Skip to main content

Impugna Riconoscimento Figlio Falso – Avvocato Esperto

👶 Riconoscimento di Figlio Naturale: Tutela i Tuoi Diritti con l’Assistenza di un Avvocato Esperto

Hai bisogno di riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio o vuoi contestare un riconoscimento non veritiero? Sei nel posto giusto. Offriamo consulenze legali mirate e riservate per proteggere i tuoi diritti e quelli di tuo figlio.

Cos’è il Riconoscimento del Figlio Naturale?

Il riconoscimento del figlio naturale è l’atto con cui un genitore dichiara legalmente di essere il padre o la madre di un figlio nato da una relazione non matrimoniale. Può essere fatto:

  • al momento della nascita,
  • successivamente, con un atto pubblico,
  • anche con il consenso del figlio se maggiorenne.

Una volta effettuato, il riconoscimento ha pieno valore legale: il figlio acquisisce cognome, diritti ereditari, doveri reciproci e molto altro.

⚠️ Attenzione: Riconoscimento Falso o Non Veritiero

Purtroppo, capita sempre più spesso che il riconoscimento venga usato in modo improprio o addirittura fraudolento:

  • Impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità. Rifiuto del test genetico in I grado: censurabile irrilevanza sul piano probatorio e del principio di non contestazione. Prevalenza dello status filiationis sullo status veritatis in esito a gravame. 

    Il fatto

     

    Con sentenza n. 586/2023 del 20.6.2023 il Tribunale di Rimini, premesso che YY aveva chiesto di accertare l’inesistenza del rapporto di filiazione fra la minore JX e XX, il padre che l’aveva riconosciuta, per difetto di veridicità del riconoscimento stesso; che la domanda si fondava sul fatto che l’attore aveva avuto una relazione extraconiugale con WW a partire dal gennaio 2014; che il (omissis).2015 era nata J, riconosciuta dal convenuto convivente della madre; che era stata nominato un Curatore Speciale della minore; che i convenuti avevano contestato l’azione allegando il fatto che tra loro e YY erano pendenti diverse questioni patrimoniali mai risolte e di natura contenziosa e che erano state sporte anche denunce penali per comportamenti aggressivi e violenti asseritamente tenuti dall’attore nei loro confronti; che, sempre i convenuti avevano negato ogni disponibilità, anche per conto della minore, ad effettuare indagini genetiche; che in ogni caso, a prescindere dalle conclusioni istruttorie che si sarebbero potute trarre dal rifiuto a sottoporsi ad esami ematologici, l’interesse della minore contrastava con l’accoglimento eventuale della domanda tenuto conto anche dell’esito delle relazioni richieste ai Servizi Sociali, rigettava la domanda e condannava YY al pagamento delle spese di lite.

    COMMENTO E GIURISPRUDENZA

     

     

    In via preliminare ed allo scopo di assicurare il necessario perimetro interpretativo alla questione in esame, giova richiamare l’ordinanza n. 28444 del 12.10.2023 con cui il Giudice di legittimità ha precisato che «In tesi di parte ricorrente nell’economia del giudizio volto alla dichiarazione di paternità le indagini genetiche potrebbero essere disposte soltanto se risulti dimostrata in altro modo la sussistenza di una relazione sentimentale tra il presunto padre e la madre; in assenza di questa prova il rifiuto opposto alle indagini genetiche sarebbe giustificato e impedirebbe l’applicazione del disposto dell’art. 116 cod. proc. civ.. La fondatezza di una simile tesi è stata smentita, da tempo, dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito come nei giudizi volti alla dichiarazione giudiziale di paternità l’ammissione degli accertamenti immuno-ematologici non è subordinata all’esito della prova storica dell’esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall’art. 269, comma 2, cod. civ., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, né, conseguentemente, mediante l’imposizione, al giudice, di una sorta di “ordine cronologico” nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge, e risolvendosi una diversa interpretazione in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 14976/2007, Cass. 19583/2013, Cass. 3479/2016, Cass. 16128/2019).».

