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Secondo la Suprema Corte Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9063 del 5 giugno 2012)qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova – la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili – di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l’adempimento di detto distinto accordo.[wpforms id=”14234″ title=”true” description=”true”]

La Suprema Corte ancora precisa Cass. civ. n. 14463/2011

ll contratto preliminare è fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l’obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell’art. 1183 c.c., la regola dell’immediato adempimento (“quod sine die debetur statim debetur”). Ne consegue che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., l’inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l’estinzione del diritto medesimo per prescrizione.

(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 14463 del 30 giugno 2011)

Nel contratto preliminare di vendita d’immobile, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica di per sé l’anticipazione di tutti gli effetti traslativi del contratto definitivo, se il giudice del merito, ricostruendo la comune intenzione delle parti e valutando il loro comportamento anche successivo al contratto, accerti che trattasi di contratto preliminare improprio, cioè con alcuni effetti anticipati, ma comunque senza effetto traslativo, in quanto la disponibilità del bene ha luogo nella piena consapevolezza dell’altruità della cosa. (Applicando detto principio, la S.C. ha escluso, in tema di revocatoria fallimentare esercitata ex art. 67, comma primo, n. 1, legge fall. per sproporzione del prezzo fissato nel definitivo rispetto al valore del bene, che la citata prospettazione del preliminare ad effetti anticipati sia anche solo in astratto compatibile con una valutazione di congruità del prezzo, da riferirsi inammissibilmente ad un’epoca in cui l’effetto traslativo non si è ancora verificato).

contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l’esercizio dell’azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.c., dell’obbligo di concludere il medesimo, non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell’omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l’interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da un inadempimento imputabile alla controparte stessa.

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Il d.l.vo 20 giugno 2005, n. 122

 

detta una disciplina di tutela dell’acquirente o del promissario acquirente di immobili da costruire in ragione dell’elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando però applicazione, in forza del contenuto definitorio di cui all’art. 1, comma 1, lettera d), soltanto riguardo agli immobili per cui, da un lato, sia stato già richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia già stata presentata la denuncia di inizio attività, ex art. 22, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380) e che, dall’altro lato, non siano stati oggetto di completamento e, dunque, non sia stato ancora richiesto il relativo certificato di agibilità. Ne consegue che i contratti preliminari di compravendita di immobili esistenti soltanto “sulla carta”, ossia per i quali sussista un progetto, ma non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente, si collocano fuori dell’ambito applicativo della speciale disciplina recata dal citato d.l.vo n. 122 del 2005 e la chiara lettera della legge non consente di pervenire, a tutela dell’acquirente o promissario acquirente di immobile esistente “sulla carta”, ad una interpretazione adeguatrice che ne permetta invece l’applicazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità di un contratto preliminare di compravendita di immobile esistente “sulla carta” in assenza della indicazione, imposta dall’art. 6, comma 1, lettera i), del d.l.vo n. 122 del 2005, della richiesta del permesso di costruire; la S.C. ha, peraltro, escluso che il dubbio di costituzionalità di detta norma – per contrasto con l’art. 3 Cost., in ragione della irragionevole disparità di trattamento della situazione relativa alla compravendita degli immobili esistenti “sulla carta” – quanto alle conseguenze derivanti dall’osservanza della sua prescrizione, potesse, nella specie, avere rilevanza, giacché la relativa disciplina presuppone, e si giustifica, solo in presenza di un preliminare avente ad oggetto un edificio per il quale sia stato almeno richiesto il permesso di costruire).

Poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l’effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui all’art. 18, secondo comma, legge 28 febbraio 1985 n. 47, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all’emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce.

Al fine di stabilire se le parti abbiano concluso un contratto preliminare ovvero definitivo di compravendita,

non sono decisive le espressioni usate (come, ad esempio, «preliminare» nell’intestazione del contratto

ovvero «vende» nel testo), mentre non rileva né la riserva di nomina del contraente, ai sensi dell’art. 1401 c.c., che può operare indifferentemente sia in un negozio definitivo che preparatorio, né l’aver posto come condizione, che è prevista dalla legge ed attiene all’efficacia del negozio, l’ottenimento di una autorizzazione alla vendita da parte del giudice tutelare, ai sensi dell’art. 320 c.c. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, non attenendosi al principio di diritto affermato, aveva attribuito al contratto la natura di preliminare, omettendo anche di dare il giusto rilievo alle circostanze che il rapporto era stato integralmente attuato, con il pagamento dell’intero prezzo ed il trasferimento dell’immobile mediante consegna, e che la parte venditrice aveva omesso di chiedere l’autorizzazione del giudice tutelare, così determinando il mancato avveramento dell’evento previsto in condizione).

In tema di compravendita di immobili, nel distinguere il contratto definitivo di vendita dal contratto preliminare e ritenere voluto l’effetto traslativo immediato, come non può essere attribuita influenza determinante alla consegna del bene od al pagamento del prezzo, cosa non possono assumere rilievo esclusivo né l’impegno delle espressioni verbali “cede”, “vende” o “acquista”, né la definizione del contratto indicata dai contraenti, ove dal complesso di altri elementi risulti che effettivamente le parti abbiano soltanto inteso obbligarsi a prestare in futuro il loro consenso ad un successivo contratto con effetto traslativo. (Mass. redaz.).

Ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l’unica regolamentazione del rapporto da esse voluta. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova — che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili — di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo.

