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CATTOLICA RICCIONE RIMINI RESPONSABILITA’ MEDICA

RESPONSABILITA’ MEDICA UNA SENTENZA TRIBUNALE DI RIMINI

RESPONSABILITÀ MEDICA COSA VUOL DIRE<’ QUANDO’ COME ? PERCHE’?

 

  1. La Legge n. 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli – Bianco) in vigore dal giorno 1 aprile 2017,

mportanti novità sono previste in tema di responsabilità civile della struttura sanitaria e dell’esercente la professione:

  • viene da un lato sancita la natura contrattuale della responsabilità della struttura (pubblica o privata): la struttura che nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria (anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa) risponderà infatti delle loro condotte dolose o colpose ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c.
    Questa regola vale anche per le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria o nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica o in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale o attraverso la telemedicina.
  • Per contro, la responsabilità del sanitario viene attratta nell’orbita dell’illecito aquiliano: il sanitario infatti risponderà del proprio operato in base all’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

 

  1. La legge introduce diverse novità, ora spiegheremo quali sono i principali articoli della Legge Gelli:
  2. la prima variante è contenuta nell’articolo 4 che stabilisce l’obbligo per la struttura sanitaria o per il professionista a cui ci si è rivolti di consegnare entro 30 giorni dalla richiesta copia dei documenti sanitari. Inoltre in caso di decesso i familiari devono concordare con il direttore sanitario i tempi per l’esecuzione degli esami autoptici in modo che questi possano nominare un proprio medico legale.

 

LEGGE 8 marzo 2017, n. 24

Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche’ in materia di responsabilita’ professionale degli esercenti le professioni sanitarie. (17G00041)


(GU n. 64 del 17-3-2017)

Vigente al: 1-4-2017

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

 

Promulga 

 

la seguente legge: 


Art. 1
Sicurezza delle cure in sanita’


1. La sicurezza delle cure e’ parte costitutiva del diritto alla salute ed e’ perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettivita’.

2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attivita’ finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

3. Alle attivita’ di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e’ tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

Art. 2
Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente.


1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono affidare all’ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e il supporto tecnico.

2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto alla salute, puo’ essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso con i poteri e le modalita’ stabiliti dalla legislazione regionale.

4. In ogni regione e’ istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita’, di cui all’articolo 3.

5. All’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e’ aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«d-bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all’interno della struttura, sulle cause che hanno prodotto l’evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione e’ pubblicata nel sito internet della struttura sanitaria».

Art. 3
Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita’


1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e’ istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita’, di seguito denominato «Osservatorio».

2. L’Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonche’ alle cause, all’entita’, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso e, anche mediante la predisposizione, con l’ausilio delle societa’ scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all’articolo 5, di linee di indirizzo, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonche’ per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.

3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull’attivita’ svolta dall’Osservatorio.

4. L’Osservatorio, nell’esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanita’ (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.

Art. 4
Trasparenza dei dati


1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private sono soggette all’obbligo di trasparenza, nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto, in conformita’ alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e private adeguano i regolamenti interni adottati in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.

3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio, verificati nell’ambito dell’esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui all’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.

4. All’articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:

«2-bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono concordare con il direttore sanitario o sociosanitario l’esecuzione del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro fiducia».

Art. 5
Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida

1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalita’ preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificita’ del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche’ dalle societa’ scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.

2. Nel regolamentare l’iscrizione in apposito elenco delle societa’ scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:

a) i requisiti minimi di rappresentativita’ sul territorio nazionale;

b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle decisioni, all’autonomia e all’indipendenza, all’assenza di scopo di lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e all’individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualita’ della produzione tecnico-scientifica;

c) le procedure di iscrizione all’elenco nonche’ le verifiche sul mantenimento dei requisiti e le modalita’ di sospensione o cancellazione dallo stesso.

3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), il quale e’ disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la procedura di cui all’articolo 1, comma 28, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’Istituto superiore di sanita’ pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformita’ della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonche’ della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni.

4. Le attivita’ di cui al comma 3 sono svolte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali gia’ disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 6
Responsabilita’ penale dell’esercente la professione sanitaria

1. Dopo l’articolo 590-quinquies del codice penale e’ inserito il seguente:

«Art. 590-sexies (Responsabilita’ colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilita’ e’ esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificita’ del caso concreto».

2. All’articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il comma 1 e’ abrogato.

Art. 7
Responsabilita’ civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria


1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorche’ non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attivita’ di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche’ attraverso la telemedicina.

3. L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge.

4. Il danno conseguente all’attivita’ della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria e’ risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attivita’ di cui al presente articolo.

5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile.

Art. 8
Tentativo obbligatorio di conciliazione


1. Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilita’ sanitaria e’ tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilita’ della domanda di risarcimento. E’ fatta salva la possibilita’ di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece applicazione l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilita’ deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non e’ stato espletato ovvero che e’ iniziato ma non si e’ concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a se’ dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.

3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, e’ depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.

4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell’articolo 15 della presente legge, e’ obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, che hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l’impresa di assicurazione non ha formulato l’offerta di risarcimento nell’ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia della sentenza all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che e’ comparsa alla conciliazione.

Art. 9
Azione di rivalsa o di responsabilita’ amministrativa


1. L’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria puo’ essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

2. Se l’esercente la professione sanitaria non e’ stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l’azione di rivalsa nei suoi confronti puo’ essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed e’ esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall’avvenuto pagamento.

3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l’impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l’esercente la professione sanitaria non e’ stato parte del giudizio.

4. In nessun caso la transazione e’ opponibile all’esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.

5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 7, o dell’esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l’azione di responsabilita’ amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell’esercente la professione sanitaria e’ esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall’articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficolta’, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria ha operato. L’importo della condanna per la responsabilita’ amministrativa e della surrogazione di cui all’articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non puo’ superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non puo’ essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti dell’impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall’impresa di assicurazione, ai sensi dell’articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all’articolo 10, comma 2.

7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilita’ amministrativa il giudice puo’ desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione se l’esercente la professione sanitaria ne e’ stato parte.

Art. 10
Obbligo di assicurazione


1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilita’ civile verso terzi e per la responsabilita’ civile verso prestatori d’opera, ai sensi dell’articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attivita’ di formazione, aggiornamento nonche’ di sperimentazione e di ricerca clinica. La disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche’ attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo stipulano, altresi’, polizze assicurative o adottano altre analoghe misure per la copertura della responsabilita’ civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 7, fermo restando quanto previsto dall’articolo 9. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2.

2. Per l’esercente la professione sanitaria che svolga la propria attivita’ al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del presente articolo o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente ai sensi dell’articolo 7, comma 3, resta fermo l’obbligo di cui all’articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, all’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e all’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all’articolo 9 e all’articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa grave.

4. Le strutture di cui al comma 1 rendono nota, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, la denominazione dell’impresa che presta la copertura assicurativa della responsabilita’ civile verso i terzi e verso i prestatori d’opera di cui al comma 1, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa.

5. Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i criteri e le modalita’ per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo esercitate dall’IVASS sulle imprese di assicurazione che intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con gli esercenti la professione sanitaria.

