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Quanto all’assegno per il coniuge, per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, anche se indice del predetto tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi ( Cass. N. 2156 del 2010 ).
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 8 luglio – 30 ottobre 2014, n. 23088
Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti
In un procedimento di divorzio tra G.M. e K.E., la Corte d’Appello di Palermo con sentenza del 21/11/20119 confermava la sentenza del 29/12/2009 del locale Tribunale, in punto assegno per la moglie.
Ricorre per cassazione la moglie.
Resiste con controricorso la madre esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore del marito della ricorrente, nelle more processuali deceduto.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Quanto all’assegno per il coniuge, per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, anche se indice del predetto tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi ( Cass. N. 2156 del 2010 ).
In sostanza la ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. Non è vero che la Corte di Appello non abbia considerato la consistenza del patrimonio- immobiliare del marito, ma essa ha accertato che il patrimonio stesso forniva redditi estremamente scarsi ( e dunque questi non potevano incidere in modo decisivo sul tenore di vita familiare, mentre i redditi complessivi della moglie erano analoghi a quelli del marito) Del resto giurisprudenza consolidata ( tra le altre, Cass. N. 7117 del 2006 ) precisa che le condizioni economiche delle parti vanno considerate in concreto e non sulla base di un apprezzamento soltanto probabilistico ( ad es. la possibilità di un futuro aumento del reddito, nella specie, patrimoniale). Eventuali questioni inerenti alla comunione dei beni tra i coniugi e al suo scioglimento, dovranno evidentemente prospettarsi in separata sede, e non rilevano ai fini di una eventuale determinazione dell’assegno di divorzio che, per quanto si è detto, correttamente il giudice a quo non ha attribuito.
Va pertanto rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna ,ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in €. 2.000,00 per compensi, €. 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
La Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, ha chiarito, con riferimento ai dati normativi già esistenti, che: 1) “il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto”; 2) “all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”; 3) “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. La Corte d’appello ha confermato la spettanza alla T. dell’assegno divorzile, nella misura di Euro 400,00 mensili, dando rilievo al fatto che persisteva tra gli ex coniugi (in sede di separazione personale, il Tribunale aveva posto a carico del marito un assegno mensile di Euro 700,00) una condizione di squilibrio economico (il R. svolge la professione di medico di base, con un reddito mensile, nel 2018, di Euro 5.500,00, nonchè risulta proprietario esclusivo di un immobile in provincia di Avellino e comproprietario della ex casa coniugale, mentre la T., infermiera, ha “dedotto” di lavorare parttime presso il (OMISSIS), con retribuzione ridotta, di cui non ha fornito riscontro documentale, è comproprietaria dell’immobile già casa coniugale, in relazione alla quale ha dovuto provvedere, sino all’estinzione intervenuta nel 2013, al pagamento del mutuo anche per la quota a carico del marito, che non vi ha fatto più fronte, a far data dalla separazione), Ma la differenza reddituale, coessenziale alla ricostruzione del “tenore di vita matrimoniale”, non è decisiva, isolatamente considerata, ai fini della determinazione dell’assegno perchè l’entità del reddito dell’altro ex coniuge non giustifica, di per sè, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze (Cass. n. 21234/2019). Lo squilibrio rileva “come precondizione fattuale” (Cass. 32398/2019), quando risulti che esso sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due (Cass. 21926/2019). Questa Corte, con la pronuncia n. 11504 del 2017, abbandonato il precedente orientamento, secondo il quale il giudizio di adeguatezza previsto dal comma 6 del citato art. 5 (“dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”) andrebbe formulato in relazione al parametro del “tenore di vita”, aveva affermato che, in punto doveva essere andrebbe parametrato, infatti, non al criterio della conservazione (tendenziale) del tenore di vita matrimoniale, ma all’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge richiedente.