Il contratto preliminare e il contratto definitivo di compravendita si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta nel primo caso ad impegnare le parti a prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà, e nel secondo ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo costituisce pertanto un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e non inficiata da vizi logici o giuridici. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva qualificato come definitivo, e non preliminare, il contratto di compravendita immobiliare stipulato dalle parti, fissando, di conseguenza, alla data di detta stipula il valore iniziale del bene ai fini dell’imposta di registro).

La funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare facere, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto insussistente l’inadempimento degli obblighi assunti con il preliminare, in una fattispecie in cui erano stati promessi in vendita diritti di comunione indivisa, e la promittente venditrice, anziché procurare alla parte acquirente il diritto reale assoluto in questione, aveva invece procurato un atto traslativo con effetti limitati inter partes, non iscrivibile nei registri tavolari, in relazione al quale il promissario acquirente avrebbe acquistato solo il godimento turnario del bene previo pagamento di un corrispettivo, sia pure a tariffa scontata).

Ai fini della validità del contratto preliminare non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando per converso sufficiente l’accordo delle parti sugli elementi essenziali. In particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto ex lege è atto scritto come per il «definitivo», è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, avere le parti inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purché, appunto, l’intervenuta convergenza delle volontà sia comunque, anche aliunde o per relationem, logicamente ricostruibile.

Nel valutare se le parti abbiano concluso un contratto definitivo di compravendita o un semplice preliminare è necessario ricercare l’effettiva volontà delle parti, al di là della qualificazione da esse attribuita al contratto stesso. In particolare, non è incompatibile con la qualificazione del contratto di vendita come definitivo il fatto che l’acquirente si sia impegnato «per sé o per persona da nominare», né il fatto che l’alienante si sia impegnato a fornire la prova della proprietà dell’immobile solo al momento della stipula notarile, e neppure l’inclusione nel contratto di una caparra confirmatoria, in quanto essa, anche se più congeniale al contratto preliminare, è compatibile anche con la struttura del contratto definitivo, qualora non vi sia contemporaneità tra la conclusione del contratto e la completa esecuzione degli obblighi che da esso derivano (come nel caso di specie).

II carattere preliminare o definitivo di una vendita non dipende dalla pattuizione relativa all’impegno a comparire davanti a un notaio per la formazione di un atto pubblico, con lo scopo di rendere possibile la trascrizione, bensì dalla circostanza, che le parti abbiano inteso soltanto obbligarsi all’alienazione e all’acquisto futuri del bene oppure dare luogo, senz’altro, alla trasmissione della proprietà.

Al fine di attribuire ad una convenzione negoziale la natura giuridica di contratto di compravendita ovvero di semplice preliminare, è determinante l’identificazione del comune intento delle parti diretto, nel primo caso, al trasferimento della proprietà della res verso la corresponsione di un certo prezzo conformemente alla causa negoziale sancita dall’art. 1470 c.c., e, nel secondo, all’insorgenza di un particolare rapporto obbligatorio che impegni le parti stesse ad un’ulteriore manifestazione di volontà alla quale sono rimessi il trasferimento del diritto dominicale sul bene e l’assunzione dell’obbligo di pagamento del prezzo. Nell’esaminare la stipulazione nel suo complesso onde accertare la comune volontà dei contraenti in un senso o nell’altro, il giudice di merito deve tener presente, peraltro, che la previsione della traditio del bene e/o del pagamento, anche totale, del prezzo convenuto non sono vicende assolutamente incompatibili con l’intento di stipulare un semplice preliminare di vendita, potendo le parti, con tali pattuizioni, manifestare null’altro che l’intento di anticipare le prestazioni del futuro contratto definitivo.

L’elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita è dato dalla volontà delle parti, che nel contratto definitivo è rivolta direttamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare. Da ciò consegue che allorché le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina con riguardo alle modalità e condizioni può anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per ciò sia necessario un distinto accordo novativo.

La clausola che differisce gli effetti di una scrittura privata di compravendita (nella specie, di un bene immobile), alla data della prevista stipulazione dell’atto pubblico non esclude il carattere definitivo della vendita, ma le attribuisce effetti meramente obbligatori, costituendo il successivo atto pubblico solo un atto riproduttivo in cui le dichiarazioni delle parti assumono valore storico-rappresentativo (della volontà espressa nella vendita già conclusa) e non manifestazione di una nuova volontà. negoziale.

L’art. 1350 c.c. stabilisce l’obbligo della forma scritta per la conclusione o la modifica dei contratti relativi a diritti reali immobiliari, ma né esso, né altra disposizione di legge prevedono analogo requisito di forma per ogni comunicazione o intimazione riguardante l’esecuzione di detti contratti. Pertanto, è pienamente valida ed efficace la diffida ad adempiere un contratto preliminare di compravendita, intimata, per conto e nell’interesse del contraente, da persona fornita di un semplice mandato verbale, come pure quella sottoscritta da un falsus procurator e successivamente ratificata dalla parte interessata.

È valido l’accordo verbale con cui le parti rinviano il termine pattuito in un preliminare di compravendita immobiliare per la stipulazione dell’atto notarle, perché la forma scritta richiesta ad substantiam riguarda solo i requisiti essenziali del contratto e non gli altri elementi pattizi che regolano la sua concreta attuazione, dovendo distinguersi a questi fini fra la concreta volontà di perfezionamento del negozio e le scelte temporali dell’intesa raggiunta.

