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Danno iatrogeno responsabilita’ medica avvocato malasanita’ bologna

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“Il danno iatrogeno (e cioè l’aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che comunque sarebbero residuati, ma in minor misura) va liquidato monetizzando il grado complessivo di invalidità permanente accertato in corporemonetizzando il grado verosimile di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all’infortunio anche in assenza dell’errore medico; detraendo il secondo importo dal primo“.

(Cass. III, 27/09/2021, n. 26117)

MALASANITA' AVVOCATO ESPERTO

MALASANITA’ AVVOCATO ESPERTO

Danno iatrogeno responsabilita’ medica avvocato malasanita’ bologna

in caso di prestazione professionale medico-chirurgica di “routine”, spetta al professionista superare la presunzione che le “complicanze” siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento. Ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l’accertata insorgenza di “complicanze intraoperatorie”, ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità, nonchè l’insussistenza del nesso causale tra la tecnica operatoria prescelta e l’insorgenza delle predette complicanze, unitamente all’adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porvi rimedio (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 20806 del 29/09/2009; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17694 del 29/07/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 13328 del 30/06/2015; id. Sez. 3, Sentenza n. 12516 del 17/06/2016).

Pertanto l’affermazione contenuta in sentenza, riproduttiva dell’elaborato peritale depositato dall’ausiliario, secondo cui la lesione costituisce un evento insopprimibile (quand’anche prevedibile, comunque inevitabile), risulta totalmente carente di supporto esplicativo, tanto più considerando che la nozione di una “conseguenza inevitabile” determinata della corretta esecuzione della manovra operatoria non si concilia con la rilevazione statistica dell’evento lesivo soltanto “nell’1%(percento)” dei casi (pertanto alla esecuzione dell’intervento con metodo laparoscopico consegue “normalmente” un risultato favorevole, sicchè, in assenza di specifici fattori che determinino in modo autonomo l’anomalia del risultato, quest’ultima non può che essere ricondotta alla errata manovra del medico chirurgo). La apparenza dell’argomentazione non viene colmata neppure dalla successiva osservazione del CTU, secondo cui diverse volte la causa della lesione rimane inspiegabile, ed in più di metà dei casi la lesione si verifica “durante le manovre per riconoscere ed isolare il cistico e per staccare la colecisti dalla via biliare”, nè assolve al requisito minimo motivazionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, la illustrazione di ipotetiche possibilità di lesione in circostanze particolari (estrema sottigliezza del dotto cistico) indicate esemplificativamente e che, quindi, non appaiono riferibili al caso concreto.

b) la ricorrente deduce inoltre che la “recidiva” di stenosi del tratto prossimale del coledoco era da imputarsi causalmente alla lesione dell’arteria epatica, che si sarebbe verificata nel corso della successiva fase dell’intervento, eseguito con metodo laparatomico dal prof. B., lesione riconducibile ad una errata manovra chirurgica.

La censura è inammissibile in quanto non assolve ai requisiti prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 venendo a contestare, senza svolgere puntuali argomenti critici nè indicare il fatto storico decisivo la cui valutazione sarebbe stata omessa, l’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito, sulla scorta delle indagini svolte dal CTU il quale ha escluso la rilevazione di evidenze probatorie deponenti per una lesione iatrogena della arteria che – secondo la tesi attorea – avrebbe costituito il presupposto causale della lesione secondaria ischemica (come ipotizzato invece dal dott. C. di Bruxelles), individuando, nel supplemento alla c.t.u., eventuali cause alternative, prevedibili ma inevitabili, idonee a determinare la “stenosi” del coledoco (“fenomeni di retrazione cicatriziale; fenomeni ischemici ed infiammatori; eccessiva permanenza del tubo di Kher”).

