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PEDONE  UCCISO SU MARCIAPIEDE BOLOGNA RISARCIMENTO DANNI

SEPARAZIONE CONSENSUALE CONIUGI BOLOGNA E FIGLI MINORI - separazione urgente bologna

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  • Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2020, n. 3742 – Pedone travolto e ucciso da un Bobcat. Responsabilità dei coordinatori e del responsabile dei lavori
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  • Invero, secondo quanto si evince dalla lettura della sentenza impugnata, il giudizio di responsabilità dell’imputato DL.A. così come del C.M. è stato formulato ponendo in evidenza sia l’inidoneità del piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dall’impresa, sia la mancata applicazione di talune disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento; in particolare di dispositivi di sicurezza in relazione alla recinzione del cantiere e alla pericolosità recinzione mobile e il perimetro dell’edificio. Si deve ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all’entrata in vigore del D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) – nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili – a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall’altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell’art.5 d. Lgs. 14 agosto 1996, n.494, attualmente trasfuso nell’art.92 D. lgs. n. 81 del 2008, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione e’ tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Appare, dunque, chiaro che il coordinatore per l’esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 Ud. (dep. 05/10/2017) Rv. 271026 – 01 Sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015, Cominotti, Rv. 26196001; Sez.4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv. 25510201; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 24753601; Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non massimata sul punto). 
  • Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2020, n. 3742 – Pedone travolto e ucciso da un Bobcat. Responsabilità dei coordinatori e del responsabile dei lavori – RUP
  • Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 14/01/2020

Fatto

  1. La Corte di Appello di Napoli con la pronuncia in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Benevento il 16.03.2015 nei confronti di B.G., DL.A. e C.M., in relazione al reato previsto dagli artt. 113 e 589, commi 1 e 2, cod. pen. per avere cagionato per colpa il decesso del pedone N.G. che transitava posteriormente al Bobcat Fiat Koberlco tg AAY365 e ne veniva travolto a causa del suo scivolamento all’indietro dovuto all’inefficienza degli penumatici e all’eccessivo carico in relazione alla pendenza del tratto di accesso, con fondo di brecciolino, aperto ai pedoni e più largo dei 50 cm previsti dal Piano generale di sicurezza del cantiere e privo di specifico segnale di divieto. In Campolattaro l’8.05.2006.

    2. All’imputato B.G. era contestato di avere, in qualità di responsabile dei lavori (ex art. 2e 3 D.Lvo 14.08.1996 n.494), per conto del Comune che aveva affidato all’impresa Arkos Architettura e costruzioni (nei confronti del cui amministratore Z.A. si è proceduto separatamente e che era alla guida del Bobcat Fiat sopra indicato) il recupero di edifici del centro storico, omesso di verificare la puntuale osservanza delle prescrizioni normative relative all’uso dei segnali di avvertimento e sicurezza, in particolare di assoluto divieto di transito dei pedoni tra la rete di recinzione e i fabbricati, e quelle concernenti la distanza dal muro perimetrale degli edifici di tale rete, non superiore a 50 cm, in modo da impedire il transito di pedoni.

    3. Agli imputati DL.A. e C.M. era contestato di avere, quali coordinatori dei lavori ai sensi dell’art. 5 D.L.vo. n.494/1996e il DL.A., anche quale autore del Piano di sicurezza del cantiere, omesso di prevedere l’assoluto impedimento del transito di pedoni attraverso l’accesso a valle e in salita del cantiere in Via Ospedale e comunque gli opportuni dispositivi di protezione per evitare l’accesso da parte di terzi nonché di osservare la prevista distanza di soli 50 cm tra la recinzione metallica e il muro adiacente.

