SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimento nella SEPARAZIONE
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Nelle cause per separazione personale dei coniugi – in cui ciascuno di essi muove all’altro addebiti integranti gli estremi della separazione per colpa l’indagine testimoniale, sia nel momento dell’acquisizione delle deposizioni, sia in quello finale della loro valutazione in un contesto globale, è particolarmente delicata ed il giudice, pur tenendo in debito conto i rapporti di parentela, dipendenza etc., che possono spingere i terzi ad una scarsa obiettività, deve considerare le deposizioni di tutti e giudicare della scarsa attendibilità di un teste non apoditticamente, in base al solo rapporto che lo lega alla parte che lo ha indotto, ma secondo la verosimiglianza o meno, delle circostanze affermate e la conferma che queste possono trovare o meno nelle deposizioni di altri testi
MA QUANTO INCIDE IL TRADIMENTO?
VALORE PROVE TESTIMONIALI SUL TRADIMENTO SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimento
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 4 dicembre 2014, n. 25663. Nelle cause per separazione personale dei coniugi –
- a) accolta la domanda della I. per la pronuncia della separazione personale con addebito al marito, il G. , la cui opposta domanda era stata respinta; b) disposto l’affidamento condiviso dei due figli, con la loro residenza privilegia presso la madre, alla quale veniva assegnata la casa coniugale; c) fissato un assegno di mantenimento per i figli, a carico del G. , in Euro 400,00 mensili (oltre al 50% delle spese straordinarie) e, in favore della moglie, in Euro 100,00.
Secondo la Corte territoriale, andavano condivise le argomentazioni del primo giudice, perché pienamente corrispondenti e coerenti con il contenuto dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado. In particolare, il giudice distrettuale, premesso che dalle testimonianze dei parenti della I. , considerati testi attendibili, era emerso il comportamento violento e fedigrafo del G. , nonché il suo allontanamento dalla residenza coniugale; comparato il comportamento dei coniugi; concludeva affermando che la responsabilità del fallimento dell’unione matrimoniale andava imputata esclusivamente al marito.SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimentoil principio di diritto secondo cui, nelle cause per separazione personale dei coniugi -in cui ciascuno di essi muove all’altro addebiti integranti gli estremi della separazione per colpa l’indagine testimoniale, sia nel momento dell’acquisizione delle deposizioni, sia in quello finale della loro valutazione in un contesto globale, è particolarmente delicata ed il giudice, pur tenendo in debito conto i rapporti di parentela, dipendenza etc., che possono spingere i terzi ad una scarsa obiettività, deve considerare le deposizioni di tutti e giudicare della scarsa attendibilità di un teste non apoditticamente, in base al solo rapporto che lo lega alla parte che lo ha indotto, ma secondo la verosimiglianza o meno, delle circostanze affermate e la conferma che queste possono trovare o meno nelle deposizioni di altri testi.
3.1.1. Pur non contestando tale principio, il ricorrente ha sostenuto l’inattendibilità dei testi escussi in ragione del fatto che si sarebbe trattato di testimonianze de relato actoris. Egli, a tale proposito, riporta specifici brani della sentenza di primo grado dai quali risulterebbe proprio tale mancanza di valore probatorio. -
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ADDEBITO SEPARAZIONE COSA VUOL DIRE ?QUANDO
La dichiarazione di addebito della separazione cosa implica ?
Implica la sussistenza di comportamenti «oggettivamente» contrari ai valori sui quali la Costituzione italiana fonda il matrimonio, benché nella «soggettiva» opinione del coniuge agente siano conformi alla «propria» personale etica o visione sociale o religiosa od ai propri costumi o siano espressivi di una spontanea reattività a stili di vita non condivisi. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva ritenuto non censurabili, ai fini dell’addebito della separazione, le condotte della moglie vessatorie e violente nei confronti del marito, in quanto scaturite da uno stato di disagio profondo e cagionate dalla peculiare cultura e storia personale della donna).
, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143 cod. civ. a carico dei addebito della separazione, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica.
addebito della separazione
la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143 cod. civ. a carico dei addebito della separazione, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica.
Non può costituire motivo di addebito della separazione la commissione, dopo il deposito del ricorso per separazione personale e nelle more dell’udienza presidenziale, di un grave reato in danno del coniuge (nella specie, tentato sequestro a scopo di estorsione) ove il fatto sia avvenuto in un contesto di oggettiva e perdurante assenza tra le parti del “consortium vitae” e nell’ambito di rapporti interpersonali non più connotati dall'”affectio coniugalis”, per la risalente e stabilizzata cessazione della convivenza delle parti.
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, ed al fine della addebitabilità della separazione, vertendosi in materia di diritti indisponibili, le ammissioni di una parte non possono assumere valore di confessione in senso stretto, a norma dell’art. 2730 cod. civ., ma possono essere utilizzate – unitamente ad altri elementi probatori – quali presunzioni ed indizi liberamente valutabili, sempre che esprimano non opinioni o giudizi o stati d’animo personali, ma fatti obiettivi, suscettibili, in quanto tali, di essere valutati giuridicamente come indice della violazione di specifici doveri coniugali. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, estrapolando acriticamente alcune frasi da una lettera inviata dal marito alla moglie nella quale il primo riconosceva di non essere stato un buon marito, vi ravvisava una sostanziale confessione della violazione dei doveri coniugali, con conseguente venir meno, ai fini della pronuncia di addebito, della rilevanza causale della violazione del dovere di fedeltà da parte della moglie).
l’abbandono della casa familiare
di per sè costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio. Ne consegue che il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi — e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono — che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto.
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Ai sensi dell’art. 151 c.c. la separazione dei coniugi deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno della vita dei coniugi, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza e che sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso ogni addebito alla moglie, dando conto dello stato di depressione in cui ella era piombata, sfociato in un tentativo di suicidio, così ampiamente motivando sull’intollerabilità della convivenza coniugale).
In tema di separazione personale
Ai sensi del novellato art. 151 c.c. la separazione dei coniugi deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale di una sola delle parti, verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità. (Nella specie, alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ravvisato i fatti dimostrativi della intollerabilità della convivenza in contrasti di vario genere e gravi litigi, evidenziati, tra l’altro, da una relazione del servizio sociale, nonché dal comportamento processuale del marito in relazione ad una lettera della moglie che denunciava una condizione di forte insoddisfazione, delusione e sofferenza per il fallimento del matrimonio, e, in generale, alla dimostrazione della incapacità dell’uomo di comprendere e dare significato alle emozioni ed alle aspirazioni della moglie).
In tema di separazione personale dei coniugi, l’allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di convivenza, può costituire causa di addebito della separazione, a meno che sia avvenuto per giusta causa, che può essere rappresentata dalla stessa proposizione della domanda di separazione, di per sé indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell’intollerabilità della convivenza, sicché, in caso di allontanamento e di richiesta di addebito, spetta al richiedente, e non all’altro coniuge, provare non solo l’allontanamento dalla casa coniugale, ma anche il nesso di causalità tra detto comportamento e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata (nella specie vendita della casa familiare e attribuzione del ricavato a ciascun coniuge in proporzione al denaro investito nel bene stesso). Ne consegue che questi ultimi non sono suscettibili di modifica (o conferma) in sede di ricorso “ad hoc” ex art. 710 c.p.c. o anche in sede di divorzio, la quale può riguardare unicamente le clausole aventi causa nella separazione personale, ma non i patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell’art. 1372 c.c.
In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
In tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, (e, in particolare alle negative risultanze del tentativo di conciliazione), dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la legge 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale.
