RISARCIMENTO MORTE INCIDENTE ANCONA APPELLO TRIBUNALE

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AVVOCATO ESPERTO RISARCIMENTO DANNI GRAVI INCIDENTI STRADALI INCIDENTI MORTALI

L’ESPERTO AVVOCATO SERGIO ARMAROLI RICEVE PRESSO LO STUDIO DI BOLOGNA PREVIO APPUNTAMENTO AL 051 6447838

PUO’ RECARSI NELLE MARCHE PREVIO INCARICO FORMALE

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INCIDENTI GRAVI E MORTALI

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avvocato esperto gravi incidenti

L’avvocato Sergio Armaroli patrocinante nelle magistrature superiori  occupa delle problematiche e delle questioni risarcitorie connesse all’infortunistica stradale, fornendo consulenza ed assistenza specifica, mediante la gestione del rapporto tra il soggetto danneggiato, il soggetto danneggiante e la compagnia assicuratrice, sia in sede stragiudiziale, curando la quantificazione, la definizione del risarcimento del danno, sia in sede giudiziale qualora la controversia non giunga ad una soluzione conciliativa. Dette attività vengono svolte avvalendosi della collaborazione di consulenti tecnici e medici-legali esterni. Sin dall’esordio professionale mi sono occupato di risarcimento danni, anche da sinistri stradali, affrontando, nel tempo, casi complessi. Un esempio su tutti: ho assistito i familiari di un pedone “vittima della strada”, raggiungendo, con la Compagnia assicurativa del danneggiante, un più che vantaggioso accordo per i miei clienti, evitando loro, da un lato, l’incertezza insita in ogni azione giudiziaria, dall’altro, l’anticipo di cospicue spese legali !

Corte d’Appello Ancona, Sez. II, Sent., 09/11/2023, n. 1629

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P.Q.M.Conclusione

Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA

II SEZIONE CIVILE

Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei sigg. magistrati

Dott.ssa Maria Ida Ercoli – Presidente

Dott.ssa Cecilia L.C. Bellucci – Consigliere

Dott.ssa Paola Boiano – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel procedimento n. 420/2020 R.G.

promosso da

G.I. (c.f. (…)), rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Martina Martina (c.f. (…)), ed elettivamente domiciliato presso il suo Studio in Roma alla Via Cattaro n. 12

APPELLANTE

Contro

C.A.G. S.P.A. (c.f. (…), p.i. (…)), in persona del suo procuratore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Massimiliano Fraticelli il quale ha dichiarato di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata avvmassimilianofraticelli§cnfpec.it

APPELLATA

e nei confronti di

G.V.

e

A.I.

APPELLATI non costituiti

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza n. 612/2019, resa ex art. 281 sexies c.p.c. in data 28/10/2019 (RG 2152/2016), il Tribunale di Fermo rigettava la domanda avanzata da G.I. nei confronti degli odierni appellati per il risarcimento dei danni a lui derivati dalla morte della figlia C.D. verificatasi in occasione e all’esito del sinistro stradale occorso il 24/12/2014, alle ore 20,35 circa, compensando tra le parti le spese di lite.

Premette il Tribunale che, pur essendoci questioni di merito e di rito, le seconde possono essere pretermesse sulla scorta di una questione di merito “più liquida”.

Ciò premesso, osserva che la risposta è data proprio da Ord. Cass., n. 907 del 17 gennaio 2018, nella quale viene criticata la scelta della Corte di appello di ritenere che, essendo la vittima figlio, fratello e coniuge dei soggetti richiedenti il risarcimento del danno, questi ultimi non erano onerati di fornire la prova di relazioni di convivenza o di vicendevole affetto e frequentazione, e ciò ha fatto erroneamente, avendo in sostanza ritenuto che il danno fosse in re ipsa, affermando in modo assertivo che dovesse spettare “ai parenti stretti” secondo il criterio presuntivo e provvedendo -sulla base dei criteri tabellari in uso- a liquidare in maniera indiscriminata la medesima somma in favore di ciascuno degli otto fratelli (elevati a nove), così violando i principi in materia di presunzioni e di valutazione equitativa del danno, tenuto conto che la possibilità di provare per presunzioni non esonera chi lamenta un danno e ne chiede il risarcimento di darne concreta allegazione e prova.

Osserva, altresì, che l’ordinanza della Cass. n. 2056 del 29 gennaio 2018 si occupa indirettamente ma chiaramente del problema, risolvendo una questione tutt’affatto differente e non riguardante la perdita del rapporto ma l’individuazione del danno “esistenziale”, il quale non consiste nel mero “sconvolgimento dell’agenda” o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e in particolare da meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità…, bensì nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, nello sconvolgimento dell’esistenza in cui di detto aspetto ( o voce ) del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante”( rinvia, sul punto, a Cass., 16/11/2017, n. 27229; Cass., 11/4/2017, n. 9250; Cass., 19/10/2016, n. 21059; Cass., 3/10/2016, n. 19641; Cass., 20/8/2015, n. 16992; 23/1/2014, n. 1361; Cass., 30/6/2011, n. 14402; oltre che, ovviamente, alle sentenze gemelle dell’11 novembre 2008) ed ha aggiunto che “esso va dal danneggiato allegato e provato, secondo la regola generale ex art. 2697 c.c….e l’allegazione a tal fine necessaria deve concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, e non già purchessia formulata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico”. Mancando un vero e proprio “sconvolgimento dell’esistenza” (che non era stato neanche allegato dai ricorrenti), danni come “stress”, “stato depressivo”, “trauma psicologico”, o “l’essere “sempre turbato, depresso”” e il “dormire malissimo” possono “al più integrare la diversa voce del c.d. danno biologico.

Ciò detto, osserva quindi il Tribunale che la questione vada risolta nell’ambito della prova e che la prova potrebbe essere data, sulla non opposizione della controparte interessata, sul punto, attraverso la mera deduzione della convivenza e del rapporto genitoriale, trattandosi sicuramente di una prova per presunzioni, ma nello stesso tempo di una presunzione così consistente da esimere l’attore da qualsiasi altra dimostrazione; che, tuttavia, nel caso di specie trattasi di un genitore non convivente e addirittura per molto tempo all’estero, riguardo il quale controparte eccepisce mancanza di rapporti affettivi, anche a seguito della disinteresse manifestato dal genitore medesimo; che è stata data prova di un sostanziale disinteresse, durato per anni, nonché di una mancanza dei contatti, non coltivati dal genitore, tra le figlie e l’attore medesimo, attraverso la deposizione testimoniale dell’altra figlia sopravvissuta, da ritenersi categorica e precisa, oltre che priva di interessi economici; che, al contrario, la testimonianza della teste dell’attore è generica e peraltro esclusivamente “de relato actoris”; che, in ultima analisi, va valutato se possa residuare in ogni caso il diritto ad un risarcimento, seppure molto circoscritto nel quantum, sulla base della prospettiva di un riavvicinamento tra il padre e le figlie in un arco temporale futuro più distanziato e ciò alla luce di alcune espressioni usate nella giurisprudenza sopra richiamata, in particolare l’espressione che definisce la perdita del rapporto parentale quale definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali normalmente si esprimono; che, tuttavia, deve ritenersi che la possibilità meramente teorica di un futuro miglior rapporto fra le parti anche sulla base di rapporti in precedenza mai avuti per lunghissimi anni non possa determinare, avuto riguardo alle “modalità” con le quali “normalmente” questo tipo di relazioni “si esprimono” non possa essere sufficiente a configurare la lesione di cui si tratta; che, in definitiva, la domanda va rigettata, mentre le notevoli oscillazioni giurisprudenziali anche di anni recenti nonché la complessità teorica di inquadrare la fattispecie in concreto giustificano ampiamente la compensazione totale delle spese.

Avverso l’impugnata sentenza propone appello G.I., deducendo i motivi di seguito riepilogati ed esaminati, per chiedere, in riforma della gravata pronuncia: 1) accertare e dichiarare che il sinistro per cui è causa si è verificato per esclusiva responsabilità del Sig. A.I., alla guida dell’autoveicolo R.T., targato (…), assicurato ai fini della r.c.a con G. S.p.a. e di proprietà della Sig.ra G.V. secondo le modalità descritte nell’atto introduttivo del giudizio così come accertate e relazionate in sede di consulenza tecnica d’ufficio espletata in sede penale; 2) accertare e dichiarare che a causa della violenza della collisione tra la Fiat Grande Punto, condotta da T.E.L. e la R.T. in moto di ribaltamento, G.C.D. riportava le gravissime lesioni che ne avrebbero cagionato a distanza di circa 15 ore il decesso; 3) accertare e dichiarare il diritto alla risarcibilità iure proprio del danno morale da prematura rottura del rapporto parentale in favore di G.I., in qualità di padre e legittimo erede della vittima, che si è ritenuto di quantificare in complessivi Euro 327.990,00, ovvero della maggiore o minore somma ritenuta equa e di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro al dì dell’effettivo soddisfo; 4) accertare e dichiarare che G.C.D., tragica impotente spettatrice delle conseguenze infauste delle gravi lesioni riportate e con esse della propria morte a ben 15 terribili ore di distanza dalla verificazione del sinistro stradale che l’ha vista coinvolta, nell’alternanza di fasi di incoscienza a fasi di lucida agonia e piena consapevolezza del lento spegnersi della propria vita, ha inoltre maturato una pretesa creditoria di tipo risarcitorio che è stata trasmessa al padre in qualità di erede superstite iure hereditatis per il danno morale catastrofale e biologico da morte, cui lo stesso ha diritto e che si quantifica in complessivi Euro 80.000,00 per il danno morale catastrofale ed in Euro 50.000,00 per il danno biologico terminale, ovvero della maggiore o minore somma ritenuta equa e di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro al dì dell’effettivo soddisfo e, per l’effetto, 5) condannare la G. S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, G.V. e A.I., in solido tra loro, al risarcimento dei danni come sopra quantificati, ovvero della maggiore o minore somma ritenuta equa e di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro al dì dell’effettivo soddisfo; 6) condannare altresì i medesimi, sempre in solido tra loro, al pagamento, in favore dell’attore della complessiva somma di Euro 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno ex art. 96, terzo comma c.p.c., o della maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, per la mancata adesione alla convenzione di negoziazione assistita ai sensi dell’art. 2 e ss. del D.L. n. 132 del 2014, così come convertito in L. n. 162 del 2014; In via subordinata 7) nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della eccezione di parte convenuta circa la corresponsabilità di G.C.D. nella causazione del suo stesso evento morte, condannare gli appellati, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni patiti da G.I., come sopra articolati, proporzionalmente alla misura della diligenza violata e delle conseguente che ne sono scaturite ex art. 1227 comma primo c.c.”; con vittoria di onorario e spese di entrambi i gradi di giudizio da distrarsi in favore dello scrivente difensore che si dichiara antistatario.

