RECESSO LEASING IMMOBILIARE :

AVVOCATO IMPRESA, AVVOCATO A BOLOGNA

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Dall’agosto 2004 in avanti l’utilizzatrice New Co. si è resa inadempiente al pagamento dei canoni mensili e, con lettera 16 

dicembre 2004, la Finanziaria Nettuno ha comunicato la sua volontà di recedere dal contratto. 

 

DIRITTO IMMOBILIARE

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Con la domanda giudiziale l’attrice ha chiesto, oltre alla pronuncia di risoluzione ed alla restituzione dell’immobile, il 

pagamento della complessiva somma di Euro 1.188.838,77, comprensiva dei canoni scaduti e non corrisposti, nonché – a titolo 

di risarcimento dei danni, come quantificati nella clausola penale di cui all’art. 19 del contratto di leasing – dei canoni a scadere 

fino al termine del contratto e della somma convenuta per l’esercizio del diritto di riscatto, oltre interessi e rivalutazione 

monetaria ed oltre al risarcimento del danno ulteriore. 

 

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DIRITTO IMMOBILIARE

DIRITTO IMMOBILIARE

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 novembre 2013 – 17 gennaio 2014, n. 888 

Presidente Russo – Relatore Lanzillo 

Svolgimento del processo 

La s.p.a. Finanziaria Nettuno ha convenuto davanti al Tribunale di Trento la s.r.l. New Co., chiedendo la risoluzione del 

contratto di leasing immobiliare stipulato il 31 gennaio 2002, avente ad oggetto il finanziamento dell’acquisto di uno stabile in 

Padova. 

L’importo complessivo dell’operazione, pari ad Euro 1.440.018,38, sarebbe stato restituito dall’utilizzatrice New Co. alla società 

finanziaria tramite il versamento di un acconto di Euro 103.291,38 + IVA alla data della sottoscrizione del contratto; di n. 119 

rate mensili di Euro 11.233,00 ciascuna + IVA, e del prezzo di riscatto, all’esercizio dell’opzione di acquisto alla scadenza del 

rapporto.

a info appalto

CONTRATTO APPALTO

Dall’agosto 2004 in avanti l’utilizzatrice New Co. si è resa inadempiente al pagamento dei canoni mensili e, con lettera 16 

dicembre 2004, la Finanziaria Nettuno ha comunicato la sua volontà di recedere dal contratto. 

Con la domanda giudiziale l’attrice ha chiesto, oltre alla pronuncia di risoluzione ed alla restituzione dell’immobile, il 

pagamento della complessiva somma di Euro 1.188.838,77, comprensiva dei canoni scaduti e non corrisposti, nonché – a titolo 

di risarcimento dei danni, come quantificati nella clausola penale di cui all’art. 19 del contratto di leasing – dei canoni a scadere 

fino al termine del contratto e della somma convenuta per l’esercizio del diritto di riscatto, oltre interessi e rivalutazione 

monetaria ed oltre al risarcimento del danno ulteriore. 

La convenuta ha resistito, chiedendo il rigetto delle domande ed, in subordine, la riduzione ad equità della penale. 

Con sentenza n. 1016/2006 il Tribunale di Trento ha dichiarato inammissibile perché tardivamente formulata la domanda 

attrice che gli interessi sulle somme dovute venissero quantificati ai sensi dell’art. 13 del contratto di leasing; ha respinto la 

domanda di risarcimento del danno ulteriore ed ha accolto le altre domande, rigettando la domanda della convenuta di 

riduzione della penale. 

Proposto appello principale da New Co e incidentale dalla Finanziaria Nettuno, con sentenza n. 190, depositata il 13 luglio 2009 

e notificata il 22 settembre successivo, la Corte di appello di Trento ha confermato la sentenza di primo grado. 

New Co. ha proposto due motivi di ricorso per cassazione, a cui ha resistito Finanziaria Nettuno con controricorso, proponendo 

a sua volta due motivi di ricorso incidentale. 

Con relazione depositata ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ. il Consigliere relatore originariamente designato ha proposto il 

rigetto di entrambi i ricorsi, con ordinanza in Camera di consiglio. 

La ricorrente ha depositato memoria. 

All’udienza del 21 ottobre 2010 il Collegio ha disposto il rinvio della decisione alla pubblica udienza. 

Fissata l’udienza pubblica in data odierna, con atto 30 ottobre 2013 autenticato da notaio Mauro Pappaglione, di Trento, rep. 

N. 134.796, la resistente ha nominato difensore l’avv. Massimo Tedeschi, di Roma, in sostituzione del precedente difensore, 

avv. Diego Palazzoli, e ha depositato altra memoria. 