Nel preliminare di compravendita immobiliare, l’individuazione dell’oggetto o la definizione dei criteri per la sua determinazione deve avvenire, a pena di nullità, per atto scritto consistendo nella concretizzazione di un elemento essenziale del negozio. Conseguentemente non assumono a tal fine rilievo i dati di interpretazione che non hanno riferimento al testo scritto dall’accordo, quali quelli desumibili dal comportamento successivo dei contraenti in fase di esecuzione dello stesso.

L’accordo transattivo concernente la proroga del termine per la stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare (nella specie, indicato dal promesso venditore nella diffida ad adempiere notificata al promesso compratore ai sensi dell’art. 1454 c.c.) deve rivestire la forma scritta ad substantiam sotto pena di nullità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1351 e 1350 n. 1 c.c. e 1350 n. 12 dello stesso codice, e, pertanto, non può essere accertato con ricorso alla prova per presunzioni o per testimoni.

Nell’indagine diretta ad individuare la natura preliminare o definitiva di un contratto di vendita occorre ricercare l’effettiva volontà dei contraenti, per accertare se essa sia stata rivolta direttamente al trasferimento della proprietà ovvero a dar vita ad un rapporto obbligatorio che li impegna ad un’ulteriore manifestazione di volontà che operi l’effetto traslativo, tenendo presente che, al predetto fine, non sono decisive — anche se non irrilevanti — le espressioni letterali usate dalle parti (spesso non esperte di diritto), né la previsione della riproduzione in atto pubblico della scrittura privata, che può essere stata considerata in funzione della trascrizione e non del trasferimento, e neppure, d’altra parte, la stessa tradizione del bene ed il pagamento del prezzo, quando vi sia ragione di ritenere che essi non siano, atti esaustivi delle reciproche controprestazioni ma atti di esecuzione anticipata di futura vendita. Il suddetto accertamento, pur risolvendosi in una quaestio facti, è censurabile in, sede di legittimità, ove non adeguatamente motivato o non ispirato a corretti criteri di ermeneutica contrattuale.

A differenza del preliminare di vendita di cosa futura, che ha per contenuto solo la stipulazione di un successivo contratto definitivo, il contratto di vendita di cosa futura, invece, non costituisce un negozio in formazione, suscettibile soltanto di effetti preliminari, ma un contratto di vendita obbligatoria, perfetto ab initio ed attributivo, come tale, di uno ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza, senza che possa rilevare la stipulazione prevista dalle parti per un’epoca successiva, dell’atto pubblico necessario alla trascrizione del trasferimento immobiliare, rappresentando questa una riproduzione meramente formale del contratto originario, nella quale le dichiarazioni delle parti stesse assumono valore storico-rappresentativo e non manifestazione di una nuova volontà negoziale. A differenza del preliminare di vendita di cosa futura, che. ha per contenuto solo la stipulazione di un successivo contratto definitivo, il contratto di vendita di cosa futura, invece, non costituisce un negozio in formazione, suscettibile soltanto di effetti preliminari, ma un contratto di vendita obbligatoria, perfetto ab initio ed attributivo, come tale, di uno ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza, senza che possa rilevare la stipulazione prevista dalle parti per un’epoca successiva, dell’atto pubblico necessario alla trascrizione del trasferimento immobiliare, rappresentando questa una riproduzione meramente formale del contratto originario, nella quale le dichiarazioni delle parti stesse assumono valore storico-rappresentativo e non manifestazione di una nuova volontà negoziale.

La necessità che il contratto preliminare rivesta la medesima forma prescritta per quello definitivo, concerne soltanto il caso che una determinata forma sia stabilita dalla legge e non pure quello in cui essa sia stata prevista dalle parti per un contratto per il quale la legge nulla dispone; con la conseguenza che, operando in tale ipotesi il principio della libertà di forme, è valido il preliminare di mutuo stipulato oralmente, ancorché le parti abbiano previsto per il contratto definitivo l’atto pubblico.

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In diritto la proprietà è considerata un “diritto reale” (“reale” da “res”, in latino “cosa”), ovvero il diritto “su una cosa” (ius in rem),caratterizzato dalla pretesa del titolare opponbile “erga omnes”, ovvero nei confronti di chiunque altro, a non essere disturbato o comunque pregiudicato nell’esercizio del proprio potere sull’oggetto posseduto.

 

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  1. responsabilità civile contrattuale ed extracontrattuale;
  2. contrattualistica tipica ed atipica;
  3. rapporti patrimoniali tra coniugi;
  4. diritto delle successioni, delle donazioni e del testamento;
  5. diritti reali e possesso;
  6. compravendita mobiliare ed immobiliare;
  7. contratti preliminari di compravendita, definitivi, di permuta, di appalto, di locazione, di mandato, di mediazione, di comodato, di fideiussione;
  8. diritti della personalità, del nome e dell’immagine;
  9. risoluzione e recesso contrattuale;
  10. pubblicità e trascrizione;
  11. proprietà ed azioni a difesa della proprietà e dei diritti reali minori;
  12. diritti reali di godimento;
  13. azioni a difesa del possesso;
  14. contratti in genere.

L’Avvocato civile Sergio Armaroli di Bologna assiste la propria Clientela nelle controversie nascenti in materia di proprietà.

In particolare, possono essere avviate le seguenti azioni:

1) azione di rivendica (art.948 c.c.) del bene da chiunque lo possieda o lo detenga;
2) azione di restituzione;
3) azione negatoria (art.949 c.c) per far dichiarare l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa ovvero far cessare le altrui molestie o turbative;
4) azione di regolamento di confini (art.950 c.c.);
5) azione per apposizione dei termini (art.951 c.c.);
6) azione per la cessazione di atti emulativi (art. 833 cc) ovvero di quegli atti di disposizione e godimento dei propri beni che non hanno altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia ad altri senza ricavarne alcun apprezzabile vantaggio;
7) azione per la cessazione di immissioni moleste (art. 844).

