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ADDEBITO SEPARAZIONE TRIBUNALE DI BOLOGNA

L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito (Cass. n. 18074/2014, par. 2.10; Cass. n. 4550/2011). In tema di onere della prova, questa Corte ha affermato che grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza degli obblighi nascenti dal matrimonio, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata violazione (ex multis, Cass. 3923/2018, par. 2).

Nel caso in cui, infatti, l’autorità giudiziaria appuri che la rottura dell’unione coniugale è dipesa dalla violazione, da parte di una sola delle parti, dei doveri disciplinati dall’art. 143 del codice civile (di fedeltà reciproca, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell’interesse della famiglia e di coabitazione), ove sussista specifica richiesta in tal senso, potrà pronunciare sentenza di separazione con addebito.

Come noto, la pronuncia di addebito non può, tuttavia, fondarsi sulla mera violazione degli obblighi coniugali, essendo altresì necessario accertare che tale violazione sia stata eziologicamente idonea a determinare il fallimento della convivenza e del rapporto coniugale (tra le altre, si v.: Cass. civ., n. 8862/2012). Il duplice accertamento che il giudice di merito deve compiere, – valutando dapprima la violazione di obblighi matrimoniali e, in secondo luogo, la riferibilità della crisi familiare a detta violazione -, trova tuttavia una attenuazione qualora il comportamento addebitato al coniuge consista in atti di violenza, fisici o psichici.

In tal caso, il contegno aggressivo è ex se sufficiente a fondare l’addebitabilità della separazione, senza che si renda necessaria l’ulteriore indagine in merito all’incidenza causale di tale comportamento rispetto alla frattura del rapporto di coniugio (si v., Cass. civ., n. 11981/2013; n. 3925/18).

Tale principio, affermato costantemente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, non costituisce invero una deroga al normale procedimento di accertamento dell’addebitabilità della separazione, ma piuttosto si fonda sul postulato, difficilmente controvertibile, per cui l’atto di violenza è in re ipsa fatto idoneo a determinare o aggravare l’intollerabilità della convivenza, sicchè esso consente in definitiva di ritenere provato, ex se, il nesso causale tra la violazione del dovere coniugale di assistenza e solidarietà tra i coniugi (cfr. Tribunale di Milano, sez. IX,11 luglio 2013).

Inoltre, costituisce principio pacifico che “In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona” (Cassa. n. 7388/17, 433/16).

Ciò premesso, la domanda di addebito formulata dalla ricorrente è fondata e pertanto merita accoglimento in quanto vi sono elementi sufficienti in atti tali per affermare che quando la X ha lasciato la casa coniugale il 22.3.2017 la convivenza era stata resa intollerabile dalle condotte prevaricatrici, vessatorie, minatorie, umilianti ed in un’occasione violente del marito, contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio.

Con particolare riferimento all’episodio dello schiaffo avvenuto in data 22.03.2017, per quanto contestato dal resistente, questo trova riscontro da un lato nella denuncia querela presentata dalla ricorrente, a cui ha fatto poi seguito il decreto di rinvio a giudizio del 18.05.2018, e dall’altro nel decreto ex art. 342 bis c.c. avverso il quale, tra l’altro, non è stato proposto reclamo; conseguentemente possono ritenersi provati i fatti e le circostanze ivi riportate.

Va inoltre precisato che il suddetto episodio rappresenta solo il culmine di una situazione di intollerabilità della vita coniugale provocata dal Y che, come confermato dai sommari informatori sentiti nell’ambito del procedimento ex art. 342 bis c.c., già a decorrere dal 2016 era solito aggredire verbalmente la moglie con minacce e mortificazioni, scatenando litigi così violenti da essere uditi dagli altri condomini, i quali sono stati più volte sul punto di contattare le forze dell’ordine.

In particolare la sig. xxxxall’udienza del 15.5.2017 riferiva “i problemi sono sorti negli ultimi tempi, un anno circa. Fino a quel momento non si era mai confidata con noi….poi ci ha confidato i suoi problemi di coppia. Lei era in ansia perché lui arrivava a casa tardi, non le preparava da mangiare. Lui è cambiato, lei non conosce le motivazioni. Ci ha raccontato di numerose aggressioni verbali” (cfr doc. 12 fascicolo ricorrente, depositato tempestivamente con la memoria n. 2 ex art. 183 comma 6 c.p.c.).