Cass. civ., Sez. VI – 1, Ord., (data ud. 07/04/2022) 21/04/2022, n. 12784 DIVORZIO › Assegno di divorzio Intestazione REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente – Dott. MELONI Marina – Consigliere – Dott. PARISE Clotilde – Consigliere – Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere – Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso n. 12208/21 proposto da: R.M., elettivamente domiciliato in Via Costantino Morin n. 45, presso lo studio dell’avvocato Cristiana Arditi di Castelvetere, che lo rappresenta e difende, in forza di procura speciale in atti; – ricorrente – contro T.A., elettivamente domiciliata in Roma Via Ciro Menotti n. 4, presso lo studio degli avvocati Franca Faiola e Leonino Ilario, che la rappresentano e difendono, anche disgiuntamente tra loro, in forza di procura speciale in atti; – controricorrente – Avverso la sentenza n. 5705/2020 della Corte d’appello di Roma, depositata il 18/11/2020; udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 7/4/2022 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA. 5 Maggio 2022 pag. 1 Svolgimento del processo La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5705/2020, depositata il 18/11/2020, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado che, a seguito di sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto, nel 1990, tra R.M. e T.A. (separatisi, di fatto, nel 2007/2008, con separazione giudiziale pronunciata nel 2009), con sentenza definitiva del 2019, aveva fissato in Euro 400,00 mensili l’assegno divorzile (valutati il “presumibile contributo della moglie alla realizzazione professionale del coniuge”, l’assetto patrimoniale della separazione pronunciata nel 2013, nonchè la condotta processuale delle due parti non pienamente adempiente alle richieste istruttorie), confermando, per il passato, il maggiore importo riconosciuto alla T., a tale titolo, in via provvisoria, nonchè l’assegno mensile di Euro 1.000,00 a carico del R. per il mantenimento del figlio, oltre al 60% delle spese straordinarie nell’interesse del medesimo, assegnava alla T. la casa coniugale. In particolare, la Corte di merito ha ridotto, con decorrenza dalla pronuncia di primo grado, il contributo al mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente (non avendo egli, dopo la laurea, terminato il percorso di studi) in Euro 800,00 mensili e stabilito in misura paritaria la percentuale delle spese straordinarie da sostenere per il medesimo figlio. La Corte d’appello ha poi mantenuto fermo l’assegno divorzile, con decorrenza, tuttavia, dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, nella misura fissata in primo grado, persistendo tra gli ex coniugi una condizione di squilibrio economico (il R. svolgendo la professione di medico di base, con un reddito mensile, nel 2018, di Euro 5.500,00, nonchè essendo proprietario esclusivo di un immobile in provincia di Avellino e comproprietario della ex casa coniugale, mentre la T., infermiera, ha dedotto di lavorare part-time presso il (OMISSIS), con retribuzione ridotta, di cui non ha fornito riscontro documentale, è comproprietaria dell’immobile già casa coniugale, in relazione alla quale ha dovuto provvedere, sino all’estinzione intervenuta nel 2013, al pagamento del mutuo anche per la quota a carico del marito, che non vi ha fatto più fronte, a far data dalla separazione), che si era andata realizzando “proprio come effetto del venir meno dell’unione, per la citata condotta di inadempienza” del marito agli obblighi relativi alla comune abitazione. Avverso la suddetta pronuncia, R.M. propone ricorso per cassazione, notificato il 26/4/2021, affidato a due motivi, nei confronti di T.A. (che resiste con controricorso, notificato il 3/6/2021). E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. La controricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’art. 1292 c.c., per avere la Corte d’appello, nell’affermare dovuto alla T. un assegno divorzile, ritenuto, erroneamente, inadeguato il guadagno della moglie e rilevato una situazione di squilibrio economico tra gli ex coniugi “nel tempo determinata soprattutto dal mancato adempimento da parte del marito agli obblighi relativi alla comune abitazione”, senza considerare che il carico delle obbligazioni solidali (quale è il mutuo) si ripartisce in quote uguali ed egli aveva comunque provveduto al pagamento, anche per la quota della moglie, dei due terzi delle rate di mutuo (per oltre undici anni), mentre la T., unica utilizzatrice della casa in comproprietà, avendola avuta in assegnazione, vi aveva contribuito OneLEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. pag. 2 solo negli ultimi quattro anni; con il secondo motivo, si denuncia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonchè sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, della documentazione bancaria prodotta dalla stessa T., in relazione alla necessaria dimostrazione, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive nonchè del pagamento dei ratei residui del mutuo, prova nella specie mancata, sia la motivazione apparente. 2. La prima censura è inammissibile. Si fa richiamo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., in tema di adempimento delle obbligazioni solidali, che risulta del tutto inconferente. Invero, la Corte di merito ha fatto riferimento anche al fatto che il marito, dopo la separazione, non aveva provveduto a pagare i ratei del mutuo della casa coniugale, in comproprietà dei coniugi, assegnata alla T., che vi abitava con il figlio, al fine di mettere in rilievo come il reddito da lavoro a disposizione della stessa si fosse ridotto per la necessità, dal 2009, di provvedere, anche per la quota del marito, al versamento dei ratei per estinguere il mutuo, estinzione avvenuta nel 2013 (fatto questo non specificamente contestato). Il vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5, non è adeguatamente articolato con la specifica indicazione del fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso. 