CICLISTA MORTO INCIDENTE RISARCIMENTO PAVIA VICENZA RAVENNA BOLOGNA
CICLISTA MUORE PER CADUTA CAUSA AVVALLAMENTO STRADA
TRIBUNALE PAVIA
UN GIOVANE CICLISTA CON MOGLIE E FIGLI IN UNA “SCAMPAGNATA “ IN BICI A CAUSA AVALLAMENTO MANTO STRADALE
I TESTI ,ALTRI CICLISTI CHE ERANO OCN IL DEFUNTO CONFERMAN L’AVVALLAMENTO E CHE A CAUSA DI CAUDUTA PER AVVALLAMANTO E’ ANDATO CONTRO MACCHINA.
LO SFORTUNATO CICLISTA NON MORIVA SUBITO MA DOPO MESI DI INTERVENTI ,SOFFERENZE E RICOVERI.
Appare al giudice evidente la responsabilita’ del comune aisensi art 2051 cc:
In sede di liquidazione del danno da invalidità per postumi permanenti, da un lato il valore da attribuirsi ai punti di invalidità viene rapportato all’entità percentuale della invalidità riscontrata, con un aumento progressivo del predetto valore, per punto di invalidità, a sua volta differenziato a seconda dell’età della persona (dovendosi rapportare la liquidazione del danno biologico alla diversa incidenza dell’invalidità sul bene salute compromesso a seconda dell’arco vitale trascorso e dell’aspettativa di vita residua), da un altro lato, per ciascun punto percentuale di menomazione dell’integrità psicofisica, viene indicato un importo che dia complessivo ristoro alle conseguenze della lesione in termini “medi” in relazione agli aspetti anatomo-funzionali, agli aspetti relazionali, agli aspetti di sofferenza soggettiva, ritenuti provati anche presuntivamente (fattispecie in tema di responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. in caso di domanda di risarcimento danni per caduta in bicicletta derivato dalla presenza di una grossa buca sul manto stradale). Qualora poi alla produzione del danno abbia concorso anche il comportamento colposo dello stesso danneggiato, atteso che si è evinto che la buca, si trovava in prossimità della linea di mezzeria della carreggiata, sì che deve ritenersi che lo stesso non stesse conducendo la bicicletta in prossimità del margine destro della carreggiata, violando pertanto il disposto di cui all’art. 143 del codice della strada, il risarcimento deve essere ridotto proporzionalmente (e va nella specie riconosciuto un concorso di colpa di parte attrice nella misura del 25%).
Veniva pero’ considerata una responsabilita’concorsuale al 30% a carico ciclista
CICLISTA MORTO INCIDENTE RISARCIMENTO PAVIA VICENZA RAVENNA BOLOGNA
Secondo la giurisprudenza di questa Corte la presunzione di responsabilità per danni da cosa in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non risulti possibile – all’esito di un accertamento da svolgersi da parte del giudice di merito in relazione al caso concreto – esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa. L’estensione del bene demaniale e l’utilizzazione generale e diretta delle stesso da parte di terzi, sotto tale profilo assumono, soltanto la funzione di circostanze sintomatiche dell’impossibilità della custodia. Alla stregua di tale principio, con particolare riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia dev’essere esaminata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti.
(Cass. 06/07/2006, n. 15383;Cass. 06/06/2008, n. 15042; Cass. 23/01/2009, n. 1691).
2.2. Quindi si è osservato che la responsabilità civile da custodia ex art. 2051 c.c., non rimane in modo automatico esclusa in ragione dell’estensione della rete viaria e dell’uso da parte della collettività, che costituiscono meri indici dell’impossibilità di un concreto esercizio dei poteri di relativo controllo e di vigilanza, la cui ricorrenza va verificata caso per caso dal giudice del merito, giacchè, laddove l’esercizio ne risulti in concreto impossibile rimane esclusa la sussistenza dello stesso rapporto di custodia, e, conseguentemente, la configurabilità della relativa responsabilità (Cass. 26 settembre 2006, n. 20823).