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

Sezione Prima Civile

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Matilde Betti Presidente

dott. Arianna D’Addabbo Giudice Relatore

dott. Silvia Migliori Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 597/2018 promossa da:

X, nata a (omissis) (BO), il 22/11/1951, elettivamente domiciliata in VIA GHIRARDACCI N. 1 BOLOGNA presso lo studio dell’Avv. MENGOZZI BEATRICE che la rappresenta e difende, giusta delega in atti

RICORRENTE

contro

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Y, nato a (omissis) (BO), il 07/08/1947, elettivamente domiciliato in PIAZZA ROOSEVELT 4 BOLOGNA presso lo studio dell’Avv. MARINO VINCENZO che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti

RESISTENTE

CON L’INTERVENTO DEL PUBBLICO MINISTERO 

CONCLUSIONI 

PER PARTE RICORRENTE: Come da memoria n. 1 ex art. 183, comma 6 c.p.c., datata 22.12.2018

PER PARTE RESISTENTE: Come da memoria difensiva datata 24.05.2018, da integrarsi con la dichiarazione resa dal difensore all’udienza del 7.6.2018

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con ricorso depositato in data 12.01.2018 X chiedeva all’intestato Tribunale di pronunciare la separazione personale dal coniuge Y , unione celebrata in (omissis) in data 12.06.1977 e dalla quale non nascevano figli; la ricorrente dava atto della disgregazione del rapporto coniugale e della intollerabilità della convivenza, svolgendo domanda di addebito nei confronti del marito.

La signora X, affetta dal 2002 da una patologia che l’ha portata progressivamente a perdere la vista e quasi completamente l’udito rendendola, di conseguenza, non autosufficiente, riferiva che il marito a partire dal 2016 ha iniziato ad assumere comportamenti aggressivi e vessatori nei suoi confronti, sfociati, il 22 marzo 2017, in un episodio di violenza in cui le avrebbe sferrato un violento schiaffo al volto. Successivamente a tale episodio la ricorrente abbandonava il tetto coniugale e decideva di trasferirsi presso la propria madre stante il grande stato di ansia provocatole.

Chiedeva, altresì, l’assegnazione della casa coniugale e la restituzione di somme di denaro.

Si costituiva Y , il quale non si opponeva alla separazione ma chiedeva il rigetto della domanda di addebito e la corresponsione di un assegno per il proprio mantenimento da quantificarsi in € 250,00.

All’udienza tenutasi ai sensi dell’art. 708 c.p.c. il giorno 24.05.2018 il Presidente, su richiesta di entrambi i difensori, rinviava all’udienza del 07.06.18 per permettere alle parti di tentare di definire la controversia in via bonaria.

Con ordinanza del 07.06.2018, il Presidente delegato, dato atto sia del fallimento del tentativo di riconciliazione dei coniugi sia della rinuncia del resistente alla domanda di assegno per il proprio mantenimento e della ricorrente alla restituzione di somme di denaro, assumeva i provvedimenti provvisori ed urgenti di propria competenza: in particolare, li autorizzava a vivere separati e disponeva che la casa coniugale restasse in godimento alla signora X , stante la disponibilità manifestata dalle parti.

All’udienza del 08.11.2018, in cui nessuno compariva per parte resistente, il difensore di parte ricorrente precisava le conclusioni sul vincolo sulle quali, intervenuto il PM, si pronunciava il Collegio con sentenza parziale n. 2993/2018 resa in data 13.11.2018. Con separata ordinanza la causa veniva rimessa sul ruolo per la decisione della domanda di addebito.

Rigettate le istanze istruttorie con ordinanza del 12.3.2019, all’udienza del 12.9.2019 parte ricorrente precisava le conclusioni, mentre parte resistente non compariva e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.

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Preliminarmente, occorre dare atto del fatto che i coniugi X e Y sono già separati per effetto della sentenza parziale n. 2993/2018 resa da questo Tribunale in data 13.11.2018, ormai passata in giudicato.

Considerato che parte ricorrente ha rinunciato alla domanda di assegnazione della casa coniugale e di restituzione di somme e parte resistente alla domanda volta ad ottenere l’assegno di mantenimento, resta da esaminare sola la richiesta di addebito formulata dalla X.