c) la sentenza viene impugnata per il mancato accertamento della responsabilità medica dovuta ad imperizia nel trattamento postoperatorio: la censura è inammissibile in quanto fa riferimento alla relazione del CTP Mammola ed alla relazione del prof. C., Ctp sostenendo che ove il Giudice di appello ne avesse tenuto conto, certamente si sarebbe pervenuti ad una decisione differente. La ricorrente non fornisce, tuttavia, alcuna indicazione dei fatti storici decisivi che sarebbero stati disattesi dal Giudice di merito, e non trascrive, neppure in parte, il contenuto delle predette relazioni dei CTP, non assolvendo ai requisiti minimi ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 di accesso al sindacato di legittimità;

d) la ricorrente deduce che erroneamente la Corte d’appello avrebbe provata per via presuntiva – in assenza di alcuna informativa scritta – la acquisizione del consenso informato della paziente e la consapevole accettazione da parte della stessa della metodica chirurgica prescelta e dei rischi connessi, non costituendo fatti idonei a produrre l’inferenza logica del fatto ignorato la mera sottoscrizione dei moduli relativi all’assenso alla anestesia ed alla emotrasfusione, mentre del pari irrilevante doveva ritenersi la dichiarazione (secondo cui fu la stessa A. a richiedere di essere operata con il metodo della tecnica laparoscopica) resa dal teste Pasta, atteso che tale circostanza non comprovava l’adempimento dell’obbligo informativo gravante sul sanitario.

Occorre premettere che deve ritenersi definitivamente acquisito nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 18513 del 03/09/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 7237 del 30/03/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 20984 del 27/11/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 25764 del 15/11/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 14642 del 14/07/2015) che la manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria, costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione, riferito alla persona fisica (la quale in piena libertà e consapevolezza sceglie di sottoporsi a terapia farmacologica o ad esami clinici e strumentali, o ad interventi o trattamenti anche invasivi, laddove comportino costrizioni o lesioni fisiche ovvero alterazioni di natura psichica, in funzione della cura e della eliminazione di uno stato patologico preesistente o per prevenire una prevedibile patologia od un aggravamento della patologia futuri), che – se pure connesso – deve essere tuttavia tenuto nettamente distinto – sul piano del contenuto sostanziale – dal diritto alla salute, ossia dal diritto del soggetto alla propria integrità psico-fisica (cfr. Corte costituzionale, sentenza 23.12.2008 n. 438 “….il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono, rispettivamente, che “la libertà personale è inviolabile”, e che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 Cost. pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonchè delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, secondo comma, della Costituzione….”). Al diritto indicato corrisponde l’obbligo del medico (di fonte contrattuale o derivante dalla analoga obbligazione ex lege che comporta il cd. “contatto sociale”: cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2847 del 09/02/2010) di fornire informazioni dettagliate, in quanto strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 20984 del 27/11/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 27751 del 11/12/2013). Con la conseguenza che, in applicazione della regola del riparto dell’onere della prova, viene a gravare sul medico, in caso di contestazione del paziente, la dimostrazione di aver fornito tutte le indicazioni necessarie a compiere la scelta consapevole, e dunque di aver correttamente adempiuto all’obbligo informativo preventivo (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 20984 del 27/11/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 19220 del 20/08/2013), mentre, nel caso in cui tale prova non venga fornita e dunque sussista inadempimento colpevole (il cui accertamento è del tutto indipendente dalla corretta esecuzione della terapia somministrata o dell’intervento chirurgico o dall’eventuale danno alla salute ad essi conseguito), occorrerà distinguere ai fini della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria proposta dal paziente, l’ipotesi in cui alla omessa informazione (od al consenso non idoneamente acquisito dal paziente: Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 24791 del 08/10/2008) sia conseguito un danno alla salute che costituisca esito non attendibile dalla prestazione tecnica se correttamente eseguita – e quindi imputabile a colpa professionale -, nel qual caso la mancanza del consenso informato si inserirà nella serie causale produttiva del danno non patrimoniale, dalla ipotesi in cui, invece, il peggioramento della salute corrisponda ad un rischio attendibile e cioè ad un esito infausto prevedibile “ex ante” nonostante la esatta esecuzione della prestazione tecnica-sanitaria che si rendeva comunque necessaria, nel qual caso, ai fini dell’accertamento del danno, graverà sul paziente l’onere della prova, anche tramite presunzioni, che il danno alla salute è dipeso causalmente dal fatto che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2847 del 09/02/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 20984 del 27/11/2012, secondo cui “il rispetto dell’autodeterminazione del paziente – che è ciò che si vuole tutelare, con il conseguente risarcimento del danno per mancato consenso – deve essere valutato in concreto, tenendo presenti le reali possibilità di scelta che si ponevano di fronte al paziente, nel caso in cui fosse stato adeguatamente informato”).