6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l’IVASS, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie professionali interessate, nonche’ le associazioni di tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operativita’ delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina altresi’ le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa di assicurazione nonche’ la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67.

7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di concerto con il Ministro della salute e sentito l’IVASS, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione stipulate ai sensi dei commi 1 e 2, e alle altre analoghe misure adottate ai sensi dei commi 1 e 6 e sono stabiliti, altresi’, le modalita’ e i termini per la comunicazione di tali dati da parte delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e degli esercenti le professioni sanitarie all’Osservatorio. Il medesimo decreto stabilisce le modalita’ e i termini per l’accesso a tali dati.

Art. 11
Estensione della garanzia assicurativa


1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operativita’ temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purche’ denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. In caso di cessazione definitiva dell’attivita’ professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattivita’ della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilita’ verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattivita’ della copertura. L’ultrattivita’ e’ estesa agli eredi e non e’ assoggettabile alla clausola di disdetta.

Art. 12
Azione diretta del soggetto danneggiato


1. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 8, il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali e’ stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private di cui al comma 1 dell’articolo 10 e all’esercente la professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

2. Non sono opponibili al danneggiato, per l’intero massimale di polizza, eccezioni derivanti dal contratto diverse da quelle stabilite dal decreto di cui all’articolo 10, comma 6, che definisce i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie di cui all’articolo 10, comma 2.

3. L’impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso l’assicurato nel rispetto dei requisiti minimi, non derogabili contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all’articolo 10, comma 6.

4. Nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a norma del comma 1 e’ litisconsorte necessario la struttura medesima; nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione dell’esercente la professione sanitaria a norma del comma 1 e’ litisconsorte necessario l’esercente la professione sanitaria. L’impresa di assicurazione, l’esercente la professione sanitaria e il danneggiato hanno diritto di accesso alla documentazione della struttura relativa ai fatti dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.

5. L’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione e’ soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell’azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata o l’esercente la professione sanitaria.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell’articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie. 

_______________

Cfr. Tribunale, Verona, sez. III, ordinanza 10 maggio 2018


Art. 13
Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilita’


1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all’articolo 7, comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, comunicano all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell’atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci giorni comunicano all’esercente la professione sanitaria, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte. L’omissione, la tardivita’ o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilita’ delle azioni di rivalsa o di responsabilita’ amministrativa di cui all’articolo 9.

Art. 14
Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita’ sanitaria


1. E’ istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita’ sanitaria. Il Fondo di garanzia e’ alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilita’ civile per i danni causati da responsabilita’ sanitaria. A tal fine il predetto contributo e’ versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.

2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro e dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle imprese di assicurazione, sono definiti:

a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilita’ civile per i danni causati da responsabilita’ sanitaria;

b) le modalita’ di versamento del contributo di cui alla lettera a);

c) i principi cui dovra’ uniformarsi la convenzione tra il Ministero della salute e la CONSAP Spa;

d) le modalita’ di intervento, il funzionamento e il regresso del Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.

3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al risarcimento del danno nei limiti delle effettive disponibilita’ finanziarie.

4. La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), e’ aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di garanzia.

5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2, lettera a), la CONSAP Spa trasmette ogni anno al Ministero della salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all’anno precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui al comma 2.

6. Gli oneri per l’istruttoria e la gestione delle richieste di risarcimento sono posti a carico del Fondo di garanzia di cui al comma 1.

7. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 risarcisce i danni cagionati da responsabilita’ sanitaria nei seguenti casi:

a) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall’esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui all’articolo 10, comma 6;

b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino assicurati presso un’impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi venga posta successivamente;

c) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dall’albo dell’impresa assicuratrice stessa.

8. Il decreto di cui all’articolo 10, comma 6, prevede che il massimale minimo sia rideterminato in relazione all’andamento del Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente articolo.

9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

10. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15
Nomina dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilita’ sanitaria


1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilita’ sanitaria, l’autorita’ giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o piu’ specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d’ufficio da nominare nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

2. Negli albi dei consulenti di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e dei periti di cui all’articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina. In sede di revisione degli albi e’ indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, l’esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati.

3. Gli albi dei consulenti di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all’articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

4. Nei casi di cui al comma 1, l’incarico e’ conferito al collegio e, nella determinazione del compenso globale, non si applica l’aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall’articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. 

______________

Per approfondimenti vedi l’articolo “Consulenti tecnici in ambito medico presso il Tribunale: siglato il protocollo” di Simone Marani. 


Art. 16
Modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di responsabilita’ professionale del personale sanitario

1. All’articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il secondo periodo e’ sostituito dal seguente: «I verbali e gli atti conseguenti all’attivita’ di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari».

2. All’articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore».

Art. 17
Clausola di salvaguardia

1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Art. 18
Clausola di invarianza finanziaria


1. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 8 marzo 2017

MATTARELLA

Gentiloni Silveri, Presidente del Consiglio dei ministri

Visto, il Guardasigilli: Orlando

 

RESPONSABILITÀ MEDICA PENALE IN AMBITO SANITARIO

L’art. 6 del testo normativo ha introdotto nel codice penale l’articolo 590 sexies che disciplina la “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”

la legge Gelli – Bianco, stabilisce che la struttura sanitaria (pubblica o privata) che si avvale della prestazione di esercenti la professione sanitaria risponderà, ai sensi degli articoli 1218 (responsabilità del debitore) e 1228 (responsabilità per fatto degli ausiliari) del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. La legge Gelli introduce importanti novità anche per quanto riguarda la procedura da espletare per far valere la responsabilità per errore medico. Questa prevede che in applicazione dell’articolo 696 bis del codice di procedura civile, prima di esperire l’azione giudiziaria, sia necessario procedere ad un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP).

 

AVVOCATO-ESPERTO-MALASANITA-BOLOGNA-RAVENNA-FORLI-CESENA

AVVOCATO ESPERTO MALASANITA’ BOLOGNA RAVENNA FORLI CESENA

MANCATO INTERVENTO CHIRURGICO DANNO

CHIAMA PRENDI APPUNTAMENTO RISOLVEREMO CE LA FAREMO  0516447838 051 6447838  

LE RISULTANZE

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malasanita’

risulta del tutto evidente che il danno di origine iatrogena patito dalla G. era ancora lontano dall’essersi prodotto quando la stessa è stata sottoposta a perizia medico-legale da parte del fiduciario dell’assicurazione, che dunque non avrebbe potuto ricomprenderlo nella valutazione del danno biologico. Al riguardo, infatti, giova sottolineare che dalla perizia prodotta da U. emerge chiaramente che il fiduciario ha potuto prendere in considerazione la documentazione sanitaria esistente fino al luglio 2006. A tale data, la G. aveva manifestato dolori alla spalla operata nell’ottobre 2005 e si era recata all’Ospedale di Cattolica per sottoporsi a visita ed esami strumentali, ma certamente non poteva presentare il quadro di invalidità permanente determinato dal fallimento dei successivi interventi chirurgici del giugno 2007 e del settembre 2008.a info malasanita' danno grave

In definitiva, dunque, dall’esame della documentazione depositata non è possibile affermare – né alcun elemento specifico in tale senso viene evidenziato da parte dei convenuti – che la lussazione riportata dalla G. non fosse riducibile e fosse, dunque, necessario un intervento chirurgico di stabilizzazione della spalla con inserimento di un legamento artificiale.

