Lesioni colpose da sinistro stradale, come muoversi
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È quanto mai opportuno rivolgersi ad uno studio legale al fine di poter ricevere una doverosa tutela di tutti coloro i quali si trovano ad aver subito delle lesioni colpose da sinistro stradale.
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Infatti, solamente da un professionale e preparato avvocato potremo ricevere la più completa ed efficiente consulenza legale per poter vedere affermati i propri diritti anche in caso di lesioni colpose da sinistro stradale.
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A tal proposito è anche bene sottolineare come, in caso di incidente, l’utente della strada che lo ha provocato abbia l’obbligo di legge di fermarsi e provvedere a prestare l’occorrente assistenza.
Sinistro stradale, obbligo di accertare colpa concorrente (Cass. 16229/19)
La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del principio in materia di interruzione del nesso di causa secondo cui le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell’agente, sia quelle che, pur inserite nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori della normale, ragionevole probabilità. Sez. 4, Sentenza n. 53541 del 26/10/2017 Ud. (dep. 27/11/2017) Rv. 271846 – 01.
- Il terzo motivo è fondato per le ragioni appresso specificate. Invero la Corte territoriale ha ritenuto congrua la pena irrogata dal primo giudice che dopo aver concesso le attenuati generiche si è attestato sul minimo edittale (fol 4).
Va rilevato però che è mancata sia da parte del Giudice di primo grado che della Corte di Appello la quantificazione del concorso di colpa. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che in tema di reati colposi inerenti alla circolazione stradale, il giudice del merito ha il dovere di quantificare l’apporto causale alla verificazione dell’evento attribuibile alla persona offesa e quello addebitabile al prevenuto. Quanto precede: sia ai fini della determinazione della giusta (al caso di specie adeguata) pena, dato che, ai sensi di quanto dispone l’art. 133 c.p., nn. 2 e 3, nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al giudice hanno influenza la gravità del danno cagionato e il grado della colpa; sia al fine di soddisfare le legittime aspettative della parte civile, se presente, la quale ha diritto di sentire quantificare, ancorché sotto il solo profilo dell’an debeatur, la misura del risarcimento del danno ad essa spettante (Sez. 4, sent. n. 11127 del 6/10/1988, Ballanza, Rv. n. 179738).
Corte di Cassazione
sez. IV Penale, sentenza 5 – 15 aprile 2019, n. 16229
Presidente Menichetti – Relatore Ferranti
Ritenuto in fatto
- Con sentenza del 26.10.2016 la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Latina, che ha condannato C.M. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in ordine al reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, commesso in (omissis) , oltre alle statuizioni civili nei confronti delle costituite parti civili.
2.All’imputato si rimprovera, per colpa generica e specifica, di avere cagionato la morte di Co.Ga. , ciò in quanto, in qualità di conducente del propria autovettura Volkswagen Tuareg tg (…), percorrendo la via (omissis) , all’altezza dell’intersezione con Via (omissis) , viaggiando ad una velocità superiore al limite consentito di 50 Kmh e comunque tale da non consentire il tempestivo arresto del veicolo (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 140, comma 1, art. 141, commi 1, 2 e 3, e art. 142, comma 1), non riusciva ad evitare l’impatto con l’autovettura Fiat Uno, guidata da Co. , proveniente da Via (omissis) che si immetteva in Via (omissis) , si che a seguito dello scontro e a causa delle lesioni gravissime riportate, decedeva il (omissis) .
- Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1) quanto segue.
I) Vizio per contraddittoria e illogica motivazione in relazione alla errata valutazione e ricostruzione del fatto. Lamenta che non si è dato il giusto rilievo nel determinismo causale alla circostanza che il Co. non aveva rispettato il segnale di stop e che a tal proposito il Giudice di merito sia in primo che secondo grado aveva giustificato tale condotta rilevando che il segnale non era visibile perché coperto dalla vegetazione. L’impatto è avvenuto nella corsia di marcia dell’imputato e non vi è prova che quest’ultimo viaggiasse a velocità sostenuta. Lamenta che non è stata disposta una perizia di ufficio ma ci si è avvalsi della CT del PM e delle difesa.