Orbene, tanto premesso, la censura deve essere ritenuta inammissibile, atteso che la ricorrente non viene a censurare una carenza del minimo costituzionale richiesto per la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali dall’art. 111 Cost., comma 6, ma viene a richiedere alla Corte una nuova non consentita rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal Giudice di appello: non viene, infatti, dedotto alcun fatto storico decisivo, non considerato dal Giudice di appello, ma solo una diversa valutazione degli elementi indiziari. Inoltre la censura difetta comunque di autosufficienza in quanto la ricorrente neppure allega che l’intervento chirurgico non era indicato come necessario, nè che, qualora fosse stata adeguatamente informata, avrebbe con certezza – di elevato grado probabilistico – rifiutato di sottoporsi all’intervento chirurgico, circostanze di fatto indimostrate e che, secondo la richiamata giurisprudenza di questa Corte, devono intendersi determinanti ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla salute.

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Danno iatrogeno responsabilita’ medica avvocato malasanita’ bologna

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Come più volte affermato da questa Corte, nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da attività medico – chirurgica, l’attore deve provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) ed allegare l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e l’inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo a carico del medico convenuto e/o della struttura sanitaria dimostrare che tale inadempimento non vi sia stato, ovvero che, pur essendovi stato, lo stesso non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno – (Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. 12 settembre 2013, n. 20904 e Cass. 12 dicembre 2013, n. 27855). A tale principio, che va ribadito in questa sede, non si sono attenuti i Giudici del merito, pur avendolo richiamato espressamente nella sentenza impugnata.

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MALASANITA’ RESPONSABILITA’ MEDICA RAPPORTO PAZIENTE STRUTTURA SANITARIA

MALASANITA’ RESPONSABILITA’ MEDICA RAPPORTO PAZIENTE STRUTTURA SANITARIA

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  6 ottobre 2014, n. 21025

Svolgimento del processo

Con atto notificato nel 2000, E.M. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Portoferraio, l’Azienda Usl n. 6 della Regione Toscana chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.

Deduceva l’attore che in data 26 maggio 1996 aveva riportato, a seguito di una caduta, la frattura del femore destro; era stato ricoverato presso l’ospedale di Portoferraio dove era stato sottoposto ad intervento chirurgico di osteosintesi con placca a vite e scivolamento; perdurando i dolori alla gamba, si era poi sottoposto ad ulteriori accertamenti ed aveva rilevato che, mentre la situazione pre intervento non presentava alcuno spostamento dei frammenti, la situazione post operatoria evidenziava, invece, un vistoso e grave spostamento della zona di frattura, determinato dall’invasività della vite e dalla forza di coartazione che essa sviluppava; si era sottoposto a nuovi controlli nei mesi successivi da cui era stato evidenziato lo “spostamento della frattura”.

Il Tribunale adito, con sentenza del 25 giugno 2004, rigettava la domanda.

Avverso tale decisione l’E. proponeva appello, cui resisteva l’Azienda appellata.

La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 7 maggio 2010, rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese. Affermava la Corte territoriale che l’appellante non aveva provato l’aggravamento della frattura ed evidenziava che il consulente tecnico, con indagine motivata, dettagliata e convincente, aveva accertato che l’E. aveva riportato, a seguito della caduta, una frattura laterale dell’estremità superiore del femore, che la radiografia effettuata il giorno seguente alla caduta era relativa solo a proiezioni anteroposteriori e non consentiva, quindi, una valutazione del grado effettivo di scomposizione e una diagnosi di frattura composta, valutabile solo dalla proiezione laterale, non eseguita nella fattispecie, e che nulla consentiva di affermate che vi erano stati difetti di tecnica, essendo ben spiegabili gli esiti della frattura riscontrati, con le caratteristiche stesse di tale lesione fratturativi, non risultando dall’indagine anamnestico-clinica effettuata alcun rapporto concausale iatrogeno al quadro clinico riscontrato. Riteneva la Corte di merito che da tanto non poteva “neppure porsi il problema se dal fatto di una terapia medica non corretta” potesse ricavarsi la prova presuntiva di un aggravamento della patologia.