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Medical form

FATTO

CLASSIFICAZIONE DI ROCKWOOD:

I GRADO stiramento della capsula. Riposo per 7 giorni, dopo 1 settimana allungamento evitando l’adduzione sia davanti che dietro, dopo 2 settimane rinforzo stabilizzatori della scapola e rotatori

II GRADO

rottura della capsula e stiramento del trapezoide e conoide la clavicola sale ma non c’è il segno del pianoforte (sale e scende) 21 giorni di tutore kenny Howard, dopo 21 giorni allungamento su tutti i piani facendo attenzione all’adduzione; dopo 4 settimane: rinforzo muscolare stabilizzatori scapolari rotatori e deltoide anteriore e pettorale perché aiutano a stabilizzare. (fare attenzione all’adduzione).

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MALASANITA’ AVVOCATO ESPERTO

III GRADO

rottura della capsula e rottura del trapezoide e conoide la clavicola sale. c’è il segno del pianoforte (sale e scende). Il peso del braccio traziona l’omero in basso e la clavicola sale maggiormente. 21 giorni di tutore kenny Howard. NON sollevare il braccio sopra i 90 per 35 giorni dall’evento;dopo 21 giorni allungamento su tutti i piani facendo attenzione all’adduzione dopo 4 settimane: rinforzo muscolare stabilizzatori scapolari rotatori e deltoide anteriore e pettorale perché aiutano a stabilizzare. (fare attenzione all’adduzione).a info malasanita' oggi 2

IV GRADO rottura della capsula e rottura del trapezoide e conoide e penetrazione posteriore della clavicola sul trapezio. Il dolore è maggiore rispetto ai precedenti gradi e la lussazione non è riducibile. V GRADO rottura dei legamenti e ampio spostamento della clavicola nei confronti della scapola.

VI GRADO rottura dei legamenti e la clavicola si sposta in basso sotto la coracoide. TRATTAMENTO CONSERVATIVO

I grado Si tratta semplicemente con 7-10 giorni di riposo, senza applicazione di tutore.

II-IIIgrado Consiste nel corretto posizionamento del tutore kenny- Howard: deve esercitare una spinta verso il basso dell’estremo distale della clavicola, e una spinta verso l’alto dell’omero in modo tale da riallineare l’articolazione. ogni 2-3 giorni è bene verificare la tensione del tutore e verificarne l’efficacia. Dopo 21 giorni inizio della mobilità passiva e a 35 giorni inizio del lavoro in acqua senza compiere inizialmente movimenti di grande ampiezza. Si prosegue con il rinforzo muscolare con modalità isometrica o con resistenze elastiche.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

L’intervento è indicato nel IV-V e IV grado e consiste nella ricostruzione dei legamenti (da cadavere, artificiali o altre parti del corpo..) e nella sintesi con viti o fili di K per stabilizzare l’articolazione.

La riabilitazione consiste nell’immobilizzazione in tutore “reggi Braccio” per 21 giorni, prosegue con le mobilizzzazioni passive, fino ad arrivare al recupero della forza con modalità isometrica e attraverso l’utilizzo di resistenze elastiche.

Quanto al caso di specie, la CTU ha concluso che “in relazione alla indicazione dei suddetti interventi, la visione degli esami radiografici ha consentito di evidenziare una iniziale lussazione A/C di spalla destra di I-II grado, e non di IV grado, come diagnosticato dai medici dell’Ospedale di Cattolica. Tale evidenza rende non indicato il primo intervento chirurgico eseguito il 26.10.2005, dal momento che per una lussazione di I-II grado è indicato trattamento conservativo. Gli altri due interventi successivi erano indicati dal mancato successo del primo ma non hanno comunque risolto la condizione patologica articolare della spalla destra, tanto che nell’Aprile 2010, stante recidiva di lussazione della spalla destra (ora di IV-V grado), era necessario un quarto intervento, eseguito presso gli Istituti Rizzoli di Bologna. Dopo tale ultimo intervento, efficace nel ridurre la lussazione e stabilizzare la spalla, si sono evidenziati esiti permanenti attesi, vista la condizione ormai aggravatasi” (pag. 21 della relazione).

La CTU, dunque, in seguito all’esame della documentazione allegata e alla visione degli esami radiografici, ha ritenuto che la lussazione alla spalla patita dalla G. fosse da ritenere di II grado, con indicazione di trattamento conservativo e non di intervento chirurgico.

Le conclusioni della relazione peritale circa la non indicazione del primo intervento chirurgico subito dall’attrice devono essere condivise, in quanto rese all’esito di un esame completo e approfondito della documentazione sanitaria e motivate in maniera congrua e priva di vizi logici.

Invero, ripercorrendo le varie tappe della storia clinica della G., si ricava che fin dalle radiografie eseguite presso l’ospedale di Civitanova Marche, dove la stessa è stata ricoverata in seguito alla caduta dalla moto, la lussazione alla spalla veniva refertata come “lieve diastasi dell’articolazione acromionclaveare” (doc. 1) e che tale diagnosi veniva confermata dal controllo radiografico eseguito il successivo 30/04/2005 (doc. 3).

Dalla documentazione relativa alle visite eseguite presso l’U.O. di Ortopedia dell’Ospedale di Cattolica, invece, non emerge alcun elemento che confermi la diagnosi ivi effettuata di lussazione di IV grado e, in particolare, non risulta la presenza né della “penetrazione posteriore della clavicola sul trapezio”, elemento che -come si ricava dalla classificazione sopra riportata – caratterizza tale tipo di lussazione rispetto a quella di III grado, né della rottura (in luogo dello stiramento) del trapezoide e conoide, che distingue le lussazioni di III-IV grado rispetto a quella di II grado.

Dall’esame obiettivo eseguito in data 25/10/2005, prima dell’intervento di artrotomia con legamento artificiale Lars-Lac 20, inoltre, è stata annotata la presenza del c.d. “segno del pianoforte”, che sempre dalla classificazione riportata dal CTU, risulta caratterizzare la lussazione di III grado, per la quale comunque è ritenuto indicato un trattamento conservativo e non un intervento chirurgico.

In definitiva, dunque, dall’esame della documentazione depositata non è possibile affermare – né alcun elemento specifico in tale senso viene evidenziato da parte dei convenuti – che la lussazione riportata dalla G. non fosse riducibile e fosse, dunque, necessario un intervento chirurgico di stabilizzazione della spalla con inserimento di un legamento artificiale.