Con comparsa di risposta, depositata il 02/09/2020, si è costituita in giudizio la C.D.A.G. S.P.A., contestando le motivazioni del gravame, per chiedere: “- in via preliminare, accertata l’inesistenza di una valida procura alle liti tanto per il giudizio di primo grado quanto per quello di secondo grado, dichiarare tamquam non esset e, comunque, nulla, l’attività processuale posta in essere ex adverso in entrambi i gradi di giudizio e, giocoforza, emettere una declaratoria di improponibilità e/o inammissibilità e comunque infondatezza dell’avversa domanda, con ogni di ciò giuridica conseguenza, anche in ordine alle spese di lite; – in via principale, ferma restando la suesposta eccezione, respingere il proposto gravame, siccome del tutto infondato in fatto e in diritto e, comunque, non provato, ed indi confermare in toto la sentenza di primo grado, con ogni di ciò giuridica conseguenza, anche in ordine alle spese di lite; – in via meramente subordinata, nella denegata e davvero non creduta ipotesi in cui ritenessero meritevoli di accoglimento i motivi di appello avversari, respingere comunque la domanda appellante in forza dell’applicabilità al caso di specie dell’art. 1227, secondo comma, c.c., con ogni di ciò giuridica conseguenza, anche in ordine alle spese di lite; – in via di ulteriore subordine, nella denegata e davvero non creduta ipotesi di rigetto delle precedenti conclusioni, ridurre il quantum risarcitorio eventualmente accordato a pars appellante a titolo di danno iure proprio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227, primo comma, c.c. e, comunque, in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, così come evidenziate in narrativa, con particolare riguardo all’assenza di convivenza, all’assenza di rapporti significativi tra padre e figlia, alla lontananza fisica e geografica tra i due, con ogni di ciò giuridica conseguenza, anche in ordine alle spese di lite; – sempre in via di mero subordine, nella denegata e davvero non creduta ipotesi di accoglimento del proposto gravame, con specifico riguardo al danno iure hereditatis, contenere il quantum risarcitorio eventualmente accordato a tale titolo a pars appellante al di sotto e, comunque, entro il limite massimo di Euro 30.000,00, così come previsto dalle vigenti Tabelle di Milano, in considerazione del brevissimo lasso di tempo intercorso tra evento lesivo e morte, nonché dell’applicabilità al caso di specie dell’art. 1227, primo comma, c.c., con ogni di ciò giuridica conseguenza, anche in ordine alle spese di lite; – in ogni caso, respingere l’istanza ex adverso avanzata ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 c.p.c. Con vittoria di spese e competenze di causa ex art. 91 c.p.c.”.

Nessuno si è costituito per G.V. e A.I.. La Corte, verificata la regolarità della notifica dell’atto di appello, dichiara la loro contumacia.

Con ordinanza del 06 luglio 2022 la Corte ha trattenuto la causa in decisione, assegnando alle parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c..

Con comparsa depositata il 06/10/2023 si è costituito in giudizio l’avv. E.U., quale nuovo procuratore, in sostituzione del precedente difensore, di P.L.C., quale mandatario del sig. G.I., facendo propri tutti gli atti e gli scritti difensivi già depositati, da intendersi integralmente riportati e trascritti, facendo altresì proprie tutte le allegazioni di causa ed, infine, riproponendo le medesime conclusioni già contenute nel primo atto costitutivo nel presente grado. La costituzione è tardiva in quanto successiva all’udienza in cui la causa è stata presa in decisione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’appellante censura la gravata sentenza nella parte in cui si legge Qui, tuttavia, ci troviamo di fronte a un genitore non convivente e addiritturaper molto tempo all’estero. Inoltre, la controparte eccepisce la mancanza di rapporti affettivi, anche a seguito del disinteresse manifestato dal genitore medesimo. Non solo: è stata data prova di una sostanziale disinteresse, durato per anni, nonché di una mancanza dei contatti, non coltivati dal genitore, tra le figlie e l’attore medesimo. Di questo stato di cose viene dato conto da parte dell’altra figlia sopravvissuta, sentita come teste. Testimonianza categorica e precisa e priva di interessi economici. Al contrario, la testimonianza della teste dell’attore è generica e peraltro esclusivamente “de relato actoris”…Alla luce di ciò, la domanda va rigettata…. Deduce che le più recenti Tabelle milanesi per la liquidazione del danno non patrimoniale per la morte del congiunto (aggiornate a marzo 2018) indicano, in relazione al rapporto di parentela nella prima colonna un “valore monetario base” e nella seconda un valore massimo derivante dall’applicazione di un “aumento personalizzato”; che i valori indicati nella prima colonna esprimono la “uniformità pecuniaria di base”, per la cui liquidazione il giudice, in presenza di specifiche allegazioni di parte, potrà fare utile applicazione anche e soprattutto della prova presuntiva, dalla quale deve prendere le mosse per procedere alla personalizzazione del danno per la quale sarà necessaria una rigorosa prova di circostanze di fatto da cui possa desumersi il massimo sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale; che il primo giudice ha avvalorato la testimonianza della figlia più grande, la quale, sebbene abbia dichiarato che l’attore non era stato un buon padre per sé e per la sorella, ammette di essersi riavvicinata allo stesso in prossimità del suo matrimonio e ciò consente di affermare che rapporti pessimi ed un vero e proprio risentimento per il padre, ove effettivamente esistenti, non le avrebbero fatto sentire il bisogno di presentarlo al marito, né di incontrarlo personalmente presso l’abitazione dello stesso; che il primo giudice avrebbe dovuto avvalorare le dichiarazioni rese dalla teste di parte attrice, Sig.ra D., in merito all’esistenza di un’affettività sia pur lontana e non immune da asperità, anche dettate dalla separazione con la loro madre, tra l’attore e le sue figlie, e comunque, avrebbe dovuto valutare le dichiarazioni rese da una delle due testi, soppesandole alla luce delle dichiarazioni rese dall’altra, all’interno di un quadro probatorio unitario ed organico.

Il primo motivo è infondato e va pertanto respinto.

Secondo recente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. III 2023/26140) nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere, secondo l”id quod plerumque accidit”, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è, per comune esperienza, connaturale all’essere umano. Naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis, sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l’esistenza di circostanze concrete dimostrative dell’assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite.

Ciò detto, anche ammettendo che il legame di sangue abbia comportato una sofferenza nell’odierno appellante, reputa la Corte adita che la compagnia assicuratrice abbia fornito la prova circa l’assenza di un legame affettivo che consente di ritenere superata la presunzione in parola.

Varrà premettere che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili. Spetta, invero, in via esclusiva al giudice di merito il compito di selezionare, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante, ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 16499 del 15/07/2009; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014)( Cass. 2017/113).

Ciò premesso, va osservato che la rivalutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, in particolare della deposizione testimoniale di A.G., figlia dell’odierno appellante e sorella della deceduta C.D., consente di ritenere provato che G.I. si sia disinteressato completamente delle figlie sin dalla separazione dalla loro madre, tanto da vendere la casa dove la famiglia così formata aveva vissuto fino a quel momento, ed anche successivamente per tutto il tempo della loro crescita e fino alla data del sinistro mortale. Le ragazze, infatti, dopo la separazione, continuarono a vivere con la loro madre, che fu l’unica a prendersene cura anche economicamente assieme alla nonna materna, alla quale vennero affidate nel periodo in cui la madre si trasferì in Italia per cercare lavoro. Stesso disinteresse l’appellante ha avuto dopo che le ragazze si erano trasferite in Italia per ricongiungersi con la loro madre (2008), tanto che ebbero occasione di rivedere il padre soltanto nel 2013, quando si recarono in Romania, ma solo perché il futuro marito di A.G. voleva conoscere G.I.. La conoscenza, peraltro, non sortì evidentemente esiti positivi atteso che l’odierno appellante non fu invitato al matrimonio. Questi, infine, dopo la morte della figlia contattò telefonicamente l’altra figlia, A.G., palesando alla stessa, quale unico argomento/motivo d’interesse, la sua pretesa risarcitoria in conseguenza del sinistro.

Posto quanto precede, va osservato, altresì, che l’odierno appellante non ha dato prova di elementi utilizzabili neppure in via presuntiva per poter ritenere sussistente la sua sofferenza in ragione del rapporto di parentela. La rivalutazione della domanda attrice, infatti, consente di evincere, in primis, una originaria carenza dei relativi fatti costitutivi, siccome allegati nell’atto introduttivo del primo grado, e ciò in ragione del fatto che l’attore si è limitato ad affermare il profondo turbamento e sofferenza fisica, morale e psichica subiti, senza tuttavia spiegare in cosa gli stessi siano consistiti e come si siano manifestati, e prima ancora, omettendo di fornire elementi fattuali fondanti il rapporto affettivo e di condivisione asseritamente vissuti con la figlia (e che sarebbero venuti a mancare in seguito al decesso della stessa), utilizzabili anche allo scopo di dare ragione della intensità del vincolo familiare, delle abitudini di vita e di ogni altra circostanza utile per una eventuale liquidazione ponderata che tenga conto di tutte le conseguenze connesse alla morte della ragazza. Inoltre, a fronte della specifica contestazione avversaria circa l’assenza del vincolo affettivo tra padre e figlia, fondata anche sulla circostanza di una condanna penale per alimenti a carico di G.I., questi, nelle memorie ex art. 183 co. VI n.1 c.p.c. (deputate alla definitiva formazione del thema decidendum e quindi del thema probandum) si è limitato ad affermare che la perdita della persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, come fosse un innegabile automatismo, senza tuttavia negare la circostanza della condanna penale, e/o allegare circostanze di segno contrario, oltre a non palesare alcuna indignazione che ci si aspetterebbe da una persona ingiustamente incolpata di fatti di reato perpetrati nei confronti della propria famiglia e, quindi, della figlia, poi peraltro deceduta in circostanze tragiche. Elementi utilizzabili in via presuntiva non si ricavano neppure dalla deposizione della teste di parte attrice, resa in maniera del tutto generica ed affatto circostanziata, il cui contenuto è stato appreso prevalentemente de relato actoris. Del rapporto tra padre e figlia, peraltro, non viene riferita alcuna modalità espressiva, alcuna abitudine, e, comunque, non ne è stato fornito alcun riscontro oggettivo che fosse rivelatore di una relazione interpersonale effettivamente intessuta, mantenuta nel tempo anche a notevole distanza e/o espressione di una qualche intensità del preteso vincolo familiare.

Con il secondo motivo censura la gravata pronuncia con riferimento al danno morale catastrofale e biologico terminale.