2.3. Non può invece condividersi il diverso assunto (Cass. 25/07/2008, n. 20427) secondo cui la responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2051 c.c. è invocabile sempre nei confronti della P.A., per i danni arrecati dai beni demaniali, dei quali essa ha la concreta disponibilità, anche se di rilevanti dimensioni, salva la sola esistenza del caso fortuito. Secondo tale orientamento, perchè sussista il rapporto di custodia è necessario che il soggetto abbia sulla cosa il potere di sorveglianza, il potere di modificarne lo stato e quello di escludere che altri vi apporti modifiche e “passando all’ente pubblico e alle strade aperte al traffico, è certo che l’ente proprietario si trova in questa situazione”.
3.1. Osserva questa Corte che, quanto ai beni demaniali di rilevanti dimensioni, tale rapporto di custodia, ai fini dell’art. 2051 c.c., va esaminato in concreto e non in base ai poteri giuridici ed astratti che fanno capo all’ente titolare. Occorre stabilire, quindi, quali siano i limiti ed il contenuto della “custodia”, che è elemento costitutivo della responsabilità ex art. 2051 c.c. ed è il criterio che consente di identificare il soggetto tenuto a risarcire il danno cagionato dalla cosa, al fine di esaminare se ed in quali limiti la P.A. possa essere responsabile ex art. 2051 c.c., quale custode di beni demaniali.
3.2. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale, cui questa Corte aderisce, la custodia si identifica in una potestà di fatto, che descrive un’attività esercitabile da un soggetto sulla cosa in virtù della detenzione qualificata, con esclusione quindi della detenzione per ragioni di ospitalità e servizio, sulla scia del Gardien (dell’art. 1384 Code Napoleon) e del Besitzherr (p. 854 B.G.B.).
Responsabile del danno proveniente dalla cosa non è il proprietario, come nei casi di responsabilità oggettiva di cui agli artt. 2052, 2053 e 2054 c.c., u.c., ma il custode della cosa.
E’ dunque la relazione di fatto, e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa, che legittima una pronunzia di responsabilità, fondandola sul potere di “governo della cosa”. Tale relazione di fatto non può essere a priori esclusa in relazione alla natura demaniale del bene, ma neppure può essere ritenuta in ogni caso sussistente anche quando vi è l’oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di pericolo.
Ciò comporta che la possibilità o meno del potere di controllo va egualmente accertata in termini oggettivi nello specifico caso di predicata custodia. Se il potere di controllo è oggettivamente impossibile, non vi è custodia e quindi non vi è responsabilità della p.a., ai sensi dell’art. 2051 c.c..
Indici sintomatici dell’impossibilità del controllo del bene demaniale sono la notevole estensione e l’uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti; ma tali elementi non attestano in modo automatico l’impossibilità di custodia.
3.3. Segnatamente per i beni del demanio stradale la possibilità in concreto della custodia, nei termini sopra detti, va esaminata non solo in relazione all’estensione delle strade, ma anche alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico di volta in volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti. Ove l’oggettiva impossibilità della custodia, renda inapplicabile l’art. 2051 c.c., la tutela risarcitoria del danneggiato rimane esclusivamente affidata alla disciplina di cui all’art. 2043 c.c..
3.4. L’oggettiva impossibilità di custodia del bene demaniale va, in radice, esclusa nel caso in cui l’evento dannoso si è verificato su una parte del bene demaniale, che in quel momento era concretamente oggetto di attività di custodia da parte del personale dell’ente pubblico, titolare del bene demaniale, ovvero – a maggior ragione – quando è proprio l’attività posta in essere dall’ente a rendere pericolosa quella parte del bene demaniale, in questo caso il giudice non deve effettuare una valutazione sul punto se era oggettivamente possibile una custodia del bene demaniale, ma deve solo (accertare e quindi) prendere atto che la parte di bene demaniale, che pretesamente avrebbe causato il danno ingiusto, era nel momento genetico dell’evento dannoso sottoposto ad una concreta e positiva attività da parte dell’Ente. L’effettiva estrinsecazione dell’attività su tale parte del bene demaniale determina l’ipotizzabilità della responsabilità del custode a norma dell’art. 2051 c.c..
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