RESPONSABILITA’ – AVVOCATO ESPERTO ARCHITETTI RESPONSABILITA’ DIRITTI
La distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato è ininfluente ai fini della valutazione della responsabilità di chi riceve il compito di redigere un progetto di ingegneria o architettura. Infatti, il mancato conseguimento dello scopo pratico avuto di mira dal cliente è comunque addebitabile al professionista, se è conseguenza di suoi errori commessi nella formazione dell’elaborato, che ne rendano le previsioni inidonee a essere attuate, con la conseguenza che il professionista perde il diritto al compenso
Cassazione civile, sentenza 3 settembre 2008, n. 22129
AVVOCATO SERGIO ARMAROLI ESPERTO CIVILE PENALE DISCIPLINARE ARCHITETTI INGEGNERI
AVVOCATO SERGIO ARMAROLI ESPERTO CIVILE PENALE DISCIPLINARE ARCHITETTI INGEGNERI
AVVOCATO SERGIO ARMAROLI ESPERTO CIVILE PENALE DISCIPLINARE ARCHITETTI INGEGNERI
051 6447838
Svolgimento del processo
La s.r.l. M. Immobiliare propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Presidente del Tribunale di Cagliari il 26 febbraio 1996, avente per oggetto il pagamento all’architetto C. N. P. della somma di lire 343.887.701, con interessi e accessori, come compenso di prestazioni professionali consistite nella progettazione di un compendio immobiliare. Dedusse che l’elaborato aveva previsto soluzioni impossibili da realizzare, sicché chiese la revoca del provvedimento monitorio e la condanna dell’altra parte alla restituzione dell’acconto di lire 20.400.000 corrispostole, nonché al risarcimento dei danni. La convenuta si costituì a sua volta in giudizio, contestando la fondatezza degli assunti dell’attrice.
All’esito dell’istruzione della causa, con sentenza del 22 ottobre 2000 il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo, condannò C. N. P. a restituire lire 20.000.000, oltre agli interessi, alla s.r.l. M. Immobiliare, respinse la domanda di risarcimento di danni.
Impugnata da C. N. P., la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Cagliari, che con sentenza del 21 gennaio 2003 ha rigettato il gravarne.
C. N. P. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi. La s.r.l. M. Immobiliare si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso C. N. P. lamenta che la sentenza impugnata si basa sull’erronea qualificazione come “di risultato”, anziché “di mezzi”, delle obbligazioni che da lei erano state assunte con il contratto di prestazione d’opera intellettuale intercorso con la s.r.l. M. Immobiliare.
La censura va disattesa.
Con Cass. s.u. 28 luglio 2005 n. 15781 è stato chiarito che la distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato” è ininfluente ai fini della valutazione della responsabilità di chi riceve il compito di redigere un progetto di ingegneria o architettura: il mancato conseguimento dello scopo pratico avuto di mira dal cliente è comunque addebitabile al professionista, se è conseguenza di suoi errori commessi nella formazione dell’elaborato, che ne rendano le previsioni inidonee ad essere attuate. Il che appunto la Corte d’appello ha ritenuto essersi verificato nel caso in esame, in cui i vari progetti compilati da C. N. P. si erano rivelati tutti irrealizzabili – e non avevano infatti ottenuto la piena approvazione da parte del Comune – in quanto contrastavano con prescrizioni urbanistiche o presupponevano il consenso, invece mancato, del proprietario di un preesistente edificio alla sua demolizione. Tanto essendosi accertato in fatto, le conseguenze che con la sentenza impugnata se ne sono tratte in diritto risultano senz’altro corrette, alla luce dei principi enunciati nella sentenza suddetta.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole del mancato rilievo, da parte della Corte d’appello, della decadenza della s.r.l. M. Immobiliare dalla garanzia per i pretesi vizi del progetto, non denunciati né nel termine di legge di 8 giorni dalla scoperta, né in quello convenzionale di 15 giorni dalla consegna dell’elaborato.
Neppure questa censura può essere accolta.
Relativamente al primo dei termini suddetti, va osservato che l’appellante, nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, non aveva sollevato la relativa eccezione. Questa comunque non sarebbe stata meritevole di accoglimento, poiché con la sentenza sopra citata si è escluso che l’art. 2226 c.c. sia applicabile ai contratti di prestazione d’opera intellettuale.
Quanto all’altro termine, il giudice a quo ha ritenuto che la previsione contrattuale relativa alla presunzione di approvazione del progetto da parte della committente, in difetto di contestazioni entro 15 giorni dalla consegna, poteva “solo significare condivisione dell’operato del professionista sul presupposto della realizzabilità del progetto stesso”. Né la ricorrente ha formulato rilievi di sorta, in ordine a questa interpretazione della clausola.
Con il terzo motivo di ricorso C. N. P. deduce che il compenso per l’attività da lei svolta, a norma dell’art. 2237 c.c., le era comunque dovuto, in seguito al recesso della s.r.l. M. Immobiliare.
La tesi è infondata.
La disposizione invocata dalla ricorrente riguarda l’ipotesi che l’opera prestata sia esente da vizi, poiché nel caso contrario il committente può opporre al professionista l’eccezione di inadempimento e ottenere altresì la restituzione di quanto già corrisposto (v., tra le più recenti, Cass. 2 febbraio 2007 n. 2257).