3. Il secondo motivo, quanto al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, è fondato. Questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, ha chiarito, con riferimento ai dati normativi già esistenti, che: 1) “il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto”; 2) “all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”; 3) “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. La Corte d’appello ha confermato la spettanza alla T. dell’assegno divorzile, nella misura di Euro 400,00 mensili, dando rilievo al fatto che persisteva tra gli ex coniugi (in sede di separazione personale, il Tribunale aveva posto a carico del marito un assegno mensile di Euro 700,00) una condizione di squilibrio economico (il R. svolge la professione di medico di base, con un reddito mensile, nel 2018, di Euro 5.500,00, nonchè risulta proprietario esclusivo di un immobile in provincia di Avellino e comproprietario della ex casa coniugale, mentre la T., infermiera, ha “dedotto” di lavorare parttime presso il (OMISSIS), con retribuzione ridotta, di cui non ha fornito riscontro documentale, è comproprietaria dell’immobile già casa coniugale, in relazione alla quale ha dovuto provvedere, sino all’estinzione intervenuta nel 2013, al pagamento del mutuo anche per la quota a carico del marito, che non vi ha fatto più fronte, a far data dalla separazione), Ma la differenza reddituale, coessenziale alla ricostruzione del “tenore di vita matrimoniale”, non è decisiva, isolatamente considerata, ai fini della determinazione dell’assegno perchè l’entità del reddito dell’altro ex coniuge non giustifica, di per sè, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze (Cass. n. 21234/2019). Lo squilibrio rileva “come precondizione fattuale” (Cass. 32398/2019), quando risulti che esso sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due (Cass. 21926/2019). Questa Corte, con la pronuncia n. 11504 del 2017, abbandonato il precedente orientamento, secondo il quale il giudizio di adeguatezza previsto dal comma 6 del citato art. 5 (“dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”) andrebbe formulato in relazione al parametro del “tenore di vita”, aveva affermato che, in punto doveva essere andrebbe parametrato, infatti, non al criterio della conservazione (tendenziale) del tenore di vita matrimoniale, ma all’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge richiedente. Ma le Sezioni Unite del 2018, pur confermando l’abbandono del parametro del “tenore di vita” e il riparto degli oneri probatori definito nel 2017, nel senso che è il coniuge richiedente a dover provare la situazione che giustifica la corresponsione dell’assegno, hanno riconosciuto all’assegno di divorzio una funzione non già soltanto assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non gli garantisca l’indipendenza economica), ma anche riequilibratrice, ovvero compensativo-perequativa, ove ne sussistano i presupposti – in presenza di un significativo squilibrio delle situazioni economico-patrimoniali tra gli ex coniugi, dopo il divorzio, e quantunque entrambi versino in situazione di autosufficienza economica – per la cui verifica è stata bandita la separazione tra criteri attributivi, tali da incidere sull’an del diritto all’assegno, e criteri determinativi, da utilizzarsi solo successivamente, ai fini della fissazione del quantum: la Corte ha avuto riguardo al caso in cui l’ex coniuge richiedente, specialmente nei rapporti matrimoniali protrattisi per lungo tempo, pur trovandosi, all’esito del divorzio, in situazione di autosufficienza economica, sia rispetto all’altro in condizioni economico-patrimoniali deteriori per aver rinunciato, al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, ad occasioni in senso lato reddituali, attuali o potenziali, con sacrificio economico, a favore dell’altro coniuge, che merita un intervento, “compensativo-perequativo”. L’assegno divorzile è quindi dovuto o nell’ipotesi in cui l’ex coniuge non sia economicamente autosufficiente o in quello in cui “il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale divenuto ingiustificato ex post dall’uno all’altro coniuge, spostamento patrimoniale che, in tal caso, e solo in tal caso, va corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa” (Cass. 24250/2021). L’assegno di divorzio deve quindi essere riconosciuto, non in rapporto al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata anzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge, secondo un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive, e inoltre, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l’onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale (Cass. 24250/2021). Ora, nella specie, è mancata un’effettiva valutazione dei presupposti dell’assegno divorzile, in quanto, una volta accertati l’autosufficienza economica di entrambi ma lo squilibrio reddituale e patrimoniale tra gli ex coniugi, si doveva verificare se tale divario fosse o meno dipeso dalla rinuncia, da parte della ex moglie, al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, ad occasioni in senso lato reddituali, attuali o potenziali, implicanti un sacrificio economico, a favore dell’altro coniuge, meritevole di un intervento, ” compensativo-perequativo”. Il tutto considerato anche che, nella specie, entrambi i coniugi svolgono attività lavorativa, sia pure con differenza reddituale (l’uno svolgendo la professione di medico, l’altra quella di infermiera), e la casa coniugale è in comproprietà dei coniugi, patrimonio comune cui entrambi i coniugi hanno contribuito, non risultava decisivo il solo dato del pagamento, da parte della sola T., dopo la separazione personale dei coniugi, degli ultimi anni di rateizzazione del mutuo acceso sul predetto immobile. 3. Per tutto quanto sopra esposto, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento. Conclusione Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2022
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