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  • Il nostro ordinamento prevede la possibilità, in caso di crisi del rapporto coniugale, di porre fine al matrimonio.

    Attualmente la legge prevede che venga pronunciata prima la separazione personale dei coniugi e, trascorsi tre anni dalla separazione, venga pronunciato il divorzio, se richiesto dai coniugi.

    Oggi la separazione può essere dichiarata per cause oggettive, indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi.

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  • Un avvocato matrimonialista  Bologna  è un’avvocato che ha sviluppato una specifica competenza su tutte le tematiche connesse al matrimonio e ai suoi diritti e doveri in caso di separazione e divorzio, soprattutto nel caso di disaccordi inerenti l’affidamento e il mantenimento dei figli, il mantenimento o meno del coniuge più debole, l’assegnazione della casa coniugale e la spartizione del patrimonio sia in caso di comunione dei beni sia in caso di separazione dei beni.
  • lo Studio legale matrimonialista Bologna avvocato Sergio Armaroli  si rivolge a tutte le persone che vogliono affrontare con rapidità le controversie legate alla separazione, al divorzio o allo scioglimento della famiglia di fatto, Attraverso l’assistenza legale dell’avvocato matrimonialista è possibile superare tali controversie in modo chiaro ed efficace e comprendere quale strada percorrere per chi decide di porre fine alla propria unione mediante una separazione consensuale o giudiziale o la negoziazione assistita.
  • L’avvocato matrimonialista spiegherà la differenza tra i due tipi di separazione e in particolare perchè una separazione consensuale possa risultare meno traumatica e dispendiosa di una separazione giudiziale.
  • Una particolare attenzione va sempre riservata ai diritti dei minori, area di appartenenza del piu’ ampio diritto di famiglia e che comprende anche la tutela, l’adozione, i rapporti di convivenza tra coppie non sposate c.d. convivenza more uxorio), la filiazione, ecc.
  • conflitto coniugi
  • tra le forme di separazione dei coniugi che oggi hanno luogo all’interno delle aule di giustizia, la separazione consensuale è sicuramente quella privilegiata dall’ordinamento sia per la minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra le parti, sia per la previsione di forme procedurali decisamente più snelle e rapide.
    La separazione consensuale consiste in un accordo fra i coniugi su tutte le condizioni attinenti la separazione, che diventa efficace con l’emanazione di un decreto (cd. di omologazione) del Tribunale.
    Dal punto di vista procedurale, la legge prevede che, una volta trovato l’accordo, i coniugi, per il tramite di un unico difensore o degli avvocati che li hanno assistiti (i coniugi possono decidere di farsi assistere in maniera comune o meno), devono presentare un ricorso presso il Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune.
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  • Divorzio – Famiglia – Scioglimento del matrimonio – Cause ostative alla sentenza di divorzio – Riconciliazione tra i coniugi – Presupposti della riconciliazione – Ripresa dei rapporti materiali e spirituali Famiglia – Matrimonio – Separazione personale dei coniugi – In genere – Separazione personale – Riconciliazione – Eccezione in senso lato – Configurabilità – Fondamento – Interruzione della separazione in sede di divorzio – Eccezione in senso stretto – Ragioni – Conseguenze.
  • E’ fondata e meritevole di accoglimento
  • la domanda di separazione personale dei coniugi avanzata a fronte dell’insorgenza, tra gli stessi, di un’insanabile situazione di contrasto che abbia reso non più tollerabile la loro convivenza. In particolare, nel caso di specie, la gravità delle accusa che i coniugi si sono reciprocamente scambiati nel corso del giudizio, l’indifferenza mostrata ad ogni tentativo di riconciliazione, opportunamente dettata soprattutto dall’interesse della prole, sono tutti elementi che lasciano agevolmente presumere che tra gli stessi sia cessato ogni interesse, con il conseguente venir meno di ogni forma di comunione materiale e spirituale. In tale quadro, alla declaratoria di addebito segue la previsione, a carico del coniuge obbligato, dell’assegno di mantenimento in favore della moglie e dei figli per la cui quantificazione il giudice di merito deve accertare, quale indispensabile elemento di riferimento, ai fini della valutazione di congruità dell’assegno, il tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio, quale situazione condizionante la quantità e qualità delle esigenza del richiedente, previo accertamento della disponibilità patrimoniale dell’onerato. 
