PEDONE UCCISO SU MARCIAPIEDE BOLOGNA RISARCIMENTO DANNI
- Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2020, n. 3742 – Pedone travolto e ucciso da un Bobcat. Responsabilità dei coordinatori e del responsabile dei lavori
- Invero, secondo quanto si evince dalla lettura della sentenza impugnata, il giudizio di responsabilità dell’imputato DL.A. così come del C.M. è stato formulato ponendo in evidenza sia l’inidoneità del piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dall’impresa, sia la mancata applicazione di talune disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento; in particolare di dispositivi di sicurezza in relazione alla recinzione del cantiere e alla pericolosità recinzione mobile e il perimetro dell’edificio. Si deve ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all’entrata in vigore del D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) – nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili – a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall’altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell’art.5 d. Lgs. 14 agosto 1996, n.494, attualmente trasfuso nell’art.92 D. lgs. n. 81 del 2008, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione e’ tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Appare, dunque, chiaro che il coordinatore per l’esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 Ud. (dep. 05/10/2017) Rv. 271026 – 01 Sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015, Cominotti, Rv. 26196001; Sez.4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv. 25510201; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 24753601; Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non massimata sul punto).
- Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2020, n. 3742 – Pedone travolto e ucciso da un Bobcat. Responsabilità dei coordinatori e del responsabile dei lavori – RUP
- Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 14/01/2020
Fatto
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La Corte di Appello di Napoli con la pronuncia in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Benevento il 16.03.2015 nei confronti di B.G., DL.A. e C.M., in relazione al reato previsto dagli artt. 113 e 589, commi 1 e 2, cod. pen. per avere cagionato per colpa il decesso del pedone N.G. che transitava posteriormente al Bobcat Fiat Koberlco tg AAY365 e ne veniva travolto a causa del suo scivolamento all’indietro dovuto all’inefficienza degli penumatici e all’eccessivo carico in relazione alla pendenza del tratto di accesso, con fondo di brecciolino, aperto ai pedoni e più largo dei 50 cm previsti dal Piano generale di sicurezza del cantiere e privo di specifico segnale di divieto. In Campolattaro l’8.05.2006.
2. All’imputato B.G. era contestato di avere, in qualità di responsabile dei lavori (ex art. 2e 3 D.Lvo 14.08.1996 n.494), per conto del Comune che aveva affidato all’impresa Arkos Architettura e costruzioni (nei confronti del cui amministratore Z.A. si è proceduto separatamente e che era alla guida del Bobcat Fiat sopra indicato) il recupero di edifici del centro storico, omesso di verificare la puntuale osservanza delle prescrizioni normative relative all’uso dei segnali di avvertimento e sicurezza, in particolare di assoluto divieto di transito dei pedoni tra la rete di recinzione e i fabbricati, e quelle concernenti la distanza dal muro perimetrale degli edifici di tale rete, non superiore a 50 cm, in modo da impedire il transito di pedoni.
3. Agli imputati DL.A. e C.M. era contestato di avere, quali coordinatori dei lavori ai sensi dell’art. 5 D.L.vo. n.494/1996e il DL.A., anche quale autore del Piano di sicurezza del cantiere, omesso di prevedere l’assoluto impedimento del transito di pedoni attraverso l’accesso a valle e in salita del cantiere in Via Ospedale e comunque gli opportuni dispositivi di protezione per evitare l’accesso da parte di terzi nonché di osservare la prevista distanza di soli 50 cm tra la recinzione metallica e il muro adiacente.