Avverso la sentenza della Corte di merito l’E. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso l’Azienda USL n. 6 della Regione Toscana.

Danno iatrogeno responsabilita’ medica avvocato malasanita’ bologna

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Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3 in relazione agli artt. 1176, 2236, 1228, 2697 c.c.”.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’onere di provare l’aggravamento della frattura rispetto alla causa naturale (caduta), “nel senso che la frattura del femore da composta prima dell’intervento era divenuta frattura scomposta del femore dopo ed in conseguenza dell’intervento”; non era stato da lui assolto pur essendo tale onere posto a suo carico.

Assume l’E. di essere tenuto a provare soltanto l’aggravamento della patologia consistente nella pluriframmentazione del collo del femore e nell’accorciamento dell’arto con le difficoltà di deambulazione ad esso collegate e di aver assolto tale onere. Pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere pienamente provato l’aggravamento della patologia ed affermare l’onere dell’Azienda di provare che i predetti esiti – nell’ambito di una operazione chirurgica di routine e di non particolare difficoltà – erano dipesi non dall’intervento ma dalle caratteristiche originarie della frattura. Ad avviso del ricorrente, per escludere il nesso di causalità, l’attuale controricorrente avrebbe dovuto dimostrare quali fossero le caratteristiche della frattura prima dell’intervento e, quindi, provare non tanto che la frattura era scomposta anche prima dell’intervento quanto piuttosto che la frattura era pluriframmentaria già prima dell’intervento, onere nella specie non assolto, non avendo la struttura sanitaria eseguito la radiografia in proiezione laterale, sicché la Corte di merito avrebbe dovuto attribuire la responsabilità dell’evento in capo alla convenuta Azienda.

  1. Con il secondo motivo rubricato “errata, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art 360 c.p.c. n. 5 in relazione agli artt. 115, 116 196 e 231 c.p.c. (per contraddittorietà della consulenza tecnica, ingiusto diniego della rinnovazione della consulenza tecnica, illegittima integrazione del parere del ct.)”, l’E. sostiene che la Corte di merito avrebbe “omesso di motivare come la pluiriframmentazione della testa del femore e l’accorciamento dell’arto fossero preesistenti all’intervento chirurgico, facendo propria l’uguale omissione compiuta dal CTU e rifiutandosi di dare ingresso ad un nuovo accertamento peritale, così affermando immotivatamente che nella fattispecie non sussistevano difetti di tecnica operatoria chirurgica”.
  2. Il primo motivo di ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.

Nella sentenza impugnata si afferma che l’E. non ha provato, come era suo onere, l’aggravamento della frattura rispetto alla sua causa naturale (caduta) sul rilievo che il CTU ha acclarato che nella caduta l’attuale ricorrente aveva riportato la frattura laterale dell’estremità superiore del femore e che la radiografia del 27 maggio 1996 era relativa solo a proiezioni antero-posteriori, il che non consentiva una valutazione del grado effettivo di scomposizione e, quindi, una diagnosi di frattura composta, valutabile solo dalla proiezione laterale, non eseguita nella fattispecie.

Come più volte affermato da questa Corte, nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da attività medico – chirurgica, l’attore deve provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) ed allegare l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e l’inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo a carico del medico convenuto e/o della struttura sanitaria dimostrare che tale inadempimento non vi sia stato, ovvero che, pur essendovi stato, lo stesso non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno – (Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. 12 settembre 2013, n. 20904 e Cass. 12 dicembre 2013, n. 27855). A tale principio, che va ribadito in questa sede, non si sono attenuti i Giudici del merito, pur avendolo richiamato espressamente nella sentenza impugnata.

Era, infatti, onere dell’Azienda provare che non vi fosse stato inadempimento, tenuto conto delle condizioni del paziente al momento dell’ingresso nella struttura sanitaria e delle attività curative ivi praticate; al riguardo, pertanto, la Corte di merito dovrà procedere al riesame della fattispecie, prendendo posizione anche sulle censure sollevate dall’attuale ricorrente ed attinenti ai non completi esami diagnostici effettuati (v. ricorso p. 14).