Deduce, a tal fine, che per giurisprudenza consolidata sia il danno biologico terminale accertabile con valutazione medico-legale e originato dalla lesione dell’integrità psico-fisica della persona per un considerevole lasso di tempo, che il danno morale catastrofale comprendente le sofferenze morali patite dalla persona anche in stato di incoscienza nel lasso di tempo compreso tra l’evento che le ha cagionate e la morte, integrano una pretesa risarcitoria che entra a far parte del patrimonio della vittima prima della verificazione dell’evento morte e che, in quanto tale, si trasmette agli eredi: che si tratta, quindi, di voci di danno distinte dal danno tanatologico, connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, quale valore assoluto, intangibile e supremo, trattandosi piuttosto del diverso danno subito dal de cuius nell’intervallo di tempo tra la lesione del bene salute ed il sopraggiungere della morte conseguente a tale lesione che, pertanto, rientrerebbe nel danno da inabilità temporanea, la cui quantificazione equitativa va operata tenendo conto delle caratteristiche peculiari di questo pregiudizio; che, pertanto, il giudice potrà applicare il criterio di liquidazione equitativa “puro” o quello “tabellare”, in quanto entrambi qualificati come criteri di liquidazione utilizzabili, purché adeguatamente personalizzati, ovvero adeguati al caso concreto; che, ai fini di una quantificazione delle predette voci di danno, deve farsi riferimento alla relazione medico-legale resa in sede penale, dalla quale emergono le sofferenze morali e fisiche sopportate in stato di shock ed incoscienza e tragicamente percepite dalla vittima negli ultimi istanti della propria esistenza, dalla verificazione del danno al suo exitus; che il riconoscimento di una simile voce di danno avrebbe dovuto prescindere da un’indagine in concreto sull’esistenza di un vincolo affettivo tra le parti, basandosi sul solo vincolo di consanguineità e sulla qualità di erede della figlia in capo all’attore, con conseguente accoglimento della domanda, perlomeno, sotto l’aspetto del danno iure hereditatis.

Il motivo è infondato e va quindi rigettato.

Secondo la Suprema Corte (Cass. civile sez. III 08/06/2023, n.16272) la persona ferita che non muoia immediatamente può acquistare e trasmettere agli eredi il diritto al risarcimento sia del danno biologico temporaneo – che di regola sussiste solo per sopravvivenze superiori alle 24 ore e deve essere accertato senza riguardo alla circostanza se la vittima sia rimasta o meno cosciente – sia del danno non patrimoniale consistito nella “formido mortis”, che andrà verificato di caso in caso e che ricorrerà esclusivamente ove la vittima abbia avuto la consapevolezza della propria sorte e della morte imminente. Recita la Corte di legittimità che “Chiunque riporti delle lesioni personali causate dal fatto doloso o colposo altrui – siano esse causate da un incidente o, come nella specie, da un incidente chirurgico programmato di esito infausto – sopravviva all’evento per un certo periodo di tempo, e poi muoia a causa delle lesioni sofferte, può riportare un danno non patrimoniale. Esso può teoricamente manifestarsi in due modi, ferma restando la sua unitarietà quale concetto giuridico. Il primo è il pregiudizio derivante dalla lesione della salute, il secondo è costituito dal turbamento e dallo spavento derivanti dalla consapevolezza della morte imminente. Ambedue questi pregiudizi hanno natura non patrimoniale, come non patrimoniali sono tutti i pregiudizi che investono la persona in sé e non il suo patrimonio. Quel che li differenzia non è la natura giuridica, ma la consistenza reale: infatti il primo (danno biologico o da lesione della salute) ha fondamento medico legale, consiste nella forzosa rinuncia alle attività quotidiane durante il periodo della invalidità e sussiste anche quando la vittima sia stata incosciente. Il secondo, ovvero il danno morale in senso stretto, o danno da patema d’animo, o danno morale soggettivo, non ha fondamento medico legale, consiste in un moto dell’animo e sussiste solo quando la vittima sia stata cosciente e consapevole (Cass. n. 18056/2019)”. Alla luce della pronuncia richiamata, rilevato che dalla consulenza tecnica espletata in sede penale risulta che la danneggiata, al momento di essere soccorsa, risultava aver perso coscienza, in stato di shock quando è stata inviata in sala operatoria ed infine in coma, con decesso constatato alle ore 11,00 del 25/12/2014, non può essere riconosciuto né il danno biologico temporaneo in ragione del fatto che non erano trascorse 24 ore dal verificarsi del sinistro (24/12/2014 ore: 20,25) a quello del decesso, a prescindere quindi se la vittima sia rimasta o meno cosciente, né il danno da “formido mortis”, atteso che le condizioni sopra descritte non consentono di ritenere che la vittima abbia avuto la consapevolezza della propria sorte e della morte imminente.

L’appello va, in definitiva, respinto e le spese del grado vanno integralmente compensate in ragione della continua evoluzione della giurisprudenza in materia anche tra i due gradi di giudizio.

Deve darsi dato atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per l’appello.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da G.I. nei confronti di C.A.G. S.P.A., G.V. e A.I., avverso la sentenza n. 612/2019, resa dal Tribunale di Fermo ex art. 281 sexies c.p.c. in data 28/10/2019 (RG 2152/2016), rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la gravata pronuncia.

Compensa interamente tra le parti le spese di lite del grado.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’ appello.

Conclusione

Così deciso in Ancona, il 20 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2023.

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– Il Tribunale, in esito all’istruttoria dibattimentale, ricostruiva il fatto (pag. 1 motivazione), maturando il convincimento (pagg. 2-3) della palese responsabilità penale dell’imputata C.S. per aver cagionato il decesso di O.M. e lesioni personali gravissime a C.M., pedoni travolti di spalle, mentre stavano camminando sul marciapiede, per avere la C. perso il controllo del veicolo.

  1. OMICIDIO, INFANTICIDIO

Corte d’Appello Ancona, Sent., 21/06/2024, n. 760

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Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA

Sezione penale composta dai magistrati:

  1. Dott. Maria Cristina Salvia – Presidente
  2. Dott. Lorenzo Falco – Consigliere est.
  3. Dott. Isabella M. Allieri – Consigliere

All’udienza in contraddittorio camerale non partecipato del 25/03/2024, ai sensi dell’art. 23 bis D.L. n. 137 del 2020, convertito con mod. nella L. n. 176 del 2020, con il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. L. ORTENZI e con l’assistenza giudiziaria della dr.ssa V. PALERMO, relatore il Consigliere Dr. L. FALCO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale a carico di:

IMPUTATA:

C.S. nata a T. (L.) il (…), elettivamente domiciliata c/o lo studio dell’Avv. Olimpia Frapiccini del foro di Macerata

– difesa dall’Avv. Simone VALENTINI del foro di Macerata di fiducia

– difesa dall’Avv. Olimpia FRAPICCINI del foro di Macerata di fiducia

Posizione Giuridica: Libero – Appellante

Patrocinio a spese dello Stato: NO

IMPUTATA

dei reati p. e p. dall’artt. 81, 589 bis e 590 bis c.p., perché mentre transitava nel territorio del Comune di Potenza Picena, lungo Via Circonvallazione “Le Grazie” – direzione di marcia Porto Potenza Picena – alla guida della propria autovettura FIAT PUNTO tg. (…), giunta all’altezza del civico 37 per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione dell’art. 141 c.d.s., perdeva il controllo del veicolo deviando a destra e salendo sul marciapiede ivi esistente dove investiva i pedoni O.M. e C.M., cagionando alla prima lesioni personali gravissime con decesso verificatosi alle ore 21,59 (diagnosi di arresto cardiaco secondario a verosimile shok emorragico in politrauma) ed al secondo lesioni personali gravissime (diagnosi di ingresso di “trauma cranico con sanguinamento, frattura somatica C2 estesa ad epistrofeo, frattura somatica D12, frattura processo trasverso L3” e prognosi di 60 gg).

In particolare, i pedoni dopo essere stati urtati dalla FIAT PUNTO venivano proiettati contro l’autovettura tg. (…) regolarmente parcheggiata all’interno di uno spazio privato antistante il civico 37, dove, peraltro, terminava la corsa anche l’autovettura dell’imputata.

Fatto commesso in Potenza Picena l’11.04.2017.

Prescrizione: 590 bis c.p. 11.10.2024 (anni 7 e mesi 6)

589 bis c.p. 11.10.2034 (anni 17 e mesi 6)

Appellante l’imputata

Avverso la sentenza n. 856/2022 emessa dal Tribunale di Macerata alla pubblica udienza del 26.05.2022, depositata il 14.06.2022, entro il termine riservato di 90 gg., nei confronti di C.S., dichiarata colpevole del reato continuato a lei ascritto e, per l’effetto, condannata alla pena di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Patente sospesa per la durata di anni due.

Svolgimento del processo

– Il Tribunale, in esito all’istruttoria dibattimentale, ricostruiva il fatto (pag. 1 motivazione), maturando il convincimento (pagg. 2-3) della palese responsabilità penale dell’imputata C.S. per aver cagionato il decesso di O.M. e lesioni personali gravissime a C.M., pedoni travolti di spalle, mentre stavano camminando sul marciapiede, per avere la C. perso il controllo del veicolo.

Difatti, verso le ore 19,45 dell’11 aprile 2017, C.S. percorreva la circonvallazione “Le Grazie”, in territorio del Comune di Potenza Picena, con direzione di marcia sud-nord, alla guida dell’autovettura Fiat Punto, targata (…); giunta in prossimità di una curva a sinistra ad ampio raggio, deviava invece verso destra, salendo sul marciapiede ed investendo i pedoni C.M. e la moglie O.M.; i due pedoni erano stati proiettati in avanti mentre l’auto condotta dall’imputata aveva terminato la propria corsa contro un’altra autovettura parcheggiata all’interno di un’area privata, antistante l’abitazione al civico n.37.

Il Tribunale riteneva “pacifica e non contestata” la dinamica del sinistro, riportando brani della deposizione del teste B. (pag.6 verb. ud. 10 settembre 2020: “… e’ andata dritta, non ha fatto la curva a sinistra ed è salita sul marciapiede”), tanto che la C. era stata sanzionata per la violazione dell’art. 141 cds, avendo perso il controllo del proprio veicolo; e reputava gli eventi plausibilmente cagionati dalla distrazione della conducente, risultata negativa all’esame tossicologico.

Esaminava pure la versione difensiva secondo la quale la C. sarebbe stata colta da improvviso malore che non le avrebbe permesso di governare adeguatamente l’auto; a sostegno della tesi i difensori avevano prodotto i verbali di pronto soccorso del 2-3-5 aprile 2017 (anteriori al sinistro) e del 20 aprile 2017 (rilasciati dagli ospedali di Castiglione del Lago, Civitanova Marche ed Osimo), nei quali si dava conto di accessi della C. al pronto soccorso per lamentate algie toraciche, anche se nessuna patologia era stata, tuttavia, riscontrata in occasione degli accessi. Agli atti era stata versata anche la relazione del 20 luglio 2018 (a distanza di oltre un anno dall’incidente), a firma del dottor G.Z., nel quale era diagnosticata alla C. una sindrome ansiosa con attacchi di panico, controllata tramite l’assunzione di psicofarmaci.