La dichiarazione di addebito della separazione implica la imputabilità al coniuge del comportamento, volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri del matrimonio, cui sia ricollegabile l’irreversibile crisi del rapporto fra coniugi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto, da un lato, che la condotta, consistente in furti di danaro ai familiari ed ai terzi ed in acquisti particolarmente frequenti e fuori misura di beni mobili, configurasse violazione dei doveri matrimoniali, e, dall’altro lato, che il disturbo della personalità del coniuge, caratterizzato da un impulso compulsivo all’acquisto, non escludesse la capacità di intendere e di volere e l’imputabilità di detti comportamenti).
Non può costituire motivo di addebito della separazione la circostanza che uno dei coniugi, pur non avendone la necessità, per essere l’altro disposto ad assicurargli con le proprie risorse il mantenimento di un tenore di vita adeguato al livello economico-sociale del nucleo familiare, abbia voluto dedicarsi ad una attività lavorativa retribuita o ad un’altra occupazione più o meno remunerativa ed impegnativa, al fine di affermare la propria personalità anche al di fuori dell’ambito strettamente domestico, purché tale decisione non comporti una violazione dell’ampio dovere di collaborazione gravante su entrambi i coniugi, in quanto contrastante con l’indirizzo della vita familiare da essi concordato prima o dopo il matrimonio, e non pregiudichi l’unità della famiglia, in quanto incompatibile con l’adempimento dei fondamentali doveri coniugali e familiari.
In tema di separazione personale con richiesta di addebito, proposta da uno dei coniugi e basata sulla infedeltà dell’altro, la successiva generica manifestazione di una volontà riconciliativa da parte del coniuge non infedele, poiché di per sé non elide la gravità del “vulnus” subito ed, in ogni caso, costituisce un “posterius” rispetto alla proposizione della domanda di separazione con richiesta di addebito, in tanto può assumere valore ai fini della esclusione di una efficienza causale dell’infedeltà in ordine alla crisi dell’unione familiare in quanto ad essa corrisponda un positivo riscontro da parte del coniuge infedele.
In tema di separazione giudiziale, l’addebitabilità della colpa del fallimento del matrimonio deve essere riferita anche al periodo di convivenza pre-matrimoniale, allorchè questo si collochi rispetto al matrimonio come un periodo di convivenza continuativo, che consente, quindi, di valutare complessivamente la vita della coppia e le reciproche responsabilità dei coniugi.
Il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi, e l’onere incombe su chi ha posto in essere l’abbandono, che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto; tale prova è più rigorosa nell’ipotesi in cui l’allontanamento riguardi pure i figli, dovendosi specificamente ed adeguatamente dimostrare, anche riguardo ad essi, la situazione d’intollerabilità.
La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 cod. civ quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge.
Ai fini della separazione giudiziale, l’esistenza di una nuova famiglia, composta dal coniuge, dalla nuova convivente e dal loro figlio minore costituisce sicuro indice della intollerabilità della convivenza matrimoniale.
Grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
In tema di separazione tra coniugi, la reiterata inosservanza da parte di entrambi dell’obbligo di reciproca fedeltà non costituisce circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione in capo all’uno o all’altro o ad entrambi, quando sia sopravvenuta in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al comune sentire, in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non caratterizzata da “affectio coniugalis”.
In tema di addebitabilità della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili – traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner – essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere.
L’allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell’altro coniuge, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed conseguentemente causa di addebitamento della separazione; non concreta, invece, tale violazione il coniuge se risulti legittimato da una “giusta causa”, vale a dire dalla presenza di situazioni di fatto di per sé incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che, addebitando la separazione alla moglie, non aveva ravvisato la giusta causa del suo allontanamento nei frequenti litigi domestici con la suocera convivente e nel conseguente progressivo deterioramento dei rapporti tra gli stessi coniugi).
In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poichè lesivo della pari dignità di ogni persona.