    E, ancora che «…il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., anche in assenza di prove di rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di riscontri oggettivi certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi e circa l’effettivo concepimento a determinare l’esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti. Per questo motivo è possibile trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi all’esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre, e tale rifiuto costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116, comma 2, cod. proc. civ., di così elevato valore indiziario da poter anche da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. 18626/2017, Cass. 26914/2017, Cass. 28886/2019).».

    Orbene, alla luce di tali premesse i convenuti avrebbero dovuto tenere un comportamento processuale ben diverso da quello effettivamente posto in essere, costruendo la propria difesa in modo coerente con i limiti dell’azione esercitata dall’attore e con le finalità che questi si era proposto.

    CONCLUSIONI DELLA CORTE

     

    Ciò premesso, tuttavia la sentenza impugnata merita conferma, poiché a prescindere dalla rilevante valenza istruttoria del comportamento tenuto dai convenuti, l’attento esame comparativo del favor minoris e del favor veritatis fatto dal Tribunale appare corretto ed approfondito e per nulla “pilatesco e grondante di luoghi comuni” come afferma con superficialità l’attore.

    Basterebbe ricordare (fra le tante) l’ordinanza n. 27140 del 6.10.2021 per averne certezza. Nel proprio provvedimento il Giudice di legittimità, con una motivazione del tutto condivisibile e ricordando l’insegnamento della Corte Costituzionale, afferma che compito del Giudice è vagliare l’interesse del minore, soprattutto se infraquattordicenne, al fine di evitare che l’esito dell’azione possa pregiudicarne gli equilibri affettivi e l’educazione, posto che la normativa nazionale e quella sovranazionale sottolineano l’interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari, quindi alla stabilità dei legami affettivi e personali sviluppatisi in famiglia.

    Nel caso che ci riguarda si tratta di una bambina nata nel 2015, che non ha mai conosciuto né frequentato l’attore e che è cresciuta solo e soltanto con la madre ed il suo convivente, sviluppando nei loro confronti un affetto stabile e sereno.

    La relazione 28.10.2022 dei Servizi Sociali acquisita dal Tribunale descrive un nucleo familiare armonico ed equilibrato, all’interno del quale J cresce con uno sviluppo psico affettivo egualmente equilibrato.

    Tanto che dalla stessa relazione risulta che l’attore ha piena consapevolezza del radicamento della minore nella famiglia di appartenenza.

    Dunque, la Corte non ritiene affatto che vi sia la necessità di onerare le parti di una CTU, che avrebbe certamente un impatto rilevante sull’equilibrio della minore e sulla sua serenità e che nulla potrebbe aggiungere, in concreto, al giudizio in corso, posto che appare evidente come l’interesse della minore sia quello di mantenere l’attuale assetto dei rapporti personali e non subire le conseguenze di una verità che non potrebbe mai avere un effetto immediato, ma imporrebbe a tutti i protagonisti di questa vicenda l’obbligo di un lungo e faticoso percorso psicologico (dall’esito incerto) di decostruzione e ricostruzione di relazioni affettive e genitoriali nuove.

    Superfluo dire, com’è noto a chi si occupa di tali materie, che appaiono irrilevanti le vicende personali dei convenuti (si accenna a precedenti penali o a comportamenti di vita discutibili), poiché, anche se ciò fosse vero, il limite che potrebbe valere a spostare l’asse del giudizio sarebbe solo quello dell’accertata natura pregiudizievole o della disfunzionalità della coppia genitoriale rispetto alla figlia.

     

    ,

  • per obbligare qualcuno a mantenere un figlio non suo,
  • per sottrarre il minore a un contesto familiare stabile.

In questi casi, la legge permette di impugnare il riconoscimento per difetto di veridicità, avviando un procedimento legale per accertare la verità biologica.

⚖️ Quando è Possibile Impugnare il Riconoscimento?

L’impugnazione può essere richiesta da:

  • il genitore che ha effettuato il riconoscimento, entro 1 anno dalla scoperta dell’errore,
  • il figlio, in qualsiasi momento, se non ha dato il proprio consenso,
  • il Pubblico Ministero o chiunque vi abbia interesse, entro 5 anni.