 

CONTRATTO OBBLIGAZIONI PECUNIARIE –Cassazione civile SS.UU. 13658/2010sul “motivo principale di opposizione” (da accogliere “nei limiti che seguono”): “l’assegno inviato alla creditrice prima della notifica del precetto aveva ad oggetto un importo corrispondente alle somme capitali e ai relativi interessi come dovute all’epoca del pagamento”; “secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 27158 del 19 dicembre 2006), nelle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro, il pagamento effettuato mediante corresponsione di un assegno costituisce, secondo gli usi negoziali, idoneo modo di estinguere la obbligazione, senza che occorra un preventivo accordo tra le parti”.

CONTRATTO OBBLIGAZIONI PECUNIARIE –Cassazione civile SS.UU. 13658/2010sul “motivo principale di opposizione” (da accogliere “nei limiti che seguono”): “l’assegno inviato alla creditrice prima della notifica del precetto aveva ad oggetto un importo corrispondente alle somme capitali e ai relativi interessi come dovute all’epoca del pagamento”; “secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 27158 del 19 dicembre 2006), nelle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro, il pagamento effettuato mediante corresponsione di un assegno costituisce, secondo gli usi negoziali, idoneo modo di estinguere la obbligazione, senza che occorra un preventivo accordo tra le parti”.

  • PERCHE’ POSSO AVER BISOGNO  DI UN AVVOCATO PER  OFFERTA  PROPOSTA IN AGENZIA IMMOBILIARE?Perché la proposta in agenzia immobiliari ha lo stesso peso di un preliminare id vendita se viene accettata dal venditore, quindi nascono a tuo carico una serie di obbligazioni .Se il venditore non accetta la proposta, oppure resta silente fino al termine nella stessa contenuto, la caparra va restituita all’acquirente. Quando invece firma per accettazione la proposta e tale circostanza viene comunicata all’acquirente, entrambe le parti restano vicendevolmente obbligate a stipulare l’atto definitivo di vendita. Una proposta così conclusa (ovvero una proposta accettata) si converte pertanto automaticamente in un contratto preliminare di compravendita, che vincola entrambe le partiPERCHE’ DEVO VERSARE UNA CAPARRA
  • CAPARRA PRELIMINARE!! SUBITO AVVOCATO PER CHI COMPRA O VENDE CASA BOLOGNA , DIRITTO IMMOBILIARE BOLOGNA BOLOGNA Redazione contratti di locazione immobili abitativi/commerciali Bologna Assistenza per compromessi di vendita Bologna Licenza/sfratti per finita locazione Bologna Sfratti per morosità del conduttore Bologna Assistenza all’esecuzione dello sfratto Bologna Gestione del rapporto di locazione Prima di giungere alla stipula del contratto preliminare di solito si assiste a più o meno intense trattative tra le parti.

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    Secondo la cassazione Cassazione civile

  • sez. II  24 novembre 2014 n. 24958

    la risoluzione di un contratto preliminare di vendita per inadempimento del promissario acquirente comporta l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere al promittente venditore l’equivalente pecuniario dell’uso e del godimento del bene negoziato, che gli sia stato consegnato anticipatamente, per il tempo compreso tra la consegna e la restituzione del medesimo (fattispecie relativa all’azione promossa da una società cooperativa per la risoluzione di un contratto preliminare relativo alla vendita di alcuni terreni e capannoni che, contestualmente, erano stati oggetto di un ulteriore compravendita da parte della promittente venditrice; i promissari acquirenti erano stati inoltre immessi nel possesso, pur in presenza dell’accordo preliminare la cui efficacia era rivendicata nel giudizio).

     

    La pronuncia di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare

     

     

     ha natura costitutiva, sicché nei confronti dei terzi produce effetti solo dal momento del passaggio in giudicato. Ne consegue che, ove il promissario acquirente abbia ceduto il bene, in virtù di un autonomo titolo, ad un altro soggetto, quest’ultimo, in qualità di occupante dell’immobile, non è tenuto a corrispondere l’indennità di occupazione all’originario promissario venditore per il periodo che precede il passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione del contratto preliminare. Cassa e decide nel merito, Roma, 06/10/2008

     

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    La qualificazione del contratto

  • come preliminare o definitivo

    TRIBUNALE BOLOGNA AFFIDO FIGLI SEPARAZIONE IMOLA BAZZANO SAN PIETRO IN CASALE MALALBERGO

    TRIBUNALE BOLOGNA AFFIDO FIGLI SEPARAZIONE IMOLA BAZZANO SAN PIETRO IN CASALE MALALBERGO

    si risolve in un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, il quale, nell’interpretazione del contratto, ove il dato letterale sia equivoco, può ricorrere al criterio di cui all’art. 1362, secondo comma, cod. civ. (comune intenzione delle parti), assegnando rilievo anche all’avvenuta esecuzione delle prestazioni (nella specie, immediata, sì da rendere evidente che le parti avessero inteso concludere un contratto definitivo e non preliminare).

    Il contratto preliminare è fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l’obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell’art. 1183 c.c., la regola dell’immediato adempimento (“quod sine die debetur statim debetur”). Ne consegue che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., l’inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l’estinzione del diritto medesimo per prescrizione.