    4.1 giudici di merito, con pronunce conformi, hanno ricostruito il fatto come segue: il Comune di Campolattaro ha dato in appalto, nell’ambito del programma integrato di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale del centro storico, alla società Arkos s.r.l., i lavori per il recupero di edifici del centro storico, in particolare l’edificio A, B; l’edificio C è stato affidato alla società CO.DE.CO, quest’ultima ha dato i lavori in subappalto alla stessa Arkos ( appalto ratificato dal Comune); i lavori sono stati consegnati per tutti e tre gli edifici il 2.12.2005 e avviati sempre il 2.12.2005; al momento dell’infortunio erano in corso i lavori negli edifici A e B; il vicolo ove si era verificato l’incidente, ubicato nel centro storico, prima dell’inizio dei lavori, era adibito ad uso pedonale con la presenza di gradini in pietra, successivamente, con l’apprestamento della recinzione mobile del cantiere e per consentire il passaggio dei mezzi e il trasporto dei materiali da Via Chiesa madre ai siti ubicati più in alto, era stato reso carrabile cospargendo sulla superficie ghiaia e cemento; la pendenza era variabile, da un valore all’imbocco di 16,8% fino a 31.9% alla prossimità dello sbocco in direzione dell’edificio C; la recinzione del cantiere che delimitava tutti e tre gli edifici era realizzata ad una distanza variabile rispetto al prospetto dell’edificio privato che costeggiava l’esterno del cantiere con una distanza minima di 60 cm, così da consentire di fatto un passaggio pedonale da via dell’Ospedale su via Chiesa e viceversa e, in particolare, consentire un passaggio pedonale nei pressi dell’abitazione di N.T., situata al civico 2 di Via dell’Ospedale; entrambe le estremità dell’accesso erano prive di dispositivi atti ad impedire il transito pedonale; ciò in contrasto con quanto previsto nel PSC dove di leggeva che “la recinzione del cantiere era eseguita con paletti in ferro opportunamente ancorati a terra e rete elettrica termosaldata. La recinzione è posta a distanza di 50 cm dalla murature esistenti in modo da preservare le stesse da operazioni di cantiere e non consentire il passaggio tra le murature e la recinzione; ogni accesso dotato di cancello in ferro sul quale sono apposti cartelli di sicurezza.” Si è accertata (fol 28 sentenza impugnata), inoltre, la scarna presenza di segnaletica al momento del sinistro e in particolare l’assenza di segnaletica di divieto di accesso con riferimento al di transito ai pedoni nel tratto che costeggiava la recinzione; segnale che fu rinvenuto solo dopo il sinistro, cioè nel sopralluogo del 10 maggio, mentre era mancante nel sopralluogo dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti.

    4.1. L’incidente, secondo la ricostruzione dei Giudici di merito, si è verificato in quanto era stato indebitamente consentito il passaggio pedonale nei pressi nell’abitazione di N.T., lasciando uno spazio tra il muro perimetrale dell’edificio e la rete metallica di delimitazione del cantiere di non meno di 60 cm; N.G., cugino di N.T., era intento al trasporto nell’abitazione di quest’ultima di una bombola, stava percorrendo il passaggio pedonale delimitato dalla rete metallica mobile, si trovava in prossimità dell’imbocco del vicolo e veniva schiacciato dal mezzo condotto da Z.A., che stava trasportando materiale edile e che indietreggiava a causa della perdita di aderenza al suolo per l’inefficienza del battistrada, del basso coefficiente di attrito del fondo stradale, del carico rilevante e l’elevata pendenza.

    I Giudici del merito hanno ritenuto che la violazione delle norme di sicurezza attinenti alla recinzione del cantiere in particolare alla valutazione del grave rischio connesso al passaggio di terzi all’esterno e in prossimità della recinzione, anche in relazione all’utilizzo di mezzi meccanici previsto nei progetti esecutivi e nei pos stante anche la peculiare conformazione della sede stradale, aveva concorso nella determinazione del sinistro, non potendosi ritenere che lo stato d’uso e la conduzione del bobcat rappresentassero causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento.