Non solo: il giudice di primo grado si soffermava sulle risultanze istruttorie a discarico, avendo il teste M., amico dell’imputata, ricordato il malore della C. (pag.19: “… A un certo punto ho visto che S., la signora, sbiancava, sbiancava e non era più lei”) che aveva originato l’accesso al pronto soccorso di Castiglione del Lago in data 2 aprile 2017, pur tuttavia senza che le fosse stata riscontrata taluna patologia. A sua volta il teste M., marito dell’imputata, aveva sostenuto che la moglie, tornata a casa dopo l’incidente mortale dell’11 aprile, gli avrebbe raccontato di aver iniziato ad avvertire di nuovo “i sintomi delle volte precedenti” e di aver avuto l’intenzione di fermarsi subito dopo la curva; avrebbe poi perso i sensi e, soltanto in un secondo momento, dopo essersi riavuta, si sarebbe resa conto di quello che era successo. Sul punto il giudice obiettava che la circostanza non collimava con quanto riferito dal teste B. della polstrada, il quale aveva imputato il sinistro ad una distrazione della C. posto che, nell’immediatezza dei fatti, l’imputata aveva reso dichiarazioni e non aveva manifestato malori. Infine, anche il teste A.G., medico curante della C., aveva genericamente evidenziato solo stati di tensione o di ansia con sensazioni di cardiopalmi.

Pertanto, non essendo stati nemmeno documentati agli atti episodi di lipotimia di alcun genere, il giudice di prime cure maturava il convincimento della “appartenenza psichica” della condotta all’imputata, della c.d. “suitas” e, quindi, della piena sussistenza della sua colposa responsabilità penale, non accreditando la tesi del malore, “non potendo invocarsi, in assenza di una patologia, le generiche certificazioni sanitarie in atti, riferite a giorni diversi e ad algie toraciche, prive di accertata diagnosi clinica e di significative conseguenze di qualsivoglia tipo” (pag. 2 motivazione). Nel ritenere che l’imputata non avesse assolto l’onere di allegazione specifico degli elementi che, ove riscontrati, fossero in grado di volgere il giudizio in suo favore, il Tribunale considerava, piuttosto, che la dinamica del sinistro deponeva per la perdita di controllo del proprio autoveicolo da parte dell’imputata, “plausibilmente per una distrazione (come ritenuto dagli agenti della Polstrada) o anche per la semplice stanchezza, essendosi trattenuta la C. al lavoro per oltre un’ora rispetto all’orario normale, al fine di recuperare le ore perse la settimana prima” (pag. 2 motivazione). Per giunta, in quest’ultimo caso la C. avrebbe dovuto desistere dal porsi alla guida, trattandosi di fattore certamente non imprevedibile, in contrasto con elementari esigenze di prudenza (pag. 3).

Riguardo al trattamento sanzionatorio, il giudice “a quo” reputava la condotta dell’imputata connotata da apprezzabile disvalore (“l’auto “piombava” sui malcapitati che camminavano sul marciapiede senza possibilità di fuga”, si legge a pag. 3 motivazione) e negava il riconoscimento delle attenuanti generiche, in assenza di elementi positivamente valutabili, oltre alla mera incensuratezza.

Stimava, pertanto, di giustizia la condanna di C.S. alla pena di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. anni due, mesi sei di reclusione, ritenuta più grave la violazione di cui all’art. 589 bis c.p.; aumentata ex art. 81 c.p. ad anni tre di reclusione).

La durata della sospensione della patente veniva indicata in anni due, valutate la gravità della violazione e l’entità delle conseguenze cagionate.

– Avverso la sentenza hanno proposto tempestivo appello i difensori dell’imputata (atto dep. 07.10.2022), affidando le doglianze ai motivi di gravame di seguito compendiati.

  1. Per la deducente difesa, tutti i capi della pronuncia, ad eccezione dell’ultimo che riguarda la determinazione della misura della pena, sono accumunati dal grave travisamento delle risultanze istruttorie e si fondano su elementi fattuali smentiti da dati oggettivi acquisiti nel corso del procedimento di primo grado.

Un primo profilo di censura, determinante anche ai fini dell’attribuzione della responsabilità a carico dell’imputata, riguarda l’individuazione della causa che ha generato il sinistro fatale del 11.04.2017.

Secondo il Giudice del primo grado, la fuoriuscita della vettura condotta dall’imputata C.S. sarebbe plausibilmente riconducibile ad una “DISTRAZIONE”; ciò si ricaverebbe dalle dichiarazioni del testimone B. escusso all’udienza del 10.09.2020, agente della Polstrada intervenuto poco dopo l’accadimento del fatto.

Quanto precede, tuttavia, ad avviso della deducente difesa non corrisponde all’esito effettivo dell’istruttoria e, peraltro, neppure alle dichiarazioni effettivamente rese dal ridetto testimone, il quale, in violazione delle regole afferenti alla prova testimoniale si è spinto fino ad esprimere una sua personale opinione sulle cause dell’accadimento del sinistro.

La difesa ripercorre le dichiarazioni rese dal B.L. nel corso del giudizio di primo grado per evidenziare che il teste B., esprimeva un parere personale con riguardo all’eziologia dell’evento, non solo inattendibile, ma anche in palese contrasto con le dichiarazioni in cui lo stesso afferma che l’imputata era stata condotta al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Civitanova Marche.

Non corrisponde al vero che, nell’immediatezza dei fatti, l’odierna imputata avrebbe reso agli agenti della Polstrada dichiarazioni senza manifestare malori; anzi, la stessa era giunta al Nosocomio di Civitanova Marche per essere sottoposta a degli accertamenti, all’esito dei quali veniva riconosciuta una prognosi di giorni 10, con ciò evidenziandosi come l’imputata comunque non si fosse agevolmente ripresa dopo l’accaduto diversamente da quanto evidenziato dal Giudice di prime cure.

Per la difesa non sussiste alcuna discrasia tra le dichiarazioni dell’agente B. e quelle di M.V., pure escusso all’udienza del 10.09.2020, tanto che sia nella deposizione dell’Agente B., che in quella del M., appare chiaro il riferimento al malore della Sig.ra C.S., mentre l’ipotesi della distrazione, è idea personale del B. maturata a distanza di tempo dall’accaduto, senza alcun richiamo oggettivo agli accertamenti che il medesimo aveva effettuato nell’immediatezza dell’evento.

La difesa appellante riporta, quindi, quelli che a suo parere sono gli elementi che depongono a favore della tesi secondo cui la C. sarebbe stata colpita da malore nell’immediatezza del fatto del 11.04.2017.

La manovra di tagliare la curva e salire sul marciapiede senza neppure tentare un arresto del veicolo risulta essere incontestabile conseguenza di una condizione anomala del conducente della vettura ovvero di una irregolare conduzione del veicolo. Tale evento può derivare:

1) Dall’alta velocità con la quale il veicolo viene condotto;

2) Da un’alterazione del conducente che abbia assunto alcool o droghe;

3) Da un malore improvviso che impedisca al conducente di avere piena coscienza degli accadimenti che lo circondano.

Le prime due ipotesi considerate sono state, non solo smentite, ma anche oggettivamente escluse dall’espletata istruttoria dibattimentale, essendo stato dichiarato dal testimone B. che l’imputata non procedeva con velocità eccessiva (tanto che non è stato elevato alcun verbale per tale profilo) e che la stessa non era alterata dall’assunzione di sostanze alcooliche o stupefacenti come dichiarato anche dal testimone Prof. R.F. all’udienza del 10.09.2020 e confermato dagli esami tossicologici agli atti.

In relazione, invece, alla terza delle ipotesi considerate, cioè quella di un malore, la difesa osserva che in data 2 aprile 2017, cioè poco più di una settimana prima dell’evento per cui è processo, C.S., mentre si trovava in vacanza a Passignano sul Trasimeno, veniva colta da malore, come confermato dal testimone V.A.M. e dalla certificazione in atti.

Qualche ora dopo, ad avvenuto rientro in Potenza Picena (l’imputata, infatti, aveva preferito non ricoverarsi lontano da casa ma rientrare e farsi visitare in un Nosocomio Ospedaliero più vicino) la C. aveva manifestato un nuovo episodio di cardiopalmo e dolore toracico con sensazione di svenimento, tanto che alle ore 05.00 del 3.04.2017 la stessa faceva ingresso presso il Pronto Soccorso di Civitanova Marche, evento in relazione al quale la difesa ha prodotto in istruttoria apposita documentazione (in particolare verbale R.P.S. n. 2017006469 del 3.04.2017).

Pur non essendo stata individuata alcuna patologia cardiaca specifica, in data 5.04.2017 alle ore 23.03 C.S. aveva fatto accesso al Pronto Soccorso presso l’Ospedale di Osimo, essendosi riproposta la sintomatologia sopra descritta; nell’occasione, come evincibile dal certificato in atti, pure prodotto, le veniva consigliato, nel caso di nuovi episodi di malore, di assumere il farmaco “ALPRAZOLAM 0,5 mg, un cp max ogni 8 ore”. L’Alprazolam è un ansiolitico appartenente alla famiglia delle benzodiazepine a breve durata di azione, usato contro gli attacchi di panico ed i disturbi d’ansia; trattasi, per maggiore chiarezza del farmaco generico dello XANAX.

Ciò consente di affermare, anche alla luce delle terapie somministrate, come l’odierna imputata, a ridosso dell’evento del quale oggi si discute, avesse subito diversi attacchi di panico, la cui sintomatologia appare essere molto simile a quella dell’evento patologico cardiovascolare, tanto ciò vero che il soggetto colpito da detti attacchi ha spesso la sensazione di non sopravvivere all’evento.

Dopo qualche giorno di relativa tranquillità, come ricavabile dalle dichiarazioni rese dalla S.C. al marito la sera del sinistro, in data 11.04.2017 tornavano a presentarsi gli episodi di tachicardia e malessere provati nei giorni precedenti.

Pertanto, pur non potendosi dimostrare con elementi oggettivi il verificarsi di tale malore, tutti i documenti versati in atti e confermati in sede di istruttoria possono consentire di affermare con un elevato grado di certezza che ciò che aveva condotto la Sig.ra C. a perdere il controllo del proprio veicolo eraa stato, purtroppo, un evento patologico che non le aveva consentito di mantenere il pieno controllo del proprio mezzo; ciò corrisponde esattamente a quanto dalla stessa riferito al marito M.V., al punto che la stessa parla di una sorta di addormentamento che, per una frazione di tempo le aveva impedito il controllo di sé. In particolare, la stessa avrebbe percepito il malore – tanto da pensare di fermarsi- ma non avrebbe avuto il tempo di arrestare la vettura in sicurezza come nelle sue intenzioni a causa della perdita di coscienza.

La Difesa aggiunge che anche successivamente all’evento i ridetti episodi di cardiopalmo e di sintomi da perdita di coscienza avevano colpito l’odierna imputata; tanto ciò vero che vi è, in atti, un ulteriore certificato del Pronto Soccorso datato 20.04.2017, ore 21,20, sempre relativo al Polo Ospedaliero di Osimo, nel contesto del quale venivano prescritti alla C. dei giorni di riposo nonché il mantenimento dell’assunzione di Alprazolam.

Nel frattempo, come riferito in sede istruttoria dal medico curante Dott. A.G., la Sig.ra C. effettuava una serie di controlli di natura cardiologica, all’esito dei quali non risultavano particolari patologie. Il medesimo Dott. A. ha, in aggiunta, descritto la Sig.ra C.S. come soggetto caratterizzato da un elevato livello di apprensione e di ansia, al punto da non poter escludere che tali situazioni di particolare preoccupazione possano aver generato un seppur momentaneo patologico distacco dalla realtà.

