GENITORI SEPARAZIONE ATTENZIONE MASSIMA MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA PRIVARE DELLA FUNZIONE
integra il delitto maltrattamenti in famiglia anche la sostanziale privazione della funzione genitoriale del componente della famiglia, realizzata mediante l’avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale (Sez. 5, n. 21133 del 25/03/2019, C., Rv. 275315): ciò tanto ove le condotte persecutorie di un genitore nei confronti dell’altro siano poste in essere alla presenza del figlio, costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore e idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo (in questo senso, tra le altre, Sez. 5, n. 32368 del 29/03/2018, F., Rv. 273575).
Tribunale di Castrovillari aveva condannato S.C. in relazione al reato di cui all’art. 572 e art. 61 c.p., n. 11-quinquies, per avere, in (OMISSIS), dal (OMISSIS) con permanenza, maltrattato il coniuge separato D.M.M. e il figlio minore S.. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputata, con atto sottoscritto dal suo difensore, la quale, con tre distinti punti, ha dedotto la violazione di legge, in relazione all’art. 572 c.p., e il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale confermato la pronuncia di condanna di primo grado, benchè le carte del processo avessero provato solo l’esistenza di singoli episodi sorti nell’ambito di rapporto di conflittualità tra i coniugi separati – poi sfociati in una ipotizzata mancata osservanza del provvedimento giudiziale inerente alla gestione del figlio minore, vicenda definita con il proscioglimento dell’imputata per difetto di querela – e avessero dimostrato che le dichiarazioni del D.M., peraltro in parte riferite al periodo in cui vi era tra i due una relazione di convivenza, erano risultate confuse e non credibili.
Cass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 06/04/2022) 13/04/2022, n. 14522 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente – Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere – Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere – Dott. GIORGI Maria S. – Consigliere – Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere – ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: S.C., nata a (OMISSIS); avverso la sentenza del 15/09/2021 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ercole Aprile; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. De Masellis Mariella, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria dell’avv. Giovanni Battista Gallo, difensore della ricorrente, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Svolgimento del processo 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro confermava la pronuncia di primo grado del 12 giugno 2018 con la quale il Tribunale di Castrovillari aveva condannato S.C. in relazione al reato di cui all’art. 572 e art. 61 c.p., n. 11-quinquies, per avere, in (OMISSIS), dal (OMISSIS) con permanenza, maltrattato il coniuge separato D.M.M. e il figlio minore S.. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputata, con atto sottoscritto dal suo difensore, la quale, con tre distinti punti, ha dedotto la violazione di legge, in relazione all’art. 572 c.p., e il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale confermato la pronuncia di condanna di primo grado, benchè le carte del processo avessero provato solo l’esistenza di singoli episodi sorti nell’ambito di rapporto di conflittualità tra i coniugi separati – poi sfociati in una ipotizzata mancata osservanza del provvedimento giudiziale inerente alla gestione del figlio minore, vicenda definita con il proscioglimento dell’imputata per difetto di querela – e avessero dimostrato che le dichiarazioni del D.M., peraltro in parte riferite al periodo in cui vi era tra i due una relazione di convivenza, erano risultate confuse e non credibili. 3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7 convertito dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, ed ancora dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16 convertito dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15. Motivi della decisione 1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell’interesse di S.C. sia inammissibile. 2. I motivi dedotti, strettamente connessi tra loro e perciò esaminabili congiuntamente, non superano il vaglio preliminare di ammissibilità perchè in gran parte formulati per fare valere ragioni diverse da quelle previste dalla legge e, comunque, perchè manifestamente infondati. La sentenza impugnata ricostruisce in fatto la vicenda con motivazione esaustiva, immune da vizi logici e strettamente ancorata alle emergenze processuali. I rilievi formulati – peraltro con un certo grado di genericità – al riguardo dalla ricorrente si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in non consentite censure in fatto all’iter argomentativo seguito dalla sentenza di merito, nella quale, inoltre, vi è puntuale risposta a detti rilievi, in tutto sovrapponibili a quelli già sottoposti all’attenzione della Corte territoriale. La Corte territoriale aveva chiarito, con motivazione perspicua e convincente come la versione della persona offesa – che aveva parlato di una relazione caratterizzata, sia durante il periodo di convivenza che nel periodo successivo alla separazione, dalle costanti e abituali vessazioni fisiche e psichiche cui egli e il figlio erano stati sottoposti ad opera della S., che era arrivata a non portare più il minore a scuola pur di impedire che incontrasse il padre, e che a quest’ultimo aveva reiteratamente rivolto minacce anche alla presenza di altre persone – avesse trovato significativo riscontro nella documentazione acquisita, concernente le gravi conseguenze psichiche patite dal bambino, e nei risultati degli accertamenti compiuti dalle due esperte del consultorio familiare che avevano seguito le vicende di quella coppia, le quali avevano segnalato come la madre si fosse resa responsabile di iniziative gravemente pregiudizievoli per il figlio, di cui avevano suggerito l’affidamento in via esclusiva al padre. Nè sussiste la denunciata violazione di legge, in quanto la decisione dei giudici di merito si pone in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale integra il delitto maltrattamenti in famiglia anche la sostanziale privazione della funzione genitoriale del componente della famiglia, realizzata mediante l’avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale (Sez. 5, n. 21133 del 25/03/2019, C., Rv. 275315): ciò tanto ove le condotte persecutorie di un genitore nei confronti dell’altro siano poste in essere alla presenza del figlio, costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore e idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo (in questo senso, tra le altre, Sez. 5, n. 32368 del 29/03/2018, F., Rv. 273575). 3. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e a quella di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. Conclusione Così deciso in Roma, il 6 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2022