II) Omessa e mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante una perizia in contraddittorio tra le parti che avrebbe consentito di accertare che il C. era esente da qualsiasi responsabilità penale in quanto non poteva prevedere che il Co. non osservasse l’obbligo di precedenza e di stop invadendo la propria corsia di marcia. La condotta della vittima si è posta come causa eccezionale e atipica imprevista e imprevedibile che da sola ha prodotto l’evento.
III) riduzione della pena detentiva in relazione al grado di colpa della persona offesa che non è stata quantificata e che non può non incidere sulla individuazione dell’entità della pena irrogata.
IV) Eccessività della provvisionale concessa dal Giudice di merito; abnorme e da riformulare la condanna alla refusione delle spese di lite per ciascun difensore della parte civile.
Considerato in diritto
- Non sono fondati il primo e il secondo motivo di ricorso.
1.1 Al riguardo, occorre rilevare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità “deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali” (in tal senso, “ex plurimis”, Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep.02/07/1997, Rv. 207945).
E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per effetto della L. 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109).
Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). E la illogicità, quale vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu acuii, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. Un., sent. 30/4/1997, Dessimone).
1.2 Nel caso di specie, i Giudici di merito – dopo aver ritenuto provata la colpa dell’imputato, consistita nella inosservanza delle regole normative e di comportamento prescritte per la corretta circolazione stradale, hanno ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la suddetta condotta colposa e l’evento realizzato e, applicando il principio della equivalenza delle cause, hanno ritenuto che la violazione della regola cautelare da parte dell’imputato avesse concretizzato il rischio che la suddetta regola mirava ad evitare. L’art. 141, comma 2 recita: “Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile“. Dalla disposizione emerge che la velocità prudenziale è quella che permette di mantenere il controllo del proprio veicolo e di compiere manovre d emergenza.
Richiamato l’orizzonte dello scrutinio di legittimità, sopra delineato, occorre rilevare che la congiunta lettura di entrambe le sentenze di merito che, concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, valgono a saldarsi in un unico complesso corpo argomentativo (cfr. Cass., Sez. I, n. 8868/2000, Rv. 216906) si evidenzia che i giudici di merito hanno sviluppato un conferente percorso argomentativo, relativo all’apprezzamento del compendio probatorio, che risulta immune da censure rilevabili dalla Corte regolatrice; e che il ricorrente invoca, in realtà, una inammissibile riconsiderazione alternativa della ricostruzione dell’incidente.
1.3 La questione concernente la dedotta condotta concorrente imprudente tenuta dal Co. è stata evidenziata dalla Corte distrettuale (fol. 4) che, sulla base degli accertamenti tecnici compiuti in istruttoria, i rilievi tecnici planimetrici e anche fotografici, ha ritenuto che il Co. si sia immesso nella Via (omissis) senza dare la precedenza al veicolo proveniente dalla sua destra avendo quasi impegnato parte dell’incrocio, fino a immettersi nella corsia nella quale viaggiava la Tuareg, ma ha comunque ritenuto, con una motivazione logica e coerente, la responsabilità dell’imputato, in quanto pur avendo avvistato l’ostacolo non riuscì a frenare a causa dell’elevata velocità superiore ai limiti e non adeguata alle circostanze trattandosi di strada fiancheggiata da case. I Giudici di merito nella ricostruzione dei fatti hanno evidenziato e ricavato l’elevata velocità anche dalla circostanza che l’autovettura condotta dalla persona offesa, nel lato oggetto dell’impatto si è deformata al punto da rientrare al 50% della sagoma e che la marcia della Tuareg si arrestò dopo l’impatto solo a 50 m, nonostante l’abbattimento del segnale stradale (fol 3).