Parimenti, appare del tutto apodittica l’affermazione contenuta nelle osservazioni della CTP dei convenuti, secondo la quale le indicazioni riportate dalla CTU per il trattamento delle lussazioni sarebbero inapplicabili al caso di specie, dal momento che già nell’ottobre 2005 la G. doveva considerarsi affetta da una lesione cronica e non acuta. In particolare, è pacifico che dal sinistro dell’aprile 2005 l’odierna attrice aveva riportato molteplici traumi (trauma toracico-addominale chiuso contusione epatica e splenica, PNX dx. Frattura ala iliaca dx e VI-VII costa dx trauma cranico. Trauma contusivo spalla dx), che notoriamente richiedono tempi di guarigione non brevi e, dunque, in mancanza di riferimenti specifici alla letteratura medica, non è ragionevole ritenere che la mancata guarigione della spalla in un tempo di sei mesi avesse già reso la patologia cronica.

In conclusione, quindi, deve ritenersi che l’intervento cui la G. è stata sottoposta in data 25/10/2005 fosse da considerare non indicato per il trattamento del caso di specie, con conseguente responsabilità della A.R. e dei due medici convenuti.

 

 

Nel merito, preliminare alla valutazione circa la sussistenza di eventuali danni patiti dall’attrice, è l’inquadramento giuridico della natura della responsabilità sanitaria, materia che è stata interessata da due recenti interventi riformatori: dapprima la L. n. 189 del 8 novembre 2012, di conversione del D.L. n. 158 del 13 settembre 2012 (c.d. decreto Balduzzi) e successivamente la L. n. 24 del 08 marzo 2017 (c.d. legge GelliBianco).

Quest’ultimo intervento normativo ha introdotto significative novità circa la natura della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, lasciando invece immutata la responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera. L’art. 7, comma 3, della L. n. 24 del 2017 ha, infatti, espressamente previsto che, nei casi previsti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 7 (riferibili ai medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche o private, ovvero che operino in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale), l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., tranne che nei casi in cui abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Sulla base del principio generale, secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), a tale disposizione non può tuttavia essere riconosciuta efficacia retroattiva, non trattandosi di norma interpretativa e non essendo prevista alcuna disposizione di diritto intertemporale (si vedano Trib. Bologna Sentenza n. 2054/17, est. A.; Trib. Roma, sez. XIII, 04/10/2017).

Quanto alla disciplina previgente, l’articolo 3, comma 1, della L. n. 189 del 2012 prevedeva che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

Al riguardo, questo Giudice ritiene di aderire all’orientamento maggioritario, sostenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 19/02/2013 n. 4030), secondo il quale il riferimento all’art. 2043 c.c., contenuto nella norma sopra citata, non ha mutato i connotati salienti della responsabilità medica in ambito civile, che resta, sia per quanto riguarda il sanitario che ha operato, sia per ciò che riguarda la struttura sanitaria, di natura contrattuale (la tesi contraria è stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito: Trib. Varese, 26/11/2012, n. 1406; Trib. Enna 18/08/2013, n. 252; Trib. Milano 14320/2014).

 

 

 

 

 

 

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI

Sezione Unica CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Zito

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3677/2015 promossa da:

L.G. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. PERUGINI EMANUELE e dell’avv., elettivamente domiciliato in CORSO MATTEOTTI 224 – PORTO RECANATI presso il difensore avv. PERUGINI EMANUELE

ATTORE/I

contro

A.R. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. PESARESI SARA, elettivamente domiciliato in VIA MONTEFELTRO 45 47037 RIMINI presso il difensore avv. PESARESI SARA

P.P. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. PESARESI SARA, elettivamente domiciliato in VIA MONTEFELTRO 45 47037 RIMINI presso il difensore avv. PESARESI SARA

G.P. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. PESARESI SARA, elettivamente domiciliato in VIA MONTEFELTRO 45 47037 RIMINI presso il difensore avv. PESARESI SARA

CONVENUTO/I

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato in data 28/07/2015, L.G. ricorreva all’intestato Tribunale contro l’A.R., il dott. P.P. e il dott. G.P., per sentire accertare e dichiarare la responsabilità degli stessi per i danni riportati a seguito degli interventi chirurgici eseguiti in data 26/10/2005, 05/06/2007 e 10/09/2008 presso l’U.O. di Chirurgia Ortopedica della spalla dell’Ospedale Cervesi di Cattolica, con condanna al risarcimento quantificato nella somma complessiva di Euro 51.509,08.

La G. esponeva in particolare che, in data 17/04/2005, aveva riportato gravi lesioni a seguito di un incidente stradale e, con particolare riferimento all’oggetto del presente giudizio, una distrazione acromion claveare alla spalla destra. Ella, quindi, dopo le dimissioni dall’ospedale, si era rivolta allo specialista ortopedico dott. P., il quale, in data 02/07/2005, le diagnosticava una “evidente lussazione A/C di IV grado con scapola alata, dolore sui muscoli parascapolari e paracervicali”, consigliandole di eseguire ginnastica posturale di apertura e retro posizione delle spalle e massaggi parascapolari e paracervicali.

In seguito all’esecuzione di ulteriori esami (elettromiografia e radiografia della spalla), in data 08/10/2005 la G. si recava a visita di controllo dal Dott. P., che confermava la “residua lussazione A/C di IV grado a destra con anestesia sul deltoide … ponendo indicazione chirurgica per intervento in artrotomia con legamento artificiale Lars-Lac 20”. Il successivo 26 ottobre la stessa si sottoponeva ad intervento chirurgico di “riduzione e stabilizzazione articolazione A/C destra con 2 fili di K. e legamentopessi con legamento Lars-Lac 20 in artrotomia spalla destra”, eseguito presso I’U.O. di Chirurgia Ortopedica della Spalla dell’Ospedale D. Cervesi di Cattolica.

Nella primavera del 2006, tuttavia, la G. avvertiva dolori di crescente entità alla spalla operata e si sottoponeva a nuovi esami e visita presso l’Ospedale di Cattolica, dove il Dott. P. indicava la necessità di un nuovo intervento di rimozione del legamento Lars-Lac 20 precedentemente posizionato e considerato non tollerato, eseguito in data 05/06/2007.

Al controllo del 17/07/2007 emergeva “clavicola stabile ma dolente alla palpazione ed alla mobilizzazione oltre la scapola”. L’esame RM spalla dx del 07/11/2007 evidenziava “esiti di lesione traumatica a carico dell’articolazione acromion- claveare… normali rapporti gleno-omerali e lesione completa del legamento coraco-acromiale”.

Stante l’aumentare del dolore, la G. il 10/09/2008 si ricoverava nuovamente presso la medesima struttura con diagnosi di “reazione cicatriziale periclavicolare con artropatia degenerativa acromionclaveare e lesione per 2/3 del CLB spalla destra” per sottoporsi al terzo intervento in artroscopia di “debridement articolare ed axtra-articolare. Tenotomia del CLB. Regolarizzazione clavicolare e acromionplastica in artroscopia spalla destra”.

Tuttavia, nemmeno tale terzo intervento si presentava come risolutivo e la G., vista la persistenza del dolore, decideva di rivolgersi agli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna dove, dopo controlli clinici, in data 27/04/2010 si ricoverava con diagnosi di “Recidiva di lussazione acromion-claveare della spalla destra” ed il 28/04/2010 era sottoposta ad intervento chirurgico di “Osteodesi e sindesmopessi”, a seguito del quale la lussazione veniva ridotta.

