AZIONE PATERNITA’

RAVENNA SEPARAZIONE ADDEBITO AD ENTRAMBI? SENTENZA

ENTRAMBI I CONIUGI AVEVANO VISTOSE  COLPE PER LA SEPARAZIONE 

Venendo infine al mantenimento dei minori, è appena il caso invero di rammentare che entrambi i genitori concorrono all’obbligo di mantenimento della prole, in base al combinato disposto degli artt. 316 bis c.c e 337 ter IV co c.c, e che l’obbligazione al mantenimento consiste in un dovere di natura patrimoniale da intendersi in senso ampio, tanto da ricomprendere non solo i bisogni alimentari, bensì quanto necessario per la cura, l’assistenza morale e materiale.

L’entità del contributo al mantenimento attuale va determinata secondo i parametri di cui all’art. 337 ter c.c sulla base dei redditi dei genitori , delle esigenze attuali dei figli, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza, dei termini di permanenza di entrambi i genitori nonché dei compiti anche domestici dei genitori.

Nel caso di specie il padre svolge l’attività lavorativa di dirigente medico ospedaliero e nell’ultima dichiarazione fiscale prodotta (2019) ha denunciato un reddito complessivo da lavoro dipendente cui si aggiunge la libera professione intra moenia di 70.242,66 Euro, che al netto dell’imposta netta ammonta a 47.116,52 Euro (percependo una media di 3.926,37 Euro mensili per dodici mesi) mentre la madre ha uno stipendio mensile di 1.100 Euro quale dipendente part time (avendo scelto di ridurre l’orario di lavoro) ed è comproprietaria insieme ai propri familiari di alcuni immobili, in parte messi a reddito.a info avvocato matrimonialista

Mentre il L. corrisponde mensilmente un canone di locazione di Euro 625, la M. paga un rateo di mutuo di 435,09 Euro mensili.

Tenuto conto della discrepanza fra le entrate nette dei due genitori e tenuto conto del fatto che la madre inoltre accudisce i minori per un numero di giorni (sia pure di poco) prevalente, e pur considerando le modeste esigenze tipiche dell’età dei bambini, deve essere riconosciuto un contributo al mantenimento dei minori non inferiore a 500 Euro per ciascun minore, per complessivi 1.000 Euro annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT con prima rivalutazione marzo 2021, oltre al 70% delle spese straordinarie, come da Protocollo in essere presso il Tribunale di Ravenna.

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE di RAVENNA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Antonella Allegra – Presidente est

dott. Alessandra Medi – Giudice

dott. Letizia De Maria – Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3972/2016 promossa da:

D.L. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. ROSSI RITA, elettivamente domiciliato nel suo stuido, in VIA CERVELLATI N. 3 40122 BOLOGNA

RICORRENTE

contro

D.M. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. PARISI ANNALISA e dell’avv. BISCOTTINI LIA ((…)), elettivamente domiciliata nel loro studio, in VICOLO SAN NICANDRO 4 48121 RAVENNA

RESISTENTE

E CON L’INTERVENTO DEL PUBBLICO MINISTERO

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

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SEPARAZIONI OCNVIVENZE

Con ricorso depositato in data 28 ottobre 2016, L.D. si rivolgeva al presidente del Tribunale di Ravenna affinchè pronunciasse la separazione personale dalla moglie M.D., con la quale aveva contratto matrimonio in Faenza (RA) in data 26 maggio 2012, trascritto nel Registro degli atti di matrimonio del predetto comune, anno 2012, atto n. 13, parte II, serie A e dalla quale aveva successivamente avuto i figli L. e M.S., nati rispettivamente in data 25 agosto 2012 e 12 maggio 2014, chiedendo che la separazione fosse pronunciata con addebito alla moglie, la quale si era occupata poco della casa della famiglia, dedicandosi piuttosto al lavoro dal quale tornava a tarda ora e intessendo nel 2016 una relazione extraconiugale con tale G.S., conosciuto durante la vacanza trascorsa dalla famiglia in agosto in Sardegna , con il quale intratteneva chat telefoniche inequivocabili e con il quale aveva trascorso del 15 settembre 2016 in albergo in una località di mare, riferendo in famiglia di essersi dovuta recare a Genova per lavoro.

Deduceva peraltro di aver appreso che già prima di allora la moglie aveva avuto altre relazioni.