Motivi della decisione 

1.- La Corte di appello ha dichiarato inammissibili, perché proposte tardivamente, le domande della Finanziaria Nettuno aventi 

ad oggetto il pagamento degli interessi ai sensi dell’art. 13 del contratto di leasing sulle somme dovute dall’utilizzatrice e di 

una penale per la tardiva restituzione dell’immobile. 

Ha respinto la domanda di New Co. di riduzione della penale, sul rilievo che la clausola per cui l’utilizzatrice inadempiente è 

tenuta a pagare tutte le rate a scadere, in aggiunta alla restituzione dell’immobile, non contempla vantaggi eccessivi per la 

concedente, poiché la clausola n. 19.3 del contratto di leasing prevede che la concedente proceda alla vendita dell’immobile e 

ne accrediti all’utilizzatrice il prezzo, detratte le spese. 

1.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 1526 cod. civ., sul rilievo che il contratto in oggetto 

ha natura di leasing traslativo, la cui risoluzione esplica efficacia retroattiva, obbligando ciascuna delle parti alla restituzione di 

quanto abbia ricevuto; che la fattispecie è soggetta all’applicazione analogica dei principi in tema di vendita con riserva della 

proprietà, in forza dei quali l’utilizzatrice ha diritto alla restituzione delle somme pagate ratealmente, detratto un equo 

compenso per l’uso della cosa, e – qualora sia stata convenuta una clausola penale – essa è soggetta a riduzione, se 

manifestamente eccessiva. Richiama la giurisprudenza in tal senso (Cass. civ. n. 13418/2008; n. 18195/2007 ed altre). 

Fa rilevare che la condanna emessa a suo carico alla restituzione di tutti i canoni e della somma convenuta per l’esercizio del 

diritto di riscatto, in aggiunta alla restituzione dell’immobile, viene ad attribuire alla concedente un guadagno eccessivo e 

sproporzionato all’entità dei danni con seguenti alla risoluzione del rapporto, poiché tramite la recuperata disponibilità 

dell’immobile la società finanziaria consegue la possibilità di reimpiego del bene al fine di trame ulteriori utili. 

Richiama ancora la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui al concedente deve essere assicurato un guadagno che sia in 

proporzione analogo a quello che avrebbe tratto dal più prolungato impegno del maggior capitale, tenuto conto del valore del 

bene restituito in anticipo (Cass. civ. n. 574/2005) e tenuto conto del fatto che, con l’anticipato recupero, il concedente è in 

grado di procurarsi un utile, che deve essere calcolato in detrazione rispetto alla somma dovuta da essa (Cass. n. 4969/2007). 

2.- Con il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nel capo in cui la Corte di appello ha 

ritenuto che la clausola n. 19.3 del contratto di leasing valga ad evitare l’indebita locupletazione della concedente. Rileva che 

la clausola dispone che, nel caso di inadempimento, “….la concedente procederà alla vendita dell’immobile; all’utilizzatrice 

verrà riconosciuta la facoltà di promuovere essa stessa la vendita..” e le verrà altresì riconosciuto “…il ricavato dalla vendita 

dell’ immobile…., detratte le spese direttamente imputabili (p.e. provvigioni all’intermediario….)”: cautela del tutto generica e 

inidonea, poiché non sono specificati i mezzi e gli strumenti giuridici di cui essa utilizzatrice potrebbe avvalersi per provocare la 

vendita dell’immobile o per evitare che il relativo smobilizzo avvenga sottocosto. 

3.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati. 

3.1.- La clausola 19.2 del contratto di leasing – che la ricorrente ha riprodotto nel ricorso – dispone che, nel caso di risoluzione 

per inadempimento, l’utilizzatrice, “…ferma restando l’obbligazione di restituzione immediata dell’immobile e salvo il 

risarcimento del maggior danno, sarà tenuta……. A) al pagamento di tutte le somme dovute per canoni, interesse ed altro 

maturati e non soddisfatti; B) al pagamento – a titolo di penale – della somma dei canoni non ancora scaduti maggiorata del 

prezzo di riscatto di cui all’art. 18, attualizzati al tasso di riferimento in vigore alla data di stipula del presente contratto ed 

indicato alla lettera K delle premesse più un punto, C) al pagamento degli interessi di mora di cui all’art. 13 fino all’integrale 

adempimento…”. 