     

     

     

    Nel contratto preliminare di vendita d’immobile, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del contratto definitivo,

     

     

    non si verifica di per sé l’anticipazione di tutti gli effetti traslativi del contratto definitivo, se il giudice del merito, ricostruendo la comune intenzione delle parti e valutando il loro comportamento anche successivo al contratto, accerti che trattasi di contratto preliminare improprio, cioè con alcuni effetti anticipati, ma comunque senza effetto traslativo, in quanto la disponibilità del bene ha luogo nella piena consapevolezza dell’altruità della cosa. (Applicando detto principio, la S.C. ha escluso, in tema di revocatoria fallimentare esercitata ex art. 67, comma primo, n. 1, legge fall. per sproporzione del prezzo fissato nel definitivo rispetto al valore del bene, che la citata prospettazione del preliminare ad effetti anticipati sia anche solo in astratto compatibile con una valutazione di congruità del prezzo, da riferirsi inammissibilmente ad un’epoca in cui l’effetto traslativo non si è ancora verificato).

    In tema di inadempimento del contratto

  • preliminare di compravendita immobiliare

     

     

    contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l’esercizio dell’azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.c., dell’obbligo di concludere il medesimo, non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell’omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l’interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da un inadempimento imputabile alla controparte stessa.

     

     

    Finalmente  d.l.vo 20 giugno 2005, n. 122 detta una disciplina di tutela dell’acquirente o del promissario acquirente

     

     di immobili da costruire in ragione dell’elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando però applicazione, in forza del contenuto definitorio di cui all’art. 1, comma 1, lettera d), soltanto riguardo agli immobili per cui, da un lato, sia stato già richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia già stata presentata la denuncia di inizio attività, ex art. 22, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380) e che, dall’altro lato, non siano stati oggetto di completamento e, dunque, non sia stato ancora richiesto il relativo certificato di agibilità. Ne consegue che i contratti preliminari di compravendita di immobili esistenti soltanto “sulla carta”, ossia per i quali sussista un progetto, ma non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente, si collocano fuori dell’ambito applicativo della speciale disciplina recata dal citato d.l.vo n. 122 del 2005 e la chiara lettera della legge non consente di pervenire, a tutela dell’acquirente o promissario acquirente di immobile esistente “sulla carta”, ad una interpretazione adeguatrice che ne permetta invece l’applicazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità di un contratto preliminare di compravendita di immobile esistente “sulla carta” in assenza della indicazione, imposta dall’art. 6, comma 1, lettera i), del d.l.vo n. 122 del 2005, della richiesta del permesso di costruire; la S.C. ha, peraltro, escluso che il dubbio di costituzionalità di detta norma – per contrasto con l’art. 3 Cost., in ragione della irragionevole disparità di trattamento della situazione relativa alla compravendita degli immobili esistenti “sulla carta” – quanto alle conseguenze derivanti dall’osservanza della sua prescrizione, potesse, nella specie, avere rilevanza, giacché la relativa disciplina presuppone, e si giustifica, solo in presenza di un preliminare avente ad oggetto un edificio per il quale sia stato almeno richiesto il permesso di costruire).

     

    Secondo il principio dell’assorbimento, una volta concluso il contratto definitivo è in esso da ravvisare l’unica fonte dei diritti ed obbligazioni delle parti, sì che le clausole del preliminare ivi non riprodotte si presumono non conformi alla volontà delle parti diretta alla disciplina del negozio concluso.

     

     

    Tale riferimento alla presunzione implica, però, il dovere del giudice di verificare, indagando quale sia stata la comune intenzione delle parti nella conclusione del contratto definitivo, se quella presunzione possa nella specie ritenersi vinta da elementi di segno opposto, offerti dalle parti o desumibili dagli atti (fattispecie relativa alla vendita di un immobile e all’obbligo assunto dai venditori di pagare l’imposta sull’incremento di valore degli immobili).

    Cassazione civile sez. I  29 ottobre 2014 n. 22984   

     

    In caso di preliminare di vendita di un bene immobile, concluso da uno solo dei comproprietari “pro indiviso”, si deve escludere la facoltà del promissario acquirente di richiedere ex art. 2932 cod. civ. il trasferimento coattivo, limitatamente alla quota appartenente allo stipulante, non essendo consentito, in via giudiziale, costituire un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, in quanto l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto è ammessa, ex art. 2932, primo comma, cod. civ., solo “qualora sia possibile”.

    Ai fini dell’interpretazione di un contratto preliminare di vendita la presenza di una clausola pattizia che fa dipendere la risoluzione del contratto da un evento futuro ed incerto, quale quello della liberazione dell’immobile promesso in vendita dalle ipoteche su di esso gravanti, deve essere interpretata avendo riguardo alla volontà delle parti ed all’interesse che le stesse intendono perseguire.

     

     

    RISOLUZIONE PRELIMINARE DI VENDITA

     

    per inadempimento del promittente venditore, questi è tenuto a restituire le somme ricevute con gli interessi legali, dovuti come frutto civile del denaro, a decorrere dal giorno in cui le somme gli furono consegnate dall’altro contraente. Rigetta, App. Milano, 27/04/2010

    Cassazione civile sez. III  18 settembre 2014 n. 19659   

     

    Per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, l’atto scritto costituisce lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva del negozio – che la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto, né – quand’anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo.In materia di contratti, va chiarito che ove alla stipula di un contratto preliminare segua, ad opera delle stesse parti, la conclusione del contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni in relazione all’individuazione dell’oggetto, dal momento che il contratto preliminare, determinando solo l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare.

