AGENTE DI COMMERCIO PROVVIGIONI

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tale interpretazione implica altresì falsa applicazione dell’art. 1748 c.c., comma 3, secondo il quale, dopo lo scioglimento del contratto, spetta il diritto alle provvigioni sugli affari conclusi entro un termine ragionevole da tale epoca e sempre che la loro conclusione sia da ricondurre prevalentemente all’attività dell’agente: si tratta – ad avviso della difesa di ENI S.p.A. – di norma inapplicabile nel caso di specie, sia perchè il termine biennale di durata delle carte non è un termine ragionevole sia perchè gli acquisiti effettuati con le carte (che potrebbero anche restare inutilizzate da parte del cliente od essere restituite) non sono da ricondursi alla prevalente attività del F..

 

 

Con sentenza depositata il 9.1.07 la Corte d’appello di Firenze rigettava i gravami principale e incidentale interposti rispettivamente da F.C. e da ENI S.p.A. contro la sentenza n. 267/05 con cui il Tribunale di Grosseto aveva condannato la seconda a pagare al primo la complessiva somma di 51.433,69 Euro, oltre accessori e spese, a titolo di differenze provvigionali e di indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c., maturate all’esito del rapporto di agenzia intercorso fra le parti e cessato il 31.1.2001.

Statuivano i giudici del merito che tali differenze spettavano al F. anche per gli acquisti di prodotti petroliferi effettuati dai clienti, dopo la cessazione del rapporto di agenzia con ENI S.p.A., con le carte di fidelizzazione denominate Multicard e Multicard Routex vendute dall’agente e per tutta la loro durata biennale.

 

 

 

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 16 gennaio 2013, n. 894

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso 28306/2007 proposto da:

ENI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso lo studio dell’avvocato NICCOLINI Giuseppe, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

F.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1582/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 09/01/2007 R.G.N. 905/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 9.1.07 la Corte d’appello di Firenze rigettava i gravami principale e incidentale interposti rispettivamente da F.C. e da ENI S.p.A. contro la sentenza n. 267/05 con cui il Tribunale di Grosseto aveva condannato la seconda a pagare al primo la complessiva somma di 51.433,69 Euro, oltre accessori e spese, a titolo di differenze provvigionali e di indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c., maturate all’esito del rapporto di agenzia intercorso fra le parti e cessato il 31.1.2001.

Statuivano i giudici del merito che tali differenze spettavano al F. anche per gli acquisti di prodotti petroliferi effettuati dai clienti, dopo la cessazione del rapporto di agenzia con ENI S.p.A., con le carte di fidelizzazione denominate Multicard e Multicard Routex vendute dall’agente e per tutta la loro durata biennale.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre ENI S.p.A. affidandosi a due motivi.

Il F. è rimasto intimato.

Motivi della decisione

1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e segg. e art. 1748 c.c., nonchè vizio di motivazione, per avere l’impugnata sentenza riconosciuto al F. il diritto alle provvigioni (con conseguenti effetti pure sul calcolo dell’indennità di fine rapporto) anche per gli acquisti di prodotti petroliferi eseguiti dai clienti, dopo la cessazione del suo rapporto di agenzia con ENI S.p.A., con le carte di fidelizzazione denominate Multicard e Multicard Routex (vendute dall’agente) e per tutta la loro durata. Obietta la società ricorrente che tali carte sono, in sostanza, delle carte di credito rilasciate ai clienti (muniti di c.d. “flotte aziendali”) per permettere loro l’acquisto di carburanti, lubrificanti e altri materiali di consumo e la fruizione di servizi accessori presso le stazioni di rifornimento della compagnia petrolifera emittente; ne trae, quindi, la conclusione che il diritto alle provvigioni matura, riguardo ai successivi utilizzi delle carte medesime, in ragione dell’attività di informazione e promozione svolta dall’agente per indurre i clienti ad utilizzarle;

pertanto, prosegue la ricorrente, le provvigioni non possono spettare per acquisti effettuati dopo la cessazione del rapporto di agenzia;

tale interpretazione implica altresì falsa applicazione dell’art. 1748 c.c., comma 3, secondo il quale, dopo lo scioglimento del contratto, spetta il diritto alle provvigioni sugli affari conclusi entro un termine ragionevole da tale epoca e sempre che la loro conclusione sia da ricondurre prevalentemente all’attività dell’agente: si tratta – ad avviso della difesa di ENI S.p.A. – di norma inapplicabile nel caso di specie, sia perchè il termine biennale di durata delle carte non è un termine ragionevole sia perchè gli acquisiti effettuati con le carte (che potrebbero anche restare inutilizzate da parte del cliente od essere restituite) non sono da ricondursi alla prevalente attività del F..