Servirà un test del DNA per dimostrare la non corrispondenza genetica.

👨‍⚖️ Perché Affidarti a un Avvocato Esperto?

Un procedimento di impugnazione è complesso e delicato, soprattutto quando ci sono di mezzo i diritti di un minore. Il nostro studio:

  • valuta subito se ci sono i presupposti per agire,
  • ti assiste nella raccolta delle prove,
  • gestisce il procedimento in Tribunale con la massima riservatezza,
  • tutela il tuo patrimonio e il tuo onore.

📞 Richiedi Subito una Consulenza Riservata

Se hai dubbi sul riconoscimento di un figlio, se vuoi fare chiarezza sulla paternità, o se ti trovi coinvolto in una situazione che potrebbe danneggiarti economicamente o emotivamente, parlane con un avvocato esperto.

👉 Contattaci ora per una prima consulenza riservata e senza impegno. Ti aiutiamo a tutelare te stesso e chi ami, nel rispetto della legge.

Il riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità è una questione delicata e rilevante in ambito giuridico, perché riguarda l’eventualità in cui un soggetto dichiari falsamente di essere il genitore biologico di un bambino, con effetti giuridici rilevanti. Vediamo nel dettaglio:

📘 Cos’è il riconoscimento del figlio naturale?

Il riconoscimento del figlio naturale è l’atto con cui un genitore dichiara di essere il padre o la madre di un figlio nato fuori dal matrimonio. Può avvenire:

  • alla nascita, al momento della registrazione dell’atto di nascita;
  • in un secondo momento, tramite atto notarile o dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile.

⚖️ Cosa dice la legge?

L’art. 263 del codice civile prevede che il riconoscimento del figlio può essere impugnato per difetto di veridicità da:

  • il genitore che ha fatto il riconoscimento (entro un anno dalla scoperta della non veridicità);
  • il figlio (in qualsiasi momento, se non ha prestato consenso);
  • chiunque vi abbia interesse, compreso il Pubblico Ministero.

🧬 Prova del difetto di veridicità

È necessaria la prova biologica (generalmente tramite test del DNA) che dimostri che il genitore che ha effettuato il riconoscimento non è effettivamente il genitore biologico.

📅 Termini per l’impugnazione

  • Genitore che ha riconosciuto: 1 anno dalla scoperta dell’errore.
  • Figlio: sempre, se non ha prestato consenso al riconoscimento.
  • Pubblico Ministero o terzi interessati: entro 5 anni dal riconoscimento.

🧑‍⚖️ Casi frequenti

  • Un uomo riconosce come proprio un bambino che non è suo, consapevolmente o per errore.
  • Una madre indica falsamente un uomo come padre del figlio.
  • Il riconoscimento viene effettuato per finalità migratorie, economiche o assistenziali.

🔄 Effetti dell’impugnazione

Se il giudice accerta che il riconoscimento è falso, cessano tutti gli effetti giuridici della filiazione:

  • perdita del cognome;
  • perdita dei diritti successori;
  • cessazione dell’obbligo di mantenimento.

Tuttavia, se è nell’interesse del minore, il giudice può valutare il mantenimento di un rapporto affettivo (es. in casi di legame consolidato).

🧩 Conclusione

Il riconoscimento del figlio è un atto importante e giuridicamente vincolante. Se effettuato in modo falso, può essere impugnato con gravi conseguenze legali. È sempre necessario l’intervento del giudice per valutare la veridicità e la tutela del minore.

Impugna Riconoscimento Figlio Falso – Avvocato Esperto

 

Impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità. Rifiuto del test genetico in I grado: censurabile irrilevanza sul piano probatorio e del principio di non contestazione. Prevalenza dello status filiationis sullo status veritatis in esito a gravame.