Nel presente giudizio, la G. chiedeva il risarcimento dei danni subiti, lamentando un iniziale errore diagnostico da parte degli ortopedici dell’Ospedale di Cattolica, con valutazione di lussazione acromion-claveare destra di IV grado anziché una reale lussazione di I o II, tale da non indicare un approccio chirurgico, nonché un’errata esecuzione dei tre interventi che, seppur di routinaria esecuzione presso una struttura specializzata, non sortivano la stabilizzazione prospettata e necessitavano di un quarto intervento in altra struttura.

Si costituivano in giudizio i resistenti, eccependo la prescrizione quanto alle posizioni dei dott. P. e P., in considerazione del fatto che la responsabilità del medico dipendente da struttura pubblica doveva essere ricondotta, in seguito all’emanazione della c.d. legge Balduzzi (L. n. 189 del 2012), nell’ambito della responsabilità extra-contrattuale, e chiedendo in ogni caso il rigetto della domanda nel merito.

In seguito alla prima udienza, veniva disposto il mutamento del rito da sommario di cognizione a ordinario e venivano assegnati i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c.

La causa veniva istruita mediante CTU medico legale, con nomina della dott.ssa Laura Mazzarini, e mediante ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. dell’atto di quietanza e della perizia medico legale concernente il sinistro stradale occorso in data 17 aprile 2005, da cui ricavare quanto effettivamente liquidato a favore della odierna attrice dalla compagnia assicurativa U.A. Spa.

Esaurita l’istruttoria, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

  1. Innanzitutto, occorre dare atto che, prima dell’instaurazione del presente giudizio, è stato esperito il tentativo di mediazione obbligatoria, che ha avuto esito negativo (all. 31 fasc. attrice).
  2. Nel merito, preliminare alla valutazione circa la sussistenza di eventuali danni patiti dall’attrice, è l’inquadramento giuridico della natura della responsabilità sanitaria, materia che è stata interessata da due recenti interventi riformatori: dapprima la L. n. 189 del 8 novembre 2012, di conversione del D.L. n. 158 del 13 settembre 2012(c.d. decreto Balduzzi) e successivamente la L. n. 24 del 08 marzo 2017(c.d. legge GelliBianco).

Quest’ultimo intervento normativo ha introdotto significative novità circa la natura della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, lasciando invece immutata la responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera. L’art. 7, comma 3, della L. n. 24 del 2017 ha, infatti, espressamente previsto che, nei casi previsti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 7 (riferibili ai medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche o private, ovvero che operino in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale), l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., tranne che nei casi in cui abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Sulla base del principio generale, secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), a tale disposizione non può tuttavia essere riconosciuta efficacia retroattiva, non trattandosi di norma interpretativa e non essendo prevista alcuna disposizione di diritto intertemporale (si vedano Trib. Bologna Sentenza n. 2054/17, est. A.; Trib. Roma, sez. XIII, 04/10/2017).

Quanto alla disciplina previgente, l’articolo 3, comma 1, della L. n. 189 del 2012 prevedeva che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

Al riguardo, questo Giudice ritiene di aderire all’orientamento maggioritario, sostenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 19/02/2013 n. 4030), secondo il quale il riferimento all’art. 2043 c.c., contenuto nella norma sopra citata, non ha mutato i connotati salienti della responsabilità medica in ambito civile, che resta, sia per quanto riguarda il sanitario che ha operato, sia per ciò che riguarda la struttura sanitaria, di natura contrattuale (la tesi contraria è stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito: Trib. Varese, 26/11/2012, n. 1406; Trib. Enna 18/08/2013, n. 252; Trib. Milano 14320/2014).

Dall’identificazione della responsabilità oggetto di causa quale responsabilità contrattuale consegue, in primo luogo, l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione sollevata quanto alle posizioni dei medici P. e P., posto che anche a questi ultimi si applica la prescrizione ordinaria decennale e non quella quinquennale prevista per la responsabilità da fatto illecito.

Inoltre, tale qualificazione comporta importanti conseguenze anche ai fini del riparto dell’onere probatorio, dal momento che il paziente danneggiato potrà limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e ad allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (si vedano, ex multis, Cass., S.U., 11.01.2008, n. 577Cass., 16.01.2009, n. 975Cass., 12.12.2013, n. 27855Cass., 26.02.2013, n. 4792Cass., 20.10.2014 n. 22222Cass., 20.10.2015, n. 21177, Cass 13.10.2017 n. 24073).

L’attore danneggiato è, dunque, esonerato dal provare la negligenza del sanitario, potendosi limitare ad allegare condotte imperite attive od omissive del medico, quali species dell’inadempimento degli obblighi assunti con il contatto sociale ovvero con il contratto di spedalità (anche di recente Cass., sezione III, n. 26517 del 9.11.2017 ha ribadito che: “in tema di responsabilità medica non è onere dell’attore provare la colpa del medico, ma è onere di quest’ultimo provare di avere tenuto una condotta diligente”).

  1. Come si evince dalla descrizione dei fatti di causa, l’accertamento della responsabilità dei convenuti ruota attorno agli interventi chirurgici a cui l’attrice è stata sottoposta in data 26/10/2005, 05/06/2007 e 10/09/2008 presso l’U.O. di Chirurgia Ortopedica della spalla dell’Ospedale Cervesi di Cattolica, eseguiti dall’equipe di cui fanno parte il dott. P. e il dott. P..

3.1 Occorre, dunque, verificare se, nel caso di specie, il primo intervento del 26/10/2005 fosse indicato e se lo stesso e i successivi interventi siano stati eseguiti con adeguata perizia.

Quanto al primo profilo, la difesa di parte attrice sostiene che “gli esiti dell’esame RX sulla spalla destra e della visita ortopedica effettuata presso l’Ospedale di Civitanova Marche – entrambi eseguiti nell’immediatezza dell’evento traumatico (caduta dalla moto) – e dell’esame RX di controllo del 30 aprile 2005, dovevano consentire ai sanitari operanti presso l’U.O. di Chirurgia Ortopedica della Spalla dell’Ospedale D. Cervesi di Cattolica di diagnosticare una diastasi acromion-claveare di 1 o di 2 e non di 4 (come invece prospettata dai sanitari romagnoli), ossia di entità tale da non motivare un approccio terapeutico chirurgico, a cui invece l’odierna attrice veniva sottoposta in data 26 ottobre 2005”.

La difesa dei convenuti contesta tale affermazione, facendo presente che la diagnosi in questi casi non si basa solo sulla radiografia ma anche e soprattutto sull’esame clinico durante il quale, con specifiche manovre, si evidenzia l’esatto grado della lussazione. Nel caso di specie, dalla documentazione clinica deve evincersi che la lussazione della G. rientrasse fra quelle di IV grado e che, pertanto, fosse indicato il trattamento chirurgico eseguito nell’ottobre 2005.