    5. B.G. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

    I) violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 41, 589 cod. pen., 5 Dl.vo n.494/96; assenza del giudizio controfattuale. Il ricorrente ritiene che l’evento infausto si è verificato solo a causa del comportamento colposo del titolare dell’Impresa esecutrice e al tempo stesso manovratore del mezzo meccanico che ha compiuto una condotta negligente ed un’errata manovra facendo retromarcia ed investendo la vittima. Nessun addebito di colpa può essere scritto al responsabile unico del procedimento, stante anche l’assenza di nesso causale tra le condotte di B.G. e l’evento del tutto eccentrico imprevedibile ed imputabile unicamente all’agente in concreto, stante la piena osservanza del piano sicurezza in cui si prevedeva l’apposizione di avvisi e inibizioni al transito pedonale. Se di fatto nell’esecuzione dei lavori si era consentito che taluno transitasse nell’area di cantiere ciò non poteva imputarsi al committente ed in particolare al RUP, investito solo di funzioni amministrative. E’ mancato nel caso di specie il giudizio controfattuale di verifica che, se anche l’imputato avesse tenuto le condotte ritenute omesse, l’evento si sarebbe ugualmente verificato a causa del mancato riposizionamento della recinzione mobile da parte del conducente del bobcat che aveva consentito, nel caso concreto, il passaggio del N.G..

    II) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, violazione di legge con particolare riferimento all’art. 521 cod.proc.pen.. Il B.G. è stato erroneamente ritenuto Responsabile dei Lavori solo perché risultano una serie di missive sottoscritte dal B.G. e in quanto il suo incarico è riportato nei cartelloni di cantiere. Inoltre, mentre nel capo si imputazione si censura l’omessa previsione, in sentenza è stata ritenuta l’omessa vigilanza, quindi, un profilo di colpa del tutto diverso da quello contestato. Non è specificato quale sia il comportamento che avrebbe dovuto osservare il ricorrente al fine di impedire l’evento; il Rup aveva infatti regolarmente avviato il cantiere e aveva demandato ai coordinatori il controllo sul prosieguo senza che fosse tenuto ad una presenza costante e continua sul cantiere avendo funzioni più propriamente amministrative che operative. Nel caso di specie è applicabile il comma 2 dell’art. 41 cod.pen. in quanto fu la condotta dello Z.A. e lo scoppio dello pneumatico del mezzo che si posero come causa

    sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento e ad escludere il rapporto di causalità.

    III) violazione di legge in relazione all’art. 589 cod. pen. stante la insussistenza dell’aggravante della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Invero l’infortunio è avvenuto fuori del cantiere, cioè del luogo in cui avvenivamo le lavorazioni e l’evento morte non è ricollegabile alla violazione delle norme di prevenzione della sicurezza sul posto di lavoro. Il reato, pertanto, in quanto non aggravato, risulta prescritto.

    6. DL.A. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

    I) violazione di legge artt. 125 cod.proc.pen. e 111 Cost.: nullità della sentenza per difetto di motivazione e motivazione apparente con riferimento alla circostanza dedotta dalla difesa che il DL.A., che era stato indicato quale coordinatore della esecuzione dal B.G. sia alla Asl che all’Ispettorato del lavoro, in realtà non ha ricevuto l’incarico e non ha sottoscritto il contratto o un disciplinare di incarico. La Corte di appello ha omesso di verificare ed acquisire la documentazione relativa al fatto storico dell’avvenuto affidamento dell’incarico.

    II) manifesta illogicità della motivazione in quanto la Corte di Appello afferma che il DL.A. era coordinatore ab origine e ha apoditticamente dedotto l’affidamento dell’incarico unicamente dai comportamenti omissivi. Invece il DL.A. non ha mai assunto le funzioni di CSE, non è stato invitato nemmeno alla consegna dei lavori in quanto il conferimento dell’incarico non era perfezionato.