Ogni altra questione proposta con il motivo in parola resta assorbita dall’accoglimento della censura in ordine al profilo appena esaminato. 4. Il parziale accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo.

  1. Alla luce di quanto precede, l’impugnata sentenza va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio – anche per le spese del presente giudizio di cassazione – alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che si uniformerà al suddetto principio di diritto e a quanto sopra evidenziato.

    AVVOCATO ESPERTO MALASANITA' BOLOGNA RAVENNA FORLI CESENA

    AVVOCATO ESPERTO MALASANITA’ BOLOGNA RAVENNA FORLI CESENA

P.Q.M.

La Corte accoglie in parte il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.

  1. Presidio Ospedaliero Cesena

    Ospedale “M. Bufalini”
    Stabilimento “P. Angioloni”
    Stabilimento “G. Marconi”

    Presidio Ospedaliero Forlì

    Ospedale “Morgagni – Pierantoni”
    Stabilimento “Porzia Nefetti”

    Presidio Ospedaliero Faenza

    Ospedale degli Infermi

    Presidio Ospedaliero Lugo

    Ospedale di Lugo “Umberto I”
    V.le Dante, 10 – 48022 Lugo
    Tel. 0545 214111 – Fax 0545 214200

    Presidio Ospedaliero Ravenna

    Ospedale “Santa Maria delle Croci”
    Struttura Sanitaria S. Giorgio

    Presidio Ospedaliero Riccione

    Ospedale “Ceccarini”
    Stabilimento “Cervesi”

    Presidio Ospedaliero Rimini

    Ospedale “Infermi”
    Stabilimento “Franchini”
    Stabilimento “Sacra Famiglia”
    Provincia di BOLOGNA


    – Ospedale Maggiore 

    Largo Negrisoli, 2 – 40133 Bologna – Tel. 051 6478.111
    – Ospedale Bellaria
    Via Altura, 3 – 40139 Bologna – Tel. 051 6225.111
    – Ospedale “Don Giuseppe Dossetti” di Bazzano
    Viale Martiri, 10/B – 40053 Bazzano – Tel. 051 838.811
    – Ospedale “Costa” di Porretta Terme
    Via Roma, 16 – 40046 Porretta Terme – Tel. 0534 20711
    – Ospedale di Vergato
    Via della Repubblica, 120 – 40038 Vergato – Tel. 051 6749.111
    – Ospedale “Simiani” di Loiano
    Via Roma, 8 – 40050 Loiano – Tel. 051 6543.711
    – Ospedale di Budrio
    Via Benni, 44 – 44054 Budrio – Tel. 051 809.111
    – Ospedale di Bentivoglio
    Via G. Marconi, 35 – 40010 Bentivoglio – Tel. 051 6644.111
    – Ospedale “SS. Salvatore” di San Giovanni in Persiceto
    Via Enzo Palma, 1 – 40017 San Giovanni in Persiceto – Tel. 051 6813.111
    – Ospedale “Santa Maria della Scaletta”
    Via Montericco, 4 – 40026 Imola – Tel. 0542 662.111
    – Ospedale di Castel S.Pietro Terme
    Viale A. Oriani, 1 – 40024 Castel San Pietro Terme – Tel. 051 6955.111  Provincia di FERRARACorso Giovecca, 203 – 44100 Ferrara – Tel. 0532 236.111
    – Ospedale “SS.Annunziata” di Cento
    Via Vicini, 2 – 44042 Cento – Tel. 051 6838.111
    – Ospedale “F.lli Borselli” di Bondeno
    Via Dazio, 113 – 44012 Bondeno – Tel. 0532 884.211
    – Ospedale “S.Giuseppe” di Copparo
    Via Roma, 18 – 44034 Copparo – Tel. 0532 879.011
    – Ospedale “San Camillo” di Comacchio
    Via R. Felletti, 2 – 44022 Comacchio  Tel. 0533 310.611
    – Ospedale “del Delta” di Lagosanto
    Via Valle Oppio, 2 – 44023 Lagosanto – Tel. 0533 723.111
    – Ospedale “Mazzolani – Vandini” di Argenta
    Via Nazionale, 7 – 44011 Argenta – Tel. 0532 317.611
       Provincia FORLI’ – CESENA– Ospedale “Morgagni – Pierantoni” di Forlì
    Via Carlo Forlanini, 34 – località Vecchiazzano – 47100 Forlì – 0543 731.111
    – Ospedale “Bufalini” 
    Viale Ghirotti, 286 – 47023 Cesena – Tel. 0547 352.111
    – Ospedale di Forlimpopoli
    Via Duca d’Aosta, 33 – 47034 Forlimpopoli – Tel. 0543 733.211
    – Ospedale “Nefetti” di Santa Sofia
    Via Forese, 20 – 47018 Santa Sofia – Tel. 0543 974.811
    – Ospedale “G. Marconi” di Cesenatico
    Via C. Abba, 102 – 47042 Cesenatico – Tel. 0547 674.811
    – Ospedale “Angioloni” di Bagno di Romagna
    Via Marconi, 36 – 47021 San Piero in Bagno di Romagna – Tel. 0543 904.111    Provincia di MODENA