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  • Nel giudizio di SEPARAZIONE CONIUGI BOLOGNA TE LE SPIEGO avvocato per separazioni Bologna, avvocato Matrimonialista Bologna, studio legale diritto di famiglia Bologna, avvocato separazioni Bologna, avvocato divorzi Bologna avvocato per separazioni Bologna, avvocato Matrimonialista Bologna, studio legale diritto di famiglia Bologna, avvocato separazioni Bologna, avvocato divorzi Bologna SEPARAZIONE DEI CONIUGI BOLOGNA, ADDEBITO SEPARAZIONE, MOBBING FAMIGLIARE , LUDOPATIA DEL CONIUGE La separazione consensuale con figli: ciò che c’è da sapi, l’intervenuta riconciliazione integra una eccezione in senso lato poiché riguarda, in relazione al regime previsto dagli artt. 154 e 157 cod. civ., non un fatto impeditivo ma la sopravvenienza di una nuova condizione, il cui accertamento può avvenire anche d’ufficio da parte del giudice, ancorchè sulla base di deduzioni ed allegazioni delle parti, mentre nel procedimento di divorzio l’interruzione della separazione deve essere eccepita – ai sensi dell’art. 3, quarto comma, lett. b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74 – dal convenuto, assumendo rilievo quale fatto impeditivo della realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione. Ne consegue che solo in tale ipotesi la formulazione, per la prima volta, in appello dell’eccezione predetta è improponibile.
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  • Costituisce un ostacolo alla pronuncia di divorzio tra i coniugi separati la riconciliazione
  • tra gli stessi. Perché possa configurarsi la riconciliazione, però, non è sufficiente che i coniugi abbiano ripristinato la convivenza, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali tipici del rapporto coniugale, la cui prova va individuata nella ripresa dell’affectio coniugalis, nella sussistenza di circostanza di fatto incompatibili con il permanere dello stato di separazione, con la ripresa di frequentazioni di amici e conoscenti, con lo svolgimento di viaggi, con la cura e l’educazione costante della prole, lo scambio di regali in occasione di feste e ricorrenze e quindi con tutto ciò che costituisce espressione del ripristino della solidarietà familiare caratterizzante la vita dei coniugi. Dalla consolidata giurisprudenza anche la nascita di un figlio da coniugi separati è stata ritenuta prova dell’avvenuta riconciliazione.
  • Le fattispecie di cumulo soggettivo (art. 33 cod. proc. civ.) ed oggettivo (art. 104 stesso codice) di domande – espressioni della cd. connessione per coordinazione, in cui la trattazione simultanea dipende dalla sola volontà delle parti, e la separazione delle cause è sempre possibile, con l’unico rischio di una contraddizione tra giudicati – non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 40, comma terzo cod. proc. civ., come introdotto dalla legge 353/1990 non essendo consentito che il mutamento del rito, imposto da detta norma, sia conseguenza di una mera scelta dell’attore con riferimento a cause non connesse o non collegate da rapporti di evidente subordinazione, in caso opposto restando vulnerato il principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all’ art. 25 della Costituzione (si è così esclusa la possibilità del “simultaneus processus”, nell’ambito dell’azione di divorzio soggetta al rito della camera di consiglio, con riferimento a domande riguardanti la proprietà di immobili ovvero l’incremento di valore degli stessi, per essersi ritenuta inapplicabile la regola di cui al citato art. 40 cod. proc. civ.).
  • La separazione non pone fine al matrimonio ma ne sospende gli effetti in attesa del divorzio o della riconciliazione.
  • La separazione può essere legale o semplicemente “di fatto“, senza l’intervento di un Giudice, se uno dei coniugi si allontana dalla casa coniugale.
  • La separazione legale Bologna può essere consensuale o congiunta, quando c’è accordo dei coniugi su tutte le condizioni. È giudiziale, quando non c’è accordo sulle condizioni e può essere presentata anche da un solo coniuge.
  • Le condizioni riguardano:
  • il consenso alla separazione/divorzio

