviato dai coniugi. Il motivo, che prospetta plurime censure, è nel complesso infondato. 3 Corte di Cassazione – copia non ufficiale In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. 2 settembre 2016, n. 17526; Cass. 17 febbraio 2015, n. 3122). In tal senso, non possono quindi ritenersi espressive del dedotto disconoscimento le deduzioni, richiamate dal ricorrente (pag. 9 del ricorso), secondo cui lo stesso «non aveva mai dato inizio ad alcuna relazione affettiva in costanza di matrimonio» o in cui si è assunto «l’infondatezza delle affermazioni della Mariani circa la supposta esistenza di una relazione extraconiugale del sig. Nativi». D’altro canto, il rilievo per cui l’odierno istante, a fronte della produzione in giudizio delle evidenze telematiche, avrebbe smentito che quanto rappresentato nella documentazione corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta (sempre pag. 9 del ricorso) appare del tutto generico e carente di autosufficienza: infatti, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469). Analoghe considerazioni 

 

 

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