La difesa non condivide neppure il rilievo di pag. 2, secondo cui l’evento potrebbe essere stato generato da semplice stanchezza, essendosi la C. trattenuta al lavoro per oltre un’ora rispetto al suo orario ordinario; in egual modo non appare condivisibile, in quanto destituita di fondamento e prova, la contestazione del Giudice di prime cure secondo cui la C., ove si fosse sentita effettivamente stanca, avrebbe dovuto desistere dal porsi alla guida “trattandosi di fattore certamente non imprevedibile, in contrasto con elementari esigenze di prudenza”.

In sostanza, appare fondata la richiesta formulata in sede di discussione di riconoscimento in favore della Sig.ra C.S. della non imputabilità per i fatti oggetto di causa a seguito di intervenuto malore improvviso ed imprevedibile e, quindi, per conseguente momentanea incapacità di intendere e di volere ai sensi degli arti. 85 e 88 c.p.

Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, in realtà, l’imputata ha svolto in ogni sua possibile estrinsecazione il proprio onere di fornire al Giudice elementi a supporto di quanto invocato a sua discolpa; la documentazione versata è, sia precedente rispetto all’evento, sia successiva ad esso: da ultimo si richiama, oltre a tutta la documentazione menzionata, anche la certificazione del Dott. G.Z. datata 20.07.2018 che, seppure riguardi l’esito di un percorso di verifica durato oltre un anno dopo l’evento, ha dimostrato come l’imputata sia risultata affetta da sindrome ansiosa con attacchi di panico generanti tachicardia e dolore toracico.

Ciò ad ulteriore e definitiva dimostrazione che gli eventi dell’aprile 2017 altro non erano se non il manifestarsi di una patologia che ancora non era stata individuata e definita, ma che di certo ha condizionato la condotta di guida della Sig.ra C.S. nella fattispecie occorsa in data 11.04.2017.

  1. Sotto altro profilo l’appellante censura la sentenza n. 856/2022 sotto il profilo della determinazione della pena. A tal riguardo, pur ritenendosi che l’imputata vada assolta in relazione ai reati alla stessa ascritti, deve comunque contestarsi come il Giudice di primo grado abbia in ogni caso errato nel non ritenere applicabili al caso di specie almeno le attenuanti generiche ed a pagina 14 dell’atto di appello si elencano i profili che la rendono meritevole del riconoscimento delle invocate attenuanti.

La difesa appellante ha rassegnato le seguenti, testuali, conclusioni: “ASSOLVERE…C.S. ex art. 530 c.p.p. con formula piena per il reato di cui al capo dell’imputazione ricorrendo i presupposti degli arti. 85 e 88 c.p.; -in subordine, almeno ASSOLVERE l’imputata ex articolo 530, secondo comma, c.p.p., non essendosi raggiunta prova alcuna dell’effettiva responsabilità della stessa per il fatto contestato. In ulteriore subordine, nella deprecata e non creduta ipotesi in cui l’Ill.ma Corte di Appello di Ancona ritenesse configurabile una responsabilità penale in capo alla Sig.ra C.S., si chiede la condanna della stessa al minimo della pena con tutti i benefici di legge concedibili, ivi compreso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 c.p. negate erroneamente nel primo grado del giudizio”.

All’udienza del 25.03.2024, tenutasi ai sensi dell’art. 23bis L. n. 176 del 2020, le parti hanno rassegnato le conclusioni come da verbale ed il Collegio ha assunto la decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

  1. Le deduzioni difensive non sono idonee a sollecitare una diversa valutazione delle emergenze processuali, a fronte dell’affermazione della colpevolezza riconosciuta dal giudice di prime cure sulla base di valutazioni congrue, logiche, aderenti al materiale istruttorio raccolto ed atte a sorreggere il percorso argomentativo seguito, onde non può che richiamarsi integralmente in questa sede la motivazione della gravata sentenza, non senza rilevare che nella stessa sono state già prese in considerazione e puntualmente confutate le argomentazioni difensive riproposte in fase di impugnazione.

L’analisi del giudice di prime cure, per quanto concisa -a fronte delle invece sovrabbondanti deduzioni difensive-, è stata esaustiva sotto tutti i versanti, avendo considerato, in particolare, il fattore umano della possibile incoscienza indipendente dalla volontà, escludendola.

A fronte delle obiezioni difensive rassegnate con l’appello si svolgono le seguenti considerazioni.

1.1 Il Tribunale non ha categoricamente stabilito che la fuoriuscita della vettura condotta dall’imputata C.S. sarebbe riconducibile ad una “distrazione”; lo ha ipotizzato quale plausibile causa della perdita di controllo dell’autovettura, al pari della “stanchezza”, visto che l’imputata si era trattenuta al lavoro per oltre un’ora rispetto all’orario normale. Non sono condivisibili, pertanto, le critiche difensive circa il travisamento della fonte di prova costituita dalla testimonianza di B.L. della Polstrada, ripercorsa testualmente nell’atto di appello, per evidenziare, da un lato, che il giudice avrebbe fondato l’accertamento del determinismo causale dell’evento sulla personale opinione del testimone e, dall’altro, avrebbe trascurato il dato obiettivo che anche l’imputata aveva manifestato malori, visto che lo stesso testimone B. alla pag. 7 del verbale stenotipico del 10.09.2020, rispondendo a domanda del Pubblico Ministero, aveva riferito che l’imputata era andata in ospedale dove le avevano riconosciuto dieci giorni di prognosi e dove era stata anche sottoposta agli accertamenti tossicologici.

Guarda caso, la difesa si premura di depositare i referti di pronto soccorso del 2-3-5 aprile 2017 (anteriori al sinistro) e del 20 aprile 2017 (posteriore), ma non quello della sera del sinistro, nonostante a pag. 5 dell’atto di appello si evidenzi che “la Sig.ra C.S. quella sera era stata trasportata in ospedale da dove usciva con una prognosi di giorni 10”; sarebbe stato interessante sapere che cosa aveva dichiarato l’imputata ai sanitari e, soprattutto che cosa i sanitari le avevano diagnosticato la sera stessa del sinistro, non potendosi attendibilmente fondare la prova della perdita dei sensi sulla testimonianza de relato del marito dell’imputata, della cui terzietà è evidentemente lecito dubitare; testimonianza del marito M. viepiù irrilevante e fallace ove si consideri che il poliziotto B., a parte le sue personali valutazioni, era stato comunque testimone del fatto che la C., nell’immediatezza del fatto, aveva reso dichiarazioni (non vogliamo e non possiamo sapere quali, comunque le aveva rese) e non aveva manifestato malori, visto che con la C. ci avevano parlato ed aveva reso spontanee dichiarazioni (cfr. deposizione B., trascrizione ud. 10.09.2020, pag. 10), contrariamente a quanto sostiene la difesa appellante. Chiunque, dopo aver obiettivamente cagionato un sinistro stradale così tragico come quello occorso al l’imputata, con esiti perfino letali per una delle vittime, avrebbe potuto avere (ma a posteriori), quello che con accezione impropria e generica viene definito “malore”, ma che in realtà non è altro che un sentimento di profondo sconforto e disperazione, talmente angosciante da richiedere supporto medico/psicologico.

1.2 Non sembra possa svalutarsi l’attendibilità della testimonianza di un operatore qualificato e preparato all’osservazione di eventi infortunistici di tal fatta, qual è un operatore della Polstrada, solo perché confondeva nel corso della testimonianza la vettura investitrice, ricordando una fiat panda, in luogo di una fiat punto; da tale errore mnemonico, tutto sommato relativo ad un dato insignificante ai fini della ricostruzione del sinistro e delle sue cause e, comunque facilmente enucleabile dal carteggio a suo tempo raccolto, non è dato ipotizzare che il teste B. avesse potuto dimenticare un altro dato ben più eclatante quale la perdita di conoscenza della conducente che aveva provocato il sinistro; dato che il testimone poteva ben rappresentarsi, escludendolo, nel momento in cui si era relazionato con la C., raccogliendo le sue dichiarazioni e constatando che la stessa non manifestava malori, come dichiarato nel corso della testimonianza.

1.3 Se si conviene sull’assunto che la manovra di tagliare la curva e salire sul marciapiede senza neppure tentare un arresto del veicolo, sia conseguenza di una condizione anomala del conducente della vettura ovvero di una irregolare conduzione del veicolo, potendo, in ipotesi, derivare o dall’alta velocità con la quale il veicolo viene condotto, o da un’alterazione del conducente che abbia assunto alcool o droghe, ovvero ancora da un malore improvviso che impedisca al conducente di avere piena coscienza degli accadimenti che lo circondano, è pur vero che una tale manovra può essere l’effetto anche di mera distrazione e/o stanchezza, così come ritenuto dal giudice di primo grado, avanzando delle ipotesi del tutto razionali, mentre, anche convenendosi sull’esclusione dell’alta velocità e di alcol/droghe, non aveva gli elementi per ipotizzare la causa, per fortuna piuttosto rara nella casistica, del c.d. “malore improvviso”.

L’imputata non solo non ha offerto prova di essere caduta in uno stato di piena incoscienza indipendente dalla sfera intellettiva, ma le emergenze istruttorie hanno portato ragionevolmente il primo giudice e portano anche questa Corte distrettuale ad escludere lo stato di incolpevole incoscienza, come causa del sinistro per nulla plausibile.

Sono state offerte testimonianze (M., M., A.) che non offrono alcuna prova al riguardo e che, anzi, risultano smentite proprio dai referti ospedalieri prodotti dalla Difesa. Il referto del Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero di Castiglione del Lago, verbale n. 2473 del 2.04.2017 ore 17,03, non certifica alcuna perdita di coscienza di C.S., la quale peraltro rifiutava perfino il ricovero.

Stesse conclusioni allorquando la C. faceva, quindi, ingresso presso il Pronto Soccorso di Civitanova Marche, alle ore 05.00 del 3.04.2017, non venendo individuata alcuna patologia cardiaca specifica.

Poi, in data 5.04.2017 alle ore 23.03 l’imputata faceva accesso al Pronto Soccorso presso l’Ospedale di Osimo, essendosi riproposta la sintomatologia sopra descritta; ma anche in tal caso solo episodi di cardiopalmo. La circostanza che in quell’occasione le venisse consigliato di assumere un ansiolitico appartenente alla famiglia delle benzodiazepine, a breve durata di azione, qual’è “ALPRAZOLAM 0,5 mg, un cp max ogni 8 ore”, non sta a significare che avesse avuto episodi di malore intesi come vera e propria perdita di coscienza, ma solo che le veniva consigliato di fronteggiare il suo stato ansioso e l’ossessione di poter essere colpita da eventi patologici cardiovascolari, con un farmaco in grado di trattarli.