Chiedeva quindi che i figli minori gli fossero affidati in via esclusiva, tenuto conto del fatto che di loro egli si era sempre fatto carico, con previsione di un contributo al loro mantenimento a carico della madre e la ripartizione al 50% delle spese straordinarie.

Con separato ricorso depositato il 30 novembre 2016 M.D. proponeva anch’ella domanda di separazione, a sua volta chiedendo che fosse addebitata al marito, descrivendo condotte gravi e inquietanti di quest’ultimo: egli infatti, pochi giorni prima della separazione, le aveva chiesto di sottoscrivere una scrittura di impegno a non chiedere mai alcun assegno di mantenimento in caso di separazione; le aveva cagionato una minaccia di aborto a causa di un rapporto sessuale durante la gravidanza; aveva voluto traslocare quando la moglie si trovava all’ottavo mese di gravidanza, per di più pretendendo che fosse lei ad occuparsi delle materiali operazioni dicendosi stressato e costringendola ad occuparsi di mansioni pesanti nonostante il suo stato; non tollerava il pianto del bambino appena nato, imprecando quando il piccolo si svegliava e addirittura in un caso aveva scosso la culla basculante al punto da provocare un rigurgito di latte e la perdita di sensi del bimbo, tanto da rendere necessario un accesso al Pronto Soccorso; manifestava un’eccessiva e incomprensibile ossessione per i batteri e pretendendo che i bambini non toccassero nulla al parco né si avvicinassero ad altri bambini.avvocato divorzista sergio armaroli

La ricorrente lamentava soprattutto il fatto che dopo la nascita del primogenito il marito avesse iniziato a collocare delle telecamere nascoste all’interno della casa familiare all’insaputa della moglie, nascondendole fra gli scaffali e luoghi difficilmente accessibili, e spiando così la moglie, i figli e le amiche della moglie che l’andavano a trovare, asserendo, una volta scoperto, che “doveva monitorare i figli e l’abitazione” e rifiutandosi di disinstallarle, prendendo inoltre dal 2013 a registrare tutte le conversazioni con la moglie, la quale si era dovuta rivolgere ad un legale perché gli inviasse una diffida scritta, rimasta peraltro disattesa.

Da ultimo riferiva che il L. era arrivato a querelare la moglie falsamente perché si era allontanata da casa, trasferendosi qualche giorno dalla madre, d’accordo con il marito, per un momento di riflessione della coppia e da ultimo aveva dato luogo al suo allontanamento in seguito ad un episodio avvenuto il 2 ottobre 2016, allorquando l’amico G.S. si era premurato di riaccompagnarla dalle Marche, dove madre e figli si erano recati in occasione di un convegno del L., il quale tuttavia non si era fatto vedere e, durante una sosta in A., il marito, irrompendo, aveva preso con la forza i bambini e imposto anche alla moglie di tornare con lui.

Aggiungeva la M. che una volta arrivati a casa sopraggiungevano i carabinieri, verosimilmente chiamati dal marito, i quali tuttavia invitavano quest’ultimo ad allontanarsi e che in un’altra occasione, nella quale pure i militari erano stati pretestuosamente invitati dal L., su loro consiglio ella si era trasferita dalla madre con i bambini.

Le due cause – nelle quali le parti si costituivano svolgendo analoghe difese- venivano riunite, stante la loro identità.

All’udienza del 30 luglio 2017 il Presidente esperiva inutilmente il tentativo di conciliazione ed emetteva i provvedimenti provvisori, rimettendo le parti dinanzi al giudice istruttore.

Interveniva il PM.

Con sentenza n 1087 pubblicata il 15 novembre 2017 il Tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi e rimetteva la causa in istruttoria, per l’espletamento in primo luogo di una CTU affidata alla psicologa dott.Alice Lombardi e con la concesssione dei termini ex art. 183, 6 co c.p.c.

L’istruttoria, nel corso della quale, a seguito di innumerevoli istanze numerose sono state le richieste di modifica della regolamentazione provvisoria della frequentazione paterna dei minori e delle condizioni economica (anche per effetto, in primo luogo, della parziale riforma dell’ordinanza presidenziale in sede di reclamo dinanzi alla Corte d’Appello), si è svolta con l’acquisizione di documenti e l’escussione di testimoni.

La causa è quindi stata trattenuta in decisione.

Non resta ora che esaminare le varie domande delle parti in relazione alle condizioni della separazione.