Sull’addebito della separazione 

Occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 151 co. II c.c., il giudice pronunziando la separazione dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia la stessa addebitabile, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.

Come noto, la pronuncia di addebito non può, tuttavia, fondarsi sulla mera violazione degli obblighi coniugali, essendo altresì necessario accertare che tale violazione sia stata eziologicamente idonea a determinare il fallimento della convivenza e del rapporto coniugale (tra le altre, si v.: Cass. civ., n. 8862/2012). Il duplice accertamento che il giudice di merito deve compiere, – valutando dapprima la violazione di obblighi matrimoniali e, in secondo luogo, la riferibilità della crisi familiare a detta violazione -, trova tuttavia una attenuazione qualora il comportamento addebitato al coniuge consista in atti di violenza, fisici o psichici.

In tal caso, il contegno aggressivo è ex se sufficiente a fondare l’addebitabilità della separazione, senza che si renda necessaria l’ulteriore indagine in merito all’incidenza causale di tale comportamento rispetto alla frattura del rapporto di coniugio (si v., Cass. civ., n. 11981/2013; n. 3925/18).

Tale principio, affermato costantemente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, non costituisce invero una deroga al normale procedimento di accertamento dell’addebitabilità della separazione, ma piuttosto si fonda sul postulato, difficilmente controvertibile, per cui l’atto di violenza è in re ipsa fatto idoneo a determinare o aggravare l’intollerabilità della convivenza, sicchè esso consente in definitiva di ritenere provato, ex se, il nesso causale tra la violazione del dovere coniugale di assistenza e solidarietà tra i coniugi (cfr. Tribunale di Milano, sez. IX,11 luglio 2013).

Inoltre, costituisce principio pacifico che “

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Ciò premesso, la domanda di addebito formulata dalla ricorrente è fondata e pertanto merita accoglimento in quanto vi sono elementi sufficienti in atti tali per affermare che quando la X ha lasciato la casa coniugale il 22.3.2017 la convivenza era stata resa intollerabile dalle condotte prevaricatrici, vessatorie, minatorie, umilianti ed in un’occasione violente del marito, contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio.

Con particolare riferimento all’episodio dello schiaffo avvenuto in data 22.03.2017, per quanto contestato dal resistente, questo trova riscontro da un lato nella denuncia querela presentata dalla ricorrente, a cui ha fatto poi seguito il decreto di rinvio a giudizio del 18.05.2018, e dall’altro nel decreto ex art. 342 bis c.c. avverso il quale, tra l’altro, non è stato proposto reclamo; conseguentemente possono ritenersi provati i fatti e le circostanze ivi riportate.

Va inoltre precisato che il suddetto episodio rappresenta solo il culmine di una situazione di intollerabilità della vita coniugale provocata dal Y che, come confermato dai sommari informatori sentiti nell’ambito del procedimento ex art. 342 bis c.c., già a decorrere dal 2016 era solito aggredire verbalmente la moglie con minacce e mortificazioni, scatenando litigi così violenti da essere uditi dagli altri condomini, i quali sono stati più volte sul punto di contattare le forze dell’ordine.

In particolare la sig. xxxxall’udienza del 15.5.2017 riferiva “i problemi sono sorti negli ultimi tempi, un anno circa. Fino a quel momento non si era mai confidata con noi….poi ci ha confidato i suoi problemi di coppia. Lei era in ansia perché lui arrivava a casa tardi, non le preparava da mangiare. Lui è cambiato, lei non conosce le motivazioni. Ci ha raccontato di numerose aggressioni verbali” (cfr doc. 12 fascicolo ricorrente, depositato tempestivamente con la memoria n. 2 ex art. 183 comma 6 c.p.c.).