1.4 La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del principio in materia di interruzione del nesso di causa secondo cui le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell’agente, sia quelle che, pur inserite nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori della normale, ragionevole probabilità. Sez. 4, Sentenza n. 53541 del 26/10/2017 Ud. (dep. 27/11/2017) Rv. 271846 – 01.
- Il terzo motivo è fondato per le ragioni appresso specificate. Invero la Corte territoriale ha ritenuto congrua la pena irrogata dal primo giudice che dopo aver concesso le attenuati generiche si è attestato sul minimo edittale (fol 4).
Va rilevato però che è mancata sia da parte del Giudice di primo grado che della Corte di Appello la quantificazione del concorso di colpa. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che in tema di reati colposi inerenti alla circolazione stradale, il giudice del merito ha il dovere di quantificare l’apporto causale alla verificazione dell’evento attribuibile alla persona offesa e quello addebitabile al prevenuto. Quanto precede: sia ai fini della determinazione della giusta (al caso di specie adeguata) pena, dato che, ai sensi di quanto dispone l’art. 133 c.p., nn. 2 e 3, nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al giudice hanno influenza la gravità del danno cagionato e il grado della colpa; sia al fine di soddisfare le legittime aspettative della parte civile, se presente, la quale ha diritto di sentire quantificare, ancorché sotto il solo profilo dell’an debeatur, la misura del risarcimento del danno ad essa spettante (Sez. 4, sent. n. 11127 del 6/10/1988, Ballanza, Rv. n. 179738).
In termini sostanzialmente coincidenti si è affermato che esiste sempre l’obbligo del giudice di accertare la colpa concorrente della persona offesa o del terzo, in quanto sussiste sempre l’interesse dell’imputato all’accertamento dell’eventuale concorso alla produzione dell’evento, considerati i riflessi negativi che il mancato accertamento potrebbe avere sia sotto l’aspetto dell’entità del risarcimento sia sotto quello della misura della pena da irrogare in relazione ai principi fissati dall’art. 133 c.p. (Sez. 4, sent. n. 4477 del 20/1/1987, Barretta, Rv. 175636). Più in generale, proprio in fattispecie concernente un incidente stradale, è stata precisata (Sez. 4 n. 38559 del 27/06/2017; Sez. 4, sent. n. 22632 del 15/05/2008, PC e RC in proc. Gilio, Rv.239896) la rilevanza della c.d. graduazione delle colpe concorrenti, inquadrandola nell’ambito dei principi del sistema penale vigente.
Orbene, nel caso di specie, entrambi i giudici di merito implicitamente hanno affermato il concorso di colpa della persona offesa nella causazione del sinistro, ma non ne hanno esplicitato, come pur avrebbero dovuto, il percorso logico e motivazionale nella determinazione del trattamento sanzionatorio. E la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare (Sez. 4, sent. n. 31346 del 18/06/2013, Lobello ed altri, Rv. 256287) che, in tema di omicidio e lesioni cosiddette stradale, il giudice di merito, una volta riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa (come per l’appunto è implicitamente avvenuto nel caso di specie), adempie il dovere di motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti, di cui è impossibile determinare con’ certezza le diverse percentuali, dando atto di aver preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver raffrontato le condotte dei soggetti coinvolti: orbene, detto raffronto nel caso di specie non risulta essere stato svolto.
Ne consegue che, limitatamente ai punti concernenti la graduazione del concorso di colpa della persona offesa e la sua incidenza nella determinazione della pena la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame.
3. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. Merita precisare che per la liquidazione della provvisionale non è necessaria la prova dell’ammontare del danno, ma, come risulta dalle decisioni dei giudici di merito, è sufficiente la certezza dello stesso, sino all’ammontare della somma liquidata a titolo di provvisionale. È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte che in tema di provvisionale, la determinazione della somma assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l’obbligo di espressa motivazione quando, per la sua non particolare rilevanza, l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile.(Sez. 4, Sentenza n. 20318 del 10/01/2017 Ud.(dep. 28/04/2017) Rv. 269882 – 01).