Osserva questa S.C. che, nella parte in cui apparentemente denuncia una violazione di norme di diritto, il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo: da un lato, in sostanza sollecita solo un nuovo apprezzamento dei documenti acquisiti in corso di causa; dall’altro, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non confuta specificamente le argomentazioni svolte dall’impugnata sentenza, che ha posto a base del rigetto dell’appello incidentale proposto da ENI S.p.A. il tenore testuale della lettera aggiuntiva dell’11.6.96 (all.

A e art. 10), contenente la disciplina negoziale delle provvigioni conseguenti alla vendita e all’utilizzo, da parte dei clienti, delle carte in discorso, lettera aggiuntiva la cui interpretazione letterale è stata posta a base del rigetto dell’appello della società.

Invero, per costante giurisprudenza, in sede di impugnazione la parte soccombente non può, a fronte d’una analitica motivazione di rigetto, limitarsi a riproporre sic et simpliciter il motivo di gravame respinto o ad allegare genericamente l’erroneità della decisione impugnata o, ancora, a rifarsi alle difese già svolte nel precedente grado di giudizio, ma ha l’onere di confutare con specifiche e concrete argomentazioni le ragioni svolte dalla sentenza che impugna, al fine di incrinarne il fondamento logico-giuridico.

Nel caso in esame, giova ribadire, il ricorso di ENI S.p.A. non menziona neppure tale lettera aggiuntiva; nè indica quale canone ermeneutico – fra quelli elencati dall’art. 1362 c.c., e segg. – sarebbe stato violato o malamente applicato dalla Corte fiorentina.

In altre parole, la società ricorrente avrebbe dovuto spiegare o l’erroneità dell’interpretazione letterale dell’allegato A e dell’art. 10 della citata lettera aggiuntiva dell’11.6.96 o la sua recessività rispetto ad altro e ben individuato canone ermeneutico fra quelli elencati nel codice civile.

Ancora inconferente è la dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 1748 c.c., comma 3, atteso che l’impugnata sentenza ha ricavato il diritto del F. dall’interpretazione d’un testo negoziale e non da una data esegesi di tale norma di legge.

Inoltre, nella parte in cui censura un vizio di motivazione, il motivo è inammissibile perchè, essendo stato formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis, vista la data di deposito dell’impugnata sentenza) si sarebbe dovuto concludere con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (giurisprudenza costante: cfr., ex aliis, Cass. S.U. 1.10.07 n. 20603; Cass. Sez. 3, 25.2.08 n. 4719; Cass. Sez. 3, 30.12.09 n. 27680). Ciò non è avvenuto.

2- Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, laddove la Corte territoriale, erroneamente interpretando l’apposito motivo contenuto nell’appello incidentale, non ha riformato la sentenza di prime cure in relazione al governo delle spese, che non si potevano porre interamente a carico della società visto il parziale accoglimento (in percentuali assai modeste rispetto alle originarie pretese) delle domande avanzate dal F.; la società ricorrente si dichiara consapevole della giurisprudenza di questa S.C. secondo cui è riservato al giudice del merito individuare la parte soccombente, ma ritiene che in caso di parziale accoglimento della domanda sia sempre dovuta una qualche compensazione delle spese e che sia comunque illogico affermare il contrario.

Il motivo è infondato.

La compensazione delle spese costituisce espressione d’un potere sempre e soltanto discrezionale, il cui eventuale esercizio è agganciato o alla reciproca soccombenza o a gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi espressamente (secondo il nuovo testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2). L’unico vincolo che il giudice incontra nel decidere del governo delle spese risiede, com’è noto, nel divieto di porle interamente a carico della parte vittoriosa. Pertanto, mentre deve motivare la compensazione, non altrettanto è tenuto a fare quando non si avvale di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’ipotesi di una compensazione, non può essere neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (cfr. Cass. S.U. 15.7.05 n. 14989).

Dunque, poichè nel caso di specie è indubbio che ENI S.p.A. non era la parte vittoriosa (visto che è stata comunque condannata a pagare complessivi Euro 51.433,69, oltre accessori, che negava di dovere al F.), deve concludersi che la sentenza del primo giudice si sarebbe potuta – semmai – censurare se avesse impropriamente o illogicamente compensato in tutto o in parte le spese, ma non la si può criticare per aver applicato l’ordinario criterio della soccombenza.

3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non è dovuta pronuncia sulle spese, non avendo il F. svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

 

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