Il fatto

Con sentenza n. 586/2023 del 20.6.2023 il Tribunale di Rimini, premesso che YY aveva chiesto di accertare l’inesistenza del rapporto di filiazione fra la minore JX e XX, il padre che l’aveva riconosciuta, per difetto di veridicità del riconoscimento stesso; che la domanda si fondava sul fatto che l’attore aveva avuto una relazione extraconiugale con WW a partire dal gennaio 2014; che il (omissis).2015 era nata J, riconosciuta dal convenuto convivente della madre; che era stata nominato un Curatore Speciale della minore; che i convenuti avevano contestato l’azione allegando il fatto che tra loro e YY erano pendenti diverse questioni patrimoniali mai risolte e di natura contenziosa e che erano state sporte anche denunce penali per comportamenti aggressivi e violenti asseritamente tenuti dall’attore nei loro confronti; che, sempre i convenuti avevano negato ogni disponibilità, anche per conto della minore, ad effettuare indagini genetiche; che in ogni caso, a prescindere dalle conclusioni istruttorie che si sarebbero potute trarre dal rifiuto a sottoporsi ad esami ematologici, l’interesse della minore contrastava con l’accoglimento eventuale della domanda tenuto conto anche dell’esito delle relazioni richieste ai Servizi Sociali, rigettava la domanda e condannava YY al pagamento delle spese di lite.

COMMENTO E GIURISPRUDENZA

 

 

In via preliminare ed allo scopo di assicurare il necessario perimetro interpretativo alla questione in esame, giova richiamare l’ordinanza n. 28444 del 12.10.2023 con cui il Giudice di legittimità ha precisato che «In tesi di parte ricorrente nell’economia del giudizio volto alla dichiarazione di paternità le indagini genetiche potrebbero essere disposte soltanto se risulti dimostrata in altro modo la sussistenza di una relazione sentimentale tra il presunto padre e la madre; in assenza di questa prova il rifiuto opposto alle indagini genetiche sarebbe giustificato e impedirebbe l’applicazione del disposto dell’art. 116 cod. proc. civ.. La fondatezza di una simile tesi è stata smentita, da tempo, dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito come nei giudizi volti alla dichiarazione giudiziale di paternità l’ammissione degli accertamenti immuno-ematologici non è subordinata all’esito della prova storica dell’esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall’art. 269, comma 2, cod. civ., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, né, conseguentemente, mediante l’imposizione, al giudice, di una sorta di “ordine cronologico” nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge, e risolvendosi una diversa interpretazione in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 14976/2007, Cass. 19583/2013, Cass. 3479/2016, Cass. 16128/2019).».

E, ancora che «…il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., anche in assenza di prove di rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di riscontri oggettivi certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi e circa l’effettivo concepimento a determinare l’esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti. Per questo motivo è possibile trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi all’esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre, e tale rifiuto costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116, comma 2, cod. proc. civ., di così elevato valore indiziario da poter anche da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. 18626/2017, Cass. 26914/2017, Cass. 28886/2019).».

Orbene, alla luce di tali premesse i convenuti avrebbero dovuto tenere un comportamento processuale ben diverso da quello effettivamente posto in essere, costruendo la propria difesa in modo coerente con i limiti dell’azione esercitata dall’attore e con le finalità che questi si era proposto.

CONCLUSIONI DELLA CORTE

Ciò premesso, tuttavia la sentenza impugnata merita conferma, poiché a prescindere dalla rilevante valenza istruttoria del comportamento tenuto dai convenuti, l’attento esame comparativo del favor minoris e del favor veritatis fatto dal Tribunale appare corretto ed approfondito e per nulla “pilatesco e grondante di luoghi comuni” come afferma con superficialità l’attore.

Basterebbe ricordare (fra le tante) l’ordinanza n. 27140 del 6.10.2021 per averne certezza. Nel proprio provvedimento il Giudice di legittimità, con una motivazione del tutto condivisibile e ricordando l’insegnamento della Corte Costituzionale, afferma che compito del Giudice è vagliare l’interesse del minore, soprattutto se infraquattordicenne, al fine di evitare che l’esito dell’azione possa pregiudicarne gli equilibri affettivi e l’educazione, posto che la normativa nazionale e quella sovranazionale sottolineano l’interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari, quindi alla stabilità dei legami affettivi e personali sviluppatisi in famiglia.