Nel giudizio di separazione personale, ove venga dedotto come causa di addebitabilità della separazione il mancato accordo sulla fissazione della residenza familiare, il giudice di merito, al fine di valutare i motivi del disaccordo, deve tenere presente che l’art. 144 c.c. rimette la scelta relativa alla volontà concordata di entrambi i coniugi, con la conseguenza che questa non deve soddisfare solo le esigenze economiche e professionali del marito, ma deve soprattutto salvaguardare le esigenze di entrambi i coniugi e quelle preminenti della serenità della famiglia. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito, che aveva tenuto conto unicamente delle esigenze economiche e lavorative prospettate dal marito, omettendo di valutare quelle, offerte dalla moglie, inerenti al suo stato di gravidanza ed all’imminente maternità).
La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge.
In tema di separazione personale tra i coniugi, non è ammissibile, successivamente alla pronuncia di separazione senza addebito, così come all’omologazione della separazione consensuale, chiedere il mutamento del titolo della separazione stessa, da consensuale a giudiziale con addebito, né per fatti sopravvenuti né per fatti anteriori alla separazione ma emersi successivamente, stante il disposto dell’art. 151, secondo comma, c.c. che attribuisce espressamente al giudice della separazione la competenza ad emettere la eventuale ed accessoria pronuncia di addebito.
In materia di separazione tra i coniugi, ai fini dell’accertamento dell’addebito, è rilevante il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio posto in essere da un coniuge, benché tollerato negli anni dall’altro; tuttavia, seppure la tolleranza non sia una «esimente oggettiva» può essere espressione di una sostanziale cessazione dell’affectio coniugalis e quindi della conversione del matrimonio in una protratta convivenza meramente formale, con la conseguenza dell’esclusione della rilevanza del comportamento in violazione, ai fini della valutazione di cui all’art. 151, secondo comma, c.c. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata che non aveva censurato, ai fini dell’addebitabilità della separazione, le ventennali angherie della moglie poiché tollerate dal marito).
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SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimento nella SEPARAZIONE
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Nelle cause per separazione personale dei coniugi – in cui ciascuno di essi muove all’altro addebiti integranti gli estremi della separazione per colpa l’indagine testimoniale, sia nel momento dell’acquisizione delle deposizioni, sia in quello finale della loro valutazione in un contesto globale, è particolarmente delicata ed il giudice, pur tenendo in debito conto i rapporti di parentela, dipendenza etc., che possono spingere i terzi ad una scarsa obiettività, deve considerare le deposizioni di tutti e giudicare della scarsa attendibilità di un teste non apoditticamente, in base al solo rapporto che lo lega alla parte che lo ha indotto, ma secondo la verosimiglianza o meno, delle circostanze affermate e la conferma che queste possono trovare o meno nelle deposizioni di altri testi
MA QUANTO INCIDE IL TRADIMENTO?
VALORE PROVE TESTIMONIALI SUL TRADIMENTO SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimento
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 4 dicembre 2014, n. 25663. Nelle cause per separazione personale dei coniugi –
- a) accolta la domanda della I. per la pronuncia della separazione personale con addebito al marito, il G. , la cui opposta domanda era stata respinta; b) disposto l’affidamento condiviso dei due figli, con la loro residenza privilegia presso la madre, alla quale veniva assegnata la casa coniugale; c) fissato un assegno di mantenimento per i figli, a carico del G. , in Euro 400,00 mensili (oltre al 50% delle spese straordinarie) e, in favore della moglie, in Euro 100,00.
Secondo la Corte territoriale, andavano condivise le argomentazioni del primo giudice, perché pienamente corrispondenti e coerenti con il contenuto dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado. In particolare, il giudice distrettuale, premesso che dalle testimonianze dei parenti della I. , considerati testi attendibili, era emerso il comportamento violento e fedigrafo del G. , nonché il suo allontanamento dalla residenza coniugale; comparato il comportamento dei coniugi; concludeva affermando che la responsabilità del fallimento dell’unione matrimoniale andava imputata esclusivamente al marito.SEPARAZIONE ADDEBITO PROVE DEL tradimento
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