    III) nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’art. 125 cod.proc.pen e 111 cost in relazione al motivo di appello con cui aveva eccepito che non gli era stata data alcuna comunicazione dell’aggiudicazione dei lavori né dell’inizio lavori cui non aveva presenziato; manca in capo all’imputato la consapevolezza dell’ esistenza ed attualità dei propri doveri di vigilanza.

    7. C.M. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

    I) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 521 cod.proc.pen e all’art. 522 cod.proc.pen.

    Lamenta che nella contestazione contenuta nel capo di imputazione viene addebitato al C.M. quale coordinatore per l’esecuzione dei lavori relativo all’edificio B di aver omesso la previsione dell’assoluto impedimento del transito pedoni lungo l’accesso a valle e in salita al cantiere in via dell’Ospedale e comunque opportuni dispositivi di protezione per evitare il transito di pedoni; nella sentenza di primo grado veniva addebitato un comportamento omissivo attinente ai doveri di vigilanza mentre nella sentenza di secondo grado venivano individuate una serie di condotte omissive mai contestate, in particolare quella relativa alla omessa verifica della idoneità del pos (che per gli edifici A e B non teneva in nessun conto le indicazioni inerenti la distanza della recinzione e la necessità di evitare il transito di pedoni) oltre che di assicurare la coerenza rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento. Si deduce che il fatto descritto nella imputazione di omessa previsione è del tutto diverso rispetto a quello attinente all’omessa vigilanza che è stato ritenuto in sentenza.

    II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40, 41 e 589 cod.pen. e all’alt. 5 D.lvo 494/96. Assenza del giudizio controfattuale. La Corte territoriale ha ancorato il giudizio di responsabilità ad una serie di omissioni e non ha individuato alcun nesso di condizionamento tra le condotte omissive e l’evento morte; non ha proceduto a formulare il giudizio controfattuale valutando se qualora l’imputato avesse tenuto l’insieme delle condotte ritenute omesse l’evento si sarebbe verificato ugualmente tenuto conto che al momento del fatto la parte della recinzione mobile del cantiere era stata aperta dal Z.A. e non era stata ricollocata quindi a causa di tale condotta il passaggio pedonale era aperto e percorribile. Se la recinzione mobile fosse stata ricollocata correttamente dallo Z.A. il pedone non avrebbe potuto transitare. Nessuna condotta colposa è ascrivibile all’imputato che non poteva certo vigilare sulla ricollocazione della parte di recinzione mobile che fungeva da cancello in quanto il coordinatore dell’esecuzione non ha il dovere di garantire una presenza continuativa nel cantiere né può rispondere di condotte colpose altrui ha un ruolo di vigilanza che attiene alla generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza demandata a figure operative quali il datore di lavoro il dirigente il preposto.

    Ili) Violazione di legge in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 1 e 2 cod.pen.. Nella vicenda in esame l’infortunio avveniva fuori del cantiere di lavoro e l’evento morte non è ricollegabile alla inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul posto di lavoro. Il reato deve pertanto ritenersi prescritto.

     