I documenti versati in atti dalla Difesa appellante non consentono di affermare con elevato grado di certezza che ciò che aveva condotto la C. a perdere il controllo del proprio veicolo fosse stato un evento patologico che non le aveva consentito di mantenere il pieno controllo del proprio mezzo; né, come sopra ricordato, è a tale riguardo accreditabile la testimonianza “de relato” del coniuge dell’imputata circa una sorta di “improvviso addormentamento” che non è riscontrabile nella sintomatologia riportata nei referti medici prodotti dalla stessa imputata e che stride con le stesse percezioni del Comandante della Polstrada B., il quale, avendo avuto un contatto diretto con l’imputata essendo intervenuto per i rilievi, dichiarava che l’imputata non aveva manifestato malori.

Nemmeno l’ulteriore certificato del Pronto Soccorso datato 20.04.2017 ore 21,20, sempre relativo al Polo Ospedaliero di Osimo, nel contesto del quale venivano prescritti alla C. dei giorni di riposo nonché il mantenimento dell’assunzione di Alprazolam, è indicativo di “perdita di coscienza”; una cosa è il cardiopalmo, vale a dire la “palpitazione”, caratterizzata dalla percezione cosciente del battito cardiaco dovuto in particolare ad accelerazioni e/o irregolarità ritmiche, altra cosa è la perdita di coscienza.

Come giudicare se non inconsistente, poi, la testimonianza del medico generico curante Dott. A.G., il quale, pur avendo effettuato una serie di controlli di natura cardiologica, all’esito dei quali non risultavano particolari patologie, si spingeva con una sua personale valutazione, estranea al ruolo del testimone (a meno di non doverlo ritenere un consulente di parte), laddove dichiarava di non poter escludere (ma nemmeno lo certificava) che l’elevato livello di apprensione e di ansia della sua assistita potesse aver generato “un seppur momentaneo patologico distacco dalla realtà”, senza spiegare perché.

Stesso giudizio di inidoneità circa la prova dello stato di incoscienza, deve assegnarsi alla certificazione del Dott. G.Z. datata 20.07.2018, tra l’altro intervenuta all’esito di un percorso di verifica durato oltre un anno dopo l’evento, circa la “sindrome ansiosa con attacchi di panico generanti tachicardia e dolore toracico” di cui l’imputata era risultata affetta; ammesso e non concesso che l’imputata avesse avuto un attacco di panico mentre era alla guida, l’attacco di panico non corrisponde ad una perdita di coscienza e, comunque, dovremmo chiederci perché mai si fosse posta alla guida dell’autovettura, sapendo che vi era soggetta, essendosi perfino recata tre volte al pronto soccorso in epoca antecedente al sinistro.

Giustamente il giudice di primo reputava privi di riscontro gli assunti difensivi relativi all’occorso malore, in asserita carenza dell’onere di allegazione specifico in virtù del quale è necessario fornire al giudicante concrete indicazioni ed elementi necessari all’accertamento del fatto richiamato in proprio favore.

Va, in definitiva, disattesa l’ipotesi dell’esclusione dell’attribuibilità psichica della condotta all’imputata a causa di un non dimostrato stato di piena incoscienza indipendente dalla sfera intellettiva della C..

1.4 D’altronde, anche a voler ammettere, solo per ipotesi, che l’imputata si fosse trovata in uno stato di incoscienza improvviso e momentaneo, tale situazione sarebbe stata, comunque, dovuta al suo interno volere, essendosi lei posta coscientemente in condizione di creare la situazione di pericolo poi estrinsecatasi nel tragico evento; ciò in quanto, nonostante fosse perfettamente al corrente delle palpitazioni la stessa, per imprudenza o negligenza, si metteva comunque alla guida dell’autovettura, rivelatasi un’arma micidiale per le povere vittime del tutto incolpevoli. Si rammenta che (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 28435 del 25/05/2022 Ud. (dep. 20/07/2022) Rv. 283449 – 01) “in tema di omicidio colposo da circolazione stradale, l’improvviso malore esclude la colpa ove l’evento da cui derivano la perdita di conoscenza e la conseguente ingovernabilità della condotta sia imprevedibile, sicchè non è invocabile da colui che, consapevole di essere affetto da epilessia, patologia farmaco-resistente che comporta episodi di perdita di coscienza, si sia posto alla guida di un autoveicolo e, colto da una crisi, ne abbia perso il controllo”.

Va, dunque, riconosciuta la penale responsabilità dell’imputata per i reati ascrittile in rubrica, pienamente integrati nei loro elementi costitutivi oggettivi e soggettivi.

  1. Anche sotto il profilo della determinazione della pena la sentenza gravata non appare affatto censurabile. Non vi sono elementi positivi valutabili per concedere le circostanze attenuanti generiche; la dinamica del sinistro rende manifesta la totale imprudenza per essersi posta alla guida in condizione di stanchezza, se è vero che aveva lavorato più del solito, ovvero per non aver tenuto in debita considerazione il suo ossessivo stato di ansia, visto che si recava spesso in ospedale per il cardiopalmo; ma nemmeno la mera distrazione è evenienza estranea, non essendo esclusa dalla concreta dinamica del sinistro, per non aver seguito l’andamento curvilineo della strada, essendo andata “dritta”, piombando, purtroppo sui malcapitati pedoni.

L’essersi prodigata per fornire aiuto e soccorso è un elementare dovere sanzionato penalmente in caso di inosservanza; il risarcimento è garantito da compagnie di assicurazione istituzionalmente preposte. Si deve, poi, fermamente escludere la positività del comportamento processuale, non avendo l’imputata partecipato al processo, come è suo diritto, ma non potendo tramutarsi detta scelta in un elemento positivo di giudizio.

Peraltro, il delitto sub art. 590 bis, comma 1, per effetto delle modifiche introdotte, è divenuto procedibile a querela di parte. Ciò anche nell’ipotesi di una pluralità di eventi lesivi contemplati dall’art. 590-bis c.p., u.c.; detta previsione, infatti, non è circostanza aggravante, ma contempla una ipotesi di concorso formale di reati (cfr. Cass. 23.09.2023, n. 39546; Sez. 4, n. 20340 del 07/03/2017, M., Rv. 270167 – 01.

Il difetto di querela ne comporta la caducazione con conseguente rideterminazione della pena in anni 2 e mesi 6 di reclusione per il solo delitto mortale.

P.Q.M.

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA

Visto l’art. 599 c.p.p., in parziale riforma della sentenza in data 26.05.2022 del Tribunale di Macerata, appellata dall’imputata C.S., dichiara non doversi procedere in ordine al delitto di cui all’art. 590 bis, c.p., essendosi estinto per difetto della condizione di procedibilità; ridetermina la pena in anni 2 e mesi 6 di reclusione;

conferma nel resto.

Motivi entro giorni 90

Conclusione

Così deciso in Ancona, il 25 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2024.

“… TRIBUNALE DI ANCONA

Sentenza n. 462/2024 del 04-03-2024

  1. 1197/2020 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 nella causa civile iscritta al n. r.g. 1197/2020 promossa da: ### (C.F. ###), elettivamente domiciliata presso il difensore avv. ### che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto di citazione ATTORE contro ### (C.F. ###), elettivamente domiciliato in ###/A ### presso il difensore avv. ### che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta ### (C.F. ###), elettivamente domiciliata in ### presso il difensore avv. ### che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO

CONCLUSIONI

 Per l’attrice: come da foglio di pc depositato il ### “Voglia l’###mo Giudice del Tribunale di ### ogni contraria eccezione o deduzione reietta, in accoglimento della domanda risarcitoria proposta con questa citazione, per i motivi esposti e che si esporranno: Nel merito ### e dichiarare in capo al sig. ### l’esclusiva responsabilità del sinistro rappresentato in premessa dell’atto di citazione e per l’effetto condannarlo in solido con la ### nella persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ### n. 2, p.iva e c.f. ###, al risarcimento di tutti i danni conseguenti alle lesioni subite dalla sig.ra ### quantificati nella espletata CTU in ### =, importo compressivo del danno biologico e patrimoniale, al netto del danno morale e della personalizzazione per la quantificazione dei quali ci si rimette al giudice, e comunque della somma maggiore o minore che il giudice individuerà secondo giustizia ed equità, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata. Con vittoria di onorari e spese, oltre al rimborso forfettario per spese generali 15% ed accessori di legge”.

Per il convenuto ### come da foglio di pc depositato il ### “Voglia l’###mo Giudice del Tribunale di ### ogni contraria eccezione o deduzione reietta, ### la ### in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ### n. 2, p.iva e c.f. ###, al momento del sinistro quale compagnia assicurativa per la RC auto a copertura dell’autovettura di proprietà del sig. ### modello ### C 4 targata ### tenuta a garantire e manlevare la parte convenuta contro ogni effetto pregiudizievole derivante dall’accoglimento della domanda proposta dalla parte attrice e, per l’effetto, condannare detta compagnia assicurativa al pagamento di tutte le somme che verranno accertate e liquidate in favore della sig.ra ### in corso di causa. Con vittoria di spese ed onorari di causa.”.

Per l’intervenuto: come da foglio di pc depositato il ### “Piaccia all’###mo Tribunale adito: in via principale, respingere la domanda attrice perché infondata in fatto e in diritto e comunque non provata; in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda proposta da ### ridurre il quantum debeatur in relazione alla concorrente responsabilità dell’attrice nella verificazione dell’evento, da riconoscere nella misura del 50%, e nella medesima percentuale ridurre il danno ristorabile alla sig.ra ### applicando ai valori medico legali accertati dal CTU dr. ### in termini di Invalidità Permanente e di ### i barémes delle ### di liquidazione del danno non patrimoniale edite dall’Osservatorio Sulla Giustizia Civile di ### In ogni ipotesi, con vittoria o al più compensazione delle spese di lite”. 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 E

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con atto di citazione inviato per la notifica a mezzo posta certificata in data ###, la sig.ra ### ha convenuto innanzi al Tribunale di ### il coniuge sig. ### e la ### S.p.a., rispettivamente quali proprietario/conducente della vettura ### targata ### e compagnia assicuratrice della medesima vettura per i rischi derivanti dalla circolazione stradale, per richiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro occorsole in ### (nei pressi dell’abitazione di residenza di attrice e convenuto) il 20 aprile 2019.

Si sono costituiti in giudizio, separatamente, sia il sig. ### che la ### il primo non contestando la dinamica del sinistro e chiedendo di essere garantito dalla propria compagnia assicuratrice per le somme da corrispondere alla attrice a titolo di risarcimento danni, la compagnia assicuratrice contestando sia l’an che il quantum debeatur.  2. ### l’istruttoria è stata svolta prova orale (escussione di testimoni e interrogatorio formale del sig. ### ed è stata espletata C.T.U. medico legale sulla persona di ### All’udienza dell’11.10.2023 il Giudice ha sottoposto alle parti una proposta transattiva [Il Giudice preliminarmente formula alle parti la seguente proposta transattiva: “La compagnia assicuratrice verserà all’attrice, a completa tacitazione delle proprie pretese, per danno biologico (invalidità temporanea e permanente) e morale ed ogni altra voce di danno possa ravvisarsi nella fattispecie in oggetto, la somma di ### oltre a ### per spese legali”]; il difensore dell’attrice ha subito dichiarato di poter accettare la proposta; i sostituti dei difensori dei convenuti si sono riservati di riferire ai rispettivi titolari del mandato e alle parti; questo Giudice ha comunque fissato udienza di precisazione delle conclusioni invitando le parti a comunicare l’eventuale definizione transattiva della vertenza.