Trattandosi di leasing traslativo immobiliare, ove i canoni costituiscono non il corrispettivo del mero godimento del bene, ma il 

versamento rateale del prezzo, in previsione dell’esercizio finale dell’opzione di acquisto, l’interesse del concedente è quello di 

ottenere l’integrale restituzione della somma erogata a titolo di finanziamento, con gli interessi, il rimborso delle spese e gli 

utili dell’operazione; non quello di ottenere la restituzione dell’immobile, che normalmente non rientrava fra i beni di sua 

proprietà alla data della conclusione del contratto, né costituiva oggetto della sua attività commerciale; è stato scelto e 

acquistato presso terzi dall’utilizzatrice in funzione delle sue personali esigenze e solo pagato dalla società di leasing, che se ne 

è intestata la proprietà esclusivamente in funzione di garanzia della restituzione del finanziamento. 

L’operazione è quindi soggetta all’applicazione analogica dell’art. 1526 cod. civ., con gli adeguamenti e i temperamenti del 

caso, in considerazione del fatto che – mentre nella vendita con riserva della proprietà nel caso di inadempimento 

dell’acquirente il venditore normalmente soddisfa il suo principale interesse con il recupero del bene, ed il danno conseguente 

può consistere nel relativo deterioramento, nella perdita degli utili inerenti al godimento, nella perdita di altre proficue 

occasioni di vendita, e simili – nel leasing la riconsegna dell’immobile è insufficiente, quale risarcimento del danno, ove la 

restituzione del finanziamento non segua e il valore dell’immobile non valga a coprirne l’intero importo. Ma costituisce un quid 

pluris rispetto all’interesse e ai danni effettivi subiti dal concedente, ove si aggiunga all’integrale restituzione della somma 

erogata, con i relativi interessi e spese. 

Pertanto, le clausole contrattuali che attribuiscano alla società concedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento 

dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso dell’immobile, attribuiscono alla società 

stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a 

configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva rispetto all’interesse del creditore all’adempimento, di cui all’art. 

1384 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 13 gennaio 2005 n. 574; Idem, 2 marzo 2007 n. 4969; Idem, 27 settembre 2011 n. 19732, 

ed altre). 

Nel valutare se la penale sia manifestamente eccessiva, infatti, il giudice è tenuto a comparare il vantaggio che essa assicura 

al contraente adempiente con il margine di guadagno che egli si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare 

esecuzione del contratto (Cass. civ. Sez. 3, 23 marzo 2001 n. 4208). 

Ad analoghi principi si uniforma la Convenzione di Ottawa sul leasing finanziario internazionale 28 maggio 1988, recepita 

nell’ordinamento italiano con legge 14 luglio 1993 n. 259, le cui disposizioni, pur se non immediatamente applicabili alla 

controversia oggetto di esame, offrono un significativo termine di raffronto per la ricostruzione della disciplina 

dell’inadempimento del fornitore (Cass. civ. Sez. 3, 16 novembre 2007 n. 23794). 

Essa dispone che il concedente può anche esigere il pagamento anticipato dei canoni, in caso di risoluzione per inadempimento 

dell’utilizzatore, quando ciò sia previsto dal contratto, ma il risarcimento del danno deve essere tale da porlo “nella stessa 

situazione nella quale si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto…” (art. 13, p. 2, lett. b); che la 

pattuizione della penale è valida solo se “non comporti un risarcimento eccessivo in rapporto ai danni previsti dall’alinea b) del 

paragrafo 2″, e che “Le parti non possono derogare alle disposizioni del presente alinea…” (art. 13, p. 3, lett. b). 

Erroneamente, pertanto, la Corte di appello ha deciso il contrario. 

La motivazione da essa adottata, secondo cui la sproporzione sarebbe esclusa dal fatto che la clausola n. 19.3 del contratto di 

leasing prevede la possibilità che l’immobile venga venduto, con accredito del prezzo all’utilizzatore, risulta insufficiente ed 

incongrua, a fronte del testo letterale della clausola stessa (“….la concedente procederà alla vendita dell’immobile; 

all’utilizzatrice verrà riconosciuta la facoltà di promuovere essa stessa la vendita..” e le verrà altresì riconosciuto “…il ricavato 

dalla vendita dell’immobile…., detratte le spese direttamente imputabili (p.e. provvigioni all’intermediario….)”. 

Vanno condivisi i rilievi della ricorrente circa l’estrema genericità della clausola, la cui attuazione è rimessa alla piena 

discrezionalità della concedente quanto a tempi, modalità e condizioni di vendita e quanto a tempi e modalità con cui il 

corrispettivo dovrebbe essere riversato in favore dell’utilizzatore. 

Quest’ultimo rimane privo di ogni sostanziale tutela, quanto ai suoi diritti sul bene, del quale per contro – una volta adempiuto 

all’integrale restituzione del finanziamento dovrebbe avere il diritto di acquisire proprietà e disponibilità. 