Occorre invece dare atto che le risultanze dell’istruttoria espletata impongono di affermare che tale intollerabilità è autonomamente addebitabile a condotte contrarie ai doversi derivanti dal matrimonio poste in essere da ciascuno dei coniugi.

Nonostante la gravità della condotta del L., ossessionato dalla necessità di avere sotto continuo controllo moglie e figli e tutto ciò che avveniva all’interno delle mura domestiche, concretantesi con l’utilizzo di telecamere e con la continua registrazione delle conversazioni con la moglie anche alla presenza di altre persone, con la conseguente umiliazione e pressione esercitata sulla moglie, non può infatti essere respinta neppure la domanda di addebito proposta dal ricorrente, stante la palese violazione dei doveri derivanti dal matrimonio pure attribuibile alla M..

Vero è infatti in primo luogo che l’istruttoria espletata, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, ha confermato che la moglie e i figli erano sottoposti a un ossessivo controllo da parte del L..

Sotto il primo profilo (il fatto che egli avesse posizionato telecamere che gli consentivano di verificare a distanza la condotta delle persone presenti in casa) l’assunto della resistente trova conferma nella deposizione della zia di D., N.M., la quale, ha riferito un episodio inequivocabile: mentre si trovava ad accudire da sola il nipotino a casa della coppia e si accingeva ad uscire con il passeggino verso il cancello, era stata chiamata al telefono cellulare dal L. il quale le chiedeva cosa stesse facendo e la invitava a stare in casa perché al momento era troppo caldo. La donna rimaneva disorientata non comprendendo come il L. potesse sapere cosa stesse facendo e apprendendo poi dalla propria sorella ( e madre della M.) che in casa vi erano le telecamere.

Per parte sua la sorella della teste, M.R.M., madre della M., ha confermato quanto sopra e ha dichiarato di aver visto la presenza di un impianto in casa.

Anche A.F., amica della resistente, ha dichiarato di essersi accorta di una telecamera una notte in cui aveva dormito presso l’amica, e di essere pertanto andata in bagno a cambiarsi per la notte.

Tali circostanze, coerenti fra loro, costituiscono senza dubbio elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, atti a dimostrare gli assunti della M..

Tale teste ha altresì confermato sotto altro profilo la condotta del L., ossia la sua abitudine di registrare le conversazioni della moglie (v verbale d’udienza 11 ottobre 2019).

In particolare ella, ha riferito di essere andata a casa di D., insieme alla comune amica F.B., e di avere avuto un colloquio con entrambi i coniugi, quando la M. chiese al marito se stesse registrando e questi senza nulla dire si allontanò. Tale episodio, per quanto in sé poco significativo, è tuttavia rilevante se considerato unitamente ai documenti 10 e 11 di parte resistente: c’è da chiedersi infatti per quale ragione una diffida a cessare l’illegittima consuetudine a registrare le conversazioni fra i coniugi. Del tutto coerente con tale diffida risulta il contenuto dei messaggi scambiati fra i coniugi (doc 11 del fascicolo di parte M., la cui veridicità non è contestata da controparte), in particolare il messaggio nel quale il L. afferma di essersi rivolto ad un legale per rispondere alla lettera ma implora la moglie di restare insieme e si impegna a cambiare e la risposta della moglie, la quale afferma di essersi rivolta al legale a seguito della promessa del L. di cambiare registro qualora gli fosse stato dimostrato per iscritto che si trattava di una condotta non consentita.

Ciò posto va detto che altri elementi di insostenibilità della condotta del marito si erano manifestati, se la madre della M. fu chiamata dalla figlia, la quale si trovava in stato di gravidanza avanzata, e sopraggiunta la trovò in lacrime, affermando di aver avuto una discussione con il marito il quale le aveva dato un calcio nella pancia e decideva pertanto di portare con sé D. e il bambino.

Che cosa in effetti fosse successo non è chiaro, dal momento che nel capitolato si descrive l’episodio come una spinta dal divano, mentre la teste parla di “calcio nella pancia” al quale non aveva comunque assistito. Certo è che, al di là delle gravi accuse contenute nella comparsa di risposta circa violenze fisiche in un caso anche nei confronti del neonato L., nessuna prova è stata raggiunta, avendo la teste M.R.M. di ignorare l’episodio relativo ad un pugno sulla spalla, pure descritto fra le condotte attribuite al L..