Generico e inammissibile, per difetto di specificità, il punto del quarto motivo avverso la statuizione della sentenza relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile che non allega le ragioni concernenti la manifesta e oggettiva illegalità del quantum liquidato a proprio carico, e ciò tanto più in quanto la liquidazione del giudice si è attestata nell’ambito dei valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 (cfr. Sez. 5 n. 5053 del 27.11.2015 rv 266053-01).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame Ala Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.
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La vittima, il soggetto che si trova coinvolto suo malgrado in tali circostanze, oltre ad avere subite delle lesioni colpose da sinistro stradale, deve anche successivamente affrontare uno scenario che è in generale sempre complesso e colmo di ostacoli, per poter vedere soddisfatto quello che è un suo diritto, cioè il risarcimento.
- Nondimeno, le Sezioni Unite rammentano come sia prevalente “l’orientamento, di segno opposto, nel senso del diffalco: le somme liquidate dall’INAIL in favore del danneggiato da sinistro stradale a titolo di rendita vanno detratte, in base al principio indennitario, dall’ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato da parte del terzo responsabile”. Siffatto indirizzo (espresso da Cass. Sez. 3, sent. 15 aprile 1998, n. 3806, Rv. 514496-01; Cass. Sez. 3, sent. 15 luglio 2005, n. 15022, Rv. 584722-01, e ribadito, da ultimo, da Cass. Sez. 3, sent. 5 dicembre 2014, n. 25733, Rv. 633738-01) “si fonda sui seguenti argomenti: il valore capitale della rendita INAIL corrisponde a valore patrimoniale già risarcito, non ulteriormente computabile a favore del danneggiato, onde evitare duplicazioni di risarcimento sia in favore del danneggiato che a carico del responsabile o del suo assicuratore; nelle assicurazioni sociali, quando l’istituto comunica al terzo responsabile che il caso è stato ammesso all’assistenza prevista dalla legge ed agli indennizzi e lo preavverte della volontà di esercitare il diritto di surroga, la certezza e l’automatismo delle successive prestazioni sono elementi sufficienti per integrare i presupposti richiesti dall’alt. 1916 cod. civ. e determinano l’impossibilità, per il terzo responsabile, di opporre eventuali successivi accordi intervenuti con il danneggiato; in caso di esercizio da parte dell’INAIL dell’azione di surroga (che rappresenta una peculiare forma di successione a titolo particolare nel diritto di credito del danneggiato) nei confronti del responsabile del danno, il credito del leso si trasferisce all’istituto previdenziale per la quota corrispondente all’indennizzo assicurativo da questo corrisposto, con la conseguenza che l’infortunato perde, entro tale limite, la legittimazione all’azione risarcitoria, conservando il diritto ad ottenere nei confronti del responsabile il residuo risarcimento ove il danno sia solo in parte coperto dalla detta prestazione assicurativa”.
7.1.2. Orbene, le Sezioni Unite hanno ritenuto preferibile tale indirizzo, sulla base del seguente ragionamento che sebbene riferito alla prestazione indennitaria (e risarcitoria) fruibile dalla stessa vittima del sinistro può estendersi al pregiudizio patrimoniale da “lucro cessante” lamentato – in caso di infortunio mortale – dai suoi familiari, relativamente alle prestazioni contemplate dall’art. 66, comma 1, n. 4, del d.P.R. 30 giugno 1966, n. 1124.
Punto di partenza è la constatazione che in “caso di infortunio sulle vie del lavoro scaturito da un fatto illecito di un terzo estraneo al rapporto giuridico previdenziale, la vittima” (in tale nozione potendosi includere il soggetto infortunato ma anche, nell’ipotesi del suo decesso, i suoi familiari) “può contare su un sistema combinato di tutele, basato sul concorso delle regole della protezione sociale garantita dall’INAIL e di quanto riveniente dalle regole civilistiche in materia di responsabilità”, ricorrendo, così, un “duplice rapporto bilaterale” che “è rappresentato, per un verso, dal welfare garantito dal sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, che dà titolo ad ottenere le prestazioni dell’assicurazione, e, per l’altro verso, dalla relazione creata dal fatto illecito del terzo, permeata dalla disciplina della responsabilità civile”.