La CTU medico-legale, affidata alla dott.ssa Mazzarini, che si è avvalsa dell’ausiliario ortopedico dott. Soccetti, ha riportato la seguente distinzione dei gradi della lussazione acromion claveare e dei trattamenti indicati:

CLASSIFICAZIONE DI ROCKWOOD:

I GRADO stiramento della capsula. Riposo per 7 giorni, dopo 1 settimana allungamento evitando l’adduzione sia davanti che dietro, dopo 2 settimane rinforzo stabilizzatori della scapola e rotatori

II GRADO

rottura della capsula e stiramento del trapezoide e conoide la clavicola sale ma non c’è il segno del pianoforte (sale e scende) 21 giorni di tutore kenny Howard, dopo 21 giorni allungamento su tutti i piani facendo attenzione all’adduzione; dopo 4 settimane: rinforzo muscolare stabilizzatori scapolari rotatori e deltoide anteriore e pettorale perché aiutano a stabilizzare. (fare attenzione all’adduzione).

III GRADO

rottura della capsula e rottura del trapezoide e conoide la clavicola sale. c’è il segno del pianoforte (sale e scende). Il peso del braccio traziona l’omero in basso e la clavicola sale maggiormente. 21 giorni di tutore kenny Howard. NON sollevare il braccio sopra i 90 per 35 giorni dall’evento;dopo 21 giorni allungamento su tutti i piani facendo attenzione all’adduzione dopo 4 settimane: rinforzo muscolare stabilizzatori scapolari rotatori e deltoide anteriore e pettorale perché aiutano a stabilizzare. (fare attenzione all’adduzione).

IV GRADO rottura della capsula e rottura del trapezoide e conoide e penetrazione posteriore della clavicola sul trapezio. Il dolore è maggiore rispetto ai precedenti gradi e la lussazione non è riducibile. V GRADO rottura dei legamenti e ampio spostamento della clavicola nei confronti della scapola.

VI GRADO rottura dei legamenti e la clavicola si sposta in basso sotto la coracoide. TRATTAMENTO CONSERVATIVO

I grado Si tratta semplicemente con 7-10 giorni di riposo, senza applicazione di tutore.

II-IIIgrado Consiste nel corretto posizionamento del tutore kenny- Howard: deve esercitare una spinta verso il basso dell’estremo distale della clavicola, e una spinta verso l’alto dell’omero in modo tale da riallineare l’articolazione. ogni 2-3 giorni è bene verificare la tensione del tutore e verificarne l’efficacia. Dopo 21 giorni inizio della mobilità passiva e a 35 giorni inizio del lavoro in acqua senza compiere inizialmente movimenti di grande ampiezza. Si prosegue con il rinforzo muscolare con modalità isometrica o con resistenze elastiche.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

L’intervento è indicato nel IV-V e IV grado e consiste nella ricostruzione dei legamenti (da cadavere, artificiali o altre parti del corpo..) e nella sintesi con viti o fili di K per stabilizzare l’articolazione.

La riabilitazione consiste nell’immobilizzazione in tutore “reggi Braccio” per 21 giorni, prosegue con le mobilizzzazioni passive, fino ad arrivare al recupero della forza con modalità isometrica e attraverso l’utilizzo di resistenze elastiche.

Quanto al caso di specie, la CTU ha concluso che “in relazione alla indicazione dei suddetti interventi, la visione degli esami radiografici ha consentito di evidenziare una iniziale lussazione A/C di spalla destra di I-II grado, e non di IV grado, come diagnosticato dai medici dell’Ospedale di Cattolica. Tale evidenza rende non indicato il primo intervento chirurgico eseguito il 26.10.2005, dal momento che per una lussazione di I-II grado è indicato trattamento conservativo. Gli altri due interventi successivi erano indicati dal mancato successo del primo ma non hanno comunque risolto la condizione patologica articolare della spalla destra, tanto che nell’Aprile 2010, stante recidiva di lussazione della spalla destra (ora di IV-V grado), era necessario un quarto intervento, eseguito presso gli Istituti Rizzoli di Bologna. Dopo tale ultimo intervento, efficace nel ridurre la lussazione e stabilizzare la spalla, si sono evidenziati esiti permanenti attesi, vista la condizione ormai aggravatasi” (pag. 21 della relazione).

La CTU, dunque, in seguito all’esame della documentazione allegata e alla visione degli esami radiografici, ha ritenuto che la lussazione alla spalla patita dalla G. fosse da ritenere di II grado, con indicazione di trattamento conservativo e non di intervento chirurgico.

Le conclusioni della relazione peritale circa la non indicazione del primo intervento chirurgico subito dall’attrice devono essere condivise, in quanto rese all’esito di un esame completo e approfondito della documentazione sanitaria e motivate in maniera congrua e priva di vizi logici.

Invero, ripercorrendo le varie tappe della storia clinica della G., si ricava che fin dalle radiografie eseguite presso l’ospedale di Civitanova Marche, dove la stessa è stata ricoverata in seguito alla caduta dalla moto, la lussazione alla spalla veniva refertata come “lieve diastasi dell’articolazione acromionclaveare” (doc. 1) e che tale diagnosi veniva confermata dal controllo radiografico eseguito il successivo 30/04/2005 (doc. 3).

Dalla documentazione relativa alle visite eseguite presso l’U.O. di Ortopedia dell’Ospedale di Cattolica, invece, non emerge alcun elemento che confermi la diagnosi ivi effettuata di lussazione di IV grado e, in particolare, non risulta la presenza né della “penetrazione posteriore della clavicola sul trapezio”, elemento che -come si ricava dalla classificazione sopra riportata – caratterizza tale tipo di lussazione rispetto a quella di III grado, né della rottura (in luogo dello stiramento) del trapezoide e conoide, che distingue le lussazioni di III-IV grado rispetto a quella di II grado.

Dall’esame obiettivo eseguito in data 25/10/2005, prima dell’intervento di artrotomia con legamento artificiale Lars-Lac 20, inoltre, è stata annotata la presenza del c.d. “segno del pianoforte”, che sempre dalla classificazione riportata dal CTU, risulta caratterizzare la lussazione di III grado, per la quale comunque è ritenuto indicato un trattamento conservativo e non un intervento chirurgico.

In definitiva, dunque, dall’esame della documentazione depositata non è possibile affermare – né alcun elemento specifico in tale senso viene evidenziato da parte dei convenuti – che la lussazione riportata dalla G. non fosse riducibile e fosse, dunque, necessario un intervento chirurgico di stabilizzazione della spalla con inserimento di un legamento artificiale.

Parimenti, appare del tutto apodittica l’affermazione contenuta nelle osservazioni della CTP dei convenuti, secondo la quale le indicazioni riportate dalla CTU per il trattamento delle lussazioni sarebbero inapplicabili al caso di specie, dal momento che già nell’ottobre 2005 la G. doveva considerarsi affetta da una lesione cronica e non acuta. In particolare, è pacifico che dal sinistro dell’aprile 2005 l’odierna attrice aveva riportato molteplici traumi (trauma toracico-addominale chiuso contusione epatica e splenica, PNX dx. Frattura ala iliaca dx e VI-VII costa dx trauma cranico. Trauma contusivo spalla dx), che notoriamente richiedono tempi di guarigione non brevi e, dunque, in mancanza di riferimenti specifici alla letteratura medica, non è ragionevole ritenere che la mancata guarigione della spalla in un tempo di sei mesi avesse già reso la patologia cronica.

In conclusione, quindi, deve ritenersi che l’intervento cui la G. è stata sottoposta in data 25/10/2005 fosse da considerare non indicato per il trattamento del caso di specie, con conseguente responsabilità della A.R. e dei due medici convenuti.