    – Ospedale Policlinico di Modena
    Via del Pozzo, 71 – 41100 Modena – Tel. 059 4222.111
    – Nuovo Ospedale Sant’Agostino estense

    Via Giardini, 1355 – 41100 Modena – Tel. 059 435.111
    – Ospedale Estense di Modena 
    Viale V.Veneto, 9 – 41100 Modena – Tel. 059 435.111
    – Ospedale “Regina Margherita” di Castelfranco Emilia
    Via A. Costa, 8 – 41013 Castelfranco Emilia – Tel. 059 929.111
    – Ospedale “Ramazzini” di Carpi
    Via Guido Molinari, 2 – 41012 Carpi – Tel. 059 659.111
    – Ospedale di Finale Emilia
    Via Trento Trieste, 8 – 41034 Finale Emilia – Tel. 0535 654.911
    – Ospedale “Santa Maria Bianca” di Mirandola
    Via Fogazzaro, 6 – 41037 Mirandola – Tel. 0535 602.111
    – Nuovo Ospedale di Sassuolo
    Via Ruini, 2 – Sassuolo – Tel. 0536 846.111
    – Ospedale di Pavullo nel Frignano
    Via Suore di Cottolengo – 41026 Pavullo nel Frignano – Tel. 0536 29111
    – Ospedale di Vignola
    Via Plessi, 20 – 41058 Vignola – Tel. 059 777.811   Provincia di PARMA– Ospedale di Fidenza
    Via Don Enrico Tincati – località Vaio – 43036 Fidenza – Tel. 0524 515.111/515.638
    – Ospedale di San Secondo Parmense
    Via Vitali Mazza, 4 – 43017 San Secondo Parmense – Tel. 0521 371.111
    – Ospedale “Santa Maria” di Borgo Val di Taro
    Via Benefattori, 12 – 43043 Borgo Val di Taro – Tel. 0525 9701/970.265 Provincia di PIACENZA– Ospedale “Guglielmo da Saliceto”

– Ospedale di Castel San Giovanni

– Ospedale di Borgonovo Val Tidone

– Ospedale di Bobbio

– Ospedale di Fiorenzuola d’Arda

– Ospedale “G. Verdi” di Villanova sull’Arda

– Ospedale di Cortemaggiore

   Provincia di RAVENNA

– Ospedale “Santa Maria delle Croci” 

– Ospedale di Lugo
V
– Ospedale degli Infermi di Faenza

  Provincia di REGGIO EMILIA

– Ospedale di Guastalla

– Ospedale “Franchini” di Montecchio Emilia

– Ospedale “San Sebastiano” di Correggio

– Ospedale “C. Magati” di Scandiano

– Ospedale “Sant’Anna” di Castelnuovo né Monti

     Provincia di RIMINI

– Ospedale “Infermi”

– Ospedale “Franchini” di Santarcangelo di Romagna

– Ospedale “G. Ceccarini” di Riccione

– Ospedale “Cervesi” di Cattolica

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