Nel caso che ci riguarda si tratta di una bambina nata nel 2015, che non ha mai conosciuto né frequentato l’attore e che è cresciuta solo e soltanto con la madre ed il suo convivente, sviluppando nei loro confronti un affetto stabile e sereno.

La relazione 28.10.2022 dei Servizi Sociali acquisita dal Tribunale descrive un nucleo familiare armonico ed equilibrato, all’interno del quale J cresce con uno sviluppo psico affettivo egualmente equilibrato.

Tanto che dalla stessa relazione risulta che l’attore ha piena consapevolezza del radicamento della minore nella famiglia di appartenenza.

Dunque, la Corte non ritiene affatto che vi sia la necessità di onerare le parti di una CTU, che avrebbe certamente un impatto rilevante sull’equilibrio della minore e sulla sua serenità e che nulla potrebbe aggiungere, in concreto, al giudizio in corso, posto che appare evidente come l’interesse della minore sia quello di mantenere l’attuale assetto dei rapporti personali e non subire le conseguenze di una verità che non potrebbe mai avere un effetto immediato, ma imporrebbe a tutti i protagonisti di questa vicenda l’obbligo di un lungo e faticoso percorso psicologico (dall’esito incerto) di decostruzione e ricostruzione di relazioni affettive e genitoriali nuove.

Superfluo dire, com’è noto a chi si occupa di tali materie, che appaiono irrilevanti le vicende personali dei convenuti (si accenna a precedenti penali o a comportamenti di vita discutibili), poiché, anche se ciò fosse vero, il limite che potrebbe valere a spostare l’asse del giudizio sarebbe solo quello dell’accertata natura pregiudizievole o della disfunzionalità della coppia genitoriale rispetto alla figlia.

Impugna Riconoscimento Figlio Falso – Avvocato Esperto

 

RG n. 1091/2023

REPUBBLICA ITALIANA

In Nome del Popolo Italiano

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

Sezione Prima Civile

La Corte d’Appello di Bologna, riunita in Camera di Consiglio con la presenza dei Magistrati:

dott. Giuseppe de Rosa – Presidente rel.

dott. Antonella Allegra – Consigliere

dott. Annarita Donofrio – Consigliere

viti gli atti del procedimento n. RG 1091/2023 introdotto con ricorso 3.7.2023 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

TRA

YY (c.f. omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato Matteo Pavanetto del Foro di Forlì – Cesena e domiciliato in Forlì, viale Bolognesi n. 12

– attore –

CONTRO

WW (c.f. omissis) in proprio e quale legale rappresentante della figlia minore JX nata il (omissis).2015, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Angelini e Raffaella Balzi del Foro di Rimini ed ivi domiciliati in via Gambalunga n. 64

– convenuta –

CONTRO

XX (c.f. omissis) in proprio e quale legale rappresentante della figlia minore JX, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Angelini e Raffaella Balzi del Foro di Rimini ed ivi domiciliati in via Gambalunga n. 64

– convenuto –

E, CON L’INTERVENTO DI

avvocato Vanessa Ruscelli curatore speciale della minore JX per effetto del provvedimento del Tribunale di Rimini 18.9.2019, elettivamente domiciliata presso il proprio studio in Rimini via Pani n. 5