La signora xxxxxxvicina di casa di entrambe le parti in causa, riferiva “da circa un anno le discussioni sono diventate più accese…Io e la mia famiglia ci siamo spaventati perché abbiamo sentito il Y minacciare di dare un pugno in faccia alla signora. E’ successo a dicembre 2016 nel pomeriggio, ero con mia figlia che stavo studiando. Ho pensato di chiamare la polizia, poi la situazione si è placata. Era da tempo che sentivo aggressioni verbali. Il Y urlava ripetendo più volte ossessivamente “stai zitta”, faccio quello che voglio”, “voglio vederti piangere”. La signora cercava di parlare in tono pacato, ma lui urlava…Ci sono stati episodi sia precedenti sia successivi all’episodio di dicembre. Gli ultimi episodi sono stati a febbraio, poi abbiamo saputo che la signora si era trasferita. Verso marzo ha chiesto a mio marito se era disponibile a essere presente quando lei doveva entrare in casa a prendere delle cose perché era spaventata….durante i litigi c’erano tentativi di dialogo da parte della signora, parlava in tono normale e raramente sentiva quello che diceva. Poi lui la invitava a tacere con toni aggressivi!” (cfr doc. 12 fascicolo ricorrente).

Risulta altresì provata ex. art. 115 c.p.c., in quanto non contestata dall’odierno resistente se non nella comparsa conclusionale e quindi tardivamente, la circostanza secondo cui lo stesso, alla presenza della moglie, in più occasioni, ha mostrato agli amici ed amiche della coppia fotografie che lo ritraevano, senza vestiti, in compagnia di altre donne, generando così un profondo senso di umiliazione nella coniuge che assisteva inerte a tali scene. Tale condotta, peraltro, è stata confermata dalla sig. ra Toschi all’udienza del 15.5.2017 in cui riferiva che “il Y mi mandava foto di donne poco vestite su whatsApp. Le inviava anche all’altra amica” 

Risulta altresì provata ex. art. 115 c.p.c., in quanto non contestata dall’odierno resistente ed anzi ammessa nell’ambito del giudizio ex art. 342 bis c.c., la circostanza che il marito il 6.2.2017 abbia sottratto € 2.000,00 dal conto corrente della moglie, senza il consenso della stessa.

Il resistente ha reiteratamente negato, nei suoi atti, la propria responsabilità in merito alla separazione, ed in particolare ha negato – seppur in maniera generica – di avere usato violenza intra-familiare allegando altresì che nell’emettere il decreto ex art. 736-bis il convincimento del Giudice sarebbe stato influenzato dalle condizioni di salute in cui versa la ricorrente.

Tuttavia tali censure non risultano meritevoli di accoglimento, in quanto sia dalle risultanze documentali (decreto di rinvio a giudizio del 18.05.18, decreto ex art. 342 bis c.cordinanza di applicazione di misura cautelare del 17.09.18) sia da quelle testimoniali assunte nell’ambito del procedimento ex art. 736-bis emerge la rappresentazione di un contesto familiare altamente pregiudizievole per l’integrità psico-fisica della ricorrente; ciò a causa dei reiterati atteggiamenti aggressivi, violenti e mortificanti del resistente, resi ancor più gravi dalla circostanza di aver profittato della posizione di inferiorità e fragilità della moglie, dovuta alla patologia da cui è affetta.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, dunque, si reputa ampiamente acquisita la prova di una condotta del Y contraria ai doveri nascenti dal matrimonio e tale da determinare l’irreversibilità della crisi coniugale, avendo egli in particolare violato i doveri di rispetto e solidarietà nei confronti della moglie, dando causa al legittimo allontanamento della moglie dalla causa coniugale, cosicché si impone la pronuncia di addebito della separazione a carico del resistente.

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Sulle spese di lite 

Considerato l’esito della lite, che ha visto il convenuto soccombente, le spese sono poste integralmente a carico di Y . La relativa liquidazione è fatta in dispositivo sulla base del valore indeterminato della causa con applicazione dei valori medi di cui al D.M. n. 55/2014 attualmente in vigore (scaglione da € 26.000,01 a € 52.000,00), per le fasi di studio, introduttiva e decisionale; in ragione del fatto che non sono state assunte prove in corso di causa viene invece applicata una diminuzione del 50% all’importo relativo alla fase istruttoria.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

1) dichiara che la separazione è addebitabile a Y ,

2) condanna il resistente a rifondere alla ricorrente le spese di lite che liquida in euro 6.394,00 per compensi, oltre accessori come per legge

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio, il 26 novembre 2019

Il Presidente

dott. Matilde Betti

Il Giudice Relatore

dott. Arianna D’Addabbo

Pubblicazione il 04/12/2019

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