Non può comunque negarsi che all’episodio sopra richiamato il ricorrente non ha saputo dare una spiegazione e, per quanto non pienamente dimostrata la violenza fisica, certamente è stata provata una condotta prevaricatrice del marito.

Tali condotte sono di per sé idonee ad integrare l’addebito a carico del marito.

Quanto alle condotte in questione, poi, va detto che esse possono essere collocate temporalmente nel 2014 (durante la gravidanza e poco prima della nascita di M.S., avvenuta il 12 maggio 2014, l’episodio relativo all’intervento della madre di D.) e nel luglio 2014 quanto alla lettera dell’avv P..

Non è chiaro cosa sia avvenuto in seguito, neppure la ragione per la quale la M. rinunciò a festeggiare il compleanno del 2016: l’amica A. ricorda che l’aperitivo fu annullato perché D. riferì di un litigio con il marito, ma non è in grado di dire se effettivamente si sia trattato dell’anno 2016, anche se la stessa ha riferito che “nel corso degli anni la M. mi ha riferito varie discussioni avute con il marito davanti ai bambini, al punto che non riesco a collocare temporalmente questi episodi”.

Certo è che, quand’anche tali discussioni siano da collocare dopo il luglio 2014 e fino al 2016, non vi è prova che la vita coniugale sia divenuta puramente formale e inesistente, specie tenuto conto di quanto i coniugi avevano chiarito dopo lo scambio di lettere dei rispettivi legali attraverso i messaggi.

Non pare che la stessa M. non ha avviato ulteriori azioni legali, né può dirsi che la vita coniugale si sia trasformata in una mera convivenza sotto lo stesso tetto.

Certo è invece che dalla primavera del 2016 la disaffezione della M. nei confronti del marito è risultata dimostrata.

E’ peraltro emerso inequivocabilmente che dalla primavera del 2016 la M. ha iniziato ad intraprendere relazioni con altri uomini.

Innanzitutto è risultata dimostrata una relazione con certo M.S., come dimostrato dalla teste M.C., sua compagna dell’epoca, la quale, escussa all’udienza del ha riferito di essere venuta a conoscenza di tale relazione nella primavera del 2016, appunto, di una relazione fra il proprio compagno e la M., riscontrandolo sul cellulare del S., che poi ebbe a confessarglielo e di avere per questo affrontato la M. intimandole di stare lontano da lui.

Circa l’ulteriore relazione intrapresa con G.S. vi sono poi prove molteplici e circostanziate, a cominciare dall’inequivocabile tenore dei messaggi riportati nel doc 4 di parte ricorrente, e mai disconosciuti dalla M., nei quali si allude esplicitamente a rapporti sessuali con espressioni di grande trasporto e nei quali si possono leggere tutti i dettagli circa la prenotazione da parte della M. dell’hotel Vista Mare di Lido di Savio, nel quale gli stessi (M. e S.) trascorsero la notte fra il 15 e il 16 settembre 2016, mentre l’odierna resistente avrebbe dovuto trovarsi (secondo quanto riferito al marito) a Genova per un impegno di lavoro.

La circostanza trova conferma ad abundantiam anche nella relazione investigativa (di cui all’incarico ricevuto il 31 agosto 2016) allegata alla memoria ex art. 183, 6 co n 1 di parte ricorrente del 21 giugno 2018 e nella significativa testimonianza di G.C., collega ed amico del L., che a fronte dei sospetti di quest’ultimo si offrì di telefonare presso la ditta in cui D. lavorava, e apprese che la stessa non si trovava al lavoro, avendo richiesto un permesso fino al lunedì successivo.

Successivamente i rapporti con il S. (che insieme alla propria compagna aveva conosciuto la famiglia delle odierne parti e dunque anche L. in una precedente vacanza) erano divenuti così confidenziali che egli accompagnò la M. insieme ai bambini in un agriturismo nelle Marche dove sarebbe dovuto andare anche il L. (impegnato in un convegno medico in una località vicina), che rifiutò poi di andare.

E’ pacifico che in tale occasione la M. andò comunque insieme ai bambini, grazie alla disponibilità del S. che addirittura l’andò a prendere e poi la riaccompagnò a casa qualche giorno dopo, quando il L. irruppe nell’A. in cui moglie e figli, insieme al S., si erano fermati a cenare, pretendendo che la moglie e i bambini tornassero con lui.