– intervenuta –

Oggetto

impugnazione della sentenza n. 586/2023 del Tribunale di Rimini

notificata il 21.6.2023

Conclusioni parte attrice

Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, previa valutazione della sua manifesta fondatezza e previa sospensione della provvisoria esecutività della sentenza del Tribunale Rimini, n. 586 del 2023 emessa all’esito del giudizio RG 496 del 2019 quanto alla condanna alle spese di lite, accogliere il presente appello, per tutti i motivi di cui in narrativa, accogliendo per l’effetto la domanda originaria del Sig. YY ovvero

accertando e dichiarando

l’inesistenza del rapporto biologico di filiazione tra la piccola JX ed il padre, che l’ha riconosciuta, Sig. XX, risultandone invalido il riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c. 1 c.c., assumendo tutti i conseguenti provvedimenti del caso, anche in ordine alla perdita del cognome “Xxxxxxxxx” da parte della minore e alla revoca della responsabilità genitoriale in capo a XX e con comunicazione della sentenza all’Ufficio dello Stato Civile del Comune di Rimini per le modificazioni ed incombenze del caso a cura, appunto, di tale Ufficio o, perlomeno, attesa la reciproca soccombenza delle parti e i gravi errori commessi dal Giudice di prime cure nella valutazione e apprezzamento degli elementi di prova anche documentali, disporre la compensazione delle spese di lite nella sentenza appellata.

Con vittoria di spese.

Conclusioni parti convenute

Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Bologna, ogni avversa istanza disattesa:

In rito

Rigettare l’istanza di sospensione della esecutorietà della sentenza n. decisa dal Tribunale di Rimini n. 586 del 2023, emessa all’esito del giudizio RG 419 del 2023, notificata in data 21/06/2023, in quanto improponibile e, comunque, infondata, in fatto ed in diritto per i motivi tutti spiegati nella narrativa della presente comparsa da intendersi ivi integralmente richiamati.

Nel merito

Rigettare l’appello proposto dal Sig. YY in quanto infondato in fatto ed in diritto per le ragioni tutte meglio rappresentate nella narrativa della presente comparsa.

Con vittoria di spese, competenze professionali, oltre oneri accessori di legge.

Conclusioni del Curatore Speciale

Voglia l’Ecc.ma Corte D’Appello di Bologna, ogni contraria istanza, deduzione, eccezione disattesa, così decidere:

rigettare la istanza di sospensione della esecutività della sentenza poiché infondata in fatto e in diritto;

rigettare l’appello proposto da YY perché infondato, sia in fatto che in diritto, per tutto quanto argomentato in atti e, per l’effetto, confermare in ogni sua parte la impugnata sentenza n. 586/2023 del Tribunale di Rimini.

In ogni caso con vittoria di spese, anche forfettarie al 15%, competenze e onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 586/2023 del 20.6.2023 il Tribunale di Rimini, premesso che YY aveva chiesto di accertare l’inesistenza del rapporto di filiazione fra la minore JX e XX, il padre che l’aveva riconosciuta, per difetto di veridicità del riconoscimento stesso; che la domanda si fondava sul fatto che l’attore aveva avuto una relazione extraconiugale con WW a partire dal gennaio 2014; che il (omissis).2015 era nata J, riconosciuta dal convenuto convivente della madre; che era stata nominato un Curatore Speciale della minore; che i convenuti avevano contestato l’azione allegando il fatto che tra loro e YY erano pendenti diverse questioni patrimoniali mai risolte e di natura contenziosa e che erano state sporte anche denunce penali per comportamenti aggressivi e violenti asseritamente tenuti dall’attore nei loro confronti; che, sempre i convenuti avevano negato ogni disponibilità, anche per conto della minore, ad effettuare indagini genetiche; che in ogni caso, a prescindere dalle conclusioni istruttorie che si sarebbero potute trarre dal rifiuto a sottoporsi ad esami ematologici, l’interesse della minore contrastava con l’accoglimento eventuale della domanda tenuto conto anche dell’esito delle relazioni richieste ai Servizi Sociali, rigettava la domanda e condannava YY al pagamento delle spese di lite.

Con atto di citazione 28.6.2023 YY impugnava la decisione chiedendone la riforma.

Ritualmente citati si costituivano WW e XX, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Ritualmente citato si costituiva il Curatore Speciale della minore, chiedendo la conferma della decisione impugnata.

La causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti all’udienza 18.6.2024

Motivi della decisione

L’appello è parzialmente infondato ed in tale misura va accolto.