4.1 giudici di merito, con pronunce conformi, hanno ricostruito il fatto come segue: il Comune di Campolattaro ha dato in appalto, nell’ambito del programma integrato di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale del centro storico, alla società Arkos s.r.l., i lavori per il recupero di edifici del centro storico, in particolare l’edificio A, B; l’edificio C è stato affidato alla società CO.DE.CO, quest’ultima ha dato i lavori in subappalto alla stessa Arkos ( appalto ratificato dal Comune); i lavori sono stati consegnati per tutti e tre gli edifici il 2.12.2005 e avviati sempre il 2.12.2005; al momento dell’infortunio erano in corso i lavori negli edifici A e B; il vicolo ove si era verificato l’incidente, ubicato nel centro storico, prima dell’inizio dei lavori, era adibito ad uso pedonale con la presenza di gradini in pietra, successivamente, con l’apprestamento della recinzione mobile del cantiere e per consentire il passaggio dei mezzi e il trasporto dei materiali da Via Chiesa madre ai siti ubicati più in alto, era stato reso carrabile cospargendo sulla superficie ghiaia e cemento; la pendenza era variabile, da un valore all’imbocco di 16,8% fino a 31.9% alla prossimità dello sbocco in direzione dell’edificio C; la recinzione del cantiere che delimitava tutti e tre gli edifici era realizzata ad una distanza variabile rispetto al prospetto dell’edificio privato che costeggiava l’esterno del cantiere con una distanza minima di 60 cm, così da consentire di fatto un passaggio pedonale da via dell’Ospedale su via Chiesa e viceversa e, in particolare, consentire un passaggio pedonale nei pressi dell’abitazione di N.T., situata al civico 2 di Via dell’Ospedale; entrambe le estremità dell’accesso erano prive di dispositivi atti ad impedire il transito pedonale; ciò in contrasto con quanto previsto nel PSC dove di leggeva che “la recinzione del cantiere era eseguita con paletti in ferro opportunamente ancorati a terra e rete elettrica termosaldata. La recinzione è posta a distanza di 50 cm dalla murature esistenti in modo da preservare le stesse da operazioni di cantiere e non consentire il passaggio tra le murature e la recinzione; ogni accesso dotato di cancello in ferro sul quale sono apposti cartelli di sicurezza.” Si è accertata (fol 28 sentenza impugnata), inoltre, la scarna presenza di segnaletica al momento del sinistro e in particolare l’assenza di segnaletica di divieto di accesso con riferimento al di transito ai pedoni nel tratto che costeggiava la recinzione; segnale che fu rinvenuto solo dopo il sinistro, cioè nel sopralluogo del 10 maggio, mentre era mancante nel sopralluogo dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti.
4.1. L’incidente, secondo la ricostruzione dei Giudici di merito, si è verificato in quanto era stato indebitamente consentito il passaggio pedonale nei pressi nell’abitazione di N.T., lasciando uno spazio tra il muro perimetrale dell’edificio e la rete metallica di delimitazione del cantiere di non meno di 60 cm; N.G., cugino di N.T., era intento al trasporto nell’abitazione di quest’ultima di una bombola, stava percorrendo il passaggio pedonale delimitato dalla rete metallica mobile, si trovava in prossimità dell’imbocco del vicolo e veniva schiacciato dal mezzo condotto da Z.A., che stava trasportando materiale edile e che indietreggiava a causa della perdita di aderenza al suolo per l’inefficienza del battistrada, del basso coefficiente di attrito del fondo stradale, del carico rilevante e l’elevata pendenza.
I Giudici del merito hanno ritenuto che la violazione delle norme di sicurezza attinenti alla recinzione del cantiere in particolare alla valutazione del grave rischio connesso al passaggio di terzi all’esterno e in prossimità della recinzione, anche in relazione all’utilizzo di mezzi meccanici previsto nei progetti esecutivi e nei pos stante anche la peculiare conformazione della sede stradale, aveva concorso nella determinazione del sinistro, non potendosi ritenere che lo stato d’uso e la conduzione del bobcat rappresentassero causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento.
5. B.G. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
I) violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 41, 589 cod. pen., 5 Dl.vo n.494/96; assenza del giudizio controfattuale. Il ricorrente ritiene che l’evento infausto si è verificato solo a causa del comportamento colposo del titolare dell’Impresa esecutrice e al tempo stesso manovratore del mezzo meccanico che ha compiuto una condotta negligente ed un’errata manovra facendo retromarcia ed investendo la vittima. Nessun addebito di colpa può essere scritto al responsabile unico del procedimento, stante anche l’assenza di nesso causale tra le condotte di B.G. e l’evento del tutto eccentrico imprevedibile ed imputabile unicamente all’agente in concreto, stante la piena osservanza del piano sicurezza in cui si prevedeva l’apposizione di avvisi e inibizioni al transito pedonale. Se di fatto nell’esecuzione dei lavori si era consentito che taluno transitasse nell’area di cantiere ciò non poteva imputarsi al committente ed in particolare al RUP, investito solo di funzioni amministrative. E’ mancato nel caso di specie il giudizio controfattuale di verifica che, se anche l’imputato avesse tenuto le condotte ritenute omesse, l’evento si sarebbe ugualmente verificato a causa del mancato riposizionamento della recinzione mobile da parte del conducente del bobcat che aveva consentito, nel caso concreto, il passaggio del N.G..
II) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, violazione di legge con particolare riferimento all’art. 521 cod.proc.pen.. Il B.G. è stato erroneamente ritenuto Responsabile dei Lavori solo perché risultano una serie di missive sottoscritte dal B.G. e in quanto il suo incarico è riportato nei cartelloni di cantiere. Inoltre, mentre nel capo si imputazione si censura l’omessa previsione, in sentenza è stata ritenuta l’omessa vigilanza, quindi, un profilo di colpa del tutto diverso da quello contestato. Non è specificato quale sia il comportamento che avrebbe dovuto osservare il ricorrente al fine di impedire l’evento; il Rup aveva infatti regolarmente avviato il cantiere e aveva demandato ai coordinatori il controllo sul prosieguo senza che fosse tenuto ad una presenza costante e continua sul cantiere avendo funzioni più propriamente amministrative che operative. Nel caso di specie è applicabile il comma 2 dell’art. 41 cod.pen. in quanto fu la condotta dello Z.A. e lo scoppio dello pneumatico del mezzo che si posero come causa
sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento e ad escludere il rapporto di causalità.