Diritto

1.I ricorsi sono infondati, al limite della inammissibilità.
1.1.Va altresì evidenziato che il primo giudice aveva già compiutamente affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa, seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell’esame della posizione del ricorrente; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell’iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell’appellante: è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (“ex plurimis”, Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. – dep. 23/04/1994 – Rv. 197497).
Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l’infortunio oggetto del processo. La Corte distrettuale, infatti, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell’infortunio, posizioni di garanzia, nesso di causalità tra la condotta contestata e l’evento, comportamento della parte lesa) ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità degli odierni ricorrenti; ha puntualmente ragguagliato il giudizio di fondatezza dell’accusa al compendio probatorio acquisito, a fronte del quale non possono trovare spazio le deduzioni difensive, per lo più finalizzate a sollecitare una lettura del materiale probatorio diversa e volte ad accreditare un’ alternativa generica ricostruzione dei fatti, mediante prospettazioni che risultano formulate in difetto di correlazione con i contenuti della decisione impugnata e si risolvono in mere critiche discorsive a quest’ultima.
2. In particolare, quanto alla posizione di B.G., i motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati per le seguenti ragioni.
Va premesso che la sua responsabilità è stata ritenuta sulla base della qualità di “Responsabile del procedimento amministrativo” e responsabile dei lavori, figura che nei lavori pubblici rappresenta il committente. Sul responsabile dei lavori incombe, ai sensi del D.P.R. n. 494 del 1996, art. 6, l’obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in attuazione dei relativi piani (art. 4 e art. 5, comma 1, lett. a) D.P.R. cit.). Deve ricordarsi che ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2, (Regolamento di attuazione della Legge Quadro dei Lavori Pubblici), il Responsabile del procedimento” provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e la salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Inoltre, ai sensi dell’art. 8, lett. f) deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, ai sensi dell’art. 8, comma 3, vigila sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l’eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del procedimento) grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durate il loro svolgimento, ove è previsto che debba svolgere un’attività di sorveglianza del loro rispetto ( Cfr. Sez. 4 n. 7597 dell’ 8.11.2013 rv. 259123-01; Sez. 4 n.41993 del 14.06.2011 rv. 251925-01; Sez. 4 n. 23090 del 14.03.2008 rv. 240377).
Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dai Giudici di merito, fol 32 e 33, il B.G. è venuto meno all’adempimento degli oneri gravanti a suo carico. Infatti, come accertato dall’Istruttoria dibattimentale, i piani di sicurezza erano carenti in ordine alla predisposizione e alla realizzazione del cantiere e alla sua adeguatezza in corso d’opera non essendo previsto alcuno strumento interdittivo del passaggio di pedoni durante il corso dei lavori nell’immediate adiacenze della recinzione metallica mobile, solo poggiata al suolo. In ogni caso era onere del RUP, in adempimento degli obblighi sopra richiamati, controllare la adeguatezza dei piani di sicurezza alla salvaguardia dell’incolumità dei lavoratori e dei terzi che si trovino in prossimità dell’area di lavorazione nel corso dei lavori; tanto più, come osservato dalla Corte territoriale (fol 31), che la forte pendenza della strada, la vicinanza degli edifici, uno dei quali abitato, con accesso lungo il cantiere, costituivano uno specifico e prevedibile fattore di rischio e di pericolo strettamente connesso allo svolgimento dell’attività lavorativa, soprattutto in caso di utilizzo di macchine operatrici da effettuarsi nei pressi e in alcun modo valutato nei Pos. Per quanto detto, va ribadito che la radicata posizione di garanzia in capo al B.G., rende rilevante causalmente la sua negligente condotta omissiva, non avendo l’imputato controllato l’adeguatezza e specificità dei piani di sicurezza rispetto alle loro finalità; nonché non avendo vigilato sulla loro corretta attuazione.