     

     

  • QUANDO FACCIO UNA PROPOSTA IMMOBILIARE ?Perché ti obbliga a mantenere fede alla tua propostaChe cos’è il contratto definitivo di compravendita?Cosa  è il contratto preliminare di compravenditaIl contratto preliminare di compravendita precede spesso la stipula di un contratto definitivo: si tratta di un atto stipulato sempre in forma scritta, in cui le parti si impegnano una alla vendita, l’altra all’acquisto, al prezzo e entro i termini stabiliti dal contratto preliminare stesso, cioè si impegnano, in sostanza, a stipulare un nuovo contratto, quello definitivo di compravendita.  Che cosa è una proposta d’acquisto?Dopo che hai trovato la tua casa  è quello di formulare una proposta d’acquisto in forma scritta indirizzata al venditore e versando un acconto. Quindi è un contratto che impegna l’acquirente per un tempo prestabilito ad acquistare un immobile ad un prezzo determinato.Se il venditore accetterà le  condizioni del compratore, per iscritto, le parti saranno vincolate a portare a termine la compravendita come è stato stabilito nella proposta, il venditore incasserà l’acconto che diventerà caparra confirmatoria, in alternativa se la proposta non dovesse essere accettata l’acconto sarà restituito al compratore.chiama-adesso3Cosa accade in caso di inadempimento del promittente venditore all’obbligo di trasferire la proprietà dell’immobile promesso in vendita?Il promittente venditore è responsabile in via contrattuale dell’inadempimento; il promissario acquirente ha a propria disposizione il rimedio del risarcimento dei danni subiti.Detta responsabilità sussiste sia in caso di inadempimento totale, sia in caso di inadempimento inesatto e sia in caso di inadempimento ritardato.Ovviamente, il promissario acquirente, dovrà dimostrare di aver subito un danno dell’inadempimento del promittente venditore.Perché garantirsi dall’acquisto nel caso di contratto preliminare di vendita di immobile da costruire da parte del costruttore?A tutela del promissario acquirente (persona fisica) che stipuli con il costruttore un preliminare di compravendita di immobile da costruire il D. Lgs. n. 122 del 20 giugno 2005 prevede una serie di obblighi a carico della parte promittente venditrice: 1) rilascio di fideiussione a garanzia di tutte le somme incassate dal costruttore prima del trasferimento definitivo; 2) rilascio di una polizza assicurativa indennitaria di durata decennale al trasferimento del bene; 3) predisposizione del contenuto del preliminare ad un contenuto “minimo” fissato dal citato D.Lgs. 122/2005.chiama-adessoBLUPerché è obbligatorio il certificato di abitabilità/agibilità?Risposta: si ma solo per immobili di nuova costruzione, mentre per quelli più datati se l’acquirente accetta di comprare senza il suddetto certificato la compravendita è fattibile.  Domanda: sto per sottoscrivere una proposta d’acquisto, a chi devo intestare l’assegno da allegare?Risposta: direttamente al proprietario con modalità non trasferibile (nota bene prima di emettere l’assegno verificare il nome del legittimo proprietario sull’atto di provenienza dell’immobile)Pretendere che l’agente utilizzi i moduli depositati presso la Camera di Commercio per la stipulazione di qualsiasi atto, conservarne una copia e assicurarsi che tutti i documenti:– siano scritti in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbi non esitare a chiedere delucidazioni all’avvocato;BOLOGNA Redazione contratti di locazione immobili abitativi/commerciali
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Prima di giungere alla stipula del contratto preliminare di solito si assiste a più o meno intense trattative tra le parti.

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Queste trattative possono culminare nella formulazione di una proposta scritta e sottoscritta (a pena di nullità) di acquisto, con la quale, di solito, colui che intende acquistare propone al proprietario dell’immobile di venderglielo a determinate condizioni.

La proposta di acquisto deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto preliminare di compravendita e anche quelli accessori, qualora si intenda proporli all’altra parte (v. di seguito: elementi essenziali, caparra, acconto, penale, termini) e deve essere portata a conoscenza dell’altra parte.

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COMPRARE VENDERE CASA BOLOGNA SAI QUANTO RISCHI E PROBLEMI VI SONO?

In base all’art. 1350 del codice civile i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono farsi per atto pubblico, pena di nullità. La stessa norma si utilizza anche alla procura e al preliminare di compravendita.

 

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 AFOTOGRAFICA1

CONTENUTO DEL CONTRATTO PRELIMINARE

Il contratto preliminare per essere valido deve:

  • riportare la manifestazione della volontà delle parti di vendere e acquistare
  • essere redatto in forma scritta a pena di nullita’
  • descrivere esattamente l’immobile con indicazione dell’indirizzo, delle caratteristiche (appartamento, villino, ecc., numero e natura dei vani, dati catastali, allegazione di planimetrie, attestato di prestazione energetica)
  • prevedere il prezzo della vendita.
  • PREvedere un termine entro qil quale occorre rogitare e l’acquisrente deve avere i soldi o aver ottenuto un mutuo
  • Molte agenzie cercano di vincolare l’acquirente attraverso la firma di un impegno unilaterale in base al quale l’aspirante acquirente si obbliga a tenere ferma la propria proposta di acquisto per un certo periodo e per un certo prezzo.
  • ’incarico in esclusiva vincola il proprietario con una sola agenzia per un periodo che, generalmente, è di sei mesi senza poter vendere, durante quel determinato lasso di tempo, il suo immobile a suoi amici o conoscenti ovvero a clienti di altre agenzie o a clienti trovati dal proprietario
  • – l’incarico in non esclusiva consente al proprietario di un immobile di poter sia vendere direttamente l’immobile senza alcuna mediazione di un agente immobiliare sia poter scegliere l’offerta migliore presente sul mercato,