III) violazione di legge in relazione all’art. 589 cod. pen. stante la insussistenza dell’aggravante della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Invero l’infortunio è avvenuto fuori del cantiere, cioè del luogo in cui avvenivamo le lavorazioni e l’evento morte non è ricollegabile alla violazione delle norme di prevenzione della sicurezza sul posto di lavoro. Il reato, pertanto, in quanto non aggravato, risulta prescritto.
6. DL.A. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
I) violazione di legge artt. 125 cod.proc.pen. e 111 Cost.: nullità della sentenza per difetto di motivazione e motivazione apparente con riferimento alla circostanza dedotta dalla difesa che il DL.A., che era stato indicato quale coordinatore della esecuzione dal B.G. sia alla Asl che all’Ispettorato del lavoro, in realtà non ha ricevuto l’incarico e non ha sottoscritto il contratto o un disciplinare di incarico. La Corte di appello ha omesso di verificare ed acquisire la documentazione relativa al fatto storico dell’avvenuto affidamento dell’incarico.
II) manifesta illogicità della motivazione in quanto la Corte di Appello afferma che il DL.A. era coordinatore ab origine e ha apoditticamente dedotto l’affidamento dell’incarico unicamente dai comportamenti omissivi. Invece il DL.A. non ha mai assunto le funzioni di CSE, non è stato invitato nemmeno alla consegna dei lavori in quanto il conferimento dell’incarico non era perfezionato.
III) nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’art. 125 cod.proc.pen e 111 cost in relazione al motivo di appello con cui aveva eccepito che non gli era stata data alcuna comunicazione dell’aggiudicazione dei lavori né dell’inizio lavori cui non aveva presenziato; manca in capo all’imputato la consapevolezza dell’ esistenza ed attualità dei propri doveri di vigilanza.
7. C.M. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
I) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 521 cod.proc.pen e all’art. 522 cod.proc.pen.
Lamenta che nella contestazione contenuta nel capo di imputazione viene addebitato al C.M. quale coordinatore per l’esecuzione dei lavori relativo all’edificio B di aver omesso la previsione dell’assoluto impedimento del transito pedoni lungo l’accesso a valle e in salita al cantiere in via dell’Ospedale e comunque opportuni dispositivi di protezione per evitare il transito di pedoni; nella sentenza di primo grado veniva addebitato un comportamento omissivo attinente ai doveri di vigilanza mentre nella sentenza di secondo grado venivano individuate una serie di condotte omissive mai contestate, in particolare quella relativa alla omessa verifica della idoneità del pos (che per gli edifici A e B non teneva in nessun conto le indicazioni inerenti la distanza della recinzione e la necessità di evitare il transito di pedoni) oltre che di assicurare la coerenza rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento. Si deduce che il fatto descritto nella imputazione di omessa previsione è del tutto diverso rispetto a quello attinente all’omessa vigilanza che è stato ritenuto in sentenza.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40, 41 e 589 cod.pen. e all’alt. 5 D.lvo 494/96. Assenza del giudizio controfattuale. La Corte territoriale ha ancorato il giudizio di responsabilità ad una serie di omissioni e non ha individuato alcun nesso di condizionamento tra le condotte omissive e l’evento morte; non ha proceduto a formulare il giudizio controfattuale valutando se qualora l’imputato avesse tenuto l’insieme delle condotte ritenute omesse l’evento si sarebbe verificato ugualmente tenuto conto che al momento del fatto la parte della recinzione mobile del cantiere era stata aperta dal Z.A. e non era stata ricollocata quindi a causa di tale condotta il passaggio pedonale era aperto e percorribile. Se la recinzione mobile fosse stata ricollocata correttamente dallo Z.A. il pedone non avrebbe potuto transitare. Nessuna condotta colposa è ascrivibile all’imputato che non poteva certo vigilare sulla ricollocazione della parte di recinzione mobile che fungeva da cancello in quanto il coordinatore dell’esecuzione non ha il dovere di garantire una presenza continuativa nel cantiere né può rispondere di condotte colpose altrui ha un ruolo di vigilanza che attiene alla generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza demandata a figure operative quali il datore di lavoro il dirigente il preposto.
Ili) Violazione di legge in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 1 e 2 cod.pen.. Nella vicenda in esame l’infortunio avveniva fuori del cantiere di lavoro e l’evento morte non è ricollegabile alla inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul posto di lavoro. Il reato deve pertanto ritenersi prescritto.
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