  • la scelta del coniuge presso il quale sarà fissata la residenza dei figli minori

  • il calendario delle visite per il genitore non convivente, considerati anche i periodi di vacanza e le festività

  • l’assegnazione della casa coniugale

  • il contributo economico mensile o periodico, rivalutabile anno per anno secondo gli indici ISTAT

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  • Qualora i due coniugi trovino un accordo la separazione prende il nome di consensuale e ha inizio con il deposito del ricorso. Per la deposizione non è necessario che i due coniugi si presentino di fronte al giudice perché può essere depositata anche da un unico legale per entrambi. Nel caso manchi l’accordo è possibile comunque procedere ad una separazione giudiziale anche nel caso sia solo un coniuge a richiederla con un’eventuale addebito della separazione qualora l’altro coniuge sia venuto meno ad un obbligo matrimoniale. Inoltre è possibile che si verifichi una terza modalità di separazione ovvero quella di fatto
  • Una volta ricevuto il ricorso, il Presidente del Tribunale fissa con decreto la data dell’udienza innanzi a sé, alla quale devono necessariamente comparire i coniugi personalmente, assistiti dai propri difensori o dal proprio difensore comune.
    All’udienza, il Presidente (o un Giudice da lui delegato) tenta in modo “simbolico” la riconciliazione delle parti e, in caso di insuccesso, redige il verbale di udienza il quale attesta che la coppia è decisa a separarsi e riporta il contenuto dell’accordo raggiunto dai coniugi.
    L’accordo stipulato dai coniugi è infine sottoposto a un giudizio collegiale di magistrati, che, valutata la legittimità dell’accordo stesso, emana il decreto di omologazione.
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  • affidamento della prole,

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  • disconoscimento di paternità,

  • mantenimento del coniuge,

  • mantenimento dei minori,

  • modifica dell’assegno divorzile,

  • addebito della separazione,

  • risarcimento dei danni a causa di infedeltà,

  • adozioni,

  • accordi di convivenza,

  • interdizione,

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  • Le attività svolte dallo Studio riguardano:
  • separazione personale dei coniugi, consensuale o giudiziale
  • divorzio, congiunto o contenzioso
  • ricorso per la modifica delle condizioni di separazione e/o di divorzio
  • affidamento dei figli minori, modifica delle condizioni economiche e di visita
  • interdizioni, inabilitazioni e nomina di amministratore di sostegno
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  • QUANDO L’EX NON PAGA L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO CHE FARE?
  • avvocato per separazione a Imola casi di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, sia nei confronti del coniuge che dei figli, sono numerosissimi. Lo scopo principale dei rimedi approntati sia in sede civile che penale dall’ordinamento è, pertanto, quello di garantire agli aventi diritto la disponibilità tempestiva delle somme necessarie al loro mantenimento evitando così che l’inadempimento costituisca grave pregiudizio alle esigenze di vita del coniuge e soprattutto della prole.
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  • “grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, é onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà” (Cass. n. 2059/2012).
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  • L’art. 143 c.c. parla chiaro: “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
  • Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
  • Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
  • Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 ottobre – 19 dicembre 2012, n. 23426
  • Presidente Fioretti – Relatore Cultrera Svolgimento del processo
  • avvocato per separazione a ImolaN.S., con ricorso del marzo 1999, chiedeva al Tribunale di Barcellona PG di pronunciare la separazione giudiziale dalla moglie M.F.C., con cui aveva contratto matrimonio il 18 aprile 1964, con addebito alla stessa, attribuzione a proprio favore dell’assegno di mantenimento ed assegnazione della casa coniugale. Analoga domanda svolgeva in via riconvenzionale la convenuta, ed il Tribunale adito, can sentenza del 24.7.2007, accoglieva la domanda di separazione disponendo il rigetto delle altre domande.
    La C. impugnava la sentenza innanzi alla Corte d’appello di Messina per dolersi dell’accoglimento della domanda di separazione fondata dal primo giudice sull’intervenuta riconciliazione, protrattasi dal 1986 al 1989, che aveva posto nel nulla una precedente separazione; del mancato addebito della separazione al coniuge, dovendo la crisi coniugale ascriversi alle sue numerose relazioni extraconiugali ed al manifestato disinteresse per 1a famiglia legittima; infine del rigetto della domanda d’attribuzione dell’assegno di mantenimento.
    La Corte territoriale con sentenza n. 75 depositata il 2 febbraio 2009 ha respinto il gravame.
    M.F.C. ha infime proposto avverso questa decisione ri
    corso per cassazione affidandolo a tre motivi resistiti dallo S. con controricorso.
    Il P.G. ha rassegnato le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto dei restanti.

    Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.
  • Motivi della decisione
  1. – La ricorrente deduce violazione degli artt. 143 e 151 c.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.. L’errore ascritto alla Corte del merito risiederebbe nel rigetto della domanda di addebito della separazione a carico del coniuge per la rilevata insufficienza delle circostanze incontroverse dedotte a sostegno, rappresentate dalla deprecabile condotta posta in essere da predetto, consistita nell’abbandono del tetto coniugale, nel disinteresse per la famiglia legittima, nelle numerose relazioni adulterine in costanza di matrimonio, da cui sono nati due figli. In particolare la Corte del merito avrebbe fatto malgoverno del dettato dell’art. 143 .c. che impone l’obbligo di fedeltà, la cui violazione, peraltro nella specie reiterata, rappresenta indiscutibile causa d’addebito della crisi matrimoniale, e sarebbe incorsa peraltro in ulteriore errore per aver ritenuto irrilevante l’abbandono del tetto coniugale da parte del coniuge, seppur si tratti di circostanza decisiva ai fini dell’ascrivibilità dell’addebito della separazione. Il conclusivo quesito di diritto chiede se, tenuto conto del motivo formulato, la Corte d’appello abbia violato gli artt. 143 e 151 c.c. nel non addebitare la separazione allo S. in considerazione della condotta deprecabile posta in essere dallo stesso, palesemente contraria ai doveri verso il coniuge e i figli.
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  • Il resistente chiede il rigetto della censura.
    Il motivo è inammissibile. Va rilevato anzitutto che i1 quesito di diritto è formulato con palese genericità che lo rende inidoneo alla funzione predicata dall’art. 366 bis c.p.c., risolvendosi in astratta affermazione di principio.
    A lume di consolidato orientamento nel caso in cui il quesito sia inerente ad una censura in diritto “dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calata nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamene compito dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del
  • motivo ovvero nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo” (da ultimo e per tutte Cass. n. 3530/2012). La censura espressa nel motivo comunque neppure coglie nel segno. La Corte distrettuale ha rilevato che la ricorrente non aveva assolto all’onere di provare che le circostanze addotte a sostegno si riferissero ad epoca antecedente alla crisi coniugale e comunque l’abbandono del tetto coniugale da parte dello S. non era rilevante costituendo conseguenza e non causa della crisi. Ha dunque definito la questione controversa a lume della stessa regola che la ricorrente asserisce violata, reputandola inapplicabile alla fattispecie esaminata per la riscontrata carenza istruttoria. La critica dalla ricorrente è eccentrica a questo percorso logico.
    2. – La ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’affermazione della Corte Territoriale secondo cui incombeva a suo carico l’onere di provare le circostanze che avevano determinato la crisi della coppia, seppur fossero incontestate le relazioni extraconiugali dello S. sul quale, di contro, gravava l’onere di provare che tale condotta fosse stata determinata dalla crisi coniugale già in atto. Chiede con conclusivo quesito di diritto se la Corte d’appello abbia violato l’art. 2697 c.c. reputandola onerata della prova di fatti incontestati ovvero se il coniuge era tenuto a provare che la crisi aveva provocato la relazione extraconiugale.
    Il resistente deduce l’infondatezza del mezzo.