All’esito dell’udienza di p.c. (sostituita dallo scambio di note scritte), si è dato atto della dichiarazione della assicurazione convenuta di non accettazione della proposta giudiziale e la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti (in epigrafe riportate), con termini per il deposito di memorie conclusionali e repliche.

LA RESPONSABILITÀ ### 3. ### la ricostruzione dell’attrice (che il convenuto ### non ha contestato), il sinistro è avvenuto alle ore 23 circa della data indicata dall’attrice, mentre i coniugi ### rientravano a casa da una serata trascorsa nella città di ### per assistere ad un concerto; in particolare essi si trovavano a bordo della vettura sopra descritta, condotta dal ### nei pressi della loro abitazione; avendo il sig. ### espresso il desiderio di raggiungere alcuni amici che lo aspettavano presso il bar del paese, egli fermava la vettura “con l’intento di far scendere la moglie dall’autovettura per poi ripartire”; la sig.ra ### una volta arrestatasi l‘autovettura, apriva la portiera per uscire dalla stessa, “ma non appena appoggiava il piede destro a terra, con il busto proteso verso l’esterno dell’abitacolo e il piede sinistro già leggermente alzato per scendere, a causa di un improvviso spostamento in avanti dell’auto provocato dal conducente, perdeva l’equilibrio e cadeva rovinosamente sull’asfalto”. La donna veniva soccorsa dal coniuge, che tentava di aiutarla ad alzarsi ma poiché l’attrice non riusciva a poggiare a terra il piede destro a causa del forte dolore, veniva adagiata sul sedile lato passeggero e poi, aumentando in lei la percezione del dolore, era accompagnata al ### di ### dove era visitata dai sanitari di turno.

Poiché non sono stati chiamati ad intervenire agenti di polizia municipale o di altre forze dell’ordine (non essendosi invero verificato alcun urto o scontro), la dinamica è stata dimostrata in giudizio a mezzo delle sole prove orali dedotte da parte attrice.  4. Nell’istruttoria svolta nel presente procedimento, il sig. ### ha risposto positivamente all’interrogatorio formale deferitogli (in particolare, ha ammesso che: – il giorno 20/04/18 in ### alle ore 23,00, sulla strada comunale Via C.A. Dalla Chiesa, la sig.ra ### si trovava seduta sul sedile lato passeggero dell’autovettura da lui condotta modello ### C 4, targata ### – l’autovettura si trovava ferma con il motore acceso sulla strada comunale Via C.A. Dalla Chiesa a distanza di 18 metri dal cancello dall’abitazione ubicata al civico 6, e a 23 m dalla porta di entrata della medesima; – la sig.ra ### nel tentativo di uscire dall’abitacolo dell’autovettura, cadeva rovinosamente sull’asfalto dopo aver perso l’equilibrio a causa dell’improvviso spostamento in avanti dell’auto; – lo spostamento in avanti dell’auto è stato provocato da un errore dello stesso ### nella gestione dell’autovettura; – resosi conto dell’accaduto egli ha soccorso la sig.ra ### tentando di sollevarla da terra; – la sig.ra ### chiedeva di essere adagiata sul sedile lato passeggero dell’autovettura; – una volta adagiata sul sedile lato passeggero egli decideva di trasportarla al ### di ### – nel tragitto fino al ### di ### le condizioni di salute della sig.ra ### sono peggiorate drasticamente accusando la donna forti dolori al bacino e alla gamba destra; – giunti al ### di ### alle ore 23,40, interrogato dal personale sanitario circa l’accaduto egli riferiva che la sig.ra ### era caduta nel mentre scendeva dall’autovettura a causa di un improvviso spostamento in avanti della medesima; – in data ### ha denunciato il sinistro alla sua compagnia assicurativa descrivendo sempre la dinamica sopra indicata).

Parte attrice ha prodotto la denuncia di sinistro redatta subito dopo il fatto (recante la data del 20.4.2018 e l’orario 23,00 nonché la dinamica come riportata in atti: “mi fermavo per far scendere mia moglie, ripartivo e nel frattempo cadeva fratturandosi il femore dx, veniva accompagnata subito al P.S.”) e la documentazione attestante l’apertura del sinistro da parte della compagnia assicuratrice.

Quest’ultima ha depositato la dichiarazione resa l’11.5.2018 dal sig. ### al perito assicurativo in merito al sinistro (“La sera del 20.4.2018 facevo rientro a casa da ### insieme a mia moglie ### Giunti davanti alla ns. abitazione mi fermavo sulla pubblica via, lasciando il motore acceso per far scendere mia moglie dal sedile anteriore dx. Io infatti avevo intenzione di recarmi al circolo. Non mi avvedevo però che mia moglie non era ancora completamente scesa nel senso che il suo piede sx era ancora all’interno dell’abitacolo quando ripartivo. A dire il vero non so precisare se ho ripreso la marcia o se in realtà l’auto è avanzata perché inavvertitamente ho lasciato il pedale della frizione con la 1° inserita. Fatto sta che mia moglie si adagiava in strada sul fianco dx…”) E’ stata sentita la dott.ssa ### medico dell’### di ### che ha compilato la scheda di dimissioni (alcuni giorni dopo il ricovero), la quale, nel precisare che “la compilazione della SDO avviene in assenza del paziente e dunque senza poter raccogliere dalla stessa alcuna informazione circa i suoi dati personali e la dinamica dell’evento che ha causato il ricovero”, ha ammesso che la causa dell’evento lesivo da lei indicata nella ### di ### “è difforme rispetto a quella indicata dai sanitari del PS la sera in cui è avvenuto il primo accesso nella struttura sanitaria”.

E’ stato sentito anche il dott. ### del P.O. ### di ### il quale ha riferito di non ricordare di avere visitato la sig.ra ### presso il ### del predetto ospedale, né di ricordare quanto riferito dalla sig.ra ### e dai suoi accompagnatori, ma ha confermato di aver compilato “il certificato di cui all’allegato n. 4” (referto di ###, disconoscendo la firma di cui al doc. n. 5 (scheda di dimissione ospedaliera).

Ora, il verbale di ### riporta, tra i ‘dati di carattere generale’, l’orario di arrivo “23.29.31”, l’ora di visita “23.39.00”, la ‘modalità di arrivo’ “mezzi propri”, la ‘fonte di invio’ “decisione propria” e tra le note cliniche l’indicazione “si presenta al ps per dolore anca dx post caduta accidentale” (preceduta dalla nota prestampata che attesta che “i dati riportati in questa sezione rispondono alle dichiarazioni del paziente o degli accompagnatori”), attestata dal medico dott. ### di dimissione ospedaliera, sottoscritta (con firma illeggibile) dalla dott.ssa ### – la quale ha peraltro compilato e sottoscritto anche la comunicazione al medico curante con la descrizione dei trattamenti eseguiti e la terapia consigliata e il cui codice fiscale è riportato nel timbro in calce alla SDO – attesta l’avvenuto ricovero il ### alle ore 2:01 al reparto di ### provenienza ### per DH, con trauma “altro tipo di trauma o intossicazione” e causa esterna “### – caduta abitazione” (nonché la data di dimissioni 7.5.2018).

Non è stata disposta ed espletata alcuna CTU sulla dinamica del sinistro, risultando la stessa inutile in ragione della tipologia di accertamento.  4. Sulla valutazione degli elementi probatori acquisiti in giudizio si espone quanto segue.  4.1 Va premesso, in ordine al valore delle dichiarazioni rese dal sig. ### in sede di interrogatorio formale, che la confessione resa in giudizio a seguito di interpello fa piena prova contro colui che l’ha fatta, atteso che il valore dell’interpello è proprio quello di provocare la confessione; inoltre, “la confessione giudiziale, resa in un processo con pluralità di parti, produce effetti nei confronti della parte che la fa e di quella che la provoca, ma non acquisisce valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, non avendo questi alcun potere di disposizione relativamente a situazioni facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale, nei confronti dei quali, tuttavia, può assumere, secondo il prudente apprezzamento del giudice, valore di elemento indiziario di giudizio” (Cassazione civile, sez. VI , 02/02/2022 , 3118): di ciò deve tenersi conto nel caso di specie, atteso che sono stati convenuti in giudizio sia il conducente ### che la sua compagnia assicuratrice, ma solo al primo è stato deferito l’interrogatorio formale.

Nel caso in esame, peraltro, il convenuto ### ha confessato fatti a sé sfavorevoli, avendo ammesso che lo spostamento in avanti dell’auto, mentre la moglie stava scendendo e non era ancora del tutto stabile sul suolo, è stato provocato da un suo errore nella gestione dell’autovettura (e ciò rende configurabile una sua responsabilità per colpa), vuoi per essere ripartito senza assicurarsi che il passeggero fosse definitivamente sceso, vuoi per non aver interrotto stabilmente la marcia della vettura, mantenendo la prima ingranata, pur dovendo compiere la manovra di far scendere il passeggero.  4.2 In ordine alla dinamica del sinistro, tenuto conto delle risultanze dell’interrogatorio formale del convenuto e della documentazione in atti, risulta sufficientemente provato quanto dedotto da parte attrice, atteso che, come detto, le risultanze confessorie dell’interpello hanno valore di prova legale nei confronti del confitente e di elemento indiziario nei confronti delle altre parti convenute, e che la documentazione prodotta – in particolare la conformità della descrizione del sinistro contenuta nelle diverse dichiarazioni della danneggiata e di suo marito (denuncia di sinistro, dichiarazioni rese dal ### al perito assicurativo, dichiarazioni rese al pronto soccorso) – costituisce ulteriore elemento indiziario idoneo ad integrare il compendio probatorio.

Né rilievo determinante rivestono le perplessità evidenziate da parte convenuta, che riposano essenzialmente su quanto riportato nei certificati medici (verbale-referto di ### e ### di ###, dove si parla, rispettivamente di “caduta accidentale” e di “caduta in abitazione” e non si fa alcuna menzione di un “incidente stradale” quale causa del trauma.

Le censure non appaiono infatti dirimenti.

E infatti la teste dott.ssa ### medico dell’### di ### che ha redatto la ### ha precisato che “la compilazione della SDO avviene in assenza del paziente e dunque senza poter raccogliere dalla stessa alcuna informazione circa i suoi dati personali e la dinamica dell’evento che ha causato il ricovero”, sicché l’indicazione apposta è priva di rilievo probatorio in questa sede (avendo l’inserimento di tale dato nella scheda uno scopo meramente descrittivo e statistico).  ### parte, l’attrice ha evidenziato come la scheda contenga diversi altri errori o inesattezze (l’incompleta indicazione – ### anziché ### – del luogo di nascita della sig.ra ### l’erronea indicazione – ‘diploma media superiore’ anziché ‘diploma avviamento’ – del suo titolo di studio, ecc.), mentre il medico autore della predetta scheda ha ammesso che la causa dell’evento lesivo da lei indicata “è difforme rispetto a quella indicata dai sanitari del PS la sera in cui è avvenuto il primo accesso nella struttura sanitaria”.