Si tratta, peraltro, di stabilire se tale “duplicità” di strumenti di tutela sia in rapporto di complementarietà o di incompatibilità.
Per rispondere a tale interrogativo, osservano le Sezioni unite, appare, innanzitutto, necessario “superare l’inconveniente di una interpretazione «asimmetrica» deH’art. 1223 cod. civ. : una
interpretazione che, quando si tratta di accertare il danno, ritiene che il rapporto fra illecito ed evento può anche non essere diretto ed immediato”, laddove, invece, “esige al contrario che lo sia, quando passa ad accertare il vantaggio per avventura originato dal medesimo fatto illecito”.
Fatta tale premessa di metodo, il citato arresto delle Sezioni Unite ne ha tratto la conclusione “che, nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la rendita INAIL costituisce una prestazione economica a contenuto indennitario erogata in funzione di copertura del pregiudizio (l’inabilità permanente generica, assoluta o parziale, e, a seguito della riforma apportata dal d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, anche il danno alla salute) occorso al lavoratore in caso di infortunio sulle vie del lavoro”, sicché essa, pur potendo “presentare delle differenze nei valori monetari rispetto al danno civilistico”, comunque “soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l’infortunio «in itinere» subito dal lavoratore”.
D’altra parte, poi, “l’art. 1916 cod. civ. dispone che l’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso il terzo danneggiante” (dettando una previsione che, rammentano le Sezioni Unite, si applica “anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali”), così come l’art. 142 cod. assicurazioni, per parte propria, “stabilisce che, qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l’ente gestore di questa abbia diritto di ottenere direttamente dall’impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione”.
Orbene, quantunque tali norme regolino “rapporti intersoggettivi diversi” tra loro, le relative fattispecie sono connotate “da un elemento comune: la successione nel credito risarcitorio dell’assicurato/danneggiato” (o come nel caso che occupa, dei suoi eredi), “la quale attribuisce all’ente gestore dell’assicurazione sociale che abbia indennizzato la vittima” (ovvero, i suoi eredi) “la titolarità della pretesa nei confronti dei distinti soggetti obbligati, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle prestazioni future”. Orbene, siffatto fenomeno successorio, esaminato dal punto di vista del danneggiato, “impedisce a costui di cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l’intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito”, sicché “le somme che il danneggiato si sia visto liquidare dall’INAIL a titolo di rendita per l’inabilità permanente vanno detratte dall’ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile al predetto danneggiato”. Infatti, per un verso, “mancando tale detrazione, il danneggiato verrebbe a conseguire un importo maggiore di quello a cui ha diritto”; per altro verso, poi, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni si pone come “espressione del «favor» che la Costituzione e il legislatore hanno inteso accordare al lavoratore con l’addossare in ogni caso all’istituto le prestazioni previdenziali, le quali assumono perciò carattere di anticipazione rispetto all’assolvimento dell’obbligo a carico del responsabile (Corte cost., sentenza n. 134 del 1971)”. Nondimeno, proprio perché l’indennità mantenga tale funzione (solo) di “anticipo” del futuro – eventuale – risarcimento, si palesa come necessario che “l’intervento del sistema di sicurezza sociale attraverso l’erogazione della prestazione assicurativa” non consenta “al lavoratore di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto”, permettendogli, “invece, di agire nei confronti del terzo, cui è addebitabile l’infortunio «in itinere», per ottenere la differenza tra il danno subito e quello indennizzato, allo stesso titolo, dall’INAIL”; di qui, pertanto, la perdita della “legittimazione all’azione risarcitoria per la quota corrispondente all’indennizzo assicurativo riscosso” (o riconosciuto in suo favore), ed il mantenimento, invece, del “diritto ad ottenere nei confronti del responsabile il residuo risarcimento ove il danno sia solo in parte coperto dalla detta prestazione assicurativa”(cfr. Cass. Sez. Un. sent. n. 12566 del 2018 cit.; su quest’ultimo aspetto anche Cass., Sez. 3, ord. 23 novembre 2017, n. 27869, Rv. 646646-01).