Con il quarto motivo di ricorso C. N. P. sostiene che le competeva, oltre all’onorario, anche la maggiorazione per l’anticipata revoca dell’incarico e gli interessi commisurati al tasso ufficiale di sconto, come stabilito dalla tariffa professionale.
L’assunto è inconferente, poiché estraneo al decisum della sentenza impugnata, con la quale si è escluso l’an del diritto vantato dall’appellante, sicché non dovevano né potevano essere affrontate questioni attinenti al quantum.
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalla resistente, che si liquidano in 100,00 euro, oltre a 5.000,00 euro per onorari, con gli accessori di legge.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 100,00 euro, oltre a 5.000,00 euro per onorari, con gli accessori di legge.
Sebbene il progetto architettonico sino a quando non sia materialmente realizzato, costituisca una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell’opera, è anche vero che, sul piano tecnico e giuridico, il progettista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva e corretta soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera richiesta dal committente (Cfr. Cass. n. 2257/2007; n. 11728/2002; n. 22487/2004).
La predisposizione di un progetto e l’esecuzione di lavori che hanno portato a realizzare un immobile di altezza eccedente i 13,50 mt permessi dal PRG, infatti, non può ritenersi scusabile alla luce della complessa disciplina normativa che regola il settore in esame. All’art. 2236 c.c., non va assegnata rilevanza alcuna ai fini della ripartizione dell’onere probatorio, giacchè incombe in ogni caso al professionista dare la prova della particolare difficoltà della prestazione, laddove la norma in questione implica solamente una valutazione della colpa del professionista, in relazione alle circostanze del caso concreto (Cass., n. 8826/07).
mTribunale Vicenza, Sentenza, 12/03/2021, n. 566
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione – anche parziale – di strutture in cemento armato, mentre, in via d’eccezione, si estende anche a queste strutture, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato. Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Cass. civ., Sez. Unite, 22/05/1996, n. 4712 (rv. 497727)
La domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata, una domanda nuova – come tale inammissibile a norma dell’art. 184 c.p.c. in difetto di accettazione del contraddittorio – in quanto dette domande non sono intercambiabili e non costituiscono articolazioni di un’unica matrice, riguardando entrambe diritti cosiddetti “etero determinati” (per la individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi, che divergono sensibilmente tra loro ed identificano due distinte entità), e l’attore, sostituendo la prima alla seconda, non solo chiede un bene giuridico diverso (indennizzo, anzichè il corrispettivo pattuito), così mutando l’originario petitum, ma, soprattutto, introduce nel processo gli elementi costitutivi della nuova situazione giuridica (proprio impoverimento ed altrui lucupletazione e, in caso di domanda di arricchimento proposta contro la P.A., anche il riconoscimento della utilitas della prestazione), che erano privi di rilievo, invece, nel rapporto contrattuale.
In materia di responsabilità dell’architetto, circa la progettazione e l’acquisizione delle autorizzazioni amministrative necessarie per la realizzazione concreta dell’opera progettata, pur costituendo il progetto, sino a quando non sia materialmente realizzato, una fase preparatoria, strumentalmente preordinata all’attuazione dell’opera, il professionista deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica, anche individuando la corretta procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera.
Sussiste, quindi, la responsabilità del progettista per l’attività professionale nella fase antecedente all’esecuzione delle opere, in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato (nella specie, l’architetto richiese l’autorizzazione per la manutenzione straordinaria di un edificio, anziché quella per la ristrutturazione), non potendo costituire tale scelta di per sé indice di un accordo illecito fra le parti per porre in essere un abuso edilizio, e spettando essa al medesimo professionista (qualificato da una specifica competenza tecnica), senza che rilevi, ai fini dell’applicabilità dell’esimente ex art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto.
Cassazione civile sez. II, 21/05/2012, n.8014
Obbligo di assicurare la regolarità urbanistica del progetto
Sebbene il progetto architettonico sino a quando non sia materialmente realizzato, costituisca una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell’opera, è anche vero che, sul piano tecnico e giuridico, il progettista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva e corretta soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera richiesta dal committente (Cfr. Cass. n. 2257/2007; n. 11728/2002; n. 22487/2004).
La predisposizione di un progetto e l’esecuzione di lavori che hanno portato a realizzare un immobile di altezza eccedente i 13,50 mt permessi dal PRG, infatti, non può ritenersi scusabile alla luce della complessa disciplina normativa che regola il settore in esame. All’art. 2236 c.c., non va assegnata rilevanza alcuna ai fini della ripartizione dell’onere probatorio, giacchè incombe in ogni caso al professionista dare la prova della particolare difficoltà della prestazione, laddove la norma in questione implica solamente una valutazione della colpa del professionista, in relazione alle circostanze del caso concreto (Cass., n. 8826/07).
Da ciò discende che ogni caso di “insuccesso” incombe al professionista dare la prova della particolare difficoltà della prestazione (Cass., Sez. Un., n. 577/08). A tali considerazioni deve poi aggiungersi che la limitazione di responsabilità professionale ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 c.c., attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza. Infatti, anche nei casi di speciale difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza o imprudenza, dei quali il professionista risponde in ogni caso (Cass., n. 4797/07). (F.R.)
Tribunale Milano, Sezione 1, Civile, Sentenza, 19/09/2016, n. 7149
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