Compravendite, locazioni, contratti preliminari, permute, comodati, affitti, mutui ipotecari ed espropriazioni immobiliari rappresentano i settori di attività giudiziale e stragiudiziale dello Studio dell’avvocato Sergio Armarol idi Bologna

Lo Studio fornisce consulenza sugli aspetti connessi a operazioni immobiliari, con particolare riferimento alla predisposizione di proposte d’acquisto, opzioni, contratti preliminari, contratti definitivi,

diritto immobiliare Bologna

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Lo Studio offre ai propri clienti un servizio di consulenza per tutte le operazioni immobiliari, dall’acquisto alla vendita, dalla costruzione al finanziamento e all’uso di immobili (locazioni, leasing).

La titolarità del diritto di proprietà, di altri diritti reali ( es: servitù, usufrutto) o la semplice detenzione di un immobile (locazione) possono essere e spesso sono fonte di problemi giuridici e di contenzioso.

Quando ciò accade è importante confrontarsi con un legale anche in funzione preventiva, per evitare, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, il contenzioso circoscrivendolo alle sole situazioni in cui sia indispensabile il ricorso all’autorità giudiziaria per ripristinare la legalità.

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appalti, vizi e difetti degli immobili

– arbitrati

– condominio

– contratti (redazione, adempimento, inadempimento, risoluzione, rescissione, recesso, risarcimenti ecc.)

– diritto commerciale e fallimentare

Nella sfera del diritto immobiliare lo Studio Legale dell’avvocato Sergio Armaroli è in grado di offrire consulenza precontrattuale e contrattuale per compravendite immobiliari, si studiano e ci si occupa della redazione di contratti preliminari di compravendita, patti di opzione, contratti di locazione e affitto, prestando assistenza per operazioni di acquisizioni immobiliari residenziali, commerciali ed industriali sia contrattuali nonché predisposizione di progetti di divisioni da comunioni ereditarie e non.

Lo studio si occupa di trasferimenti immobiliari anche in termini di due diligence legale, fornendo gli elementi di analisi e di valutazione necessari all’esatta definizione delle compravendite immobiliari e dell’oggetto delle transazioni, anche al fine di massimizzare l’utilità delle diverse operazioni.

Offre assistenza in ogni fase, dagli accordi preparatori sino al trasferimento definitivo, anche con accertamenti documentali presso gli uffici competenti, valutandone, sotto il profilo giuridico, le condizioni di fattibilità sia con riferimento a tutti gli elementi di carattere civilistico, sia in termini di regolarità urbanistica ed edilizia.

 

La caparra confirmatoria ha natura composita — consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili — e funzione eclettica — in quanto è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione); consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte.

 

Cass. civ. n. 11356/2006

La caparra confirmatoria ha natura composita — consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili — e funzione eclettica — in quanto è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione); consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte. Va invece escluso che abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicché la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo. La parte non inadempiente può anche non esercitare il recesso, e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385, terzo comma, c.c.), e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati. Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione chi limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 ss. c.c. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente può decidere di esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo. Ne consegue che ben può pertanto il diritto alla caparra essere fatto valere anche nella domanda di risoluzione.

La caparra confirmatoria conserva la sua funzione di garanzia sino alla conclusione del procedimento per la liquidazione dei danni derivanti dall’avvenuta risoluzione del contratto cui si riferisce,

Cass. civ. n. 5846/2006

La caparra confirmatoria conserva la sua funzione di garanzia sino alla conclusione del procedimento per la liquidazione dei danni derivanti dall’avvenuta risoluzione del contratto cui si riferisce, cosicché la richiesta di restituzione non può trovare giustificazione sino a che non sia definito tale procedimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la mancata restituzione della caparra a seguito dell’avvenuta risoluzione di un contratto preliminare di compravendita, ma in pendenza del giudizio sulla domanda di risarcimento del danno subito dal promittente venditore adempiente).

In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, la parte non adempiente, convenuta in giudizio per la restituzione della caparra, può limitarsi per resistere alla domanda ed ottenere la declaratoria di legittimità della ritenzione della caparra,

Cass. civ. n. 4777/2005

In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, la parte non adempiente, convenuta in giudizio per la restituzione della caparra, può limitarsi per resistere alla domanda ed ottenere la declaratoria di legittimità della ritenzione della caparra, ad eccepire l’inadempimento dell’altra parte, senza necessità di richiedere espressamente di ritenerla o di proporre in via riconvenzionale domanda di risarcimento danni, in quanto quest’ultima domanda si collega ad una situazione giuridica autonoma ed alternativa rispetto a quella della ritenzione della caparra.

può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: o recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa), avvalendosi della funzione tipica dell’istituto

Cass. civ. n. 18850/2004

In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, ai sensi dell’art. 1385, c.c., la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento della controparte, può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: o recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa), avvalendosi della funzione tipica dell’istituto, che è quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, così determinando l’estinzione ope legis di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell’inadempimento ad esso; ovvero chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degli artt. 1453, 1455 c.c. ed il risarcimento dei conseguenti danni, da provare a norma dell’art. 1223 c.c.

