PROMOTORE FINANZIARIO TRUFFA RISPARMIATORE BANCA PAGA
PROMOTORE FINANZIARIO TRUFFA RISPARMIATORE BANCA PAGA
IL FATTO:
G.G.B. convenne dinanzi al Tribunale di Milano T.S. e s.p.a. Rasbank, incorporante B.N.L. Investimenti, già B.N.L. Investimenti Sim, deducendo di aver consegnato al T., promotore finanziario di B.N.L. dal 1992 ed iscritto all’albo a norma del D.Lgs. n. 31 del 1998, Euro 284.000 in contanti nel luglio del 2003 per prenotare – come da modulo del 23 luglio 2003 che produceva, sottoscritto dal T. per ricevuta e dalla G. – un’obbligazione B.N.L. Word Basket 97 – 03 su carta intestata B.N.L. Investimenti S.I.M. s.p.a. per un valore nominale di Euro 301.040, autorizzandone l’addebito sul c/c n. (OMISSIS) intrattenuto con B.N.L. Precisò poi che in data 18 gennaio 2004 ricevette dalla banca B.N.L. una lettera su cui erano manoscritti appunti e confermato il prestito obbligazionario B.N.L. Word Basket 2 98 – 04, con dichiarazione di immissione in un deposito titoli cumulativo ad essa sottorubricato per sottoscrizione nominale di Euro 315.950 di obbligazioni scadenti il 31 luglio 2004, con sottoscrizione illeggibile “Banca Investimenti B.N.L.”. A maggio 2004 l’avvocato del T. la informò che questi non aveva provveduto ad investire la somma ricevuta avendola sottratta e che non era più in condizioni di restituirla. Pertanto la G. G. chiese la condanna in solido dei convenuti, a norma dell’art. 31, comma 3, TUF, non avendo la banca esercitato alcun controllo sul suo promotore esclusivo, al pagamento di Euro 315.950, oltre interessi convenzionali e legali, rivalutazione e danno morale per la condotta illecita.
Decisione tribunale
Il Tribunale accolse la domanda sulle seguenti considerazioni: 1) ai sensi del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, i documenti, in particolare quello del 2003 sottoscritto dal T., con il codice 3627 quale promotore finanziario della B.N.L., dovevano ritenersi veri poichè non contestati, e riconosciuti dal T. a norma dell’art. 215 c.p.c.; 2) il documento del 18 gennaio 2004 provava il rapporto con costui ed era irrilevante che non provenisse da funzionari della banca perchè la G. aveva agito ai sensi dell’art. 31, comma 3, TUF; 3) i documenti trasmessi all’investitrice avevano un contenuto minimo tale da ritener possibile fossero obblighi della banca e l’affidamento sul promotore era stato da questa ingenerato; 4) avendo la G. riscosso Euro 15.000 per cedole maturate, essi dovevano esser decurtati da Euro 284.000, mentre non spettavano gli interessi riconosciuti nel documento 3 perchè nessun reale investimento era stato effettuato; 5) a norma dell’art. 31, comma 3, TUF, in linea con la L. n. 1 del 1991, art. 5, comma 4, la banca doveva rispondere in solido per la condotta illecita del suo promotore, e a tal fine era irrilevante che costui avesse il potere di rappresentanza della banca non avendo questa dimostrato la collusione tra investitore e promotore, mentre le incongruenze tra i documenti – come quella tra il riconoscimento del T. del versamento della somma di Euro 284.000, mentre nel modulo di prenotazione era previsto l’addebito di tale importo sul conto della risparmiatrice – “erano tipiche” del dolo del promotore;
DECISIONE CORTE APPELLO
Con sentenza del 15 febbraio 2011 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale sulle seguenti ragioni: 1) la consegna del danaro nella somma allegata dalla G., avvenuta con più versamenti al T., nella qualità di promotore finanziario di B.N.L. Investimenti s.p.a. a scopo di investimento, come provato dal suo numero di codice apposto nell’apposito spazio, era provata dal modulo, con duplice sottoscrizione del T. “per ricevuta 23 luglio 2003 Euro 284.000” la cui firma la banca non ha contestato – ed infatti ne ha sostenuto la falsità ideologica, non materiale, ed in relazione ad esso ha astrattamente ipotizzato, non allegando alcun riscontro concreto, un accordo fraudolento tra il suo promotore e la G. – con cui era stato formalizzato l’ordine, e dall’estratto conto, in relazione al quale l’istanza di C.T.U. grafologica era esplorativa e non sorretta da alcun motivo di impugnazione; 2) le incongruenze tra i due documenti, concernenti la denominazione della banca e la misura dei prospettati interessi, non incidevano sulla valenza probatoria della consegna del danaro, ma rilevano per il concorso di colpa della G. e poichè, comunque, il modulo era proveniente dalla banca, erano irrilevanti; 3) decine di investitori truffati dal T. per milioni di Euro, gran parte in contanti, rendevano ancor più verosimile l’assunto della G.; 4) pertanto i moduli di consegna del danaro e di conferma dell’ordine erano riconducibili all’attività di promotore finanziario del T. per conto della Rasbank che l’investitrice aveva percepito come veritieri e perciò sussisteva la speciale responsabilità di cui all’art. 31 TUF, prevalente su quella della G. attesa l’attività professionalmente qualificata del promotore.
DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE CHE RIGETTA RICORSO BANCA
Altrettanto correttamente i giudici di merito hanno applicato il principio secondo il quale la circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe legittimato a riceverle – assegni bancari o circolari intrasferibili, ordini di bonifico o documenti similari, strumenti finanziari nominativi o all’ordine, intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale opera (artt. 81 precitata delibera Consob e 94, comma 6 del regolamento intermediari Consob del 1998 n. 11522, applicabile ratione temporis, e della cui violazione risponde l’intermediario che abbia accettato modalità di pagamento difformi da quelle prescritte, come nel caso in esame alla luce del rendiconto sull’andamento dell’investimento) – non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività dello stesso e la consumazione dell’illecito, e non interrompe la corresponsabilità solidale dell’intermediario preponente.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta: “Art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2733 c.c. in relazione all’art. 228 c.p.c., per non avere la sentenza d’appello accertato il valore confessorio delle dichiarazioni rese dalla G. in sede di udienza collegiale del 25 maggio 2005. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Contraddittoria ed insufficiente motivazione su altro punto decisivo della controversia, consistente nella mancata, corretta valutazione delle confessioni rese dalla G. in sede di udienza collegiale del 25 maggio 2005 il tutto in relazione all’affermazione di responsabilità della Allianz Bank”.
Le ammissioni sfavorevoli non valutate ai sensi dell’art. 116 c.p.c., sono le seguenti: la G. ha ammesso di aver ricevuto 15.000 Euro tramite il padre a titolo di interessi e la somma non è stata decurtata dal danno quantificato dalla medesima; ha dichiarato in sede di interrogatorio di aver versato in più riprese circa Euro 280.000 a fronte di una ricevuta per Euro 284.000 ed in contrasto con il versamento in unica soluzione dichiarato in citazione; aveva dichiarato che era il padre ad intrattenere rapporti con il T. e ad effettuare i versamenti e non lei; pertanto il prodotto finanziario BNLI è stato consegnato alla G. a posteriori rispetto alle dazioni di danaro al T., sì che nessun affidamento era stato ingenerato dall’intermediario, la cui pretesa, omessa diligenza, è un posterius.
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