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Di conseguenza diviene fondamentale l’assistenza di uno studio legale, il quale potrà mettere in campo tutta la propria esperienza e capacità per tutelare i diritti di chi si trova coinvolto in un incidente stradale con gravi conseguenze.
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Anche in questo caso la professionalità, la consulenza legale di un avvocato diviene l’unico mezzo con il quale si potranno veder salvaguardati i propri diritti. In caso di lesioni colpose da sinistro stradale il danneggiato ha facoltà di presentare ad un ufficio giudiziario, entro tre mesi una querela nei confronti del responsabile anche nel caso che questo fosse ignoto.
- L’autorità giudiziaria, una volta che è stata presentata la querela, inizierà il suo iter.
- Solo in caso di incidente mortale inizia d’ufficio il procedimento penale. Chi ha subito delle lesioni colpose da sinistro stradale potrà costituirsi parte civile quando verrà avviato il procedimento penale nei confronti del presunto responsabile.
- In tutto questo articolato e, per certi versi, complesso percorso è bene farsi appoggiare da un avvocato, da uno studio legale. Non per nulla la migliore consulenza legale, il miglior aiuto potrà di certo venire dal proprio avvocato.
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Te pot ajuta, Apelati cu incredere !!!
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Pentru că, chiar în Emilia Romagna servire expertiza și profesionalismul de un avocat în cazul unui accident de motocicletă, sau accident de motocicletă “sau Motociclete de accidente ??
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Desigur, primul lucru pentru a fi sigur că puteți primi consiliere juridică competentă. Apoi, pentru că numai printr-o firmă de avocatură, chiar și în regiunea Emilia Romagna, puteți fi siguri că drepturile lor poate fi o măsură de protecție eficace.
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Cei care au avut ghinionul de a fi implicat într-un accident de motocicletă în Piacenza, precum și în Bologna, dar și în Imola sau Faenza, știe ce înseamnă să ai de a face cu birocrația și, în special, cu birocrația a societăților de asigurare. Un proces de o complexitate pe care, uneori, te lasă consternat.
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Cine este implicat în accidente de motociclete, precum și familia sa, cel mai adesea, nu au puterea să se confrunte cu toate astea singur prea.
Deci, atunci rolul profesional de avocat poate fi foarte util. În acest fel, ea va fi firma de avocatura pentru a avea grijă de tot, va fi avocatul să descâlcească labirint de birocrație și va fi avocatul care va fi capabil de a proteja drepturile noastre competent.
În afară de a fi sigur că puteți obține o consiliere juridică bun, oameni care au găsit s-au implicat într-un accident de motocicletă, se va asigura că avocatul va lupta din răsputeri pentru a proteja drepturile noastre. Cine este victima unui eveniment de o asemenea amploare are nevoie să se simtă în siguranță, protejat și nu simt un număr de statistici uscate.
Demnitatea, faptul de a fi o persoană umană, este de multe ori călcată în picioare de birocrația de asigurare, mai preocupat de a realiza studii suplimentare pentru a căuta, în ciuda dovezilor de fapte, fiecare cale posibilă de evacuare este de a redimensiona eveniment și ambele nu plăti datoria.
Dar, din fericire pentru noi nu este avocatul, avocatul responsabil, care ne va ajuta în cazul unui accident de motocicletă pentru a se asigura că drepturile noastre nu sunt călcate în picioare cu brutalitate.
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