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VIOLENZA SESSUALE MOGLIE BASTA DISSENSO ESPLICITO- PENALISTA BOLOGNA

Violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia
Per le violenze sessuali poste dal marito sulla moglie in un clima di cronici, gravi ed ingravescenti maltrattamenti in famiglia, dietro minacce, ingiurie e aggressioni fisiche e verbali e punizioni in caso di rifiuto, tali da limitare la libertà di determinazione sessuale della vittima, non può attuarsi l’attenuante di cui al terzo comma dell’art. 609 bis, stante il tenore generale della condotta.
Il reato di violenza sessuale è configurabile anche se la moglie accetta rapporti sessuali col marito perché rassegnata a non reagire a causa di violenze e minacce. Il mancato esplicito dissenso, infatti, non è scriminante, in quanto in tale ipotesi la donna subisce comunque violenze fisiche o psicologiche che ne riducono l’autodeterminazione.
Cassazione penale sez. III, 12/07/2019, n.44956

La Corte d’appello, nel riformare la decisione assolutoria del primo giudice, ha, infatti, evidenziato l’identità della descrizione del fatto da parte della persona offesa in occasione della descrizione dello stesso a diversi soggetti e in differenti contesti (sia nella prima rivelazione ai vicini di casa, sia nelle successive confidenze alla propria compagna, sia nella denuncia, sia nell’esame in primo e in secondo grado), spiegando la mancanza di segni esteriori della violenza subita con lo stato di paura in cui la vittima era venuta a trovarsi a seguito della aggressione a scopo sessuale da parte dell’imputato, che le aveva impedito una concreta opposizione, anche in considerazione della maggior prestanza fisica dell’imputato (grazie alla quale questi la aveva sollevata, portata su un lettino posto nello spogliatoio della palestra nella quale entrambi lavoravano e la aveva bloccata con il peso del proprio corpo), traendone, in modo logico, la prova della attendibilità della vittima e così superando, in modo motivato, l’opposta valutazione compiuta dal Tribunale. Altrettanto logicamente la Corte territoriale ha spiegato il comportamento della vittima successivo alla violenza (allorquando accettò di farsi accompagnare a casa in automobile dall’imputato), giudicato dal Tribunale logicamente incompatibile con un rapporto non consensuale, sottolineando, a sostegno della attendibilità della persona offesa e della compatibilità tra tale condotta e la violenza appena prima subita, la portata traumatica dell’episodio e le conseguenze psicologiche che lo stesso aveva prodotto sulla vittima.
L’ipotesi di cui al terzo comma dell’art, 609 bis cod. pen., secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, è configurabile solamente quando non vi sia stata una intensa lesione del bene protetto, e cioè una significativa compromissione della libertà sessuale, tenendo conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, delle caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età (Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015, G., Rv. 263516; Sez. 3, n. 39445, del 1/7/2014, S., Rv. 260501). Nel caso in esame la gravità della invasione della sfera di libertà sessuale della vittima è stata ricavata, in modo del tutto logico e conforme a detto orientamento interpretativo, dalle conseguenze psicofisiche riportate dalla vittima, giudicate di entità tale da impedire di ritenere il fatto di minore gravità

QUANDO E’ CONFIGURABILE LA VIOLENZA SESSUALE

La violenza sessuale, in quanto reato comune, può realizzarsi a prescindere dalla qualifica del soggetto attivo e dal rapporto di coniugio sussistente con la vittima, dovendosi escludere categoricamente l’esistenza di un diritto del marito a soddisfare le proprie pretese sessuali nei confronti della moglie.
In particolare, la pretesa di un rapporto sessuale, avanzata dopo aver posto la vittima in una condizione di paura e vessazione, desumendo il consenso all’atto sessuale dalla mancanza di reazioni da parte della vittima, è condotta integrante di per sé la consapevolezza del dissenso della partner, quantomeno in termini di dolo eventuale. Ciò è accaduto nel caso di specie, in cui l’imputato, minacciando la propria coniuge di portarle via i figli qualora si fosse rifiutata di avere rapporti sessuali con lo stesso, in più occasioni costringeva la donna ad avere rapporti sessuali completi contro la sua volontà.

Violenza sessuale: il mancato esplicito dissenso
Il reato di violenza sessuale è configurabile anche se la moglie accetta rapporti sessuali col marito perché rassegnata a non reagire a causa di violenze e minacce. Il mancato esplicito dissenso, infatti, non è scriminante, in quanto in tale ipotesi la donna subisce comunque violenze fisiche o psicologiche che ne riducono l’autodeterminazione.
Cassazione penale sez. III, 12/07/2019, n.44956
Violenza sessuale: criteri per il riconoscimento
In tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all’articolo 609-bis, ultimo comma, del Cp, deve farsi riferimento a una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (fattispecie nella quale la Corte ha ritenuta corretto e congruamente motivato il diniego dell’ipotesi attenuata argomentato sulle modalità estremamente violente di commissione del reato da parte dell’imputato, che risultava avere sottoposto la moglie a una pratica sessuale di particolare invasività – sodomizzazione – e aveva proseguito nonostante la medesima gli avesse chiesto di cessare)
Cassazione penale sez. III, 19/04/2017, n.30145
La violenza idonea ad integrare il delitto di violenza sessuale è anche quella che induce la vittima in uno stato di soggezione, disagio o vergogna sì che ella si determina ad “assecondare” le richiesta del proprio abusatore per evitare danni maggiori, a sé stessa o ai figli (confermata, nella specie, la condanna di un uomo che aveva sottoposto la moglie a continue richieste di rapporti fisici tanto da costringere la donna a cedere per sfinimento).
Cassazione penale sez. III, 14/07/2015, n.42993

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