Al fine di evitare che clausole penali del tipo di quella in oggetto attribuiscano al concedente vantaggi eccessivi, occorre che sia 

specificamente attribuito all’utilizzatore – una volta restituito l’intero importo del finanziamento – il diritto di recuperare 

proprietà e disponibilità del bene oggetto del leasing, in termini prestabiliti e precisi (non mere e generiche facoltà, 

indeterminate nei tempi e nei modi e rimesse alla discrezione altrui); oppure il diritto di imputare il valore dell’immobile alla 

somma dovuta in restituzione delle rate a scadere, ove cosi le parti cosi preferiscano: sempre che le relative decisioni e scelte 

siano concordate e non rimesse all’arbitrio dell’una o dell’altra di esse. 

4.- La sentenza impugnata deve essere quindi annullata, nella parte in cui ha respinto la domanda della ricorrente di riduzione 

della penale. 

5.- Per quanto concerne il ricorso incidentale, va preliminarmente concessa alla ricorrente la rimessione in termini da essa 

richiesta, quanto alla notificazione del controricorso con ricorso incidentale. 

L’originaria notifica – tentata nell’ultimo giorno utile – ha infatti avuto esito negativo per causa ad essa non imputabile, 

essendo risultato trasferito ad altro indirizzo il difensore domiciliatario indicato nel ricorso principale in precedenza notificato. 

Si può quindi passare all’esame dei motivi. 

6.- Il primo motivo denuncia violazione degli art. 183, 5 comma, e 345 cod. proc. civ., 1224, 1 e 2 comma, cod. civ., nella 

parte in cui la Corte di appello ha dichiarato inammissibile, perché non proposta con l’atto di citazione, ma solo nel successivo 

corso del processo, la domanda della Finanziaria Nettuno di pagamento degli interessi di mora di cui all’art. 13 del contratto di 

leasing sulle somme dovute. 

Assume la ricorrente che nell’atto di citazione essa ha proposto domanda di pagamento di “interessi e rivalutazione” sulle 

somme dovute a titolo di canoni, e che la specificazione che detti interessi debbono essere calcolati nella misura prevista 

dall’art. 13 del contratto è da ritenere ammissibile quale mera modificazione della domanda, ai sensi dell’art. 183, 5 comma, 

cod. proc. civ.. 

6.1.- Deve essere invece confermata la decisione della Corte di appello secondo cui la generica domanda di corresponsione di 

“rivalutazione e interessi” (quindi da intendere come interessi legali) di cui all’atto di citazione, è domanda diversa da quella 

successivamente proposta, avente ad oggetto la corresponsione degli interessi secondo le modalità e nella misura di cui all’art. 

13 del contratto di leasing. A norma della clausola n. 13 – che la ricorrente incidentale ha trascritto nel ricorso – il tasso di 

interesse di mora da applicare non solo è diverso dall’interesse legale, ma non è neppure direttamente quantificato, dovendo 

essere individuato nel “…. tasso di riferimento vigente all’epoca dell’inadempimento, maggiorato di cinque punti percentuali 

per anno”. 

La domanda ha quindi introdotto nel giudizio la cognizione di questioni e di accertamenti in fatto nuovi e diversi (fra cui in 

primo luogo l’interpretazione della clausola e l’individuazione del termine a cui si vuole che sia riferito il tasso da maggiorare di 

cinque punti), il che impedisce di considerarla come mera specificazione o modificazione della domanda inizialmente proposta. 

7.- Il secondo motivo, genericamente proposto “ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.” lamenta che la Corte di appello abbia qualificato 

come domanda nuova anche la domanda di pagamento di una penale a titolo di risarcimento dei danni per ogni giorno di 

ritardo nella restituzione dell’immobile, di cui all’art. 20 del contratto. Assume che anche questa domanda era stata anticipata 

nell’atto di citazione mediante la richiesta del “…risarcimento di tutti i danni subiti dall’attrice per tutti i fatti di cui è causa e 

ogni altri qualsivoglia titolo”. 

7.1.- Il motivo è manifestamente infondato. 

La generica richiesta di cui all’atto di citazione non può considerarsi idonea ad avere introdotto nel giudizio e portato a 

conoscenza della convenuta lo specifico titolo di danno qui fatto valere, fondato su di una specifica clausola contrattuale, né le 

peculiari modalità della determinazione del danno stesso, di cui alla clausola stessa. 

8.- Il ricorso incidentale non può che essere respinto. 

9.- In accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di 

appello di Trento, in diversa composizione, affinché riesamini e decida la controversia, uniformandosi ai principi di diritto più 

volte enunciati da questa Corte, sopra evidenziati con carattere in rilievo, e con congrua e logica motivazione. 

10.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio. 

P.Q.M. 

La Corte di cassazione accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai 

motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del 

giudizio di cassazione. 

 

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