3.2 Quanto alla corretta esecuzione dei vari interventi eseguiti presso l’Ospedale di Cattolica, occorre evidenziare che la circostanza che il fallimento dell’intervento del 25/10/2005 non sia imputabile ai medici, in quanto l’intolleranza all’impianto sintetico Lars Lac 20 rientrerebbe tra le complicanze impreviste e imprevedibili, risulta superata dalla considerazione, sopra esposta, che tale operazione si presentava come non necessaria.

Quanto, invece, agli altri due interventi, che si sono resi necessari a causa del mancato successo del primo, la responsabilità dei convenuti deve essere accertata alla luce dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in materia di responsabilità contrattuale, a cui sopra si è fatto cenno. In particolare, non spetta al paziente fornire la prova della colpa del sanitario, potendosi limitare ad allegare l’inadempimento, mentre è onere del medico provare che l’inadempimento non vi è stato, oppure che lo stesso è dovuto a causa non imputabile a propria negligenza o imperizia.

Nel caso di specie, parte attrice ha allegato il fallimento dei due interventi eseguiti, rispettivamente, in data 05/06/2007 e 10/09/2008, che l’ha costretta ad eseguire un quarto intervento di riduzione della lussazione presso una diversa struttura sanitaria.

Tale fallimento appare confermato dalle circostanze che il referto RMN spalla dx del 7/11/2007, successivo all’intervento del 05/06/2007, ha evidenziato una “lesione completa del legamento coraco acromiale” e che, dalla lettera di dimissione ricovero presso Ospedale Rizzoli di Bologna del 30/04/2010, risulta che la G. era stata “ricoverata per recidiva di lussazione acromion claveare spalla destra”.

A fronte dell’allegazione dell’inadempimento rispetto all’obbligo di eseguire correttamente l’intervento, spettava ai convenuti provare che la mancata stabilizzazione della spalla non è stata dovuta a cause a loro imputabili. Tale prova non è stata fornita: i convenuti, infatti, a fronte dell’innegabile insuccesso dei trattamenti eseguiti, non hanno nemmeno allegato che si siano manifestate delle difficoltà impreviste, che abbiano impedito il buon esito degli interventi del 05/06/2007 e 10/09/2008.

Infine, occorre considerare che la CTU ha affermato, senza contestazioni da parte dei CTP dei convenuti, che non si trattava di interventi di particolare difficoltà in relazione alla specializzazione dell’U.O. di Cattolica. Ne consegue che, nel caso di specie, la limitazione della responsabilità alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, prevista dall’art. 2236 c.c. nel caso di risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, non può trovare applicazione.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, l’intervento eseguito in data 25/10/2005 è risultato non indicato per la paziente e i successivi interventi del 05/06/2007 e 10/09/2008 si sono rivelati parimenti inefficaci a risolvere i problemi della G., che pur a distanza di anni dall’incidente e dopo l’esecuzione di ben tre operazioni chirurgiche continuava ad avvertire instabilità e dolori alla spalla infortunata.

  1. Una volta accertato l’inadempimento dei convenuti, occorre ora individuare le conseguenze dannose che ad esso possono essere ricondotte.

I danni conseguenza dell’intervento chirurgico sono stati individuati dalla CTU in esiti disfunzionali di lussazione acromion clavicolare di I-II grado pluritrattata chirurgicamente e recidivata, con danno estetico lieve, cui corrisponde un danno biologico permanente complessivo pari al 13%.

All’interno di tale percentuale, la CTU ha individuato un maggior danno iatrogeno (da fallimento di intervento chirurgico non indicato e fallimento di due interventi chirurgici successivi indicati) pari al 9%, dovendosi riconoscere un danno biologico permanente del 4% ad una lussazione di spalla di I-II grado trattata correttamente.

Quanto all’inabilità temporanea, la CTU ha stimato un periodo di complessivi 12 mesi, suddivisibile in 60 giorni al 100%, 90 giorni al 75%, 215 giorni al 50%, specificando che da una corretta esecuzione del trattamento conservativo della lussazione di spalla sarebbe comunque derivato, in paziente con le medesime altre lesioni traumatiche (trauma toracico-addominale chiuso con contusione epatica e splenica trattato chirurgicamente, PNX dx. Frattura ala iliaca dx e VI-VII costa dx trauma cranico), un danno biologico temporaneo di circa 60 giorni. Dunque, secondo la stima contenuta nella relazione peritale, il maggior danno biologico temporaneo esclusivamente attribuibile ai fatti de quo appare corrispondere a 10 mesi suddivisi in 10 giorni al 100% (degenza per interventi chirurgici), 90 giorni al 75% e successivi 200 giorni al 50%.

  1. Occorre, a questo punto, trattare della somma liquidata alla G., per le conseguenze dannose riportate in seguito al sinistro stradale dell’aprile 2005, dalla compagnia assicurativa U. S.p.a., pari ad Euro 260.360,00 (risultante dalla quietanza prodotta sia da parte attrice sia dall’assicurazione).

Sostengono i convenuti, al riguardo, che tale somma potrebbe aver ristorato l’attrice anche degli eventuali postumi di origine iatrogena e, in sede di precisazione delle conclusioni, hanno ribadito la richiesta di integrazione della CTU per sottoporle un quesito specifico in tal senso.

Sul punto si osserva che tale valutazione può essere effettuata sulla base della documentazione prodotta, con conseguente superfluità di una integrazione della CTU.

Quanto all’invalidità temporanea, dalla relazione medico legale datata 03/08/2006 effettuata dal fiduciario della U. S.p.a. e prodotta in atti a seguito di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., si evince chiaramente che alla G. sono già stati ristorati i giorni di malattia e convalescenza conseguenti al primo intervento chirurgico del 2005, mentre nulla poteva esserle stato corrisposto per gli altri due interventi, successivi all’esecuzione della perizia.

Ne consegue che, rispetto alla stima compiuta dalla CTU, prendendo come riferimento i dati risultanti dalla lettera di dimissioni del 28/10/2005 (doc. 14 fasc. attrice), devono essere sottratti quattro giorni di invalidità temporanea totale, corrispondenti al ricovero ospedaliero dal 25/10/2005 al 28/10/2005, 35 giorni di invalidità al 75%, pari ai giorni di immobilizzazione, nonché 51 giorni di invalidità al 50% (fino al termine per la prognosi di giorni 90).

Quanto all’invalidità permanente, risulta del tutto evidente che il danno di origine iatrogena patito dalla G. era ancora lontano dall’essersi prodotto quando la stessa è stata sottoposta a perizia medico-legale da parte del fiduciario dell’assicurazione, che dunque non avrebbe potuto ricomprenderlo nella valutazione del danno biologico. Al riguardo, infatti, giova sottolineare che dalla perizia prodotta da U. emerge chiaramente che il fiduciario ha potuto prendere in considerazione la documentazione sanitaria esistente fino al luglio 2006. A tale data, la G. aveva manifestato dolori alla spalla operata nell’ottobre 2005 e si era recata all’Ospedale di Cattolica per sottoporsi a visita ed esami strumentali, ma certamente non poteva presentare il quadro di invalidità permanente determinato dal fallimento dei successivi interventi chirurgici del giugno 2007 e del settembre 2008.