Nè il lamentato comportamento negligente dell’altro titolare di posizione di garanzia, lo Z.A., il titolare della ditta cui era stato conferito l’appalto dei lavori, direttore di cantiere ed esecutore delle opere, che ha utilizzato un mezzo inadeguato e ha tenuto una condotta di guida errata, così come accertato con sentenza irrevocabile, può escludere la rilevanza causale della condotta omissiva dell’imputato, atteso che lo specifico profilo di rischio connesso all’area circostante il cantiere e alla interdizione o comunque regolamentazione del passaggio pedonale concerneva aspetti organizzativi e strutturali del cantiere.
Pertanto ne consegue che tale condotta non è stata da sola idonea a produrre l’evento in quanto le negligenze del titolare concorrente di posizione di garanzia sono fatti prevedibili a cui si deve porre riparo predisponendo appunto presidi di sicurezza che prescindono dalla condotta della persona da salvaguardare. Invero, nei contesti lavorativi più complessi, si è frequentemente in presenza di differenziate figure di soggetti investiti di ruoli gestionali autonomi a diversi livelli; e ciò anche con riguardo alle diverse manifestazioni del rischio. Le Sezioni unite (Sez. U. 24 aprile 2014, Espenhahn, cit.), hanno sottolineato, infatti, che la diversità dei rischi interrompe, separa le sfere di responsabilità; hanno affermato un comportamento è “interruttivo” della sequenza causale non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al “rischio” che il garante è chiamato a governare. Tale eccentricità rende magari in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento ma ciò è una conseguenza accidentale e non costituisce la reale ragione dell’esclusione dell’imputazione oggettiva dell’evento. Le Sezioni Unite hanno quindi precisato che l’effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare (sul punto cfr. Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, dep. 28/07/2015, rv. 264365; Sez. 4 n. 123 del 11/12/2018 Ud. (dep. 03/01/2019 ) rv. 274829 – 01).
Nel caso di specie si è accertato che il B.G. ha mancato nelle sue funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza del cantiere, allestito in violazione delle prescrizioni del piano di sicurezza ( che prevedeva la corretta distanza della recinzione 50 cm, proprio al fine di evitare il passaggio dei pedoni, la chiusura del cantiere con cancello sia a monte che a valle dell’intera zona in modo da impedire l’accesso oltre l’apposizione di specifiche segnalazioni), con l’apprestamento di un passaggio pedonale la cui estrema pericolosità era palese, in assenza di strumenti atti a garantirne la chiusura, almeno durante l’esecuzione dei lavori.
3. Quanto ai ricorsi presentati da DL.A. e C.M., possono essere svolte alcune considerazioni comuni ad entrambi, in quanto titolari di una specifica posizione di garanzia, quali coordinatori per l’esecuzione dei lavori, rispettivamente per gli edifici A e C il DL.A. e per l’edificio B il C.M. ( cfr. sul punto è rilevante la documentazione prodotta dalla difesa e richiamata nella sentenza di primo grado a fol 11 e relativa alle comunicazioni effettuate da B.G. ai sensi dell’art. 11 D.Lgs 494/96). Entrambi hanno omesso di vigilare sulla corretta osservanza da parte della impresa aggiudicataria delle disposizioni contenute nel piano sicurezza e di coordinamento, essendo palese la violazione da parte dell’impresa esecutrice, nell’ambito dell’unico cantiere, della violazione delle prescrizioni attinenti alla recinzione, al passaggio pedonale, alla presenza di cancelli sia a monte che a valle dell’intera zona interessata dai lavori, in modo da impedire l’accesso ai non addetti ai lavori, con apposite segnalazioni di divieto di passaggio ai pedoni ( fol 13 sentenza primo grado) e stante la estrema pericolosità dell’accesso apprestato per l’abitazione di N.T. (fol 16 sentenza impugnata).
Invero, secondo quanto si evince dalla lettura della sentenza impugnata, il giudizio di responsabilità dell’imputato DL.A. così come del C.M. è stato formulato ponendo in evidenza sia l’inidoneità del piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dall’impresa, sia la mancata applicazione di talune disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento; in particolare di dispositivi di sicurezza in relazione alla recinzione del cantiere e alla pericolosità recinzione mobile e il perimetro dell’edificio. Si deve ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all’entrata in vigore del D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) – nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili – a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall’altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell’art.5 d. Lgs. 14 agosto 1996, n.494, attualmente trasfuso nell’art.92 D. lgs. n. 81 del 2008, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione e’ tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Appare, dunque, chiaro che il coordinatore per l’esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 Ud. (dep. 05/10/2017) Rv. 271026 – 01 Sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015, Cominotti, Rv. 26196001; Sez.4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv. 25510201; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 24753601; Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non massimata sul punto). 
