CASSAZIONE DIVORZIO AVVOCATO ESPERTO DIVORZISTA BOLOGNA
In tema di assegno divorzile, qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa. A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, dell’eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, nonché dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.
FAMIGLIA – Matrimonio – Scioglimento – Divorzio – Obblighi – Verso l’altro coniuge – Assegno – In genere – Famiglia – Assegno divorzile – Art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970 – Parametri pari ordinati – Attribuzioni e introiti ricevuti durante la vita coniugale – Rilevanza
L’assegno divorzile, che va attribuito e quantificato facendo applicazione in posizione pari ordinata dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, della l. n. 898 del 1970, senza riferimenti al tenore di vita goduto durante il matrimonio, deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita – assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione dell’intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto anche delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza perequativa. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO L’AQUILA, 08/11/2016) FAMIGLIA – Matrimonio – Scioglimento – Divorzio – Obblighi – Verso l’altro coniuge – Assegno – In genere – Famiglia – Assegno divorzile – Art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970 – Parametri pari ordinati – Attribuzioni e introiti ricevuti durante la vita coniugale – Rilevanza
L’assegno divorzile, che va attribuito e quantificato facendo applicazione in posizione pari ordinata dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, della l. n. 898 del 1970, senza riferimenti al tenore di vita goduto durante il matrimonio, deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita – assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione dell’intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto anche delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza perequativa. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO L’AQUILA, 08/11/2016)
CASSAZIONE DIVORZIO AVVOCATO ESPERTO DIVORZISTA BOLOGNA
CASSAZIONE DIVORZIO AVVOCATO ESPERTO DIVORZISTA BOLOGNA
Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 09/12/2020, n. 28102
In tema di assegno divorzile, in caso di azione esecutiva per il pagamento dell’assegno, ai sensi dell’art. 8 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, nel giudizio di opposizione avverso l’atto di precetto con l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dalla sentenza di divorzio, non può essere dedotta dall’intimato – in assenza di revisione, ai sensi del citato art. 9 della legge n. 898 del 1970, delle disposizioni concernenti la misura dell’assegno di divorzio da corrispondere all'”ex” coniuge – la sopravvenienza del fatto nuovo, suscettibile di determinare la modifica dell’originaria statuizione del regime patrimoniale. (Nel caso in esame, il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna che aveva rigettato l’opposizione alla intimazione di pagamento alla competente sede INPS, quale terzo tenuto al versamento, per la somma pari all’assegno determinato in sentenza di divorzio. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha evidenziato che la revisione dell’assegno di divorzio non può essere oggetto di cognizione da parte del giudice dell’opposizione al precetto, né questi può valutare la possibilità di rimettere la causa al giudice competente ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970, in quanto tema estraneo al giudizio di opposizione).
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Il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. In particolare, si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi
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ASSEGNO DIVORZILE QUESTO DILEMMA
Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11/07/2018 n° 18287
“Ai sensi della l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74/1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.
“Si assume come punto di partenza il profilo assistenziale, valorizzando l’elemento testuale dell’adeguatezza dei mezzi e della capacità (incapacità) di procurarseli, questo criterio deve essere calato nel “contesto sociale” del richiedente, un contesto composito formato da condizioni strettamente individuali e da situazioni che sono conseguenza della relazione coniugale, specie se di lunga durata e specie se caratterizzata da uno squilibrio nella realizzazione personale e professionale fuori del nucleo familiare. Lo scioglimento del vincolo incide sullo status, ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare. Il profilo assistenziale deve, pertanto, essere contestualizzato con riferimento alla situazione effettiva nella quale si inserisce la fase di vita post matrimoniale, in chiave perequativa-compensativa” (pag. 35 S. U. sentenza n. 18287 del 11/07/2918).
Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 29/09/2021, n. 26389
Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6 della L. 1° dicembre 1970, n. 898, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione, sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 05/05/2021, n. 11787 (rv. 661488-01)
FAMIGLIA – Matrimonio – Scioglimento – Divorzio – Obblighi – Verso l’altro coniuge – Assegno – In genere – Assegno divorzile in favore dell’ex coniuge – Revoca o revisione – Presupposti – Modifica della situazione patrimoniale/reddituale – Verifica in concreto – Immobile assegnato in sede di divisione della comunione legale – Rinuncia gratuita a quota ereditaria – Possibile rilevanza
L’assegnazione in proprietà esclusiva di un immobile, conseguita dall’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile in sede di scioglimento della comunione legale dei beni, o la sua rinuncia gratuita a diritti ereditari, sono accadimenti potenzialmente idonei, con riferimento alla fattispecie concreta, a modificare i termini della situazione di fatto e quindi ad alterare l’equilibrio economico esistente tra gli ex coniugi come accertato al momento della pronuncia di divorzio, e pertanto a giustificare l’introduzione del giudizio di revisione dell’assegno. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO VENEZIA, 23/10/2018)
Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 24/02/2021, n. 5055 (rv. 660756-01)
FAMIGLIA – Matrimonio – Scioglimento – Divorzio – Obblighi – Verso l’altro coniuge – In genere – Assegno divorzile – Attribuzione successiva al giudizio divorzile – Applicazione dei parametri di cui all’art. 5 l. n. 898 del 1970 – Funzione assistenziale – Sopravvenuto incolpevole peggioramento delle condizioni economiche – Fattispecie
L’assegno divorzile ove richiesto per la prima volta nel giudizio di revisione, ai sensi dell’art. 9 della l. n. 898 del 1970, deve essere attribuito e quantificato applicando i parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, della stessa legge, da valutare secondo il composito criterio, assistenziale, compensativo e perequativo, con eventuale prevalenza di una delle tre componenti rispetto alle altre. In particolare, la funzione assistenziale può assumere rilevanza preponderante a condizione che il sopravvenuto ed incolpevole peggioramento della situazione economica di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l’ex coniuge con maggiori disponibilità economiche abbia in passato goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi. (Nella specie La S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva riconosciuto all’ex coniuge un assegno divorzile, richiesto per la prima volta quindici anni dopo la pronuncia del divorzio, allegando il grave peggioramento delle sue condizioni economiche). (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO BARI, 31/08/2016)
L’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge ha natura assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, discendente direttamente dal principio costituzionale di solidarietà, che conduce al riconoscimento di un contributo volto non a conseguire l’autosufficienza economica del richiedente sulla base di un parametro astratto, bensì un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate, fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Non è possibile escludere l’assegno divorzile sulla presunta autosufficienza della ex coniuge, tenendo in considerazione le relative entrate “in nero”, derivanti dall’attività di colf, così omettendo la valutazione compensativo-perequativa. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto in quanto la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. (Nel caso di specie, il giudice territoriale, in linea con la statuizione di prime cure, ha pronunciato in ordine all’istanza di corresponsione dell’assegno divorzile, avendo limitato l’indagine all’autosufficienza economica della donna, senza quindi allargare il giudizio alla funzione compensativo-perequativa assolta nell’indicata posta, e nell’ambito della più recente ermeneutica che dell’articolo 5 della legge n. 898 ha offerto la giurisprudenza di legittimità).
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