In via preliminare ed allo scopo di assicurare il necessario perimetro interpretativo alla questione in esame, giova richiamare l’ordinanza n. 28444 del 12.10.2023 con cui il Giudice di legittimità ha precisato che «In tesi di parte ricorrente nell’economia del giudizio volto alla dichiarazione di paternità le indagini genetiche potrebbero essere disposte soltanto se risulti dimostrata in altro modo la sussistenza di una relazione sentimentale tra il presunto padre e la madre; in assenza di questa prova il rifiuto opposto alle indagini genetiche sarebbe giustificato e impedirebbe l’applicazione del disposto dell’art. 116 cod. proc. civ.. La fondatezza di una simile tesi è stata smentita, da tempo, dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito come nei giudizi volti alla dichiarazione giudiziale di paternità l’ammissione degli accertamenti immuno-ematologici non è subordinata all’esito della prova storica dell’esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall’art. 269, comma 2, cod. civ., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, né, conseguentemente, mediante l’imposizione, al giudice, di una sorta di “ordine cronologico” nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge, e risolvendosi una diversa interpretazione in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 14976/2007, Cass. 19583/2013, Cass. 3479/2016, Cass. 16128/2019).».

E, ancora che «…il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., anche in assenza di prove di rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di riscontri oggettivi certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi e circa l’effettivo concepimento a determinare l’esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti. Per questo motivo è possibile trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi all’esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre, e tale rifiuto costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116, comma 2, cod. proc. civ., di così elevato valore indiziario da poter anche da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. 18626/2017, Cass. 26914/2017, Cass. 28886/2019).».

Orbene, alla luce di tali premesse i convenuti avrebbero dovuto tenere un comportamento processuale ben diverso da quello effettivamente posto in essere, costruendo la propria difesa in modo coerente con i limiti dell’azione esercitata dall’attore e con le finalità che questi si era proposto.

Ciò non è avvenuto, poiché da un lato e fin dall’inizio gli odierni appellati anziché assumere una presa di posizione precisa e definita finalizzata a negare l’esistenza della relazione o l’infondatezza della paternità biologica dell’attore, hanno orientato la propria difesa su tutta una serie di circostanze che, a loro giudizio, avrebbero mosso YY, come atti estorsivi, ricattatori o motivi di natura creditizia, mentre, dall’altro, hanno negato il consenso a sottoporsi al test ematologico, con una scelta processuale del tutto contraddittoria ed incomprensibile, posto che, proprio per sottolineare la natura strumentale dell’azione esercitata, avrebbero dovuto determinarsi in senso opposto.

Il che sottolinea ai fini istruttori come il rifiuto dell’esame sia al di là di ogni dubbio del tutto irragionevole o, se si preferisce, ingiustificato.

Significativo, infatti, è quanto si legge nell’atto di costituzione in giudizio della convenuta innanzi al Tribunale, che WW prima basa su una veloce affermazione di infondatezza dell’azione, perché l’attuale attore le avrebbe indirizzato alcuni biglietti in cui dichiarava che la bambina non era sua figlia (come se ciò potesse esser una prova dell’inesistenza del legame biologico) e, poi, su tutta una serie di ragioni collegate a litigi, denunce e ragioni di credito mai soddisfatte che avrebbero mosso l’appellante all’azione.

Ugualmente XX che, dopo avere affermato che sarebbe spettato all’attore dare prova della sua affermazione, si dilungava nell’elencare le “vere ragioni” della domanda, ovvero tutte quelle ragioni patrimoniali e di acredine personale già descritte parlando delle affermazioni della convenuta (significativo della totale indifferenza del convenuto ai principi che regolano le azioni come quella intrapresa, il passo della sua costituzione in cui si legge “Nel tentativo, disperato, di cercare di sottrarsi in extremis al pagamento di quanto dovuto dallo stesso in forza dei suindicati titoli di credito – e, dunque, con il precipuo intento di far desistere la Sig.ra WW dal continuare a coltivare le proprie azioni giudiziarie ordinarie ed esecutive -, decideva solo a quel punto, nel 2019, di intraprendere (guarda caso) il presente giudizio” e , quindi “il Sig. YY tentava poi la strada del “bislacco ricatto” strumentalizzando vergognosamente una asserita (e non dimostrata) relazione intrattenuta con la Sig.ra WW…).”.