La sentenza impugnata correttamente non ha escluso la posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione, ritenendo che ricadesse nella sua sfera di controllo la verifica della congruità delle misure antinfortunistiche previste nel POS dal datore di lavoro in relazione al piano di sicurezza e coordinamento già predisposto.
In particolare -si è condivisibilmente sottolineato (Sez. 4, n.37597 del 5/06/2015, Giambertone, non mass.) -che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni. Ancorché non possa ascriversi a tale figura professionale l’obbligo di eseguire un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative (Sez.4, n.3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Belletti, Rv. 26904601; Sez.4, n.18149 del 21/04/2010, Celli, Rv. 24753601), la pronuncia ha correttamente delineato il compito, normativamente previsto, al cui assolvimento i ricorrenti risultano esseri stati non ottemperanti, ossia quello di verificare che nel cantiere non vi fossero carenze organizzative immediatamente percepibili, che le procedure di lavoro fossero coerenti con il piano di sicurezza e coordinamento e che i rischi elencati in quest’ultimo documento fossero stati adeguatamente valutati dal datore di lavoro. La Corte territoriale ha, quindi, con motivazione esente da vizi indicato un valido presupposto argomentativo per escludere che l’attività svolta dal titolare dell’impresa nella conduzione del mezzo utilizzato per il trasporto di materiale al momento dell’infortunio non costituisse estemporaneo ed imprevedibile sviluppo delle lavorazioni non riconducibile all’area di rischio sottoposta all’alta vigilanza del coordinatore per l’esecuzione.
4. Quanto alle specifiche doglianze dedotte da DL.A. circa la mancata conoscenza in concreto dei PSC e dei POS dell’impresa aggiudicataria e/o sub appaltatrice va ribadito che sul punto i Giudici del merito hanno accertato, e tale ricostruzione in fatto non può essere certo messa in discussione in questa sede, che l’incarico al DL.A. risulta ufficialmente deliberato e comunicato a vari organismi pubblici oltre che riportato nel cartello di cantiere e dunque comunque risalente almeno a tale fase di inizio di lavori ( fol 38), mentre l’affermazione dedotta nei motivi di impugnazione di non essere stato messo in condizioni di conoscere il PSC e i Pos dell’impresa aggiudicataria o subappaltatrice è priva di qualsiasi riscontro oggettivo nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale. Lo stesso DL.A. sia nei motivi di appello che nei ricorso afferma genericamente che “tale circostanza seppure non oggetto di prova in dibattimento la si desume in negativo non esistendo alcuna fonte dichiarativa di tate evenienza”. La Corte territoriale argomenta logicamente sul punto che è lo stesso appellante a rilevare che non poteva avvenire la consegna dei lavori in assenza di tale preliminare attività del coordinatore, mentre per quanto concerne l’asserzione di non essere stato posto in grado di conoscere PSC e Pos emerge che il sub appalto risaliva al febbraio 2006 e che in ogni caso l’indicata documentazione era stata approntata per l’edificio A di cui il DL.A. risultava ab origine coordinatore e i lavori erano iniziati e in corso ( fol 38).
5. Quanto al ricorso di C.M. è privo di fondamento il motivo con il quale è stata dedotta l’asserita violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza. Ed invero, in primo luogo va osservato che su tutti i profili di colpa oggetto della valutazione dei giudici del merito la difesa ha avuto completa ed assoluta possibilità di interloquire, come è agevole rilevare da tutte le questioni di volta in volta sollevate nei giudizi di merito in ordine al ruolo ed alla condotta del C.M.: di tal che il diritto di difesa, alla cui tutela è finalizzato il principio di correlazione in argomento, non è risultato in alcun modo compromesso. A ciò aggiungasi che all’imputato, con il capo di imputazione, è stato contestato il profilo di colpa specifica attinente alla posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione dei lavori ai sensi dell’art. 5 D.L.vo 494/96 e che, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo quindi consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e quindi non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez.4, 16settembre 2008;Sez. 4 n.51516 del 21/06/2013 Rv.25790201 ;Sez.4, n.35943 del 07/03/2014 Rv. 260161-01; Sez. 4, n. 27389 del 08/03/2018 Rv. 273588 – 01).