A fronte di tali lineari ed inequivocabili fatti è del tutto inattendibile la deposizione di G.S., il quale ha dichiarato di aver avuto con D.M. soltanto rapporti professionali in quanto suo consulente immobiliare.

D’altra parte la difesa della M., al di là di un generico diniego della notte trascorsa di nascosto fuori casa, non ha saputo dare giustificazione alcuna di tale episodio,.

E’ significativo infine che la compagna del S., G.B., non si sia presentata a deporre, essendo del resto la sua testimonianza superflua, ed inutilmente gravoso per l’istruttoria e la teste stessa reiterarne la citazione alla luce dell’esaustività delle prove raggiunte.

A seguito di tale episodio furono chiamati i carabinieri presso la casa familiare e consigliarono alla M. di trasferirsi dalla propria madre con i bambini.

Non v’è dubbio che tali condotte della moglie siano state pienamente idonee a violare il dovere di fedeltà e la sensibilità e la dignità del coniuge, tanto più che per la giurisprudenza ormai consolidata la violazione del dovere di fedeltà non si concretizza soltanto nella consumazione di rapporti sessuali, ma anche in atteggiamenti che violino di per sé il rispetto e la dignità del coniuge.

Nel caso di specie, peraltro, dalla documentazione allegata (in particolare gli innumerevoli messaggi scambiati dalla M. con certo G. (e per la verità anche con altri uomini) non possono esservi dubbi in proposito.

Se dunque la vita matrimoniale, dopo gli episodi del 2014 sopra descritti, certamente espressione di una violazione del marito degli obblighi di assistenza e reciproco rispetto, che certamente hanno incrinato il rapporto coniugale, è comunque proseguita, non può che ritenersi che la violazione da parte della moglie degli obblighi di fedeltà abbia inferto il colpo finale alla relazione fra i coniugi, rendendolo non solo intollerabile, ma esaurito.

Quanto alla condotta della moglie, si ricorda che la Suprema Corte, “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Pertanto, la riferita infedeltà può essere causa (anche esclusiva) dell’addebito della separazione solo quando risulti accertato che ad essa sia, in fatto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il relativo comportamento (infedele), se successivo al verificarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza, non è, di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia di addebito (Cassazione civile, sez. I, 12/04/2006, n. 8512).

Non può negarsi che la condotta della resistente, non consistita in unico o sporadico episodio, ma in condotte reiterate e articolate sia stata di per sé idonea a provocare la crisi matrimoniale, anche tenendo conto del fatto che la M. si è limitata a negare al di là dell’evidenza la sua infedeltà, non deducendo neppure che essa sia stata reattiva alla condotta del marito.

Naturalmente, come si è detto, ciò non inficia la gravità della condotta del marito che pure emerge dal raffronto delle violazioni dei doveri derivanti dal matrimonio e dall’assoluta ingiustificabilità della sopraffazione morale.

In definitiva, alla luce delle condotte poste in essere dal L. nei confronti della moglie non si può dubitare della violazione da parte del ricorrente degli obblighi derivanti dal matrimonio, in particolare dell’obbligo al rispetto e alla collaborazione che derivano in primis dall’art. 29 della Costituzione, oltre che dall’art. 143 c.p.c., ma neppure si può dubitare del fatto che la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte della moglie ed il protrarsi della stessa abbia definitivamente cagionato il deteriorarsi del rapporto e reso ormai definitivamente intollerabile la convivenza.

Va quindi dichiarata l’addebitabilità della separazione ad entrambi i coniugi.

All’accoglimento della domanda di addebito nei confronti della moglie, consegue il rigetto della domanda di mantenimento dalla stessa proposta, ai sensi dell’art. 156 c.c.

Venendo ora alla regolamentazione dell’affidamento della prole deve darsi atto che, a fronte di un’iniziale inaccettabile conflittualità dei coniugi in danno dei minori, manifestatasi anche nella reciproca richiesta di affido esclusivo dei figli minori, in corso di causa, anche grazie ai suggerimenti della CTU nominata dott. Alice Lombardi, si è assistito ad un miglioramento dell’approccio processuale delle parti, le quali hanno entrambe concluso chiedendo l’affidamento congiunto dei minori ad entrambi i genitori.