    Il motivo è inammissibile. Non coglie infatti la ratio fondante la statuita reiezione della domanda d’addebito, incentrata sull’assenza di prova dell’indefettibile nesso causale tra la violazione dei doveri sanciti nelle disposizioni richiamate, pacificamente riscontrati, e la rottura del vincolo matrimoniale tra le parti in causa, della cui dimostrazione era onerata l’attrice. Travisandone il senso, la ricorrente prospetta come incontestata la sussistenza del suddetto nesso causale, laddove, ad avviso della Corte del merito era invece incontroverso il solo comportamento dello S., sicuramente contrario ai suoi doveri coniugali, ma nondimeno inidoneo ex se, seppur riprovevole, a rappresentare causa fondante l’addebito. Tanto meno il mezzo in esame smentisce la correttezza dell’applicato governo dell’onere probatorio in ordine al riscontro del nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali consumata dallo S. e la crisi matrimoniale, di cui i1 giudice d’appello ha fatto buon governo conformandosi a consolidato orientamento (Cass. nn. 25618/2007, 2059/2012) secondo cui “grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, é onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà” (Cass. n. 2059/2012). Ad avviso della Corte d’appello, infatti, l’odierna ricorrente non ha offerto siffatta dimostrazione, né per l’effetto il coniuge, che pur ha ammesso l’infedeltà, era tenuto ad assolvere al proprio contrario onere probatorio.
    3. – Con l’ultimo motivo la ricorrente denuncia infine la violazione degli artt. 147 e 148 c.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. per dolersi dell’omessa attribuzione dell’assegno di mantenimento in favore suo e dei figli, in ragione del fatto che questi avevano raggiunto l’indipendenza economica ed adducendo la mancata prova dello squilibrio tra le rispettive condizioni dei coniugi. Soggiunge che l’obbligo di mantenere i figli non cessa col raggiungimento della maggiore età, ma perdura finché essi non abbiano raggiunto un livello d’indipendenza economica; nella specie lo S. versava infine nella condizione di maggior favore, disponendo di risorse maggiori. Il conclusivo quesito di diritto chiede se sia ravvisabile la dedotta violazione di legge per non aver la Corte territoriale attribuito assegno di mantenimento per se e per i figli né assegnato la casa coniugale.
    Anche di questo motivo il resistente chiede il rigetto.
    Il motivo merita la sorte dei precedenti. La decisione impugnata si fonda sulla rilevata assenza della prova, di cui era onerata la parte interessata, dello squilibrio patrimoniale tra i coniugi e della
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  • inadeguatezza del reddito della richiedente l’assegno a mantenere il pregresso tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio. Quanta alla prole, il primo figlio, dell’età di 44 anni, era articolista e quindi percepiva un proprio reddito, l’altra, di anni 37, era diplomata al conservatorio ed aveva concrete prospettive di lavoro. In assenza di figli minori o non autosufficienti, l’assegnazione della casa coniugale alla richiedente non trovava infine giustificazione.
  • La ricorrente, quanto all’assegno di mantenimento, critica la valutazione dei riferiti elementi probatori vagliati dal collegio, mirando in sostanza alla loro rivisitazione e sollecitandone nuova lettura in tesi corretta e comunque più favorevole, che in questa sede è però preclusa. In ordine all’assegnazione della casa coniugale non smentisce la correttezza in ordine della decisione, conforme a consolidato orientamento secondo cui il potere del giudice d’assegnare la casa familiare in caso di separazione personale al coniuge che non vanti alcun diritto di godimento (reale o personale) sull’immobile, “ha carattere eccezionale ed è dettata nell’esclusivo interesse della prole” e non può essere perciò esercitata in assenta di figli affidati minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi (per tutte Cass. n. 1491/2011).
  • Tutto ciò premesso, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
  • P .Q.M.
  • La Corte:
    rigetta i1 ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in € 1.200,00 di cui € 1.000,00 per compenso, oltre accessori.
    Ai sensi del D.Lgs n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
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Originally posted 2016-10-21 10:09:53.

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