Quanto alle indicazioni contenute nel verbale di ### (ben più rilevanti in quanto idonee a fotografare il momento della richiesta di cure sanitarie: v. la sentenza citata da parte convenuta Cassazione Civile Sez.VI 28.07.2020 n. 16030 ed altre conformi), esse sono pienamente compatibili con le allegazioni attoree: non solo, infatti, riscontrano quanto riferito dalla ### e da suo marito circa l’orario di accesso al ### (e dunque circa l’orario di accadimento del sinistro, avvenuto poco prima), le modalità di accesso (volontario, con mezzi propri, dunque in assenza di richiesta di soccorso), ma nel riferimento alla “caduta accidentale” sono genuine e pienamente attendibili. Né l’espressione “caduta accidentale” può dirsi incompatibile con la descrizione del sinistro fornita dall’attrice, atteso che la sig.ra ### si è fatta male “cadendo” a terra, “in strada”, e non a causa di un vero e proprio “incidente stradale”, espressione con cui nel linguaggio comune ci si riferisce ad uno scontro tra veicoli, o tra un veicolo e un ostacolo, o tra un veicolo e un pedone.

In altre parole, mentre l’espressione “caduta in abitazione” è senz’altro erronea e comunque non proviene, nemmeno indirettamente, dalle parti coinvolte nel sinistro, l’espressione “caduta accidentale” non può dirsi in alcun modo significativa al fine di escludere che la dinamica del fatto sia stata quella riferita dall’attrice, dinamica (va aggiunto) che, per quanto non frequente, è tutt’altro che inverosimile, soprattutto tenuto conto dell’età della danneggiata e del conducente della vettura al momento del fatto (rispettivamente 70 e 73 anni), della diminuita agilità fisica dell’una e della minore rapidità dei riflessi dell’altro, che ben possono aver fatto sì che l’uomo abbia rimesso in movimento la vettura senza avvedersi che la moglie non era ancora definitivamente scesa e stabilmente fuori dalla macchina.

A quanto sopra osservato va aggiunto che il CTU ha ritenuto le lesioni riportate dalla sig.ra ### pienamente compatibili con la dinamica del fatto da lei descritta, attestando che la frattura del femore era “del tutto compatibile con la dinamica del sinistro riferita nel modulo di constatazione amichevole di incidente presente in atti e con quanto riferito dalla sig.ra ### sia in corso di visita del sottoscritto CTU sia durante le visite a valenza medico legale presso il proprio ortopedico di fiducia e presso il medico fiduciario della compagnia assicurativa” e aggiungendo “Al proposito va rilevato che entrambi i medici ritennero del tutto coerente la lesione con la dinamica del fatto riferita dalla ricorrente”.  5. Deve pertanto concludersi che la causazione dell’evento lesivo è riconducibile alla condotta imprudente del sig. ### che, arrestata la marcia del veicolo da lui condotto nei pressi dell’abitazione, aveva atteso la discesa della moglie (odierna attrice) con il veicolo ancora in moto e con la marcia inserita, o era ripartito senza attendere il completamento della discesa da parte della moglie, così provocando la perdita di equilibrio della donna e la sua caduta a terra.

Non sono emersi elementi per ritenere che la caduta sia imputabile ### alla ### la quale, iniziando a scendere dal mezzo quando questo era comunque fermo, ha posto in essere una condotta immune da censure, né si rinvengono elementi per ritenere che la signora – la quale era regolarmente seduta sul sedile anteriore destro – abbia violato le ordinarie regole di prudenza e di diligenza.

La presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando, come nel caso di specie, sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l’attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa solo quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore.

La convenuta ### non ha formulato eccezioni in ordine al rapporto contrattuale in essere con il sig. ### per la responsabilità civile collegata alla circolazione della vettura assicurata.

Ne consegue la responsabilità civile solidale del conducente/proprietario del mezzo e della compagnia assicuratrice (la ### s.p.a.).

LA MISURA DEL RISARCIMENTO. ### 6. ### quanto stabilito dal CTU dott. ### a) Le lesioni subite dalla sig.ra ### nell’incidente stradale avvenuto in data 20 aprile 2018, accertate nel corso delle operazioni peritali in assenza di osservazioni di parte, consistono nella “frattura per trocanterica del collo del femore destro”. Si tratta, secondo il ### di una lesione traumatica “tipica in conseguenza, soprattutto nelle persone di età avanzata, di una caduta al suolo con trauma diretto all’anca”, “del tutto compatibile con la dinamica del sinistro riferita …”, in assenza di “precedenti patologici che possano aver favorito la produzione della lesione”.

La frattura comportò la necessità di ricorrere ad intervento chirurgico di protesi totale d’anca destra, vale a dire di sostituzione protesica sia della testa del femore sia dell’acetabolo del bacino, “che costituisce al giorno d’oggi il gold standard di trattamento per siffatte lesioni nell’anziano”.  ### non fu seguito da complicazioni e il ripristino funzionale articolare si manifestò nel corso dei mesi anche grazie al precoce ricorso a fisioterapia, proseguita a lungo, “che è pilastro imprescindibile per la buona riuscita del recupero funzionale dopo l’intervento chirurgico”.  b) Quelle lesioni hanno cagionato: i. un periodo di inabilità temporanea assoluta al 100 % pari a 50 giorni comprensivi dei periodi di ricovero ospedaliero; ii. un periodo di inabilità temporanea parziale al 75%, pari a 45 giorni; iii. un periodo di inabilità temporanea parziale al 50%, pari a 45 giorni; iv. un periodo di inabilità temporanea parziale al 25%, pari a 60 giorni, per complessivi 200 giorni.  c) A causa delle lesioni riportate nel sinistro di cui è causa la sig.ra ### ha subito un danno biologico permanente pari a 18 ### punti percentuali “valutato secondo linee guida ### 2016 e alle altre più attualmente diffuse guide della valutazione del danno biologico in assenza delle previste tabelle di legge”. Il CTU ha ritenuto che non sussistano quote aggiuntive né di sofferenza soggettiva né di ricadute sulle attività dinamico relazionali (personalizzazione del danno) rispetto a quelle già comprese nella valutazione del danno biologico permanente.  d) Sono riconducibili al sinistro per cui è causa e sono da considerarsi congrue le spese documentate al punto 1.05 di questa relazione pari ad ### Non sono concretamente prevedibili ulteriori spese future.

Nessuna osservazione è stata trasmessa al CTU dai consulenti tecnici di parte.  7. Per quanto attiene al danno biologico sofferto dall’attrice, le conclusioni a cui è giunto il consulente d’ufficio devono ritenersi condivisibili in quanto argomentate, logiche e scientificamente validate (oltre che, come appena detto, sostanzialmente condivise anche dai CTP che nulla hanno osservato in merito).  7.1 La liquidazione del predetto danno biologico può essere pertanto formulata sulla scorta delle conclusioni del ### tenendo conto delle ### del Tribunale di ### come aggiornate nel 2021 anche in riferimento alla giurisprudenza più recente: l’adozione di tali criteri, in luogo di quelli vigenti all’epoca del sinistro (che peraltro condurrebbero ad una liquidazione inferiore solo di poche migliaia di euro), appare più adeguata al caso concreto, nel quale la liquidazione avviene a distanza di alcuni anni dal fatto (e dalla guarigione) per cause indipendenti dalla volontà del danneggiato.

Come è noto, le attuali tabelle milanesi indicano separatamente, per ciascun punto di invalidità permanente, in rapporto all’età del danneggiato al momento del sinistro, l’ammontare del danno biologico e l’incremento per la sofferenza (danno morale), così pervenendo all’importo del danno non patrimoniale complessivo; questo può poi essere aumentato mediante una personalizzazione che tenga conto dell’entità e dell’intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute.  7.2 Nel caso di specie, si deve considerare la percentuale di invalidità permanente residuata in capo alla danneggiata, indicata dal CTU in misura del 18%, che corrisponde, secondo le tabelle attuali, in relazione all’età della sig.ra ### al momento del sinistro (70 anni), ad un danno biologico di ### ; questo valore va incrementato in misura del 34% al fine di tener conto della effettiva sofferenza connessa ad una lesione dell’entità di quella in esame, e dunque in misura di ### così pervenendo ad un danno non patrimoniale complessivo di ### Tale importo deve ritenersi definitivo, e non suscettibile di ulteriore aumento per personalizzazione, per quanto riferito dal CTU in ordine alla insussistenza di quote aggiuntive di sofferenza soggettiva o di ricadute sulle attività dinamico relazionali rispetto a quelle già comprese nella valutazione del danno biologico permanente.  7.3 Il danno biologico temporaneo risarcibile ammonta, secondo la quantificazione della sua durata operata dal ### a ### cui deve aggiungersi il danno morale (in percentuale del 33,33%) pari a ### per complessivi ### Le spese documentate ammontano, come detto, a ### Il danno da liquidarsi complessivamente è dunque pari a ### Tale danno è da porre a carico dei convenuti, in solido.

Poiché il risarcimento è stato calcolato con valori attuali, non è dovuta la rivalutazione. Sono dovuti gli interessi in misura legale, dalla data odierna al soddisfo.

LE SPESE DI LITE.  9. In ragione della soccombenza, le spese processuali – ivi incluse quelle relative alle CTU – sostenute dall’attrice e dal convenuto ### devono essere poste a carico della ### dovendosi liquidare – tenuto conto del valore della causa (secondo l’entità del risarcimento liquidato) e della sua modesta complessità, che suggerisce il riferimento ai valori minimi – in ### per ciascuna parte.

E’ appena il caso di evidenziare che, sebbene il ### si sia costituito in giudizio senza resistere alla domanda di parte attrice, l’assicurazione va ritenuta soccombente nei suoi confronti, essendosi accertato il suo obbligo di garantire l’assicurato in relazione alla richiesta risarcitoria della sig.ra ### inoltre, non può non tenersi conto del rifiuto, rivelatosi ingiustificato, della proposta transattiva giudiziale da parte della assicurazione convenuta. 

P.Q.M. 

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa n. 1197/2020 R.G. ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede: DICHIARA la esclusiva responsabilità del sig. ### nella causazione del sinistro avvenuto in ### in data ### a seguito del quale sono derivate lesioni a carico della trasportata sig.ra ### CONDANNA il sig. ### e la compagnia assicuratrice ### s.p.a., in solido tra loro, al risarcimento, in favore della sig.ra ### del danno da lei sofferto, quantificato in complessivi ### oltre interessi in misura legale, dalla data odierna al soddisfo; ### E ### la convenuta ### s.p.a. a rifondere all’attrice e al convenuto ### le spese di lite, che si liquidano in ### per ciascuna parte, incluse quelle relative al compenso al CTU dott. ### liquidate come da separato decreto.  ### 4 marzo 2024

Il Giudice

 dott. ###  …” (cfr. TRIBUNALE  DI ANCONA, Sentenza n. 462/2024 del 04-03-2024)

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