Sul punto non v’è dubbio che la domanda debba essere accolta, poiché ai sensi degli artt. 316 c.c e 337 bis e ss c.c, la responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori e di regola è esercitata da entrambi, di comune accordo, tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli, anche nel caso di crisi della relazione (matrimoniale e non) fra i genitori, affinchè il figlio minore mantenga un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi.

Non possono esservi dubbi circa l’ottimo rapporto dei minori con entrambi i genitori e sul fatto che anche il padre sia pienamente idoneo a gestire i bambini che, qualora non condizionati, sono felici di stare con lui e appaiono sereni, secondo quanto osservato direttamente dalla CTU.

A tale proposito si richiamano la relazione depositata il 9 aprile 2018 e quella suppletiva depositata il 29 maggio 2019, nella quale la dott. Lombardi dà atto della diretta osservazione fatta, insieme ai CTP, dei bambini sia presso l’abitazione materna che in quella paterna, allorquando “M.S. giocava gioiosa con il padre, ricercandone costantemente un contatto fisico, restandogli in braccio per la maggior parte del tempo” ed “entrambi i minori non mostravano alcun segno di disagio nella permanenza con il padre”.

Ciò nonostante ritiene il Collegio, in conformità con quanto da ultimo stabilito in corso di causa (ordinanza 5 luglio 2019) che sia conforme all’interesse dei minori, in vista di una loro maggiore stabilità ed equilibrio stabilire un radicamento prevalente presso una residenza, che non può che essere quella materna, genitore con il quale essi hanno sempre vissuto per la maggior parte del tempo, anche in considerazione degli impegni lavorativi del padre, medico ospedaliero del Pronto Soccorso, soggetto a turni di lavoro impegnativi e variegati (mentre la madre è impiegata ad oggi part-time).

Come rilevato nella comparsa conclusionale della resistente, del resto, l’affido condiviso non postula un’uguale ripartizione dei tempi di permanenza dei figli preso ciascun genitore, ma sancisce la condivisione delle scelte riguardanti i figli, ed è finalizzato a preservare la loro serenità ed equilibrio.

Anche tenuto conto dei numerosi mutamenti (anche di residenza) cui i bambini sono stati sottoposti nel corso degli anni appare senz’altro opportuno mantenere la stessa regolamentazione della frequentazione del padre già in essere, e così tutti i martedì dall’uscita dalla scuola in periodo scolastico o dall’uscita dal centro estivo o dal mattino – compatibilmente con gli impegni lavorativi del padre – fino al giovedì mattina (con pernottamento il martedì e il mercoledì) e a fine settimana alterni dal venerdì pomeriggio fino al lunedì mattina.

Durante i periodi di vacanza scolastica i minori staranno con il padre per la metà delle vacanze natalizie e pasquali, alternando di anno in anno le maggiori festività presso l’uno e presso l’altro genitore e per almeno due settimane anche non continuative durante l’estate, da concordarsi entro la fine del mese di maggio di ciascun anno.

Non va peraltro trascurato il fatto anche nell’ultima relazione peritale del 29 maggio 2019 la CTU ha ribadito che “I signori L. e M. dimostrano una totale incapacità di dialogare serenamente, anche quando gli argomenti riguardino squisitamente i minori;

I piccoli L. e M.S. dimostrano un buon attaccamento nei confronti di entrambi i genitori ma è evidente la difficoltà nel passaggio dall’uno all’altro. Se nella precedente Consulenza era L. a far faticare nel lasciare la casa materna e ad avere bisogno di aiuto nel farlo, allo stato attuale è M.S. a dimostrare la stessa difficoltà. Tali difficoltà non devono essere ricercate in elementi concreti necessariamente occorsi, come invece sostenuto dalla madre anche attraverso gli atti legali, ma possono essere attribuibili a difficoltà psicologiche, come successo appunto anche al fratello. Tali difficoltà sarebbero superabili se i genitori trovassero uno stile comune ed un dialogo sereno, in modo da restituire ai figli un clima di accudimento condiviso, in cui i bambini non si sentano costretti a stringere “alleanze” con l’uno o l’altro genitore”.La CTU ha supportato tale suo convincimento osservando che finchè i figli vengono prelevati dal babbo dagli istituti scolastici non sussistano problemi, che invece emergono quando si rivela necessario il passaggio dall’abitazione della madre a quella del padre e ha pertanto suggerito, concordemente con i consulenti di parte il coinvolgimento dei Servizi Sociali del territorio al fine di far operare loro un monitoraggi circa l’effettivo rispetto dei tempi di collocamento tra i due genitori e al fine di agevolare i genitori nel passaggio dei figli da un’abitazione all’altra.