5.2 Il secondo motivo è infondato. Non tiene conto del fatto che, secondo la ricostruzione di fatto operata dai Giudici di merito e i profili di colpa contestati e attribuiti all’imputato, non assume specifico rilievo la circostanza dedotta dalla difesa relativa al mancato ricollocamento della recinzione mobile, che fungeva all’ingresso del cantiere da cancello, da parte dello Z. allorché quest’ultimo ha messo in opera il mezzo utilizzato per il trasporto materiale nel cantiere, stante la predisposizione del cantiere medesimo e l’inizio dei lavori senza alcuna segnalazione in ordine al profilo di rischio, sia valutato inizialmente che in corso d’opera, relativo al passaggio pedonale consentito lungo gli edifici in ristrutturazione, senza tenere conto delle puntuali indicazioni inerenti la distanza della recinzione previste l’altro nel progetto esecutivo del secondo edificio, il B, senza evitare il transito di pedoni lungo la recinzione, quanto meno durante l’esecuzione dei lavori. I Giudici di merito avevano evidenziato il venir meno dell’obbligo di rilevazione che incombeva al C.M. stante anche la conformazione dei luoghi e la stretta interferenza tra le attività esecutive dell’opera medesima (fol 28 e 29). La Corte territoriale ha, quindi, svolto e argomentato il giudizio relativo alla esigibilità e prevedibilità in concreto proprio in considerazione della forte pendenza della strada e della vicinanza degli edifici, uno dei quali abitato, con accesso lungo il cantiere, circostanze che costituivano uno specifico e prevedibile fattore di pericolo, strettamente connesso all’attività lavorativa, soprattutto in caso di utilizzo di macchine operatrici, che in 
alcun modo era stato valutato nel Pos e rilevato dal coordinatore per l’esecuzione nell’ambito del suoi compiti ( fol 31).
Ha sviluppato, inoltre, anche il giudizio controfattuale motivando che, se tale concreto rischio fosse stato adeguatamente previsto, attraverso una idonea preclusione del passaggio di terzi lungo l’area di cantiere in maniera stabile o quanto meno durante le movimentazioni di mezzi, avrebbe certamente inciso sul verificarsi dell’evento, giacché le accertate carenze del veicolo e il suo slittamento nel corso dell’attività lavorativa non avrebbero messo in pericolo la vita di terzi ( fol 30).
5.3 Il terzo motivo, comune anche alla posizione del ricorrente a B.G., è parimenti infondato. Invero, alla luce anche dei principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261105), deve affermarsi che appartiene alla competenza del gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio in questione, come nel caso di volontaria esposizione al pericolo (similmente si è già sostenuto, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, che il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all’organizzazione dei lavori, sicché dell’infortunio che sia occorso all’ “extraneus” risponde il garante della sicurezza, sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo: Sez. 4, n. 38200 del 12/05/2016 Ud. (dep. 14/09/2016 ) Rv. 267606 – 01 Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014 – dep. 15/10/2014, Rv. 260947). E’ pertanto certamente infondato l’assunto dei ricorrenti che l’infortunio si sarebbe verificato fuori del cantiere; la ricostruzione dibattimentale ha accertato in fatti che non è stato previsto e predisposto in concreto alcuno strumento interdittivo del passaggio, in quanto l’apposizione del segnale di divieto di transito per i pedoni è stato installato tra l’altro dopo l’infortunio ( fol 33): di fatto per le carenze organizzative e di sicurezza, già più volte illustrate nei paragrafi che precedono, era stato consentito l’accesso a quella intercapedine esistente tra la rete mobile e la parete dell’edificio su cui affacciava l’ingresso della N.G., che invece doveva essere preventivamente valutato come fattore specifico di rischio tanto che anche nel progetto esecutivo dell’edificio B oltre che nel PSC la distanza della recinzione dai muri di perimetro era stata prevista di 50 cm e comunque tale da impedire il passaggio di pedoni.
6. Al rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 14.01.2020

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