Per tale motivo, si ritiene di concordare con le conclusioni della CTU, che ha riconosciuto per la lussazione riportata a seguito del sinistro un danno biologico permanente del 4%, pari al valore massimo attribuito a tale tipo di lesione dalle Linee guida SIMLA per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico.

  1. Sulla base di quanto affermato in precedenza, la quantificazione del danno alla salute deve avvenire con un criterio differenziale, dal momento che, nella determinazione del grado di invalidità permanente, devono escludersi quei postumi che si sarebbero comunque manifestati, anche in assenza dell’errore medico.

Tale differenza dovrà essere calcolata non sul grado di invalidità permanente, ma sui relativi valori monetari, in particolare sottraendo, dal risarcimento dovuto per il danno effettivamente residuato in corpore, il valore monetario dell’invalidità che sarebbe comunque residuata in caso di tempestiva cura (in termini Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13765).

L’operazione sopra illustrata si giustifica in quanto il valore monetario del punto di invalidità cresce più che proporzionalmente rispetto al crescere dell’invalidità. Pertanto, se il calcolo del danno differenziale avvenisse sottraendo dal grado percentuale di invalidità permanente effettivamente residuato il grado percentuale di invalidità permanente che sarebbe residuato in assenza di colpa del medico, la conversione in termini monetari della lesione alla salute avverrebbe senza tenere conto che il surplus di invalidità ascrivibile all’intervento del medico si è innestato non su una situazione di validità preesistente, ma su una situazione già compromessa.

Nel caso di specie, il danno iatrogeno deve essere quantificato, sulla base delle conclusioni raggiunte dalla CTU, nella differenza tra il danno da invalidità permanente nella misura del 13%, pari al danno effettivamente residuato, e il danno da invalidità permanente nella misura del 4%, pari al danno che sarebbe comunque residuato in assenza di colpa dei medici.

  1. La liquidazione del danno biologico deve essere effettuata utilizzando i valori previsti dalle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, in quanto il danno si è verificato prima dell’entrata in vigore del decreto Balduzzi (in termini Trib. Bologna, n. 1720/2016, secondo il quale l’art. 3, comma 3, D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in L. n. 189 del 2012, che dispone che “Il danno biologico conseguente all’attività dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138139del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209“, può trovare applicazione esclusivamente ai fatti storici verificatisi successivamente al 13.09.2012, data di entrata in vigore della norma, già contenuta nel decreto legge).

Vista l’età della danneggiata al momento in cui la lesione si è stabilizzata, individuabile nell’aprile 2010, quando è stato eseguito l’ultimo intervento presso l’Istituto Rizzoli di Bologna (51 anni), il danno deve essere quantificato nella somma di Euro 26.458,00, pari alla differenza tra il danno da invalidità permanente nella misura del 13% (Euro 31,723,00) e il danno da invalidità permanente nella misura del 4% (Euro 5.265,00).

Il danno non patrimoniale conseguente alla ritenuta invalidità temporanea va liquidato come segue:

Invalidità temporanea totale (10 giorni) Euro 732,00

Invalidità temporanea parziale al 75% (55 giorni) Euro 5.032,50

Invalidità temporanea parziale al 50% (149) Euro 9.089,00

Totale danno biologico temporaneo Euro 14.853,50.

L’utilizzo del valore intermedio di Euro 122,00 per il punto base di invalidità temporanea totale si giustifica in ragione dell’entità, della natura e della durata dell’invalidità temporanea accertata.

Nulla deve essere riconosciuto a titolo di personalizzazione, dal momento che l’attrice si è limitata ad allegare genericamente che, conseguentemente alle lesioni riportate, è stata costretta a rinunciare alla pratica dello sci e del tennis, nonché allo svolgimento dell’attività artigianale di produzione di vetrate artistiche, senza tuttavia fornire alcuna prova al riguardo.

A quanto sopra occorre aggiungere che, in ogni caso, non vi è prova nemmeno del nesso di causalità tra l’errore medico e tali rinunce, atteso che, come risulta dalla perizia medico – legale prodotta dalla U., la G. in conseguenza del sinistro ha comunque riportato un’invalidità permanente del 38%, che dunque verosimilmente l’avrebbe fortemente limitata nelle attività quotidiane anche in assenza del danno iatrogeno.

Quanto alle spese mediche e di assistenza, richieste dall’attrice nella misura di Euro 14.412,38 (doc. 30 fasc. attrice), deve essere escluso l’importo di Euro 12.890,39 corrisposto per l’intervento chirurgico dell’ottobre 2005, in quanto tale somma risulta già coperta dal risarcimento ricevuto dalla U.. Devono essere ritenute congrue le altre spese, per un totale di Euro 1.522,38.

Quanto alle spese per il proprio CTP, parte attrice ha allegato fattura del dott. F. per un totale di Euro 5.095,87. Tale importo, che rientra nel vaglio delle spese processuali, deve essere ritenuto eccessivo, in quanto di molto superiore anche al compenso liquidato al CTU, e ridotto ex art. 92 c.p.c. all’importo totale di Euro 1.220,00.

  1. Sulla somma totale, pari ad Euro 42.833,88, andranno corrisposti, previa devalutazione in ragione della stima fattane secondo criteri aggiornati, l’ulteriore rivalutazione, secondo gli indici ISTAT di categoria dalla data del sinistro ovvero dall’esborso (per le spese) alla presente pronuncia, e gli interessi legali, questi ultimi da calcolarsi sulle somme rivalutate anno per anno a decorrere dal sinistro ovvero dall’esborso (cfr. in termini Cass. SU 1712/95) fino alla presente decisione.

A seguito della liquidazione qui operata il debito di valore si converte in debito di valuta e su di esso dovranno computarsi gli interessi moratori ex lege.

  1. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Analogamente quelle per CTU, già liquidate, andranno definitivamente poste a carico delle parti convenute, con obbligo solidale di rimborso a favore di parte attrice di quanto eventualmente anticipato.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe, ogni diversa eccezione, domanda ed istanza disattesa o assorbita:

– Accerta e dichiara la responsabilità dei convenuti per l’evento dannoso di cui è causa e, per l’effetto, li condanna in solido tra loro al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 42.833,88, oltre rivalutazione e interessi legali come in motivazione;

– Condanna i convenuti in solido tra loro alla refusione in favore dell’attrice delle spese di lite, che si liquidano in Euro 1.220,00 per CTP, Euro 300,00 per spese non imponibili e in Euro 7.254,00 per compensi, oltre spese generali, C.P.A. ed I.V.A. come per legge.

– Pone definitivamente le spese di CTU, già liquidate, a carico delle parti convenute, con obbligo solidale di rimborso a favore di parte attrice di quanto eventualmente anticipato.

– Dichiara la sentenza esecutiva ex lege.

Conclusione

Così deciso in Rimini, il 3 giugno 2019.

Depositata in Cancelleria il 5 giugno 

La Suprema Corte ha affermato che in tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto. La Giurisprudenza di legittimità, dunque, precisa che tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non”, conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica o baconiana) (Cass. civ., n. 23197/2018).

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