Ciò è stato disposto in corso di causa, e va senz’altro confermato anche in questa sede, sol che si consideri che nessuna delle parti, nelle proprie difese conclusive, ha prospettato la sopravvenuta superfluità dell’intervento del Servizio.

Venendo infine al mantenimento dei minori, è appena il caso invero di rammentare che entrambi i genitori concorrono all’obbligo di mantenimento della prole, in base al combinato disposto degli artt. 316 bis c.c e 337 ter IV co c.c, e che l’obbligazione al mantenimento consiste in un dovere di natura patrimoniale da intendersi in senso ampio, tanto da ricomprendere non solo i bisogni alimentari, bensì quanto necessario per la cura, l’assistenza morale e materiale.

L’entità del contributo al mantenimento attuale va determinata secondo i parametri di cui all’art. 337 ter c.c sulla base dei redditi dei genitori , delle esigenze attuali dei figli, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza, dei termini di permanenza di entrambi i genitori nonché dei compiti anche domestici dei genitori.

Nel caso di specie il padre svolge l’attività lavorativa di dirigente medico ospedaliero e nell’ultima dichiarazione fiscale prodotta (2019) ha denunciato un reddito complessivo da lavoro dipendente cui si aggiunge la libera professione intra moenia di 70.242,66 Euro, che al netto dell’imposta netta ammonta a 47.116,52 Euro (percependo una media di 3.926,37 Euro mensili per dodici mesi) mentre la madre ha uno stipendio mensile di 1.100 Euro quale dipendente part time (avendo scelto di ridurre l’orario di lavoro) ed è comproprietaria insieme ai propri familiari di alcuni immobili, in parte messi a reddito.

Mentre il L. corrisponde mensilmente un canone di locazione di Euro 625, la M. paga un rateo di mutuo di 435,09 Euro mensili.

Tenuto conto della discrepanza fra le entrate nette dei due genitori e tenuto conto del fatto che la madre inoltre accudisce i minori per un numero di giorni (sia pure di poco) prevalente, e pur considerando le modeste esigenze tipiche dell’età dei bambini, deve essere riconosciuto un contributo al mantenimento dei minori non inferiore a 500 Euro per ciascun minore, per complessivi 1.000 Euro annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT con prima rivalutazione marzo 2021, oltre al 70% delle spese straordinarie, come da Protocollo in essere presso il Tribunale di Ravenna.

La parziale soccombenza di entrambe le parti giustificano la compensazione delle spese di lite.

Le spese di CTU vanno definitivamente poste a carico di entrambe, ciascuna per metà.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– dichiara la separazione addebitabile ad entrambi i coniugi;

– affida in via condivisa ad entrambi i genitori i figli minori L. e M.S., con collocazione prevalente presso la madre;

– dispone che il padre potrà vedere e tenere con sé i figli tutti i martedì dall’uscita dalla scuola in periodo scolastico o dall’uscita dal centro estivo o dal mattino – compatibilmente con gli impegni lavorativi del padre – fino al giovedì mattina (con pernottamento il martedì e il mercoledì) e a fine settimana alterni dal venerdì pomeriggio fino al lunedì mattina, per la metà delle vacanze scolastiche natalizie e pasquali, per almeno due settimane anche non continuative d’estate, alternando i ponti in occasione delle ulteriori festività : il tutto con la supervisione del Servizio social, delegato a regolare le modalità di ritiro dei bambini, che dovrà avvenire per quanto possibile presso la scuola ovvero presso gli uffici del Servizio ovvero con le modalità più opportune, fino a quando si manifesteranno episodi di rifiuto di M.S. di andare con il padre;

– pone a carico del padre la somma di Euro 500,00 a titolo di contributo al mantenimento di ciascun minore (1.000 Euro in totale) rivalutabili secondo gli indici ISTAT, con prima rivalutazione al marzo 2021, oltre il 70% delle spese straordinarie come da Protocollo in essere in questo Tribunale;

– compensa integralmente le spese di lite fra le parti e pone definitivamente a carico di entrambe, ciascuna per metà, le spese di CTU come liquidate in corso di causa.

Conclusione

Così deciso in Ravenna, il 10 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2020.

 

 

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