Qualora il contraente rinunci al diritto a trattenere la caparra confirmatoria versata, o a richiederne il doppio, allo scopo di ottenere un risarcimento del danno da inadempimento contrattuale svincolato dai limiti imposti dal meccanismo della caparra confirmatoria stessa

Cass. civ. n. 9091/2004

Qualora il contraente rinunci al diritto a trattenere la caparra confirmatoria versata, o a richiederne il doppio, allo scopo di ottenere un risarcimento del danno da inadempimento contrattuale svincolato dai limiti imposti dal meccanismo della caparra confirmatoria stessa, la somma versata a titolo di caparra diviene un acconto sul prezzo e la parte che assume di aver subito il danno avrà diritto al risarcimento se e nei limiti in cui riesca a provarne l’esistenza e l’ammontare, sottostando alle normali regole probatorie. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che correttamente la Corte di merito avesse rigettato la domanda di risarcimento danni, considerando che il mancato versamento del saldo prezzo aveva consentito al promittente acquirente, imprenditore, di trame un profitto superiore alla differenza tra il prezzo del terreno e il suo valore commerciale al momento della domanda, e che a prova del lucro cessante consistente nella perdita della possibilità di realizzare e vendere, sul terreno oggetto del preliminare di vendita rimasto inadempiuto, appartamenti e box, avrebbe dovuto essere esibita una concessione edilizia della quale non era mai stata dimostrata l’esistenza).

In tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale – e non quale esercizio del diritto di recesso

Cass. civ. n. 20957/2017

In tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale – e non quale esercizio del diritto di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia conseguito il versamento della caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al risarcimento di ulteriori danni; in tal caso, dunque, essa non può incamerare la caparra, che perde la sua funzione di limitazione forfetaria e predeterminata della pretesa risarcitoria e la cui restituzione è ricollegabile agli effetti propri della risoluzione negoziale, ma solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto le spetta, a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati.

La risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli artt. 1454, 1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente,

Cass. civ. n. 14014/2017

La risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli artt. 1454, 1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l’esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell’art. 1385 c.c. per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poiché dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono perciò essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa.

Il recesso previsto dal secondo comma dell’art. 1385 cod. civ. configura una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone l’inadempimento della controparte ed è destinata a divenire operante con la semplice sua comunicazione a quest’ultima

Cass. civ. n. 5095/2015

Il recesso previsto dal secondo comma dell’art. 1385 cod. civ. configura una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone l’inadempimento della controparte ed è destinata a divenire operante con la semplice sua comunicazione a quest’ultima, sicché la parte non inadempiente, provocata tale risoluzione mediante diffida ad adempiere, ha diritto di ritenere quanto ricevuto a titolo di caparra confirmatoria come liquidazione convenzionale del danno da inadempimento.

La parte non inadempiente che, avendo versato la caparra, recede dal contratto per l’inadempimento dell’altra e chiede il pagamento del doppio, ai sensi dell’art. 1385, secondo comma, cod. civ., accetta tale somma a titolo di integrale risarcimento del danno conseguente all’inadempimento

Cass. civ. n. 28573/2013

La parte non inadempiente che, avendo versato la caparra, recede dal contratto per l’inadempimento dell’altra e chiede il pagamento del doppio, ai sensi dell’art. 1385, secondo comma, cod. civ., accetta tale somma a titolo di integrale risarcimento del danno conseguente all’inadempimento e non può, dunque, pretendere ulteriori e maggiori danni, neppure sotto forma di rivalutazione monetaria della caparra stessa, atteso che il ritardo nell’adempimento del relativo credito, di natura pecuniaria e assoggettato al principio nominalistico sino alla data del pagamento, può essere causa di un’obbligazione risarcitoria del debitore solo in presenza dei presupposti indicati dall’art. 1224 cod. civ.

Il recesso unilaterale dal contratto, previsto dall’art. 1385, secondo comma, cod. civ., è di natura legale e non convenzionale,

Cass. civ. n. 7762/2013

Il recesso unilaterale dal contratto, previsto dall’art. 1385, secondo comma, cod. civ., è di natura legale e non convenzionale, trovando la sua giustificazione nell’inadempienza dell’altra parte, laddove l’art. 1373, primo comma, cod. civ., secondo il quale il recesso non può essere esercitato quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, riguarda esclusivamente il recesso convenzionale e non anche quello stabilito dall’art. 1385 in favore del contraente non inadempiente

– diritto di famiglia (separazioni e divorzi)

– diritti reali (proprietà, servitù, confini ecc.)

– giurisdizione volontaria

– informatica giuridica

– infortunistica

– locazioni

– recupero crediti, procedure esecutive mobiliari e immobiliari

– responsabilità civile (risarcimento danni), responsabilità medica

– successioni e divisioni

Nell’ambito dei rapporti contrattuali, si occupa, in particolare, di appalto, compravendita, mediazione ed agenzia, specie laddove connessi al settore dell’edilizia, che segue dalle trattative (lettere di intento, due diligence, etc.) all’acquisto degli immobili, dai rapporti con gli Istituti Bancari alla realizzazione delle opere, vendita o permuta ed all’eventuale mediazione

Compravendite, locazioni, contratti preliminari, permute, comodati, affitti, mutui ipotecari ed espropriazioni immobiliari rappresentano i settori di attività giudiziale e stragiudiziale dello Studio dell’avvocato Sergio Armarol idi Bologna

 

Originally posted 2016-10-23 17:37:02.

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