La conclusione era che poiché l’azione era da considerarsi infondata, non vi era motivo di sottoporsi al test del DNA.

Al contrario la Corte deve affermare che se l’azione era, nella mente dei convenuti, infondata, questo sarebbe stato il miglior motivo per sottoporsi al test e non per negarlo.

Ciò premesso, tuttavia la sentenza impugnata merita conferma, poiché a prescindere dalla rilevante valenza istruttoria del comportamento tenuto dai convenuti, l’attento esame comparativo del favor minoris e del favor veritatis fatto dal Tribunale appare corretto ed approfondito e per nulla “pilatesco e grondante di luoghi comuni” come afferma con superficialità l’attore.

Basterebbe ricordare (fra le tante) l’ordinanza n. 27140 del 6.10.2021 per averne certezza. Nel proprio provvedimento il Giudice di legittimità, con una motivazione del tutto condivisibile e ricordando l’insegnamento della Corte Costituzionale, afferma che compito del Giudice è vagliare l’interesse del minore, soprattutto se infraquattordicenne, al fine di evitare che l’esito dell’azione possa pregiudicarne gli equilibri affettivi e l’educazione, posto che la normativa nazionale e quella sovranazionale sottolineano l’interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari, quindi alla stabilità dei legami affettivi e personali sviluppatisi in famiglia.

Nel caso che ci riguarda si tratta di una bambina nata nel 2015, che non ha mai conosciuto né frequentato l’attore e che è cresciuta solo e soltanto con la madre ed il suo convivente, sviluppando nei loro confronti un affetto stabile e sereno.

La relazione 28.10.2022 dei Servizi Sociali acquisita dal Tribunale descrive un nucleo familiare armonico ed equilibrato, all’interno del quale J cresce con uno sviluppo psico affettivo egualmente equilibrato.

Tanto che dalla stessa relazione risulta che l’attore ha piena consapevolezza del radicamento della minore nella famiglia di appartenenza.

Dunque, la Corte non ritiene affatto che vi sia la necessità di onerare le parti di una CTU, che avrebbe certamente un impatto rilevante sull’equilibrio della minore e sulla sua serenità e che nulla potrebbe aggiungere, in concreto, al giudizio in corso, posto che appare evidente come l’interesse della minore sia quello di mantenere l’attuale assetto dei rapporti personali e non subire le conseguenze di una verità che non potrebbe mai avere un effetto immediato, ma imporrebbe a tutti i protagonisti di questa vicenda l’obbligo di un lungo e faticoso percorso psicologico (dall’esito incerto) di decostruzione e ricostruzione di relazioni affettive e genitoriali nuove.

Superfluo dire, com’è noto a chi si occupa di tali materie, che appaiono irrilevanti le vicende personali dei convenuti (si accenna a precedenti penali o a comportamenti di vita discutibili), poiché, anche se ciò fosse vero, il limite che potrebbe valere a spostare l’asse del giudizio sarebbe solo quello dell’accertata natura pregiudizievole o della disfunzionalità della coppia genitoriale rispetto alla figlia.

Il che difetta di qualunque prova

Ciò giustifica il rigetto dell’appello e la totale compensazione delle spese, atteso il comportamento dei convenuti, che esclude si possa parlare tecnicamente di soccombenza dell’attore, mancando completamente nel giudizio l’avventatezza dell’azione.

p.q.m.

La Corte d’Appello di Bologna, Sezione I^ Civile, definitivamente pronunciando nella causa come indicata in epigrafe così provvede:

– accoglie l’appello ein parziale riforma della sentenza 8.6.2023 Tribunale di Rimini:

– compensa interamente le spese di entrambi i gradi di giudizio;

– fermo il resto.

Bologna, lì 29 ottobre 2024

Il Presidente est.

dott. Giuseppe de Rosa

Leave a Reply